Singoli ordini di investimento e requisiti di forma

22 Aprile 2016

Le operazioni di investimento in strumenti finanziari, in assenza del contratto quadro d'intermediazione finanziaria, sono da considerarsi nulle ex art. 23 T.U.F. Mentre i singoli ordini di investimento, accertata la sottoscrizione e validità del contratto quadro e l'assenza di particolari forme prescritte dallo stesso, pur avendo natura negoziale, possono esser dati in forma libera.
Massima

Le operazioni di investimento in strumenti finanziari, in assenza del contratto quadro d'intermediazione finanziaria, sono da considerarsi nulle ex art. 23 del D.Lgs. 24 febbraio n. 58 (c.d. Testo Unico della Finanza – T.U.F.). Mentre i singoli ordini di investimento, accertata la sottoscrizione e validità del contratto quadro e l'assenza di particolari forme prescritte dallo stesso, pur avendo natura negoziale, possono esser dati in forma libera.

L'obbligo della forma scritta a pena di nullità del contratto stabilito all'art. 23 del T.U.F. è previsto solo per il contratto quadro.

I casi

Le due sentenze in commento hanno ad oggetto l'accertamento della nullità di alcune operazioni finanziarie con contestuale richiesta di restituzione delle somme investite e di risarcimento del danno, quest'ultimo in via subordinata nel ricorso conclusosi con la sentenza n. 3950/2016.

Caso 1

Con ricorso presentato innanzi alla Corte Suprema (sent. n. 2816/2016), una investitrice impugnava la sentenza della Corte di Appello di Brescia n. 1511 del 21 Dicembre 2012, che rigettava il gravame proposto avverso la decisione del Tribunale di Mantova.

In primo grado l'attrice citava la Banca Agricola Mantovana S.p.A. al fine di veder dichiarata la nullità dell' operazione di acquisto in titoli obbligazionari ”Argentina 98/05 TV“ per un valore di €. 57.614,65, in ragione della mancanza di forma scritta del contratto quadro e dell' ordine di acquisto, ovvero di risoluzione per inadempimento dovuto alla violazione degli obblighi informativi a carico della banca previsti dal regolamento Consob 11522/1998, con contestuale richiesta di restituzione di tale importo e risarcimento del danno subito.

Il giudice di prime cure dichiarava inammissibile la domanda di nullità poiché proposta soltanto con la memoria di cui all'art. 6 D.Lgs. n. 5 del 2003 e, peraltro, successivamente alla produzione e allegazione di entrambe le parti della regolare conclusione di quest'ultimo. Nel merito, ritenuta la non necessità della forma scritta ad substantiam, relativamente al singolo ordine di investimento e constatata la ratifica degli ordini da parte dell'investitrice per facta concludentia, veniva esclusa la responsabilità dell'intermediario per violazione degli obblighi informativi che facevano carico allo stesso.

La ricorrente proponeva ricorso in Cassazione affidandolo a dodici motivi. La Suprema Corte dichiarava infondati tutti i motivi rigettando il ricorso e condannando la ricorrente alle spese e compensi di lite.

Caso 2

Con decisione n. 3950 del 21 gennaio 2016, viceversa, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso proposto nei confronti della Banca Sella S.p.A. e Banca Sella Holding S.p.A., avverso la sentenza n. 97 del 23 gennaio 2009 emessa dalla Corte di Appello di Torino, condannando Banca Sella Holding S.p.A. al pagamento dell'importo di €. 20.556,55, oltre interessi legali dalla domanda e spese e compensi dei tre gradi di giudizio.

La Corte territoriale accoglieva il gravame proposto dalla Banca Sella S.p.A. nei riguardi della decisione di primo grado, emessa nel giudizio introdotto con ricorso ex rito societario sommario.

In primo grado i ricorrenti chiedevano che venisse dichiarata la nullità dell'ordine di acquisto di obbligazioni “Cirio Finanziaria” avendo l'intermediario violato l'art. 23 del T.U.F. che, a dire degli stessi, imporrebbe la forma scritta per la validità dello stesso, concludendo per la condanna della banca alla restituzione dell'importo investito, oltre interessi.

In via subordinata i ricorrenti in primo grado chiedevano il mutamento del rito da sommario a ordinario ai fini dell' accertamento della responsabilità dell' intermediario per il danno conseguente alla perdita dell'investimento. Il Tribunale dava ragione agli investitori accogliendo integralmente la domanda, dichiarando nullo l'ordine di acquisto per la mancanza della forma scritta come prevista dall'art. 23 T.U.F.

Il ricorso in Cassazione era fondato su quattro motivi, si costituiva Banca Sella S.p.a. opponendosi e proponendo a sua volta un ricorso incidentale sulla base di due motivi.

Le questioni giuridiche

Gli argomenti analizzati nelle decisioni di cui si tratta, tralasciando alcuni motivi specifici di impugnazione relativi al singolo caso per la scarsa rilevanza generale, attengono alle condizioni di legge e contrattuali necessarie per poter procedere alla negoziazione di strumenti finanziari, nonché alla responsabilità in capo all'intermediario per l'inosservanza di tali obblighi.

La Corte di Cassazione, sul solco ed in conformità alle precedenti decisioni espresse in casi analoghi, pone l'attenzione sull'obbligo di stipula del c.d. contratto quadro di intermediazione finanziaria ai fini della legittimità del successivo investimento, recte, dell'acquisto di singoli strumenti finanziari e, diversamente, della libertà di forma per le operazioni di acquisto degli stessi. Ad una veloce e superficiale lettura le due decisioni potrebbero apparire contraddittorie.

In entrambe le vicende il contratto quadro era esistente o, comunque, ritenuto tale dai giudici territoriali - essendo una circostanza di fatto provata nel giudizio di merito e sottratta al sindacato di legittimità - non era presente l'ordine scritto dell'investitore relativamente all'operazione di acquisto titoli.

Tuttavia, la sentenza n. 2816/2016 rigettava l'impugnazione promossa dagli investitori ritenendo corretto l'operato della banca, mentre la sentenza n. 3950/2016dava ragione al cliente/investitoreaccogliendo l'impugnazionepromossa, ribaltando l'esito del giudizio di Appello e condannando la resistente banca alla restituzione dell'importo investito.

La norma di riferimento è l'art. 23 del T.U.F. che al n. 1 testualmente recita:” I contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, escluso il servizio di cui all'articolo 1, comma 5, lettera f), e, se previsto, i contratti relativi alla prestazione dei servizi accessori sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti. La Consob, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma. Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo“.

Le diverse soluzioni date derivano dalla circostanza che, come ben argomentato dalla Suprema Corte, la forma scritta ad substantiam relativa ai contratti di investimento la cui mancanza, giusta art. 23 T.U.F., n. 3, può esser eccepita dal solo investitore,attiene al contratto quadro che disciplina lo svolgimento successivo dei rapporti relativi alla negoziazione e non ai singoli ordini di investimento e disinvestimento che possono esser dati in qualsiasi forma (cfr. ex multis, Cass. 19 ottobre 2012, n. 18039; Cass. 13 gennaio 2011, n. 384; Cass. 22 dicembre 2011, n. 28432), ovvero nelle forme eventualmente indicate dal contratto quadro ex art. 1352 c.c.

Sulla base dell'esistenza nel contratto quadro relativo alla controversia di cui alla seconda sentenza citata, della clausola così formulata all'art. 3.1: ”gli ordini vengono normalmente conferiti per iscritto” la Corte ha ritenuto l'ordine di acquisto nullo per mancanza della forma scritta come previsto dall'art. 1352 c.c. estensibile ex art. 1324 c.c. agli atti unilaterali e a quelli che seguono la conclusione del contratto (cfr. Cass. Civ. 9719/1992, 14343/2012).

A ben vedere, quindi, alcuna contraddizione rileva nelle due decisioni, anzi in maniera coerente con l'unanime e conforme orientamento sul punto, la Corte ribadisce la nullità dell'ordine di acquisto in mancanza del contratto quadro e la libertà di forma delle singole disposizioni di negoziazione, con la precisazione della necessaria inesistenza, ai fini della validità di queste ultime, di una particolare forma stabilita nel contratto quadro.

Nel ricorso di cui alla sentenza Cass. 3950/2016, i ricorrenti lamentavano con distinti motivi di impugnazione, anche la violazione degli artt. 23, comma 1, 27, 28, comma 2, 29 e 32 del Reg. Consob n. 11522/1998, non avendo la banca adempiuto agli obblighi di informazione: di non procedere ad operazioni inadeguate e di non agire in conflitto di interessi.

Il Supremo Consesso, dopo aver ricordato che il contenuto degli obblighi informativi si determina in riferimento al loro destinatario e l'investitore ha l'onere di allegare specificatamente quale siano gli obblighi non osservati tali che lo avrebbero indotto, nell'eventualità, a non acquistare i titoli, ha fatto proprie le argomentazioni della Corte diretta territoriale che ha ritenuto positivamente provato l'adempimento della banca ai suddetti obblighi.

Nella specie, l'ordine verbale di acquisto dato dal padre dell'attrice è stato dalla stessa “ratificato”, avendo quest'ultima incassato le cedole dell'investimento, gli interessi, non contestato gli estratti conto e, inoltre, è stato accertato l'adempimento degli obblighi della banca dopo la legittima ricezione dell'obbligo telefonico, avendo predisposto l'apposito modello di ricezione sottoscritto dall'operatore e annotato l'operazione sul conto corrente dell'attrice in primo grado, ricorrente in cassazione.

Quanto all'obbligo di non procedere ad operazioni inadeguate, dai precedenti investimenti ”ad elevato rendimento, cedole a breve, facile negoziabilità” effettuati negli anni dall'attrice è emerso chiaramente la caratteristica di investitrice abituale con elevata propensione al rischio, pertanto i titoli in contestazione erano adeguati al profilo e l'investitrice era in grado di verificare l'andamento degli stessi e valutare l'opportunità di ricollocarli sul mercato.

In ordine al presunto conflitto di interessi la Cassazione ha condiviso le conclusioni del giudice di prime cure avendo la banca acquistato precedentemente i titoli presso terzi estranei.

Tale operazione è da inquadrare nella categoria delle operazioni in contropartita diretta (acquisto e successiva rivendita) non generanti di per sé un conflitto di interessi , comportando, al più, l'annullabilità dell'atto ai sensi degli artt. 1394-1395 c.c. (Cfr. Cass. Civ. 10 aprile 2014, n. 8462; Cass. Civ. 19 ottobre 2012, n. 18039).

Conclusioni

La responsabilità degli intermediari finanziari per la perdita del patrimonio mobiliare dei clienti a seguito di investimenti carenti dei requisiti di forma e, in generale, dell'osservanza degli obblighi di legge, contrattuali e regolamentari posti a loro carico, sia nella fase pre-negoziale, che di stipula e successiva esecuzione, sono ormai da anni al centro del dibattito dottrinario e all'attenzione delle aule di giustizia.

Le ragioni del proliferare di numerose cause ordinarie promosse nei confronti degli intermediari finanziari in Italia derivano principalmente dal ”default“ dello Stato Argentino avvenuto alla fine dell'anno 2001 e dai grandi ”crac“ Cirio e Parmalat risalenti ai primi anni del 2000, relativamente ai titoli obbligazionari dagli stessi emessi.

I soggetti emittenti, sebbene erano a conoscenza della grave crisi economica in cui versavano, di un previsto prossimo dissesto, con l'aiuto doloso o colposo delle banche collocarono tra il pubblico indistinto tali obbligazioni.

L'opera della giurisprudenza volta all' interpretazione ed applicazione delle regole formali, dei principi di prudenza e diligenza che devono connotare il c.d. ”buon banchiere”, a tutela sia dell'investitore parte debole nei confronti del “professionista” intermediario, che del sistema bancario - con le conseguenze che lo stesso potrebbe comportare sulla stabilità dell'intero sistema economico -, si pone come indispensabile e fondamentale e le decisioni in commento sono integralmente da condividere.

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