IVA comunitariaFonte: DL 30 agosto 1993 n. 331
05 Febbraio 2015
Inquadramento
Nell'ambito del progetto di unificazione europea immaginato dai paesi firmatari (Roma 1957), l'idea era quella di creare un mercato unico ove potessero liberamente circolare beni, servizi, persone e capitali. Il 1° gennaio 1993 segna un passo decisivo in questa direzione infatti, vengono abolite le dogane interne e vengono introdotte regole comuni a tutti gli stati facenti parte della comunità europea, al fine di regolamentare gli scambi intracomunitari. Tant'è vero che, da quel momento in poi, in ambito comunitario non si parla più di importazioni ed esportazioni, ma di acquisti intracomunitari e di cessioni intracomunitarie. In estrema sintesi, derogando al principio generale di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto che prevede la tassazione del bene da parte del cedente all'origine, negli scambi intracomunitari, vige un regime provvisorio che prevede il pagamento dell'imposta nel paese di destinazione realizzato mediante il meccanismo del reverse charge. Si parla di regime provvisorio in quanto, quello definitivo dovrebbe prevedere l'applicazione dell'iva del paese del cedente il bene e la possibilità per l'acquirente residente in altro paese comunitario di dedurre tale iva da quella da versare al proprio erario. Gli Stati dovrebbero poi, grazie ad un sistema efficiente di armonizzazione, poter regolare fra di loro le partite di debito/credito. Scambi comunitari: regola generale e regime provvisorio
Dal 1° gennaio 1993, in deroga al sistema generale di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto che, prevede la tassazione del bene da parte del cedente all'origine, negli scambi intracomunitari vige un regime provvisorio che, prevede il pagamento dell'imposta nel paese di destinazione, mediante il meccanismo del “reverse charge”. Si parla di regime provvisorio poiché, il sistema definitivo degli scambi intracomunitari, dovrebbe prevedere un meccanismo in base al quale: un operatore applica nelle cessioni intracomunitarie l'iva del proprio paese, e, detrae negli acquisti intracomunitari l'iva applicata dal fornitore nel suo paese di origine; gli Stati membri, successivamente e tramite un meccanismo di compensazione efficiente, dovrebbero poter regolarizzare tra di loro le reciproche posizioni di debito/credito IVA. Ma, poiché questo funzionamento implica un'armonizzazione tra i vari paesi membri, a “tutto tondo”, per ora è ancora vigente il regime provvisorio che prevede, tramite il reverse-charge, l'assolvimento dell'imposta nel paese di destinazione.
Acquisti Intracomunitari
Per gli acquisti intracomunitari l'art. 38 del D.L. 331/93 stabilisce la regola in base alla quale: “L'imposta sul valore aggiunto si applica sugli acquisti intracomunitari di beni effettuati nel territorio dello Stato nell'esercizio di imprese, arti e professioni o comunque da enti, associazioni o altre organizzazioni di cui all'art. 4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, soggetti passivi d'imposta nel territorio dello Stato”. Affinché si possa definire tale, un acquisto intracomunitario è necessario che siano soddisfatti contemporaneamente questi tre presupposti:
Regole particolari nell'ambito degli acquisti intracomunitari - Esistono alcune transazioni che, pur non avendo le caratteristiche sopra richieste o pur avendole sono rispettivamente incluse o escluse dalla normativa di cui agli acquisti intracomunitari.
Cessioni Intracomunitarie non imponibili
Ai sensi dell'art. 41 del D.L. 331/93: “Costituiscono cessioni non imponibili: a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall'acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni indicate nell'art. 4, quarto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 …”. Al pari di quanto già detto per gli acquisti intracomunitari affinché si realizzi una cessione comunitaria devono coesistere i presupposti:
Anche per le cessioni intracomunitarie esistono delle particolarità con riferimento a talune operazioni, come ad esempio: cessioni effettuate nei confronti di agricoltori esonerati, soggetti comunitari che effettuano solo operazioni esenti, mezzi di trasporto nuovi, beni venduti a distanza ecc…
La prova dell'avvenuta cessione in ambito comunitario, a differenza di quanto avviene per le esportazioni che fanno dogana, non è soggetta a regole standardizzate in tutti i Paesi. In Italia secondo quanto evidenziato nella risoluzione n. 345/E del 28.11.2007: “… al fine di dimostrare l'avvenuta spedizione di merci in altro Paese comunitario occorra conservare per il periodo previsto dalle disposizioni vigenti: la fattura di vendita all'acquirente comunitario, emessa ai sensi del citato art. 41 del D.L. n. 331 del 1993; gli elenchi riepilogativi relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate; un documento di trasporto “CMR” firmato dal trasportatore per presa in carico della merce e dal destinatario per ricevuta; rimessa bancaria dell'acquirente relativa al pagamento della merce”. Novità introdotte dal primo gennaio 2013: momento di effettuazione delle cessioni e degli acquisti intracomunitari
Le regole per la definizione del momento di effettuazione delle operazioni intracomunitarie ossia del momento nel quale l'Iva diviene esigibile, sono disciplinate nell'art. 39 del D.L. n. 331/93, articolo interamente revisionato a far data dal 1° gennaio 2013. In particolare tale momento coincide con:
Scritture contabili
A livello contabile le scritture in partita doppia saranno: Cessione intracomunitaria
Acquisto intracomunitario
Riferimenti
Normativi: D.L. 30 agosto1993, n. 331 convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427
Giurisprudenza: Corte di Giustizia Europea 27 settembre 2007, causa C-409/04 Corte di Giustizia Europea 27 settembre 2007, causa C-146/05 Corte di Giustizia Europea 27 settembre 2007, causa C-184/05
Prassi:
Bussole di inquadramento |