Danni da naufragio in crociera: la sentenza d’appello nel caso Costa Concordia

Marco Bona
25 Novembre 2016

La sentenza penale della Corte di Appello di Firenze, intervenuta in relazione al naufragio della Costa Concordia, aggiunge, rispetto al Tribunale di Grosseto, ulteriori indicazioni in ordine alla liquidazione dei danni da “mass torts” in vacanza. La Corte conferma il risarcimento del «danno morale aggravato dalla condotta» quale posta autonoma rispetto ai pregiudizi biologici di ordine psichico. Inoltre, dichiara la sicura risarcibilità del pregiudizio da vacanza rovinata accanto alle altre voci di danno non patrimoniale.
La liquidazione del “danno morale aggravato dalla condotta” in primo grado e gli appelli delle parti civili

La sentenza di primo grado, intervenuta nel processo penale avverso il comandante della Costa Concordia (singolarmente l'unico rinviato a giudizio), era risultata di sicuro interesse anche sul versante risarcitorio (Trib. Grosseto, 10 luglio 2015, n. 115, per approfondimenti vedi anche M. BONA, Costa Concordia: il danno non patrimoniale dei passeggeri nella pronuncia del Tribunale di Grosseto, in RiDaRe). Indubbiamente a caratterizzare le liquidazioni a favore dei passeggeri, ivi accordate per lo più a titolo di provvisionali, era la netta distinzione fra le seguenti due poste:

  • il danno morale inteso «tanto come paterna d'animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico quanto come lesione alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana», danno «sicuramente [da riconoscersi] a tutte le persone che si trovavano sulla Concordia Ia sera dell'incidente» per la terribile esperienza vissuta dall'inizio della tragedia al momento del salvataggio («ciascuna di esse era costretta a vivere per un significativo lasso di tempo momenti di ansia, di angoscia e di incertezza sul proprio destino»; «quella che all'inizio poteva definirsi una sensazione di generico spavento si trasformava … in un'angoscia sempre più opprimente e quindi nel terrore di veder Ia morte avvicinarsi …»);
  • i pregiudizi di ordine biologico-psichico ed esistenziale, ritenuti insuscettibili di trovare risarcimento in tale sede anche soltanto in via provvisionale, ciò «stante Ia necessità di approfondimenti istruttori» che avrebbero comportato un «eccessivo dilungamento del processo».

È da notarsi come tale danno morale, riconosciuto a prescindere dalla eventuale sussistenza di danni psichici (temporanei o permanenti), fosse stato liquidato in considerazione non soltanto del «gravissimo stato di sofferenza psicologica vissuto dai naufraghi in quei drammatici momenti», ma altresì della «estrema gravità delle condotte colpose poste in essere dall'imputato». Dunque, la pronuncia si aggiungeva a quelle decisioni, anche di legittimità, appartenenti al solco giurisprudenziale del cd. “danno morale aggravato dalla condotta” (per approfondimenti vedi anche M. BONA, Come liquidare e personalizzare il danno morale aggravato dalla condotta, in RiDaRe).

Occorre pure rammentare come il Tribunale, con valutazione equitativa pura, individuava, quale somma base per ciascun passeggero, l'importo di € 30.000,00, incrementato a € 50.000,00 per quei croceristi, i quali, finiti sul lato sinistro della nave, per salvarsi avevano impiegato molto più tempo ed affrontato situazioni ancora più estreme rispetto agli altri.

Tali liquidazioni, aggravate per l'appunto a fronte della particolare riprovevolezza della condotta del comandante (non già, invece, per le condotte degli altri ufficiali e degli altri esponenti della società armatrice, rimaste fuori dall'oggetto del processo), erano superiori rispetto al modestissimo importo forfettario di € 11.000,00 a persona, all'indomani della tragedia concordato tra armatore e svariate associazioni dei consumatori; tuttavia, al contempo risultavano inferiori rispetto ad altri casi giurisprudenziali di risarcimento del danno morale “puro” (precedenti in ordine ai quali si è già riferito commentandosi la pronuncia del Tribunale).

Invero era senz'altro giustificato ritenere che tali liquidazioni fossero lungi dall'essere esaustive, ciò per ragioni interne al perimetro stesso dei pregiudizi morali (pertanto senza doversi scomodare il diniego dei danni punitivi o la mancata liquidazione dei pregiudizi biologici-psichici o di quelli esistenziali o da vacanza rovinata). Diverse parti civili, invece, hanno appellato tali determinazioni del Tribunale proprio per il mancato riconoscimento dei danni punitivi e per l'omessa liquidazione, in via definitiva, tanto dei danni biologici che di quelli esistenziali che del danno da vacanza rovinata. Da sottolinearsi, altresì, come questi appellanti mirassero alla trasformazione delle provvisionali in risarcimenti finali, ciò dietro cospicui incrementi in ragione di tali motivi.

Infine, val la pena rilevare come, in sede di appello, la responsabile civile Costa Crociere non abbia mosso censure avverso i predetti criteri risarcitori.

Gli incrementi delle provvisionali: confermata la distinzione tra danno morale (aggravato dalla condotta) e danno biologico-psichico

Per quanto qui d'interesse la Corte di Appello di Firenze:

  • ha convalidato la pronuncia di primo grado in relazione sia alla liquidazione del danno morale “puro” in via autonoma rispetto al risarcimento dei pregiudizi biologici e esistenziali, sia ai parametri monetari individuati dal Tribunale per tale prima posta (dunque, senza provvedere ad aggiungere alcunché a titolo di danno punitivo);
  • ha incrementato gli importi riconosciuti dal Tribunale per tale danno morale aggiungendo ad essi, in relazione a ciascun passeggero appellante, le somme di € 10.000,00 a titolo di «danno biologico “minimale”» e di € 5.000,00 per il «danno patrimoniale minimo … per la perdita del bagaglio, di oggetti personali, etc.» (quindi, le provvisionali sono salite rispettivamente a € 45.000,00 ed € 65.000,00).

Ciò rilevato, è senz'altro corretta la ribadita distinzione, in seno al danno non patrimoniale unitario (l'unitarietà di questa categoria è stata rimarcata anche dalla corte fiorentina), tra, da un lato, la componente del pregiudizio, che, per rendere meglio l'idea, si potrebbe etichettare come “danno morale da esposizione al concreto rischio di perdita della vita propria e/o di persone care” (per l'appunto liquidata in via autonoma), e, dall'altro lato, il danno biologico-psichico.

Che il quantum del danno morale non sia sempre da calcolarsi in una frazione di quanto riconosciuto a titolo di danno biologico risulta piuttosto ovvio in tutti in quei casi in cui un illecito metta a dura prova una persona nella sua sfera morale, al contempo o producendo patologie “modeste” (rispetto al peso dell'offesa morale) oppure senza che la violazione della sfera personale produca delle patologie di ordine fisico e/o psichico. Si pensi, per esempio, al pugno sferrato da un rapinatore ad una persona la quale riporti solo ecchimosi, oppure alla violenza sessuale ai danni di una persona già affetta da depressione o, ancora, allo stupro di una donna la quale riesca, sul piano psichico, a reagire all'evento.

Per questi casi in più occasioni la giurisprudenza ha asserito la necessità di svolgere considerazioni distinte tra la liquidazione del danno morale “puro” ed il risarcimento dei riflessi biologici (cfr., ex plurimis, Cass. civ., Sez. III, 11 giugno 2009, n. 13530). Anche quella più recente ha ribadito, per esempio, che il danno morale da lutto ed il danno da perdita parentale sono indipendenti (quanto a risarcibilità e quantum) dal danno biologico-psichico, trattandosi di «perdite non patrimoniali eterogenee» (Cass. civ., Sez. III, 8 maggio 2015, n. 9320).

Nei casi di “mass torts” consistenti nell'esposizione concomitante di più persone ad un medesimo evento avverso (come giustappunto il naufragio di una nave), la fondatezza della distinzione in disamina trova ulteriori ragioni d'essere.

Innanzitutto il condizionare la risarcibilità del primo all'esistenza di una patologia finirebbe per privare tutta una serie di persone, rimaste “sane” a seguito del disastro, del diritto di reclamare un danno (quello morale) eppure realmente verificatosi, anzi, come rilevato dal Tribunale di Grosseto e dalla Corte di Appello di Firenze, tanto certo nella sua sussistenza dal risultare comprovabile su basi presuntive dalle modalità del sinistro e dalla gravità delle condotte (nello specifico dall'idoneità di queste alla produzione di frustrazioni, sentimenti di indignazione e di biasimo). Si tratta di rispettare il principio stabilito dalla Cassazione nel caso Seveso per cui il «danno morale soggettivo» lamentato dai soggetti, i quali «provino in concreto di avere subito un turbamento psichico (sofferenze e patemi d'animo) di natura transitoria a causa dell'esposizione» ad un pericolo per la loro esistenza, «è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all'integrità psico-fisica (danno biologico) o di altro evento produttivo di danno patrimoniale» (Cass. civ., Sez. Un., 21 febbraio 2002, n. 2515).

Come anche rilevato dalla Suprema corte spagnola con riferimento al naufragio della Costa concordia (cfr. infra), dinanzi a passeggeri che hanno subito anche danni alla propria integrità psicofisica e passeggeri che non hanno riportato conseguenze di questo tipo ma “solo” patito angosce ed ansie, «di certo sarebbe stato assurdo non concedere tale risarcimento a nessuno di loro o concederlo solo ai primi» («ciertamente habría resultado absurdo no conceder tal indemnización a ninguno de ellos, o concedérsela sólo a los primeros»).

Inoltre, una volta ritenuta, come corretto, la risarcibilità del danno morale svincolata dalla prova di una patologia, sarebbe discriminatorio liquidare tale danno, a favore dei danneggiati in grado di comprovare anche un vero e proprio pregiudizio biologico, in una frazione percentuale di quest'ultimo, se non, addirittura, inglobarlo in esso. Infatti, nella maggior parte dei casi il danno morale “puro” dei portatori di patologie finirebbe per venire risarcito con somme minori rispetto alle persone liquidate unicamente per esso.

In breve, nei casi di “mass torts” l'omessa distinzione tra le due poste in questione può risolversi tanto in dinieghi risarcitori quanto in autentiche discriminazioni fra danneggiati. Giusto è che chi riporti un danno non patrimoniale fisico o psichico aggiunga alla liquidazione di questo quella per il danno morale “puro” liquidato a tutti gli altri (lo si ribadisce: esistente a prescindere dalle conseguenze sul piano biologico).

Incidentalmente può osservarsi come a medesima soluzione sia pervenuta, in relazione ai sopravvissuti della Costa Concordia, la giurisprudenza di legittimità spagnola. Infatti, il Tribunal Supremo, con la sentenza 8 aprile 2016 n. 232/2016 (STS 1420/2016), ha affermato la correttezza della distinzione, operata sin dal primo grado, fra, da un lato, il danno morale da agonia, inquietudine, ansia e stress («daño moral inherente a la situación de agonía, zozobra, ansiedad y estrés») - liquidato in via forfetaria ed in misura uguale (€ 12.000,00) a favore di tutti i passeggeri-attori (sia quelli privi di conseguenze biologiche che quelli con danni alla persona) - e, dall'altro lato, il «daño corporal» (risarcito secondo i criteri di cui al baremo). Al riguardo la Corte iberica ha escluso la ravvisabilità di una duplicazione risarcitoria stante che i danni morali in questione non derivavano da lesioni personali: «La utilización de las reglas del Baremo como criterios orientadores, es decir, para cuantificar las indemnizaciones por los perjuicios causados a las personas como consecuencia del daño corporal no ocasionado por un hecho de la circulación (de un vehículo de motor), no excluye la indemnización por separado de los daños morales que no sean consecuencia del referido daño corporal; requisito, éste último, que elimina por hipótesis la posibilidad de una doble indemnización por el mismo daño moral».

Il diniego del danno punitivo

Nel confermare le provvisionali accordate la Corte di Appello ha pure avvallato la decisione del Tribunale di attribuire, ai fini della determinazione del danno morale, un peso, certamente rilevante, alla gravità delle condotte del comandante.

Il Tribunale era pervenuto a tale risultato denotando una logica adesiva alla distinzione, conosciuta anche in altri ordinamenti giuridici (diritto inglese in primis), tra, da un lato, gli “aggravated damages” (in pratica il pregiudizio morale della vittima così come aggravato dal particolare atteggiarsi della condotta dell'offensore) e, dall'altro lato, i (negati in sentenza) “punitive damages” (slegati dal “sentire” della vittima, cioè, rispetto ai primi, fuori da una dimensione squisitamente riparatoria-compensativa).

La Corte, dunque, riprende questa distinzione, ciò anche laddove ribadisce la non risarcibilità dei danni punitivi nel nostro ordinamento (salvi i casi previsti dalla legge) e, al contempo, ricorda come la Cassazione affermi che «dalla qualificazione giuridica del fatto illecito possono derivare effetti sulla gravità del danno patrimoniale e morale dei danneggiati, incidenti sull'entità del risarcimento» (Cass. pen., Sez. V, 14 dicembre 2011, n. 12139), ciò in quanto «tra gli elementi dei quali il giudice di merito, nell'effettuare la quantificazione dei danni morali risarcibili (ovvero delle sofferenze interiori che ledono l'integrità morale della persona offesa, la cui tutela, ricollegabile all'art. 2 Cost., ove sia determinata una ingiusta sofferenza contingente, si esprime mediante il risarcimento del danno morale soggettivo) provocati dal reato, deve tenere conto per “rendere la somma riconosciuta adeguata al particolare caso concreto ed evitare che la stessa rappresenti un simulacro di risarcimento” […], rientra anche la gravità del reato in sè, perché suscettibile di acuire i turbamenti psichici e l'entità del patema d'animo sofferto dalla vittima, da esso derivanti» (Cass. pen., Sez. II, 21 ottobre 2014, n. 49038).

Il diniego assoluto della risarcibilità del danno punitivo, in linea con precedenti recenti (cfr. Cass. civ., Sez. III, 19 gennaio 2007, n. 1183 e Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 2015, n. 15350), solleva alcune perplessità di ordine logico-sistematico, in primo luogo alla luce del fatto che l'ordinamento riconosce tale categoria pur dinanzi a fattispecie che non rilevano neppure alla stregua di reati (tanto per fare un esempio chi in un processo abbia avanzato pretese giudicate eccessive o eccezioni pretestuose può trovarsi condannato al risarcimento del danno punitivo, mentre non rischia un tale fardello chi commetta, magari volontariamente e per motivi futili, un omicidio).

Il danno biologico-psichico “minimale”

La Corte, confermata la sentenza di primo grado per la ritenuta impossibilità, in sede penale, di procedere alla liquidazione definitiva dei danni psichici, ha, tuttavia, incrementato le provvisionali appellate dai passeggeri aggiungendo, come già riferito, € 10.000,00 ciascuno a titolo di «danno biologico “minimale”».

Di sicuro interesse è la motivazione addotta a supporto di tale parziale riforma: a fronte della documentazione medica agli atti e della sostanziale ammissione, da parte di Costa Crociere, della sussistenza, per passeggeri, di un «rischio molto elevato di soffrire di un DPTS» il Tribunale avrebbe errato, secondo il collegio fiorentino, nel non avere tenuto conto, «neppure in misura prudenziale», tanto della componente permanente che temporanea del danno biologico, per l'appunto già «sufficientemente dimostrato» sia pure «su base minima».

Sul punto la pronuncia appare condivisibile laddove, dinanzi alla documentazione probatoria agli atti, ha ritenuto senz'altro prospettabili danni psichici di carattere temporaneo. Più critica, invece, è la parte in cui ha pure ipotizzato indistintamente per tutti gli appellanti una stabilizzazione dei pregiudizi psichici, profilo, invece, tale da necessitare, anche in relazione ad un suo nucleo minimo, di approfondimenti tecnici e, alla base, di un'adeguata istruttoria.

Prospettive incrementative attraverso il danno da vacanza rovinata

Il Tribunale aveva negato che il profilo della vacanza rovinata potesse comportare un «appesantimento» delle liquidazioni accordate per il danno morale, asserendo l'impossibilità per i passeggeri, durante la tragedia, di percepire tale pregiudizio e, pertanto, la sua non ravvisabilità, e, comunque, la ricomprensione dello stesso entro il «perturbamento psicologico subito dai passeggeri a seguito del naufragio, di gravità ed estensione tali da contenere necessariamente ogni forma di disagio inferiore».

Orbene, la Corte, pur senza modificare, in ragione di questo pregiudizio, il quantum delle provvisionali, ha ritenuto doveroso correggere, ai fini della condanna generica, la motivazione del Tribunale, rigettando la tesi per cui «la gravità dell'evento di per sé sostanzialmente annullerebbe tale voce di danno», che, invece, rimane da liquidarsi sia pure nel contesto del danno non patrimoniale unitario.

La Corte, peraltro, ha aggiunto come il riconoscimento del danno da vacanza rovinata prescinda dalla circostanza che a cagionarlo sia un inadempimento contrattuale oppure un fatto illecito (come, per l'appunto, quello del comandante della nave), essendo in qualsiasi caso «pregiudizio conseguente alla lesione del diritto del passeggero di godere del viaggio organizzato».

Come logico, per i giudici civili si porrà la questione di come combinare insieme le liquidazioni accordate per il danno morale (aggravato dalla condotta del comandante) con la liquidazione del danno da vacanza rovinata, di solito ammontante, per gli inadempimenti più significativi, tra € 1.500,00 e € 3.000,00 per danneggiato.

Al riguardo può osservarsi come il quantum del danno morale “puro” (confermato dalla Corte di Appello) fosse stato fissato dal Tribunale senza considerare, sul piano naturalistico, il mancato godimento della vacanza programmata. La Suprema corte ha sottolineato come il danno da vacanza rovinata costituisca un pregiudizio ulteriore rispetto al danno morale (inteso quale sofferenza contingente e turbamento d'animo transeunte): «nel nostro sistema il cosiddetto danno da vacanza rovinata viene ormai ricompreso nell'ipotesi di danno non patrimoniale ulteriore rispetto a quello morale» (Cass. civ., Sez. III, 13 novembre 2009, n. 24044).

Un dato, comunque, dovrebbe essere indiscutibile: come sancito sia dalla Corte di Giustizia (C. Giust. CE, 12 marzo 2002, n. C-168/00) che dalla Dir. 90/314/CEE (e, quindi, dagli artt. 44 e 45 del Codice del Turismo), occorre distinguere fra «danni alla persona» e «danni diversi da quelli alla persona», tra i quali si colloca anche il danno da vacanza rovinata (cfr. Trib. Bari, 9 settembre 2014, e Trib. Livorno, 12 marzo 2014).

Il danno morale da lucida agonia

Infine, la Corte di Appello, aderendo alla linea dettata dalla Cassazione (Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 2015, n. 15350), ha confermato la provvisionale di € 60.000,00 accordata, a titolo di «danno catastrofale», agli eredi di una passeggera annegata a bordo della nave. Tale importo può apparire esiguo alla luce di liquidazioni quale quella di € 90.000,00 accordata dalla Suprema corte (Cass. civ., Sez. III, 8 aprile 2010, n. 8360) per mezz'ora di intensa e lucida agonia vissuta da un agricoltore, il quale, mentre era intento al lavoro su un albero, era stato colpito da una scarica elettrica sprigionatosi dai fili dell'alta tensione.

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