Il profitto del reato di associazione per delinquere è sequestrabile in via autonoma
24 Novembre 2015
La Cassazione Penale, con la sentenza n. 46162/2015, ha ribadito l'orientamento in base al quale il delitto di associazione per delinquere può essere considerato in sé idoneo a generare un profitto, che è sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente, in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine.
Il caso. Nei confronti di una società per azioni veniva disposto sequestro preventivo per equivalente, ritenuta configurabile una responsabilità per illecito amministrativo dipendente da reato (art. 416 c.p., artt. 3 e 4 l. n. 146/2006). Davanti alla Suprema Corte si pone, dunque, il tema del rapporto tra reati tributari e responsabilità degli enti ai sensi del d.lgs. n. 231/2001. I Giudici di legittimità, infatti, nella pronuncia in oggetto hanno affrontato la questione dell'ammissibilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di un ente, imputato per associazione per delinquere connotata dalla transnazionalità ed avente come reati scopo dei delitti di natura fiscale. La conclusione dei Giudici è stata per l'accoglimento del ricorso proposto dalla società imputata contro il decreto di sequestro a suo carico, nel quale si sosteneva che i Giudici di merito avrebbero dovuto motivare in ordine all'esistenza dell'associazione ed in particolare in merito agli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 416 c.p., nonché in ordine alla non ipotizzabilità di un concorso continuato nei reati fiscali.
L'autonomo profitto del reato di associazione per delinquere. Nell'accogliere il ricorso per tali motivi, però, la Corte di Cassazione ha ribadito l'orientamento consolidato in giurisprudenza (Cass. Pen. n. 26721/2015) in base al quale “il delitto di associazione per delinquere può essere considerato in sé idoneo a generare un profitto, che è sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente , in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine, e che è costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguiti dall'insieme di questi ultimi, siano essi attribuibili ad uno o più associati”.
Sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente e responsabilità amministrativa dell'ente. A norma dell'art. 5 del d.lgs. n. 231/2001, sostiene la Corte, l'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio e ai sensi dell'art. 19, nei confronti dell'ente è sempre disposta, con la sentenza di condanna, la confisca. Trai i reati per i quali è configurabile l'illecito amministrativo dell'ente, è compreso l'art. 416 c.p. Quanto al reato associativo transnazionale contestato, per il quale è prevista la responsabilità amministrativa dell'ente, l'art. 11 stabilisce che, qualora la confisca delle cose che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato non sia possibile, il giudice ordina la confisca per equivalente. Correttamente, pertanto, conclude la Corte, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente è stato applicato in relazione al reato di cui agli artt. 416 c.p., 3 e 4 l. n. 146/2006 ed altrettanto correttamente il Tribunale ha ritenuto che il profitto conseguito andasse individuato in quello derivante dai reati di frode fiscale rientranti nel programma associativo dell'organizzazione criminale transnazionale. In base ai principi richiamati, quindi, non è condivisibile la tesi sostenuta dalla ricorrente secondo la quale non sarebbe ammessa la possibilità di imputare direttamente al reato associativo il profitto dei reati-fine. Come si è detto, infatti, la giurisprudenza di legittimità, ha avuto modo di affermare che “il profitto dei reati fine ben può essere direttamente considerato come profitto del reato associativo”. |