Violazione del principio del consenso informato
13 Giugno 2014
Quali sono le voci di danno configurabili in relazione alla violazione dell'obbligo del consenso informato nel rapporto medico-paziente?
Il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi negli artt. 2, 13 e 32 Cost. Proprio tale fondamento ne evidenzia, secondo la giurisprudenza costituzionale, la funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: “quello all'autodeterminazione e quello alla salute…” (v. C. cost., 23 dicembre 2008, n. 438). La mancanza del consenso opportunamente "informato" del malato o la sua invalidità determinano l'illiceità del trattamento medico – chirurgico, per l'inadempimento dell'obbligo di informazione o di corretta esecuzione dell'intervento che trova la propria fonte nel contratto stipulato tra il medico ed il paziente o, nel caso in cui il contratto sia stato concluso dal paziente e la casa di cura, nel contatto sociale qualificato comunque instaurato tra il sanitario ed il degente. La responsabilità del medico cui sia imputato l'inadempimento di quell'obbligo ha, quindi, natura contrattuale, sicché incombe sul medico (e sulla struttura sanitaria) l'onere della prova di aver correttamente ed esaustivamente informato il paziente (cfr., da ultimo, Cass. civ. sez. III, 20 agosto 2013, n. 19220). Ora, i diritti all'autodeterminazione ed alla salute, pur correlati, sono profondamente diversi, di tal ché non sussiste una reciproca necessaria correlazione tra le rispettive violazioni. Ciò che incide sull'individuazione degli spazi risarcitori ipotizzabili in subiecta materia. Come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, invero, sotto un primo aspetto, può esser fonte di un danno non patrimoniale risarcibile la sola violazione del diritto all'autodeterminazione, pur senza correlativa lesione del diritto alla salute ricollegabile a quella violazione, per essere stato l'intervento terapeutico necessario e correttamente eseguito: la condizione di risarcibilità di tale tipologia di danno è che “esso varchi la soglia della gravità dell'offesa secondo i canoni delineati dalle sentenze delle Sezioni unite nn. da 26972 a 26974 del 2008 (Cass. S.U., 11 novembre 2008, nn.26972- 26974), con le quali s'è stabilito che il diritto deve essere inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilità, da determinarsi dal giudice nel bilanciamento tra principio di solidarietà e di tolleranza secondo il parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico” (v. Cass. civ., sez. III, sent. 9 febbraio 2010, n. 2847; conf. da Cass. civ., sez. III, sent. 6 marzo - 16 maggio 2013, n. 11950). Sotto un secondo aspetto, è stata ritenuta la configurabilità di un danno da lesione della salute in relazione alle non imprevedibili conseguenze dell'atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato: la risarcibilità di tale pregiudizio necessariamente presuppone l'accertamento che il paziente avrebbe rifiutato quel determinato intervento se fosse stato adeguatamente informato (cfr. Cass. civ. sent., n. 2847/2010 e Cass. civ., n. 11950/2013 citate). È invero necessario che sussista un nesso causale tra la mancata acquisizione del consenso ed il pregiudizio (alla salute) lamentato dal paziente: ai fini del relativo accertamento, occorre domandarsi se la condotta omessa avrebbe evitato l'evento ove fosse stata tenuta, se, cioè, l'adempimento da parte del medico dei suoi doveri informativi avrebbe prodotto l'effetto della non esecuzione dell'intervento chirurgico dal quale, senza colpa di alcuno, lo stato patologico è poi derivato. E poiché l'intervento chirurgico non sarebbe stato eseguito solo se il paziente lo avesse rifiutato, per ravvisare la sussistenza di nesso causale tra lesione del diritto all'autodeterminazione del paziente (realizzatosi mediante l'omessa informazione da parte del medico) e lesione della salute per le incolpevoli conseguenze negative dell'intervento deve potersi ragionevolmente affermare che il paziente avrebbe rifiutato l'intervento ove fosse stato compiutamente informato, giacché altrimenti la condotta positiva omessa dal medico (informazione, ai fini dell'acquisizione di un consapevole consenso) non avrebbe comunque evitato l'evento (lesione della salute) [Cass. sent., n. 2847/2010]. Il relativo onere probatorio grava sul paziente e può essere assolto anche in via presuntiva: con la precisazione che la prova presuntiva non esonera il danneggiato dalla specifica allegazione degli elementi che, nella concreta fattispecie, siano idonei secondo i requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui all'art. 2729 c.c. a fornire la serie concatenata di fatti noti che consentano di risalire al fatto ignoto.
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