Sull’impugnazione del bando di gara e sulle modalità da seguire in ordine alle modifiche del bando di gara
02 Febbraio 2017
La previsione dell'art. 120, comma 2, c.p.a., secondo cui «se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può essere proposto decorsi sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto» fissa un termine massimo per la proposizione del ricorso avverso i bandi o gli atti di gara non assistiti da adeguata forma di pubblicità, ma non esclude che tale impugnativa debba essere immediatamente proposta laddove vi sia la prova che l'impresa aspirante alla competizione avesse avuto, aliunde, effettiva conoscenza della gara, nonostante la sua mancata pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana ai sensi dell'art. 66, comma 8, del d. lgs. n. 163 del 2006.
La censura diretta a contestare la mancata pubblicità del bando, infatti, in tanto è sorretta da interesse in quanto tale mancata pubblicità abbia in effetti leso la possibilità di prendere parte alla gara, ma ove un operatore economico abbia comunque avuto conoscenza del bando e abbia fatto trascorrere il termine di trenta giorni per impugnarlo egli non può giovarsi del più lungo termine previsto dell'art. 120, comma 2, c.p.a., posto a tutela di chi, proprio per tale mancata pubblicità, non sia stato effettivamente a conoscenza del bando e non abbia potuto prendere parte alla gara, aggiudicata ad altro soggetto, divenuto poi contraente dell'Amministrazione all'insaputa di detto operatore.
Alla gara per la concessione del servizio di ristoro mediante i distributori automatici si applica la disciplina dettata dall'art. 30 d. lgs. n. 163 del 2006 (concessione dei servizi), come ha ribadito da ultimo anche l'Adunanza Plenaria nella sentenza 22 del 27 luglio 2016. Per le concessioni di servizi il citato art. 30 richiede che si osservi una «adeguata forma di pubblicità», che però non necessariamente deve essere quella della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana richiesto per gli appalti, come ha affermato la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 6 maggio 2011, n. 2709; Cons. St., sez. III, 2 luglio 2012, n. 3843; Cons. St., sez. V, 24 marzo 2014, n. 1438), sicché ha errato il T.A.R. nel ritenere che il bando della gara per la concessione di servizi dovesse essere necessariamente pubblicato su tale Gazzetta.
Per costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, le modifiche al bando devono avere la medesima forma di pubblicità osservata in concreto dall'Amministrazione per questo – pubblicazione sulla G.U.U.E., nel sito aziendale e presso l'Osservatorio dei contratti pubblici – mentre nel caso di specie la disposta proroga dei termini per la presentazione delle offerte è stata pubblicata solo sul sito aziendale.
Il principio di necessaria corrispondenza di formalità pubblicitarie tra bando e successive rettifiche è valido anche per le concessioni di servizi (v., sul punto, Cons. St., sez. V, 23 dicembre 2016, n. 4916), in quanto costituente irrinunciabile attuazione e fondamentale garanzia di quel principio di «adeguata pubblicità», sopra ricordato, previsto anche all'art. 30 d. lgs. n. 163 del 2006 per le concessioni di servizi.
Il cambiamento del termine – qui prima ampliato e poi ridotto – per la presentazione delle offerte, in origine previsto dal bando, non costituisce una mera informazione complementare o aggiuntiva rispetto alle previsioni di questo, ma una modifica di un elemento essenziale per la partecipazione dei concorrenti alla gara, richiedente le medesime forme pubblicitarie del bando. |