La giurisprudenza di legittimità e di merito – Il quadro normativo
Nel giugno del 2011 la suprema Corte di Cassazione ha depositato due sentenze (Cass., 7 giugno 2011, n. 12408 e quella di pochi giorni successiva, Cass., n. 14402/2011) che di fatto hanno elevato il sistema di liquidazione empirico creato dai giudici meneghini a parametro equitativo di base su scala nazionale.
Dopo aver ancora una volta censurato la mancata adozione delle tabelle di valutazione e liquidazione normative disposte dall' art. 138 Cod. Ass. per il risarcimento del danno per lesioni di non lieve entità, la Corte si pose il compito di supplire alle carenze normative del legislatore (onerato a ciò nel pur limitato contesto del danno da sinistri stradali) in ragione della oramai imprescindibile esigenza di “garantire l'uniforme interpretazione del diritto (che contempla anche l' art. 1226 c.c., relativo alla valutazione equitativa del danno)” e di “fornire ai giudici di medito l'indicazione di un unico valore medio di riferimento da porre a base del risarcimento del danno alla persona, quale che sia la latitudine in cui si radica la controversia”.
E' certamente vero che al giudice del merito deve essere demandata la insostituibile funzione di regolare il compenso equitativo alla peculiarità del concreto (ed anche, se si vuole, al contesto socioeconomico della vittima), ma è altrettanto vero che, osserva la Corte, “equità non vuol dire arbitrio, perché quest'ultimo non scaturendo da un processo logico deduttivo, non potrebbe mai essere sorretto da adeguata motivazione”.
La sentenza Cass., 30 giugno 2011, n. 14402 si richiama espressamente a tale ultimo arresto, confermando che la tabella elaborata dall'Osservatorio alla giustizia civile del tribunale di Milano costituisce “valido e necessario criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 c.c.” e che “i relativi parametri sono da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale”.
Semmai la Corte, in quest'ultima decisione, precisa che ben potrà il giudice discostarsi (in aumento o diminuzione) da detti valori di equità basale, ma dovrà dare congrua motivazione circa le ragioni che lo hanno indotto a preferire un diverso ammontare complessivo, nell'ottica finale della personalizzazione del danno al caso concreto.
Non è quindi errata la motivazione che adotti un sistema equitativo diverso da quello milanese, ma solo la decisione che non abbia compiutamente e pienamente (anche sotto il profilo della integralità del danno) giustificato il suo discostarsene.
Ci sembra importante – a proposito della facoltà del giudice di affrancarsi dalla tabella ai fini della personalizzazione del danno – il passaggio della decisione (pag. 18 e 19) ove i giudici del Collegio precisano che gli indici di valutazione e di variazione rispetto al parametro equitativo basale ben possano essere assunti anche da “diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali”.
Vero è che la stessa decisione afferma che:
“Preso atto che le tabelle di Milano sono andate nel tempo assumendo e palesando una "vocazione nazionale", in quanto recanti i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il concetto dell'equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno ridurre) - al di là delle diversità delle condizioni economiche e sociali dei diversi contesti territoriali - ingiustificate disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini di violazione dell' art. 3 Cost., comma 2, questa Corte è pervenuta a ritenerle valido criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa
ex art. 1226 c.c., laddove la fattispecie concreta non presenti circostanze che richiedano la relativa variazione in aumento o in diminuzione, per le lesioni di lieve entità conseguenti alla circolazione (v. Cass., 7 giugno 2011, n. 12408)”.
Da allora, in effetti, la giurisprudenza di legittimità e di merito si è di fatto uniformata alla indicazione della vincolatività della tabella milanese, da un lato dando per superati i criteri empirici elaborati a livello locale dai singoli tribunali dello Stato (eccezion fatta del tribunale di Roma, di cui a breve si dirà, che propone un proprio meccanismo economico compensativo assai difforme da quello milanese), dall'altro ribadendo il primato del sistema meneghino in numerosi arresti successivi (si veda da ultimo il richiamo nella sentenza della Cass., 20 novembre 2012, n. 20292, Cass., ord. 8 novembre 2012, n. 19376, ovvero la decisione Cass., 19 luglio 2012, n. 12464).
Diversamente da quella milanese, la tabella di Roma propone dunque sistemi di calcolo assai difformi che attengono a parametri di valutazione della menomazione e delle sue conseguenze valutati su basi di calcolo autonome.
Il Tribunale di Roma anche per l'anno 2013 ha ritenuto infatti di dover confermare il proprio sistema tabellare, non ritenendo allo stato condivisibile l'orientamento sopra ricordato dalla corte di Cassazione – Cass., 7 giugno 2011, n. 12408- nel quale si individua nelle complessive tabelle elaborate dal Tribunale di Milano un criterio da considerare al fine di operare la valutazione del danno biologico.
Il sistema tabellare di Roma riconosce un valore monetario (appena aggiornato all'indice ISTAT ad € 824,50 per il punto base) al quale il giudice applica una percentuale di maggiorazione che (in modo esattamente opposto alla tabella milanese) cresce con l'aggravarsi della lesione.
Le due tabelle, dunque si distinguono principalmente sotto due profili.
L'uno è di natura strettamente economica (in quanto i valori basali e standard sono diversi), l'altro di portata anche concettuale perché il tribunale di Roma, a differenza di quello di Milano, non ritiene che la maggiorazione per la personalizzazione possa decrescere od arrestarsi (come avviene per la tabella milanese) con l'aggravarsi della lesione.
I valori oggi aggiornati della tabella di Roma fanno anche riferimento all'indice di base per la determinazione e calcolo della tabella di liquidazione del danno non patrimoniale da morte di un congiunto (o lesione del rapporto parentale).
Il sistema capitolino prende maggiormente in considerazione (elevandole a variabili di calcolo incidenti in modo diretto sul computo sostanziale) gli elementi concreti che delimitano la sofferenza presumibile nel caso specifico, come la contiguità esistenziale, l'età della vittima e del congiunto deceduto, la convivenza o meno nel nucleo primario.
Questi indici, mentre nella tabella milanese sono valori che vengono demandati alla mera considerazione equitativa del magistrato, nel sistema del tribunale di Roma divengono volani di calcolo per la liquidazione finale che trae spunto dall'indice di base oggi innalzato ad € 9.405 dopo l'aggiornamento ISTAT al 2014.
Prescindendo dalla diversità del criterio di calcolo quindi, sono anche di sostanza le diversità che attengono al metodo di valorizzazione degli elementi caratterizzanti lo specifico caso assunta in via diretta con la tabella romana e in via mediata o elastica ove si applichi la tabella milanese, essendo quest'ultima rimessa per lo più all'apprezzamento del giudice.
Non senza considerare che la tabella romana, con i suoi indici più legati alle specificità del caso, trova di fatto una applicazione pratica più agevole anche nella fase stragiudiziale, per il meccanismo empirico del sistema facilmente utilizzabile anche in una fase non contenziosa.