Il regime fiscale dei trasferimenti d’azienda

Simone Marzo
28 Giugno 2017

L'azienda, così come definita dall'art. 2555 c.c., è presa in considerazione quasi esclusivamente per disciplinare questioni inerenti la sua circolazione. Trattare dell'azienda dal punto di vista giuridico equivale essenzialmente a trattare dei presupposti, delle modalità e degli effetti del suo trasferimento. I temi di seguito trattati sono soltanto alcuni di quelli che possono concretamente porsi all'operatore chiamato ad individuare il regime fiscale applicabile a una data operazione di trasferimento d'azienda.Nonostante la frequenza con cui simili operazioni vengono portate all'attenzione di prassi, dottrina e giurisprudenza, sono molti gli aspetti della relativa disciplina fiscale sui quali ancora insistono ampi margini di incertezza. L'Autore propone una prima disamina, rinviando alla Monografia per un completo approfondimento della materia.
Inquadramento giuridico

Nella prospettiva giuridica l'azienda, definita dall'art. 2555 c.c. come “il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa”, è presa in considerazione quasi esclusivamente per disciplinare questioni inerenti la sua circolazione. Tale affermazione, persino scontata se calata nel contesto normativo delle imposte sui trasferimenti, resta valida anche nel sistema dell'imposizione diretta. In definitiva, trattare dell'azienda dal punto di vista giuridico equivale essenzialmente a trattare dei presupposti, delle modalità e degli effetti del suo trasferimento. Esaminare tale argomento dalla prospettiva del diritto tributario, poi, vuol dire esaminare gli effetti di natura tributaria che le vicende latu sensu circolatorie dell'azienda comportano a carico dei soggetti interessati da tale operazione.

Al pari di qualunque altra entità suscettibile di costituire oggetto di diritti, peraltro, la circolazione dell'azienda può avvenire secondo schemi giuridici assai differenti tra loro. Così, soltanto per fare alcuni esempi, il trasferimento dell'azienda può costituire l'effetto di un contratto con il quale se ne preveda la cessione verso corrispettivo in denaro o in natura, ovvero senza corrispettivo alcuno (si avranno così, rispettivamente, le fattispecie della vendita, della permuta e della donazione d'azienda); laddove il titolare dell'azienda sia una persona fisica, l'azienda può anche costituire oggetto di successione mortis causa, secondo le regole della successione legittima o testamentaria ed a titolo universale o particolare; il trasferimento d'azienda può infine inserirsi come elemento costitutivo di fattispecie più complesse, quali la costituzione o la liquidazione (anche parziale) di società (si avrà allora il conferimento o l'assegnazione d'azienda), ovvero di altre operazioni societarie straordinarie come la trasformazione ex artt. 2500-septies e 2500-octies c.c., la fusione o la scissione, anch'esse in grado di incidere sulla titolarità del complesso aziendale o di suoi rami.

Regime impositivo delle operazioni societarie straordinarie

Ciascuna di dette operazioni è oggetto di considerazione da parte del diritto tributario, interessato ad individuare in esse eventuali indici di capacità contributiva riferibile ai soggetti coinvolti nelle stesse ed a regolare le modalità con cui tale eventuale capacità contributiva debba tramutarsi nella concreta partecipazione dei medesimi soggetti al riparto delle spese pubbliche. Nel tradurre tale considerazione in principi e norme giuridiche, però, l'ordinamento tributario segue, come di consueto, un'impostazione estremamente casistica, di modo che sostanzialmente ogni operazione è soggetta ad un regime tributario diverso dalle altre.

Limitando l'attenzione alle ipotesi in cui l'azienda rappresenta l'oggetto immediato di vicende circolatorie, molte sono le questioni, anche di notevole complessità, tuttora controverse. La maggior parte di esse scaturiscono dalle peculiarità del “bene” aziendale, cioè il suo essere costituito da una congerie eterogenea di beni e di rapporti giuridici attivi e passivi ai quali l'imprenditore attribuisce unitaria destinazione economica. Proprio dall'accennata caratteristica discendono infatti alcuni dei principali problemi che si incontrano nel tentativo di individuare il corretto regime impositivo dei trasferimenti d'azienda.

Nel campo dell'imposizione diretta la peculiarità cui si è fatto riferimento emerge con evidenza allorquando si tratta di determinare la plusvalenza realizzata a seguito della cessione a titolo oneroso dell'azienda posta in essere nell'ambito di un contesto imprenditoriale. Il legislatore tributario è infatti assai chiaro nel sancire l'unitarietà della plusvalenza realizzata con la cessione a titolo oneroso dell'azienda; ciò vuol dire che, nel determinare detta plusvalenza, si deve avere riguardo da un lato all'intero corrispettivo pattuito per la cessione e, dall'altro, al valore fiscalmente riconosciuto dell'intero compendio aziendale trasferito. Tuttavia, e proprio qui emergono alcuni profili di problematicità, detto raffronto va effettuato con riguardo ad un “bene” (l'azienda, per l'appunto) che nell'impianto contabile dell'impresa non trova alcun riscontro e che, quindi, non ha un proprio valore fiscalmente riconosciuto. Pertanto, prima di determinare la plusvalenza realizzata con la cessione dell'azienda occorre “ricostruire” il costo fiscalmente riconosciuto dell'azienda medesima, sommando i valori fiscalmente riconosciuti dei beni e dei diritti che costituiscono il complesso aziendale e che vengono trasferiti in occasione del trasferimento dell'azienda.

Per la stessa ragione, ma in maniera speculare, un analogo problema si pone anche per l'acquirente; poiché egli non può rilevare nella propria contabilità l'azienda in quanto tale, ma soltanto i singoli beni (o le masse omogenee di beni) di cui l'azienda acquistata si compone, l'acquirente dovrà ripartire il prezzo di acquisto dell'azienda sui singoli cespiti aziendali. Sorge, così, l'esigenza di individuare un valido criterio da seguire nell'effettuare tale operazione.

Quelli appena accennati non sono gli unici aspetti problematici che si incontrano nel tentativo di delineare il regime reddituale dei trasferimenti d'azienda. Sempre a titolo esemplificativo, si possono qui soltanto indicare le problematiche che emergono allorquando il trasferimento d'azienda si inserisce in fattispecie negoziali diverse, quali la permuta, la cessione verso costituzione di rendita vitalizia e la concessione in usufrutto, oppure quando viene posto in essere da soggetti sottoposti a particolari regimi impositivi, come nel caso dell'imprenditore agricolo o dell'imprenditore esercente un'impresa familiare.

Rilevanti questioni si pongono, inoltre, nel campo della tassazione indiretta, caratterizzata dall'esclusione dei trasferimenti d'azienda dal campo applicativo dell'IVA e dall'applicabilità dell'imposta proporzionale di registro.

Oltre al tema dell'accertamento del valore dell'azienda trasferita, tutt'altro che secondario ma comunque attinente più alle discipline aziendalistiche che non a quelle giuridiche, ve ne sono altri di natura più strettamente giuridica: si pensi alla controversa rilevanza da attribuire ai debiti aziendali accollati dall'acquirente ai fini della determinazione della base imponibile dell'imposta di registro, tema sul quale le conclusioni raggiunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza non sempre sono state soddisfacenti. In effetti, tale questione non può essere risolta correttamente se non ricordando che l'imposta di registro è determinata assumendo a base imponibile il maggiore tra il valore di mercato del bene trasferito ed il corrispettivo di cessione e considerando che le passività aziendali costituiscono allo stesso tempo elemento decrementale del valore ed incrementale del prezzo; emerge, dunque, che la rilevanza dell'accollo dei debiti aziendali non è (né sarebbe logico che fosse) differente a seconda del momento in cui la base imponibile è determinata o dal soggetto che la determina, ma soltanto dall'elemento concretamente assunto a base imponibile del tributo nella fattispecie concreta.

In conclusione

Infine, nell'esaminare il regime fiscale dei trasferimenti d'azienda, non si può non tenere conto di quelle vicende generalmente ricondotte nell'ambito dei fenomeni di “passaggio generazionale dell'impresa”. Sia che detto passaggio costituisca frutto di una più o meno articolata pianificazione, sia che l'erede o il legatario si trovi a succedere nella titolarità dell'azienda prima riferibile al de cuius, si tratta certamente di fenomeni che presentano una loro omogeneità funzionale, che trova conferma nella generale considerazione (presente anche a livello legislativo) dei trasferimenti a titolo gratuito come strumenti diretti ad anticipare e, in certa misura, a regolare la futura successione a causa di morte.

Su tale omogeneità funzionale trova fondamento una omogenea disciplina dei fenomeni in questione da parte del legislatore tributario, tanto ai fini delle imposte dirette quanto dell'imposta sulle successioni e donazioni. Allo scopo di agevolare il passaggio generazionale dell'impresa, è così stabilito che tali vicende non costituiscano fattispecie di realizzo della plusvalenza latente sull'azienda e che questa venga assunta dal beneficiario del trasferimento ai medesimi valori fiscali riconosciuti nei confronti del dante causa, dando luogo al differimento della tassazione sui redditi fino al momento della successiva cessione dell'azienda a titolo oneroso da parte del beneficiario medesimo; ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni, invece, è prevista la mera esenzione dall'imposta delle vicende in oggetto, a condizione però che il beneficiario continui la gestione dell'azienda per almeno cinque anni (condizione non richiesta ai fini delle imposte dirette).

Ovviamente, i temi al quale si è fatto qui brevemente cenno sono soltanto alcuni di quelli che possono concretamente porsi all'operatore chiamato ad individuare il regime fiscale applicabile ad una data operazione di trasferimento d'azienda.

In effetti, come detto in apertura, nonostante la (o forse, proprio a causa della) frequenza con cui simili operazioni vengono portate all'attenzione della prassi, della dottrina e della giurisprudenza, sono molti gli aspetti della relativa disciplina fiscale sui quali ancora insistono ampi margini di incertezza.

A fronte di tale situazione si rende quindi quanto mai opportuna una ricostruzione ragionata delle norme, così come interpretate dalla prassi dell'Amministrazione Finanziaria, dalla giurisprudenza e dalla dottrina, riguardanti il regime fiscale riservato ai fenomeni ricompresi nella variegata categoria dei trasferimenti d'azienda. Una simile ricostruzione non potrebbe però essere effettuata se non avendo ben presenti i caratteri essenziali della nozione di azienda e le peculiarità insite nelle vicende riguardanti la sua circolazione. Soltanto in tal modo è infatti possibile affrontare e sciogliere i nodi problematici che si incontrano nell'interpretazione e nella concreta applicazione delle norme riguardanti il regime fiscale dei trasferimenti d'azienda.

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