Tributario

L'adesione alla rottamazione dei ruoli in presenza di coobbligazione

23 Gennaio 2017

A dispetto della portata apparentemente snella dell'impianto normativo che lo caratterizza, l'istituto della definizione agevolata dei carichi di ruolo pregressi contenuto nell'art. 6 del D.Lgs. 22 ottobre 2016, n. 193, meglio noto come “rottamazione dei ruoli”, presenta numerosi profili di criticità, anche (e soprattutto) in relazione ai profili processuali ad esso strettamente connessi.Tra questi, spicca – senza ombra di dubbio – la problematica connessa alle posizioni debitorie che vedono coinvolti più coobbligati, che, in virtù del rapporto di solidarietà, possono essere definite da uno solo o alcuni di essi.
Premessa

L'istituto della definizione agevolata dei carichi di ruolo presenta numerosi profili di criticità, anche in relazione ai profili processuali ad esso strettamente connessi.

La problematica maggiore è connessa alle posizioni debitorie che vedono coinvolti più coobbligati. Questo, che rappresenta il profilo sostanziale del rapporto tributario, dev'essere posto a confronto con quello processuale previsto dalla norma sulla rottamazione, la quale prevede che, all'atto di presentare l'istanza a Equitalia, il debitore si impegna a rinunciare alle liti fiscali in essere (indifferentemente contro l'Agente della riscossione, ovvero l'ente creditore); ovvero, ab origine, dichiara che non esistono pendenze processuali. Se, dunque, l'intento del legislatore è stato quello di offrire una opportunità eccezionale ai contribuenti in mora con il fisco, preventivando un non indifferente introito per le casse dell'erario, è altrettanto evidente che la norma non brilla per chiarezza e precisione proprio per le posizioni collegate, lasciando, di fatto, irrisolte numerose questioni applicative che, in attesa di quantomai opportuni chiarimenti, restano affidate alla valutazione dell'interprete.

Il rapporto di coobbligazione nello schema della rottamazione dei ruoli

L'eventualità di una iscrizione a ruolo effettuata a nome di più coobbligati risulta affatto infrequente: si pensi all'ipotesi classica dell'imposta di registro richiesta sia al venditore che all'acquirente, ovvero all'IVA e all'IRAP accertate in capo a una s.n.c. e intimate ai soci di questa.

Sono tutti casi in cui la pretesa del fisco, affluita tra le pendenze dell'Agente della riscossione a seguito dell'iscrizione a ruolo, viene rivolta indifferentemente nei confronti dei diversi coobbligati, fra i quali il pagamento di uno libera gli altri condebitori.

Resta – a questo punto – da chiedersi cosa accada nell'ipotesi in cui ad aderire all'istituto della definizione agevolata sia uno solo dei coobbligati e non gli altri, i quali, invece, intendano proseguire il contenzioso già instaurato con il fisco.

V'è da dire, infatti, che ad assumere l'impegno a rinunciare alle liti in corso, davanti alle commissioni tributarie, è il solo coobbligato che intenda aderire alla sanatoria; è solo lui, infatti, che sottoscrive l'impegno contenuto nell'istanza e, per questo, è solo nei suoi confronti che si produrranno gli effetti della rinuncia, al momento del deposito nel fascicolo di causa.

La norma – è bene ricordarlo – prevede che, con la dichiarazione di adesione, il debitore assume l'impegno a rinunciare ai giudizi in corso (ovvero dichiara l'assenza di giudizi in essere), sempreché, naturalmente, sia stato lo stesso istante ad aver introdotto, in passato, il giudizio. Nessun obbligo, pertanto, potrà ascriversi nei confronti del condebitore solidale, che legittimamente proseguirebbe la propria lite, all'epoca instaurata; questi, infatti, resterebbe estraneo alla definizione prodotta dal coobbligato, per cui non muterebbe il proprio status processuale, di contestazione del merito della pretesa. Nè, tantomeno, la rinuncia alla lite prodotta dal condebitore istante potrebbe travolgere anche il proprio processo (verosimilmente già riunito a quello del debitore istante), che, pertanto, proseguirebbe dopo che la commissione abbia “stralciato” la posizione del primo: è, infatti, da escludere che la rinuncia depositata dal soggetto che abbia aderito alla sanatoria possa travolgere anche la posizione di colui che abbia legittimamente esercitato la propria azione difensiva e ciò non solo – e non tanto – perchè le differenti posizioni, dal punto di vista sia sostanziale che processuale, non possono confondersi, ma anche perchè la rinuncia alla lite già instaurata, nei modi e nei tempi previsti dall'art. 44 del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, può venir meno solo a seguito della “retromarcia” del diretto interessato (peraltro previa accettazione espressa della controparte che abbia interesse alla prosecuzione del giudizio, tenuto conto, altresì, delle spese processuali).

Assodato, dunque, questo, l'aspetto probabilmente più rilevante è rappresentato dall'ipotesi in cui la lite instaurata dal condebitore, che non abbia aderito alla sanatoria, si dovesse concludere con l'accoglimento del proprio ricorso; la commissione tributaria adìta, infatti, ben potrebbe ritenere fondata l'impugnazione proposta avverso il ruolo oggetto della definizione del coobbligato, in tal modo dichiarando non dovute, ab origine, le somme pretese dal fisco.

Cosa accadrebbe, in questa eventualità, al rapporto definitorio sottoscritto dal debitore istante, dunque tra questi ed Equitalia?

La risposta va cercata nella natura e negli effetti dell'istituto previsto dall'art. 6 del decreto di ottobre, il quale, infatti, espressamente prevede che, a seguito del perfezionamento della sanatoria, si produce l'estinzione del debito in essere con l'Agente della riscossione.

Ebbene, il debito – in tal modo – estinto, potrebbe essere rimesso in discussione, rectius potrebbe legittimamente chiedersene la ripetizione da parte del debitore che abbia perfezionato la sanatoria, perchè dichiarato illegittimo in sede giudiziale?

In senso affermativo soccorre un duplice ordine di considerazioni, il primo di ordine processuale, il secondo di tipo squisitamente sostanzial-civilistico.

L'estensione del giudicato favorevole e l'estinzione del debito

Quanto al primo profilo, processuale, va ricordato che, ai sensi dell'art. 1306 c.c., i condebitori che siano rimasti inerti, ovverosia non abbiano impugnato la pretesa impositiva, possono far valere, nei confronti del creditore, il giudicato favorevole ottenuto da un coobbligato fondato su questioni non personali ma di merito, a condizione che non abbiano pagato, almeno in parte, il proprio debito originario; nell'ipotesi, dunque, si tratterebbe del debitore istante, il quale non abbia ancora ultimato il pagamento del debito con Equitalia, nelle more della rateazione con scadenza settembre 2018.

Pertanto, ove dovesse formarsi il giudicato sulla sentenza favorevole al condebitore non-istante, il soggetto che abbia aderito alla sanatoria dei ruoli ben potrebbe far valere l'esito di quel giudizio, omettendo il pagamento del residuo.

Invero – ed in questo risiede il secondo aspetto, di tipo sostanzial-civilistico – l'estinzione del debito prevista dalla norma si produrrebbe solo in esito al pagamento delle somme stabilite da Equitalia e non prima, quando – cioè – intervenisse il giudicato favorevole nel giudizio del condebitore; solo allora, infatti, si realizzerebbe l'effetto previsto dalla norma, che, fino a quel momento, mancherebbe, restando in essere il rapporto originario in attesa del completo versamento delle rate.

Né, peraltro, potrebbe invocarsi alcuna acquiescenza al merito della pretesa, quale conseguenza della presentazione dell'istanza di adesione alla sanatoria: è appena il caso di ricordare, infatti, che quello dell'acquiescenza è un istituto di carattere eccezionale tassativamente previsto per legge, i cui effetti si producono al decorso del termine di sessanta giorni dalla notifica dell'atto impositivo, senza proposizione del ricorso, ovvero di istanza di accertamento con adesione ove prevista. Ne deriva, con tutta evidenza, che a tanto non è sicuramente paragonabile, né per natura né per effetti, la presentazione dell'istanza di accesso alla sanatoria dei ruoli, che, dunque, non costituisce – né potrebbe mai costituire – riconoscimento alcuno della fondatezza del prelievo: la rottamazione dei ruoli, infatti, definisce esclusivamente il quantum dovuto all'Agente, senza intervenire, in alcun modo, nel rapporto impositivo originario con l'ente creditore.

Senza contare, peraltro, che l'estinzione stessa del debito, intervenuta in conseguenza del pagamento, non ne precluderebbe, comunque, la ripetibilità: si verserebbe, infatti, nell'ipotesi più ampia dell'indebito oggettivo per causa sopravvenuta alla sua estinzione, rappresentata dall'intervenuto giudicato sfavorevole al fisco, che ne legittimerebbe, per questo, la richiesta restitutoria.

I profili di ordine pratico: i tempi dell'adesione e la posizione processuale di Equitalia

Quanto detto, però, dev'essere, naturalmente, confrontato con i tempi e i modi dell'adesione alla sanatoria dei ruoli, unitamente all'iter processuale delle posizioni aperte; in una parola, con lo scenario che si apre all'indomani della presentazione dell'istanza.

Va evidenziato, infatti, che l'intervenuto giudicato favorevole deve, evidentemente, intervenire nell'arco di tempo individuato dal legislatore perchè la sanatoria si perfezioni: esclusa, a riguardo, l'ipotesi – invero improbabile – di pagamento in un unica soluzione, la generalità dei casi vedrà – dunque – il debitore impegnato nel versamento rateale delle somme, che – secondo lo schema previsto dalla norma – si concluderà a settembre 2018.

Occorrerà – dunque – che, fino a quel momento, il giudizio proposto dal condebitore non-istante, il quale non abbia presentato istanza di definizione e, dunque, non abbia rinunciato alla propria lite, si sia concluso con sentenza favorevole e che tale sentenza sia divenuta definitiva.

Ciò, inoltre, presuppone che Equitalia, ovvero l'ente creditore, non proporranno impugnazione: resta, dunque, da chiedersi, a questo punto, se l'Agente intenderà appellare le sentenze a sé sfavorevoli, in quanto, nonostante la definizione riguardi lo stesso ruolo oggetto del giudizio instaurato dal condebitore non-istante, potrebbe ritenere di non lasciare che diventi, appunto, definitiva la sentenza, proprio per evitare che il debitore istante possa invocare l'estensione del giudicato a sé favorevole.

In conclusione

Rilevanti, dunque, appaiono i riflessi della sanatoria dei ruoli nell'ipotesi di coobbligazione solidale, confrontata con la pendenza dei giudizi instaurati dai condebitori non aderenti alla definizione; ipotesi non di certo infrequente, che dimostra la problematicità dei profili applicativi della norma, che non mancheranno di destare l'interesse degli operatori.

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