Per la residenza fiscale rilevano apertura di c/c e polizze vita

La Redazione
04 Luglio 2016

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12311/2016, ha chiarito che per determinare la residenza fiscale del contribuente trasferito all'estero bisogna valutare una serie di elementi, tra cui: conti corrente, polizze vita, soggiorni.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12311/2016, ha ricordato alcuni principi in materia di determinazione della residenza fiscale delle persone fisiche trasferite all'estero.

La CTR, in parziale accoglimento dell'appello dell'ufficio, aveva rigettato il ricorso del contribuente sostenendo che l'Amministrazione non avesse adeguatamente dimostrato la sussistenza di uno dei due criteri territoriali previsti dal secondo comma dell'art. 2 del TUIR, ed affermando inoltre che in relazione ai periodi di imposta successivi il contribuente non avesse superato la presunzione fissata dallo stesso art. 2 TUIR.

L'Agenzia dal canto suo lamenta l'omessa motivazione in ordine alla sussistenza del centro di interessi economici effettivi in Italia.

Nella disamina della Corte è stato utile ricordare quello che viene sancito dall'art. 2 del d.P.R. n. 917/1986: affinché sussista la residenza fiscale nello Stato occorre la presenza di tre presupposti in via del tutto alternativa tra loro:

  1. formale: iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti;
  2. di fatto: residenza nello Stato ai sensi del c.c.;
  3. di fatto: domicilio nello Stato ai sensi del c.c..

Dunque ne consegue che l'iscrizione del cittadino nell'anagrafe dei residenti all'estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali.

Sul punto è intervenuta anche la Corte di Giustizia Europea (cfr causa 528/14 del 27 aprile 2016) che ha ribadito il principio secondo il quale: "ai fini della determinazione del luogo della residenza normale, devono essere presi in considerazione sia i legami professionali e personali dell'interessato in un luogo determinato, sia la loro durata, e, qualora tali legami non siano concentrati in un solo Stato membro, l'art. 7, n. 1, comma 2, della direttiva 83/182/CEE riconosce la preminenza dei legami personali sui legami professionali". Per la valutazione dei legami personali e professionali, ricorda la Corte, devono essere presi in considerazione: la presenza fisica dell'interessato, nonché quella dei suoi familiari, la disponibilità di un'abitazione, il luogo di esercizio delle attività professionali e quello in cui vi siano interessi patrimoniali.

I Giudici della Corte ritengono che valutando in questo contesto la vicenda, la motivazione della sentenza impugnata si manifesta gravemente insufficiente, il giudice di secondo grado infatti non ha valutato diversi elementi di potenziale valore decisivo (che l'ufficio ha addotto). Di seguito elencati:

  • apertura da parte del contribuente di numerosi conti correnti in Italia;
  • numerosissime tracce di frequenti soggiorni in Italia enumerati in ricorso;
  • la circostanza che i numerosi contratti di sponsorizzazione prevedano come foro competente in caso di controversie quello italiano;
  • stipula di polizze assicurative in Italia.

In conclusione si nota che nel caso di specie la questione concerneva dei periodi di imposta anteriori all'entrata in vigore del comma 2-bis, di conseguenza nessuna presunzione di residenza in Italia poteva operare, spettando all'Amministrazione fornire la relativa prova della residenza in Italia.

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