Quantum e danno differenziale
10 Ottobre 2014
Massima
Trib. Napoli 5 giugno 2014, n. 8334 “(…omissis…) il danno non patrimoniale da invalidità permanente deve essere ragguagliato alla natura cd. differenziale del danno iatrogeno rispetto a quello che sarebbe conseguito alla lesione accidentale, con la conseguenza che la liquidazione va effettuata operando la differenza tra il risarcimento spettante in ragione dei postumi permanenti accertati e quello dovuto per il danno che sarebbe verosimilmente residuato in caso di mancato aggravamento dei postumi conseguito a colpa medica”. Sintesi del fatto
A seguito di un intervento di asportazione di cisti veniva procurata una lesione intestinale a Tizio il quale evocava in giudizio Caio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni determinati da responsabilità professionale. Tizio eccepiva una serie di colpe professionali legate a una serie di fattori, tra i quali, la mancanza di un idoneo consenso informato, l'assenza di alcuna indicazione in cartella clinica circa la lesione contestata, e altre manchevolezze che ne determinavano, a suo dire, una responsabilità per colpa professionale medica. Caio, costituitosi, contestava e respingeva le richieste risarcitorie chiamando Sempronio in causa per essere manlevato in caso di condanna. Dopo le valutazioni preliminari sollevate dalle parti in causa, a seguito delle allegazioni difensive come prospettate agli atti e della prova testimoniale, il giudice riteneva la domanda attorea fondata, pronunciandosi anche sul danno differenziale e sulla sua liquidazione. La questione
La questione in esame è la seguente: come procedere a una corretta valutazione del danno differenziale? Le soluzioni giuridiche
Il giudice del Tribunale di Napoli osserva che per quanto riguarda la monetizzazione dei danni subiti da parte attrice sia corretta l'applicazione dei criteri indicati dalle Tabelle Milanesi, così confermando l'orientamento giurisprudenziale (Cass. n. 17879/2011; Cass. n. 12408/2011) che vede lo strumento delle tabelle milanesi come un valido criterio di riferimento ai fini della liquidazione equitativa del danno visto l'art. 1226 c.c.. Il giudice prosegue, rilevando che la lesione iatrogena subita da parte attrice, si innesta nella dinamica di un evento che in ogni caso avrebbe determinato una conseguenza in termini di invalidità permanente, ciò posto il danno dovrà essere valutato tenendo in considerazione la natura “differenziale” del danno iatrogeno subito da parte attrice. Questo sistema determina, secondo le considerazioni del giudice del Tribunale di Napoli, come conseguenza, una valutazione del danno spettante in ragione dei postumi permanenti che sono stati accertati e quello dovuto per il danno che, invece, sarebbe residuato in caso di mancato aggravamento dei postumi per fatto addebitabile alla condotta colposa del medico. Il sistema adottato dal giudice di Napoli è stato, conseguentemente, quello di quantificare il danno per intero e sottrarre la differenza portata dal valore numerico del danno che, in ogni caso, parte attrice avrebbe subito come conseguenza dell'intervento se fosse andato tutto in maniera corretta. Come criterio monetario il giudice di Napoli aderisce a quell'orientamento secondo il quale non sono applicabili i criteri di cui alla L. n. 189/2012 che, come noto, prevede, in ambito di responsabilità medica, la liquidazione del danno biologico sulla base delle tabelle di cui agli artt. 138 e 139 d. lgs. n. 209/2005. Sul punto il giudice del Tribunale di Napoli precisa che, dal suo punto di vista, l'applicabilità di detta norma, avendo una diretta incidenza sul piano del diritto sostanziale del danneggiato a ottenere il risarcimento del danno, può essere effettuata solamente ai casi di fatti verificatesi in un momento successivo alla sua entrata in vigore. La questione del danno differenziale ha sempre suscitato l'interesse degli operatori del diritto, creando a volte delle difficoltà in termini di corretta valutazione in riferimento alla liquidazione del danno. La questione è chiaramente legata al danno iatrogeno che, molto spesso, si inserisce in un contesto già compromesso, rispetto al quale diventa indispensabile porsi il problema dell'incremento differenziale del pregiudizio. L'imputabilità risarcitoria di tale incremento richiede una corretta valutazione dell'invalidità della parte lesa e delle sue conseguenze. Tale principio dovrà, conseguentemente, riflettersi anche sui criteri liquidatori del danno, che non possono prescindere dal rilievo che assume la situazione preesistente del danneggiato e questo sotto diversi profili, come ad esempio, l'esigenza di non gravare sul medico una misura del danno da risarcirsi che sia incrementata da fattori che non sono addebitabili alla sua condotta colposa, o all'esigenza di rapportare la liquidazione ad una verifica, secondo quello che verrà allegato nel procedimento, delle conseguenze negative incrementative subite dalla parte lesa. Certamente il criterio orientativo per guidare l'esercizio dell'equità del giudice nella liquidazione del danno non patrimoniale è il ricorso alle tabelle, ove il giudice del Tribunale di Napoli ha ritenuto di applicare quelle del Tribunale di Milano. Il dato relativo che riguarda la misura differenziale, è stato valutato in considerazione della vicenda clinica e della situazione concreta della parte lesa; questo avuto riguardo ad ogni profilo rilevante e attinente ai riflessi sulla sua integrità, al condizionamento e al pregiudizio nello svolgimento delle sue attività areddituali, ad ogni ulteriore aspetto morale che concorre a descrivere il danno non patrimoniale, sulla base delle risultanze e delle allegazioni, in tal senso il giudice del tribunale di Napoli ha ritenuto di “personalizzare” il danno. Fatte le precisazioni di cui sopra, si può affermare che il criterio adottato dal giudice del Tribunale di Napoli, già utilizzato da altri giudici, secondo il quale, per il calcolo del danno differenziale, sia corretto procedere ad una operazione matematiche che vede il calcolo del pregiudizio valutato nel valore monetario intero, meno il risultato monetario della percentuale di quello che ci sarebbe stato anche se la condotta del medico fosse stata corretta, appare condivisibile. Questa considerazione porta a escludere, invece, a parere di chi scrive, la validità di un altro criterio che potrebbe essere quello determinato dall'eventuale sottrazione numerica del punteggio del danno biologico subito per intero con il punteggio del pregiudizio che ci sarebbe stato a prescindere dall'evento. Volendo fare un esempio chiarificatore, se noi dovessimo immaginare un ipotetico danno biologico per intero pari al 20% d'invalidità permanente, e a questo numero dovessimo sottrarre il calcolo del pregiudizio che ci sarebbe stato in ogni caso, che possiamo immaginare sia pari all'8% di invalidità, avremmo un risultato matematico pari al 12% che, certamente, non sarebbe corretto in termini di effettiva liquidazione del pregiudizio patito. Infatti, prendendo sempre come riferimento l'esempio di cui sopra, il valore monetario del 12% d'invalidità risulterebbe sicuramente più basso rispetto a quello determinato dalla sottrazione del valore monetario del 20% di invalidità meno quello relativo al 8% di invalidità. Anche per queste ragioni si ritiene che la sentenza del Tribunale di Napoli n. 8334 del 2014, qui commentata, possa essere utile ai fini di una corretta valutazione e quantificazione del danno differenziale.
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