Assicurazioni plurime: spetta all’assicurato provare di non essere stato già soddisfatto
29 Giugno 2015
Massima
Nell'ipotesi di stipula di più assicurazioni per lo stesso oggetto ed interesse, l'assicurato, che agisca contro l'assicuratore per il pagamento dell'indennità contrattualmente dovuta, è tenuto a provare che il cumulo fra la chiesta indennità e le somme eventualmente da lui già riscosse per il medesimo sinistro da altri assicuratori non superi l'ammontare del danno subito, poiché tale circostanza, ai sensi del secondo inciso del comma 3 dell'art. 1910 c.c., rappresenta un fatto costitutivo del diritto da lui azionato, in assenza della quale non vi è danno indennizzabile. Sintesi del fatto
Un uomo stipula diversi contratti di assicurazione contro gli infortuni, informando ciascun assicuratore delle altre assicurazioni stipulate. Verificatosi un infortunio, l'uomo chiede l'indennizzo contrattualmente dovuto ad uno degli assicuratori, il quale gli obietta che manca la prova che egli non abbia già percepito alcun indennizzo dagli altri assicuratori. Il tribunale investito della controversia dà ragione alla compagnia, ma la decisione è ribaltata in appello, giacché la corte di merito reputa assolto l'onere probatorio gravante sull'assicurato mediante la sola comunicazione delle altre polizze assicurative stipulate con altre compagnie per il medesimo rischio. In particolare la corte d'appello afferma che «l'assicurazione, richiesta del risarcimento, la quale deve conoscere l'esistenza di altre polizze assicurative stipulate dal danneggiato in virtù dell'obbligo dell'assicurato di comunicare detta circostanza, può assumere informazioni per verificare che questi non abbia già chiesto il risarcimento alle altre assicurazioni. In caso positivo di questa verifica, ma solo allora, spetterà all'infortunato dimostrare che quanto riscosso dalle altre assicurazioni non eccede il risarcimento dovuto in relazione al danno effettivo». La compagnia assicuratrice, rimasta soccombente, ricorrere per cassazione, denunciando l'erroneità della soluzione adottata nella sentenza impugnata, dal momento che il non intervenuto indennizzo da parte degli altri assicuratori costituisce fatto costitutivo della domanda rivolta nei confronti di uno di essi. La questione
L'art. 1910 c.c. consente la stipulazione di più assicurazioni per il medesimo rischio ma, in tal caso, pone a carico dell'assicurato — come tra breve vedremo — taluni obblighi, i quali convergono ad un unico evidente scopo: quello di impedire che, attraverso tale meccanismo, l'assicurato contro i danni possa percepire più indennizzi di entità superiore al danno subito. Sorge in tal caso il quesito: è l'assicurato a dover provare di non essere stato già indennizzato dagli altri assicuratori o è l'assicuratore a dover provare che l'assicurato ha già percepito l'indennizzo? Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte ha gioco facile nel cassare la sentenza richiamando il proprio indirizzo alla luce del quale, nell'ipotesi di assicurazione presso diversi assicuratori, qualora l'assicurato agisca contro l'assicuratore per ottenere il pagamento dell'indennità dovuta secondo il contratto con il medesimo stipulato, è tenuto a provare che il cumulo fra la chiesta indennità e le somme eventualmente da lui già riscosse per il medesimo sinistro da altri assicuratori non superi l'ammontare del danno sofferto, poiché tale circostanza rappresenta un fatto costitutivo del diritto da lui fatto valere, in quanto, ai sensi del secondo inciso del comma 3 dell'art. 1910 c.c., un danno indennizzabile sussiste solo se detta circostanza ricorre (Cass. civ., sez. III, sent., 23 agosto 1999, n. 8826). Osservazioni
L'assicurazione contro i danni, nella cui disciplina si inserisce l'art. 1910 c.c., è dominata dal principio indennitario, il quale si riassume in ciò, che attraverso l'assicurazione l'assicurato non può mai conseguire un lucro, un arricchimento, ma può solo ottenere il ristoro del danno subito. Tale principio si desume da diverse disposizioni: soprattutto l'art. 1905 c.c., che limita l'obbligazione dell'assicuratore al danno effettivamente verificatosi; l'art. 1908 c.c., che vieta di determinare il danno indennizzabile in misura superiore al valore che le cose danneggiate avevano al momento del sinistro; per l'appunto l'art. 1910 c.c., che vieta all'assicurato di cumulare più indennizzi, i quali eccedano nel complesso l'entità del pregiudizio sofferto. Ed è ovvio che sia così, dal momento che, in caso contrario, il contratto di assicurazione cesserebbe di essere tale e si trasformerebbe in una sorta di gratta e vinci, in cui per di più l'assicurato risulterebbe interessato al verificarsi dell'evento che l'assicurazione contro i danni intende neutralizzare. Ciò detto, ricorre l'ipotesi della «assicurazione presso diversi assicuratori», o assicurazione plurima, ai sensi dell'art. 1910 c.c., qualora il medesimo rischio (concernente cioè il medesimo bene assicurato e lo stesso arco temporale) venga fatto oggetto di più contratti di assicurazione, stipulati dall'assicurato con altrettanti assicuratori. L'art. 1910 c.c. detta in proposito disposizioni concernenti tanto i rapporti tra l'assicurato e gli assicuratori, quanto quelli tra gli assicuratori. Qui interessano i primi. In caso di assicurazioni plurime: -) l'assicurato è tenuto a informare tutti gli assicuratori delle altre coperture assicurative: per quanto riguarda le assicurazioni successive alla prima, egli lo farà al momento della stipula; per quanto riguarda la prima, lo farà successivamente alla stipula degli altri contratti; in caso di violazione dolosa dell'obbligo di denuncia delle altre coperture assicurative l'assicurato perde il diritto all'indennizzo; -) l'assicuratore deve inoltre dare avviso del sinistro a tutti gli assicuratori; -) l'assicurato può domandare a ciascun assicuratore l'indennizzo dovuto in forza del contratto, ma non può cumulare indennizzi per un importo complessivo eccedente il danno subito. Il limite posto dall'art. 1910 c.c. si spiega proprio attraverso il principio indennitario, e non con quello dettato dall'art. 1292 c.c. per le obbligazioni solidali: ed infatti, i diversi assicuratori, in caso di plurime assicurazioni, non sono tenuti in solido, giacché non sono «obbligati tutti per la medesima prestazione», come dispone quest'ultima norma, ma ciascuno è obbligato alla prestazione prevista nel contratto che ha stipulato. Va da sé che l'assicurato il quale reclami l'indennizzo, deve provare il proprio diritto, secondo la regola generale prevista dall'art. 2697 c.c., e cioè deve provare che c'è qualcosa da indennizzare, a tenore del contratto: ma, in caso di pluralità di assicurazioni, intanto può esserci qualcosa da indennizzare, in quanto l'indennizzo non sia già stato corrisposto da altro assicuratore. Il che vuol dire che il non corrisposto indennizzo si colloca, come afferma la Suprema Corte, dal versante del fatto costitutivo della domanda di indennizzo azionata nei confronti di uno degli assicuratori. Né è corretto obbiettare, come nel nostro caso aveva fatto la Corte d'appello, che l'assicuratore «può assumere informazioni per verificare che questi non abbia già chiesto il risarcimento alle altre assicurazioni»: è vero, l'assicuratore può farlo, ma ciò non trasforma il fatto costitutivo in fatto modificativo, impeditivo o estintivo da provarsi da parte dell'assicuratore che resista alla domanda. D'altro canto, l'onere della prova posto a carico dell'assicurato, non è affatto particolarmente gravoso: basterà che egli si rivolga agli altri assicuratori e si faccia rilasciare una dichiarazione da cui risulti che nessun indennizzo è stato corrisposto. Merita ancora aggiungere, trattando dell'argomento, che l'art. 1910 c.c. si applica a tutte le assicurazioni contro i danni ed anche a quelle — ed è il nostro caso — contro gli infortuni (Cass. civ., S.U., sent., 10 aprile 2002, n. 5119, che ha risolto in tal senso il precedente contrasto sul punto). L'art. 1910 c.c. è inoltre derogabile a favore e anche a sfavore dell'assicurato (si immagini, per quest'ultima ipotesi, una clausola che escluda l'indennizzo non solo in caso di violazione dolosa, ma anche colposa, dell'obbligo di denuncia delle altre coperture assicurative), in quanto la norma non è richiamata dall'art. 1932 c.c. (Cass. civ., sez. I, sent., 4 agosto 1995, n. 8597; secondo Cass. civ., sez. III, sent., 2 ottobre 1998, n. 9786, ribadita da Cass. civ., sez. III, sent., 15 ottobre 1998, n. 10195, la clausola di polizza che preveda la decadenza dell'assicurato dal diritto di indennizzo per l'omessa comunicazione della stipulazione di altro contratto di assicurazione per il medesimo rischio va interpretata in senso restrittivo e sfavorevole all'assicuratore ex art. 1370 c.c.). |