Cartella clinica incompleta e prova presuntiva del nesso di causa con il danno iatrogeno subito dal paziente
23 Novembre 2016
IL CASO Tizio e Caio, dopo aver subito un intervento chirurgico presso l'Ospedale Caldarelli di Napoli, si rivolgono al Tribunale lamentando l'errore professionale dei due medici coinvolti, chiedendo il risarcimento del danno. Il Tribunale di Napoli e la Corte d'Appello, successivamente adita, rigettano le domande dei proponenti. I pazienti ricorrono ora in Cassazione, affidando il ricorso a sei motivi, due dei quali qui rilevano.
ONERE DELLA PROVA Il giudice d'appello aveva rigettato il gravame proposto dai ricorrenti sul presupposto che questi non avessero provato il nesso di causa con l'evento indesiderato, pur essendo il rapporto di natura contrattuale. I ricorrenti sostengono che a loro spettasse provare il contratto sociale e l'insorgenza della patologia, allegando l'inadempimento del medico, ma che incombesse invece su quest'ultimo l'onere di dimostrare l'assenza del nesso causale.
INCOMPLETEZZA DELLA CARTELLA I ricorrenti affermano che la Corte aveva errato nel considerare solo parzialmente la relazione del C.T.U., non valutandola nella sua interezza e non tenendo in considerazione gli ulteriori elementi di prova emersi: il fatto che l'errore iatrogeno risiedesse nel primo intervento, ma che non fosse individuabile per incompletezza della cartella, e che nel secondo intervento l'errore fosse stato la conseguenza di scelta di un'operazione eccessivamente demolitoria.
SIGNIFICATIVITÀ PROBATORIA DELLA CARTELLA CLINICA. La Corte accoglie il ricorso, dichiarando che la Corte territoriale aveva impropriamente fatto ricadere sul paziente l'inesistenza della prova del nesso di causalità per il primo intervento durante il quale (si apprende dalla relazione) era sorta una complicanza dovuta ad errore iatrogeno non precisabile per incompletezza della cartella clinica, la cui compilazione era stata testualmente definita “scarsa, superficiale e non completa”.
.. A SFAVORE DEL MEDICO La Suprema Corte ritiene che proprio nell'incompletezza della cartella clinica sia ravvisabile, anche in virtù del principio di prossimità della prova, il presupposto perché scatti la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, nel caso in cui la sua condotta «sia astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato». Ripercorrendo il consolidato orientamento giurisprudenziale (da ultimo Cass. civ., sez. III, 27 aprile 2010 n. 10060), la Corte evidenzia che la difettosa tenuta della cartella clinica non basta ad escludere il nesso causale tra la colposa condotta del medico e le conseguenze dannose riportate dal paziente, se tale condotta risulta idonea a provare il danno, ma anzi consente di ricorrere alle presunzioni, poiché l'imperfetta compilazione della cartella non può diventare un danno nei confronti di chi ha diritto alla prestazione sanitaria (Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2010 n. 1538). Infine, secondo Cass. civ., sez. III, 5 luglio 2004 n. 12273, il medico ha l'obbligo di controllare la completezza e l'esattezza della cartella clinica, la cui violazione configura difetto di diligenza ex art. 1176, comma 2, c.c. ed inesatto adempimento della corrispondente prestazione medica. Per tali motivi, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia gli atti alla Corte territoriale, in diversa composizione. |