S.n.c.: la responsabilità illimitata non vale nei rapporti tra soci
20 Ottobre 2016
Nei rapporti tra i soci di una s.n.c. – a prescindere dal titolo dell'azione fatta valere nei confronti della società - si deve escludere l'applicazione del principio della responsabilità illimitata di ciascuno di essi per le obbligazioni sociali di cui all'art. 2291 c.c., principio dettato esclusivamente a tutela dei terzi estranei alla società, e quindi operante solo nei riguardi di questi ultimi. Così si è pronunciata la S. C. con la sentenza n. 21066/2016.
La vicenda. Il socio di una s.n.c. ricorreva in Cassazione avverso la conferma, in appello, del rigetto dell'opposizione da questi esercitata avverso decreto ingiuntivo, che era stato ottenuto da un'altra socia, per i mancati pagamenti dei canoni di locazione di un immobile di proprietà comune ad entrambi concesso alla società stessa. Tra i motivi d'impugnazione il socio ricorrente denunziava la violazione ed errata applicazione dei principi sulla responsabilità dei soci di s.n.c. - artt. 1299 e 2304 c.c. Nello specifico, la parte contestava che, nella decisione impugnata, era stata riconosciuta erroneamente anche la sua responsabilità personale per una obbligazione della società nei confronti di un altro socio, ed era stato condannato al pagamento del relativo importo in favore di questi. Infatti, secondo il ricorrente, essendo l'immobile di entrambi, le pretese della controparte si sarebbero dovute eliminare in compensazione con le sue.
Limiti applicativi del principio di cui all'art. 2291 c.c. Il Supremo Collegio ritiene il motivo fondato ed accoglie il ricorso. Il principio della responsabilità illimitata del socio di s.n.c., ex art. 2291 c.c., non trova applicazione nei rapporti tra soci, ma può essere invocato esclusivamente da soggetti che siano terzi rispetto alla società e che abbiano contrattato con essa, essendo l'articolo in questione stato disposto a tutela dei loro interessi a fronte del fatto che le società di persone non siano dotate di personalità giuridica perfetta – cioè un'autonomia patrimoniale limitata. Proprio a fronte di questo mancato riconoscimento di personalità giuridica perfetta, l'ordinamento, allo scopo di favorire l'operatività ed agevolare l'attività dell'ente stesso, prevede che nei confronti dei terzi, per le obbligazioni ad esso imputabili, rispondano tutti gli associati illimitatamente e solidamente. La ratio di tale previsione risiede, quindi, nell'opportunità che i terzi possano fare affidamento sul patrimonio personale degli associati e non solo su quello dell'ente, sia nell'esigenza che ai terzi sia garantita l'indifferenza di ogni questione attinente ai rapporti interni tra gli associati e al modo e alla misura in cui l'obbligazione deve essere tra questi ripartita. Di conseguenza, a fronte di una tale ratio, non si ritiene che la norma possa essere estesa nei rapporti tra soci, dove deve esclusivamente tenersi conto dei reciproci obblighi di proporzionale contribuzione per gli oneri sociali.
Conseguenze applicative della negata estensione del principio nei rapporti tra soci. Di conseguenza, qualora un socio eserciti un'azione nei confronti della società e pretenda di estenderla anche ad altro socio illimitatamente responsabile, quest'ultimo risponde nei suoi confronti non illimitatamente, ma solo nei limiti dei reciproci obblighi di contribuzione per gli oneri sociali. In altre parole, “una volta esclusa la responsabilità illimitata del socio nei confronti degli altri soci per le obbligazioni contratte dalla società verso i soci stessi per un titolo estraneo al contratto sociale, l'estensione agli altri soci dell'azione promossa dal socio creditore contro la società è configurabile solo qualora sussista un effettivo squilibrio tra i soci nei reciproci obblighi di contribuzione per il pagamento dei debiti sociali”. Tale conclusione si presenta in perfetto equilibrio con il principio generale previsto dall'art. 1299 c.c., disposizione che limita l'azione di regresso tra obbligati solidali alla sola quota del debito gravante su ciascuno di essi, e che, secondo consolidato orientamento, si ritiene essere applicabile anche al socio illimitatamente responsabile che abbia pagato con proprio denaro un debito sociale e agisca in rivalsa verso gli altri soci. |