Società miste: quote cedibili solo con procedure ad evidenza pubblica
03 Ottobre 2016
La cessione da parte di un'amministrazione pubblica di una partecipazione in una società partecipata da altri soggetti privati deve necessariamente avvenire tramite l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica. Lo ha affermato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4014 del 28 settembre scorso.
Il caso. Con la pronuncia in oggetto il giudice amministrativo ha deciso sull'appello proposto da due società private avverso la sentenza con cui il TAR aveva respinto il ricorso intentato nei confronti degli atti con cui il Comune di Osimo aveva negato l'esercizio del diritto di prelazione detenuto dalle odierne appellanti per l'acquisto delle quote sociali del Comune nella società che gestisce il servizio di trasporto pubblico locale.
La procedura ad evidenza pubblica. Per quanto qui rileva, le appellanti lamentano l'erronea applicazione delle disposizioni e dei principi che regolano l'indizione della cd. “gara a doppio oggetto” per la scelta del socio privato operativo deputato allo svolgimento del servizio pubblico locale nell'ambito di una società mista. La doglianza risulta infondata poiché si pone in contrasto con il consolidato principio per cui la cessione da parte di un'amministrazione pubblica di una partecipazione in una società partecipata da altri soggetti privati deve necessariamente avvenire tramite l'espletamento di procedure ad evidenza pubblica. La clausola statutaria invocata dalle appellanti e attributiva di un diritto di prelazione sulle quote detenute dal Comune, si rivela dunque affetta da nullità assoluta.
Il contesto normativo. Il comma 2 dell'art. 1 D. Lgs. n. 163/2006 stabilisce infatti che «nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un'opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica». Nell'ambito di applicazione della disposizione in questione (da ultimo trasfusa nel comma 9 dell'art. 5 D. Lgs. n. 50/2016), stante la sua evidente valenza di principio, non può ritenersi limitato – in senso, per così dire, “statico” – al solo momento della costituzione della società mista, ma deve ritenersi altresì esteso alle ipotesi (quale quella che qui ricorre) in cui venga in rilievo l'alienazione di partecipazioni sociali detenute da un'amministrazione pubblica nell'ambito di una società che già risulti a composizione mista. L'obbligo di rispettare la regola dell'evidenza pubblica per l'alienazione delle quote sociali detenute in una società mista risponde a un principio di ordine pubblico economico (anche di matrice eurounitaria) presiedendo al rispetto degli altrettanto generali principi di concorrenza, parità di trattamento e di non discriminazione fra i potenziali concorrenti. La violazione delle richiamate regole di ordine pubblico non comporta soltanto l'annullabilità degli atti con cui si sia comunque proceduto all'alienazione in favore di privati in violazione della regola dell'evidenza pubblica, ma – più in generale – la radicale nullità dell'atto per violazione di norme imperative di legge. Per questi motivi, il Consiglio di Stato respinge l'appello. |