Il vuoto urbanistico configura responsabilità in capo alla P.a., che non ha ottemperato all'obbligo di pianificazione?
28 Giugno 2016
Massima
In relazione a domanda di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2043 c.c. da comportamento della P.a., proposta prima delle modificazioni del sistema di riparto della giurisdizione introdotte con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta, in linea di principio, la cognizione su questioni di diritto soggettivo, giacché tale natura deve attribuirsi al diritto al risarcimento del danno, che è diritto distinto dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione sia fonte di danno ingiusto, la quale può avere natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo – nelle sue varie configurazioni, correlate alle diverse forme di protezione – o di interesse comunque rilevante per l'ordinamento. I vincoli preordinati all'esproprio o all'inedificabilità non hanno una durata illimitata ex L. n. 1187/1968 (applicabile ratione temporis). In caso di mancata reiterazione degli stessi o di mancato inserimento dei terreni nell'ambito di una pianificazione conformativa si determina un “vuoto urbanistico” di natura provvisoria, a seguito della violazione dell'obbligo di ripianificazione in capo alla P.a.. Nell'ipotesi di perdurante inerzia dell'Amministrazione, non si crea alcuna aspettativa nel proprietario riguardo al conferimento di particolari qualità edificatorie oltre i limiti o a possibili lottizzazioni. Tuttavia, egli può promuovere gli interventi sostitutivi della regione, ovvero azionare la procedura di messa in mora per far accertare l'illegittimità del silenzio. Nel caso di specie, l'ulteriore inerzia della P.a. cagiona una lesione del bene della vita inteso quale interesse alla certezza in ordine alla possibilità di una razionale e adeguata utilizzazione della proprietà, con diritto al risarcimento del danno subito da parte del privato. Il caso
Alfa ricorre nei confronti del Comune Beta per la cassazione di una sentenza della Corte di Appello, con la quale, nell'accogliere il ricorso, il giudice di seconde cure ha ritenuto insussistente l'illiceità della condotta della P.a.. Il resistente presenta controricorso, contenente anche ricorso incidentale. Nella specie, Alfa aveva citato in giudizio il Comune Beta, al fine di ottenere sia la dichiarazione di illegittimità del vincolo urbanistico, approvato con delibera del Consiglio comunale, posto su un immobile da lui detenuto in comproprietà, adibito ad albergo, sia la condanna dell'ente al risarcimento dei danni subiti. Il giudice di prime cure, dapprima con sentenza non definitiva e successivamente con sentenza definitiva, riconosceva il diritto al risarcimento del danno, dovuto per il mantenimento del vincolo urbanistico, nonostante la destinazione da parte del Comune stesso di altro bene a sede dell'Usl. Le predette decisioni venivano appellate, segnatamente, dall'ente, che eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e deduceva la mancata presentazione in giudizio di prove del danno risarcibile, e, in via incidentale, da Alfa, che rilevava la riduzione degli importi accertati dal Ctu e l'erronea decorrenza degli interessi e della rivalutazione monetaria, nonché chiedeva la liquidazione degli ulteriori danni subiti, a causa della perdita del diritto alla ristrutturazione dell'immobile a seguito della vendita forzata dello stesso in sede esecutiva. La Corte di appello accoglieva il ricorso principale e rigettava quello incidentale, non ravvisando nel caso di specie alcun comportamento illecito della P.a., causa di danno ingiusto. La Cassazione rigetta il ricorso principale e quello incidentale. La questione
La questione in esame è la seguente: qual è la natura del vincolo imposto sulla proprietà privata? La qualificazione della posizione giuridica del privato può definirsi diritto soggettivo o interesse legittimo? Quando il privato ha diritto o meno al risarcimento del danno derivante dal mantenimento illegittimo del vincolo urbanistico su un suo immobile da parte di un Comune? Le soluzioni giuridiche
La Corte di Cassazione giunge al rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale, dopo aver esaminato la fondatezza o meno dei motivi addotti dalle parti processuali. Nella specie, in ordine alla violazione dei principi in materia di riparto tra la giurisdizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo, la Corte evidenzia che, prima delle modificazioni del sistema di riparto della giurisdizione introdotte dal d.lgs. n. 80/1998, competeva al giudice ordinario la cognizione su questioni di diritto soggettivo. Di talché il giudice poteva accertare l'illegittimità del provvedimento, dal quale derivava la qualificazione del comportamento come illecito ex art. 2043 c.c.. La violazione e falsa applicazione dell'art. 2, L. n. 1187/1968, dell'art. 1, L.R. Sicilia n. 38/1973 e dell'insufficiente e contraddittoria motivazione su fatti decisivi della controversia ex art. 360, comma 1, nn. 3,4,5 c.p.c. si fonda sul mantenimento da parte del Comune Beta del vincolo urbanistico sull'area di proprietà di Alfa e sull'immobile su di essa insistente, adibito ad albergo, anche successivamente alla delibera comunale che destinava a sede USL altra struttura; nonché sul diniego da parte degli uffici comunali della concessione edilizia per la demolizione e ristrutturazione dell'albergo. La Corte osserva che, in materia urbanistica, la potestà comunale di apporre vincoli preordinati all'esproprio o all'inedificabilità non è illimitata, poiché i predetti vincoli decadono dopo un quinquennio, in via generale, secondo la L. n. 1187/1968, e dopo un decennio, secondo la L.R. Sicilia n. 38/1973, ove i predetti non siano stati reiterati o i terreni non siano stati inseriti nell'ambito di una pianificazione conformativa. In questo caso si determina una condizione di “vuoto urbanistico”. La fattispecie, disciplinata dall'art. 4, ultimo comma, L. n. 10/1977, ricorre allorquando la P.a. viola l'obbligo di ripianificazione. L'inedificabilità dell'area che ne deriva ha carattere temporaneo, poiché il Comune ha l'obbligo di reiterare il vincolo con previsione dell'indennizzo, ovvero di stabilire altra destinazione dell'area interessata. Nell'ipotesi di inerzia da parte della P.a., considerato il carattere provvisorio del regime urbanistico di salvaguardia, non si crea alcuna aspettativa in capo al proprietario riguardo possibili lottizzazioni o il conferimento di qualità edificatorie. Tuttavia a fronte dell'inerzia del Comune, il privato potrà promuovere gli interventi sostitutivi della Regione, ovvero potrà far accertare l'illegittimità del silenzio. Il protrarsi dell'inerzia della PA determinerà una lesione del bene della vita, costituito dall'interesse alla certezza di una possibile ed adeguata utilizzazione della proprietà, nonché il consequenziale diritto del privato al risarcimento del danno subito. Quest'ultimo dovrà ricorrere al giudice amministrativo per far dichiarare l'illegittimità del mancato esercizio dell'attività amministrativa obbligatoria da parte della P.a. e, successivamente, proporre al giudice ordinario la domanda di risarcimento, secondo il principio del tempus regit actum. Nel caso di specie, Alfa ha messo in mora l'amministrazione, ma non ha esperito la procedura di tipizzazione giurisdizionale del silenzio, ex art. 21-bis, L. n. 1034/1971, applicabile ratione temporis. Pertanto, alla scadenza del vincolo di zonizzazione, in capo al privato è sorto l'interesse legittimo ad una nuova pianificazione urbanistica. Il predetto non ha subito una lesione del diritto dominicale indennizzabile, poiché non ricorre la fattispecie dell'espropriazione di valore, ma quella dell'area bianca, ex art. 4, ultimo comma, L. n. 10/1977. La Corte osserva intanto che la soluzione adottata non comporta il reinserimento della pregiudiziale amministrativa, che ricorre soltanto allorquando il silenzio rifiuto sia un mero comportamento inerte ed inadempiente della PA a fronte di un obbligo a provvedere su un'istanza del privato. Rileva, altresì, che l'affermazione del giudice di appello in ordine al diritto all'indennizzo in capo ad Alfa, non richiesto in giudizio dal ricorrente, non si possa considerare una forma di extrapetizione, poiché il predetto ha fondato la sua decisione “sulla valutazione unitaria delle risultanze processuali, anche se in base ad argomentazioni o considerazioni non prospettate dalle parti stesse”. Stabilisce, infine, che, nel caso di specie, non era ottenibile dal privato la concessione edilizia per la carenza dello strumento pianificatorio, né una riparazione di tipo indennitario per la mancata reiterazione del vincolo con previsione dell'indennizzo da parte della P.a..
Osservazioni
La Corte di Cassazione conferma l'orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo il quale poiché la potestà dei Comuni d'imporre vincoli preordinati all'esproprio o all'inedificabilità non è illimitata, decadendo tali vincoli, ai sensi dell'art. 2,L. n. 1187/1968 (applicabile ratione temporis), al termine del quinquennio, fatto salvo il diverso termine previsto dalla legge della Regione Sicilia, si determina, in caso di mancata reiterazione dei vincoli pregressi o di mancato inserimento dei terreni nell'ambito di una precisa pianificazione conformativa, una condizione di “vuoto urbanistico”, ex art. 4, ultimo comma, L. n. 10/1977, dovuta alla violazione dell'obbligo di ripianificazione incombente sulla P.a.. L'inefficacia delle destinazioni di piano comporta una situazione di inedificabilità di natura provvisoria. Infatti, l'autorità comunale ha l'obbligo di reiterare il vincolo con previsione di indennizzo, ovvero, in alternativa, di provvedere all'integrazione dello strumento pianificatorio, in atto parzialmente inoperante, assegnando una nuova destinazione all'area interessata. L'inerzia da parte della P.a. configura la lesione del bene della vita, che si concretizza nell'interesse alla certezza di un'adeguata utilizzazione della proprietà, con conseguente diritto del privato al risarcimento del danno subito. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo rileva una violazione del “giusto equilibrio tra le esigenza dell'interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell'individuo”, tra i quali, “il diritto al rispetto dei beni, ex art. 1, comma 1, prima frase, Protocollo n. 1 addizionale alla Cedu” nelle ipotesi in cui, nonostante i rimedi giurisdizionali interni esperiti dagli interessati, il pieno godimento della proprietà sia limitato dal protrarsi del divieto di costruire. L'assenza di regolamentazione urbanistica comporta un vuoto di disciplina giuridica e un regime provvisorio e precario, lesivo sia dello jus aedificandi , sia degli altri diritti reali di cui è titolare il proprietario del terreno. Quindi il Comune è obbligato a disciplinare sotto il profilo urbanistico l'area, già sottoposta a vincolo preordinato all'esproprio, scaduto per decorrenza del periodo quinquennale di vigenza dello stesso, ed a ripristinare il valore edificatorio dei terreni interessati, soprattutto se l'inerzia comunale sia stata rilevata dal privato, attraverso uno specifico atto di messa in mora. In omaggio al principio tempus regit actum, l'interessato deve esperire ricorso al giudice amministrativo, per far dichiarare l'illegittimità del mancato esercizio dell'attività amministrativa obbligatoria da parte della P.a., potendo solo all'esito proporsi domanda di risarcimento dei danni dinanzi al giudice ordinario. |