Atto dell’amministratore in conflitto di interessi: nullo o annullabile?

La Redazione
20 Dicembre 2016

Il contratto di garanzia, concluso dall'amministratore per debiti propri su beni della società, in violazione del previgente art. 2624 c.c. non ricade nella previsione di nullità di cui all'art. 1418, comma 1, c.c., ma può essere annullato in ragione del conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato.

Il contratto di garanzia, concluso dall'amministratore per debiti propri su beni della società, in violazione del previgente art. 2624 c.c. non ricade nella previsione di nullità di cui all'art. 1418, comma 1, c.c., ma può essere annullato in ragione del conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato.

Il caso. Una Banca conveniva in giudizio l'amministratore di una s.a.s. che aveva consentito l'iscrizione di ipoteca sugli immobili sociali a garanzia di un debito da lui assunto in proprio, in relazione ad un mutuo fondiario concesso dalla Banca stessa; stante la violazione dell'art. 2624 c.c., nel testo vigente ratione temporis, l'istituto di credito chiedeva la nullità del contratto. La Corte d'Appello, accertata la nullità dell'ipoteca e riconosciuta la concorrente responsabilità della banca, condannava il notaio rogante, il quale proponeva ricorso per cassazione.

La nullità dell'atto di autonomia privata per contrarietà a norme penali. La Corte d'Appello ha ritenuto che l'atto posto in violazione del divieto ex art. 2624 c.c. (nella formulazione vigente all'epoca della stipulazione dell'ipoteca) ricadesse nella previsione di nullità di cui all'art. 1418, comma 1, c.c. Secondo la S.C., tuttavia, questa nullità virtuale per violazione di norme penali è censurabile: non è possibile ritenere la nullità dell'atto di autonomia privata solo perché posto in essere in violazione di una norma penale.

In particolare, con riferimento all'art. 2624, l'oggetto di tutela non è la difesa del patrimonio sociale ma il rispetto del dovere di fedeltà e di imparzialità dei suoi organi, a fronte di atti suscettibili di trasformarsi in strumenti di abuso di posizioni dominanti; in un simile contesto, la norma penale non può considerarsi di ordine pubblico, anche in considerazione del fatto che solo la società è in grado di valutare, in concreto, se il proprio amministratore abbia agito in conflitto di interessi, cagionando un danno al patrimonio societario, e se pertanto convenga o meno mantenere in vita il negozio: il negozio di prestito o garanzia, concluso in violazione dell'art. 2624 c.c. non è affetto da nullità, ma può essere annullato.

Tale conclusione trova conferma anche dall'evoluzione normativa registrata con l'introduzione del reato di infedeltà patrimoniale, di cui all'art. 2634 c.c., nel quale viene esplicitata la necessaria verifica della sussistenza in concreto del conflitto di interessi che, nel testo dell'art. 2624, era presunto dalla legge.

Il principio. La Cassazione afferma, dunque, che: “L'atto posto in essere dall'amministratore della società in violazione del divieto dell'art. 2624 cod. civ. (nel testo vigente prima della sostituzione attuata con il decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61) non ricade nella previsione di nullità di cui all'art. 1418, comma primo, cod. civ., ma deve trovare applicazione, in ragione del carattere specifico del conflitto che la norma penale mira ad evitare, la previsione di annullabilità dell'atto posto in essere dal rappresentante in conflitto di interessi con il rappresentato”.

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