Giusj Simone
05 Giugno 2020

Il bando di gara costituisce, generalmente, il primo atto a rilevanza esterna delle procedure di affidamento dei contratti pubblici (c.d. procedure ad evidenza pubblica), quale momento attuativo della determina a contrarre (atto di rilevanza interna).
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Il bando di gara costituisce, generalmente, il primo atto a rilevanza esterna delle procedure di affidamento dei contratti pubblici (c.d. procedure ad evidenza pubblica), quale momento attuativo della determina a contrarre (atto di rilevanza interna).

In sostanza, le amministrazioni aggiudicatrici: a) esplicitano, con la determina a contrarre di cui all'art. 11, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006 (ora art. 32, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016), le ragioni di pubblico interesse che le hanno indotte ad avviare una procedura ad evidenza pubblica per l'affidamento di un determinato contratto, del quale individuano altresì gli elementi essenziali nonché le modalità di scelta del contraente e b) rendono nota, con il bando di gara di cui all'art. 64, d.lgs. n. 163 del 2006 (ora art. 71 d.lgs. n. 50 del 2016), l'esistenza della procedura selettiva, dando alla stessa concreto avvio e fissandone contestualmente le regole.

L'espressione “bando di gara” è di derivazione comunitaria (introdotto nel nostro ordinamento in sede di adeguamento alle direttive della Comunità economica europea delle procedure di aggiudicazione degli appalti, rispettivamente, di lavori pubblici - cfr. l. 8 agosto 1977, n. 584 - e di pubbliche forniture - cfr. l. 30 marzo 1981, n. 113 -). Prima della sua adozione, si parlava di “avviso d'asta” con riferimento all'asta pubblica (art. 63, Rd. n. 827 del 1924, recante regolamento di contabilità dello Stato) e di “preventivo avviso” con riferimento alla licitazione privata (art. 7, l. n. 14 del 1973).

Con l'entrata in vigore, d.lgs. n. 163 del 2006 (di seguito, anche, “Codice del 2006”), che ha recepito le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, il bando di gara e il suo contenuto, nonché le relative modalità di pubblicazione hanno trovato espressa disciplina negli artt. 64 e 66 c.c.p. Tale disciplina ha subito delle modifiche a decorrere dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 50 del 2016, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici (di seguito, anche, “Codice del 2016”) in attuazione delle direttive 2014/23/UE,2014/24/UE e 2014/25/UE, abrogative delle citate direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

Secondo il Codice del 2006 (art. 64, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006, il bando di gara deve contenere gli elementi indicati nel Codice dei contratti pubblici, le informazioni di cui all'allegato IX A al Codice medesimo ed ogni altra informazione ritenuta utile dalla stazione appaltante, secondo il formato dei modelli di formulari adottati dalla Commissione Europea in conformità alla procedura di cui all'art. 77, par. 2, direttiva 2004/18/CE.

Secondo il Codice del 2016 (art. 71 d.lgs. n. 50 del 2016), il bando di gara deve contenere le informazioni di cui all'allegato XIV, Parte I, lettera C.

Il bando, quindi, consta di una serie di disposizioni individuate dalla normativa vigente in materia di appalti pubblici, che ne costituiscono il contenuto minimo essenziale, e di una serie di disposizioni lasciate alla determinazione discrezionale della stazione appaltante.

Per quanto concerne le prime, il legislatore ha previsto nel Codice una serie di elementi del bando, obbligatori o facoltativi a seconda del tenore della relativa previsione di legge, nonché un vero e proprio schema generale di riferimento per le stazioni appaltanti nella redazione dei bandi di gara (entrambi i citati allegati – sia l'allegato IX al Codice del 2006 sia l'allegato XIV, Parte I, lettera C al Codice del 2016 – individuano quattro gruppi fondamentali di indicazioni: a) autorità, sede e clausole ordinatorie della procedura di gara (luogo, tempi, modi e termini); b) caratteristiche ed entità delle prestazioni (con indicazione del prezzo posto a base di gara), modalità di esecuzione e di pagamento; c) criteri di aggiudicazione e modalità delle offerte; d) requisiti ed obblighi dei partecipanti).

Per quanto concerne le disposizioni lasciate alla discrezionalità della stazione appaltante, invece, è necessario che le stesse, perché siano legittime, non contrastino con i principi di trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità e non discriminazione, nonché – da ultimo – innovazione. In tal senso sia l'art. 69 del 2006 sia l'art. 100 del Codice del 2016 i quali, nel consentire alle stazioni appaltanti di prevedere condizioni particolari per l'esecuzione degli appalti (attinenti, in particolare, esigenze sociali o ambientali), ulteriori, diverse e più restrittive rispetto a quelle minime legali, impongono entrambi che le stesse siano compatibili con il diritto comunitario (i.e. europeo, secondo il Codice del 2016) e, in particolare, con i principi sopradetti e che siano precisate nel bando di gara. In senso conforme anche la giurisprudenza, di cui si riportano di seguito alcune pronunce:

È confermato il tradizionale insegnamento dottrinario e giurisprudenziale secondo cui la fissazione dei requisiti tecnici, pur rientrando nella discrezionalità della stazione appaltante, è irrazionale e illogica se impone requisiti di partecipazione incongrui rispetto alle finalità del singolo procedimento di gara o non necessari, in quanto non corrispondono ad alcun reale elemento di specificazione delle potenzialità tecnico-economiche dell'impresa o, in ogni caso, fonte di incertezze e imprevedibili effetti distorsivi della gara.

Come è noto, infatti, la normativa vigente non preclude alle stazioni appaltanti la possibilità di chiedere requisiti ulteriori, logicamente connessi all'oggetto dell'appalto. Per cui nel bando di gara l'amministrazione appaltante può di certo autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo però il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito (cfr., ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5377).

In materia di requisiti di ammissione alle gare di appalto pubblico, difatti, le norme regolatrici, sia comunitarie che interne, prevedono fattispecie elastiche, strutturate su concetti non tassativi, ma indeterminati, che implicano, per la loro definizione da parte dell'interprete, un rinvio alla realtà sociale (Cons. St., Sez. VI, 4 giugno 2009, n. 3448).

Costituisce ius receptum (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. V, 6 aprile 2009, n. 2138; Cons. St., Sez.IV, 12 giugno 2007, n. 3103; Cons. St., Sez. VI, 10 gennaio 2007, n. 37) l'affermazione secondo cui i bandi di gare d'appalto (anche per gli affidamenti dei servizi pubblici) possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli fissati normativamente purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore; sotto tale angolazione non può dubitarsi che l'amministrazione aggiudicatrice abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una gara anche superiori a quelli previsti dalla legge, e che possa pertanto pretendere l'attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori rispetto a quelli richiesti per la iscrizione in albi o elenchi. La previsione di requisiti ulteriori, tuttavia, deve avvenire nel rispetto del principio di proporzionalità, di libertà di concorrenza e di non discriminazione, evitando il formarsi di posizioni dominanti nel mercato, come tali distorsive della concorrenza.

Peraltro, il sindacato del giudice sulla proporzionalità dei bandi di gara non impinge nel merito amministrativo, in quanto la libertà della stazione appaltante di valutare discrezionalmente le esigenze da porre a base dell'affidamento dell'appalto e i conseguenti requisiti da richiedere ai concorrenti va contemperata con il rispetto dei principi fondamentali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica, quali la garanzia della concorrenza e il favor partecipationis, sicché la violazione dei relativi principi comporta la illegittimità dell'azione amministrativa (per tutte Cons. St., Sez. V, 1 ottobre 2003, n. 5684) (così TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 3 marzo 2010, n. 677).

In evidenza

Il d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, in l. 12 luglio 2011, n. 106 ha significativamente ridotto la discrezionalità dell'amministrazione nella redazione della lex specialis di gara, modificando - inter alia - gli artt. 46 e 64, d.lgs. n. 163 del 2006. Ne risulta che l'art. 46, comma 1-bis, individua le ipotesi, tassative, di esclusione dei concorrenti sanzionando con la nullità le clausole del bando che dovessero prevedere ulteriori ipotesi di esclusione; l'art. 64, comma 4-bis,c.c.p. dispone che i bandi siano predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli (c.d. bandi-tipo) approvati dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (ora Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC), previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l'indicazione delle cause tassative di esclusione di cui al citato comma 1-bis dell'art. 46 c.c.p.. Nel caso in cui le stazioni appaltanti intendano discostarsi dalle indicazioni di cui ai bandi-tipo, le stesse dovranno darne espressa motivazione nella determina a contrarre.

In linea con il Codice del 2006, anche il Codice del 2016 prevede – all'art. 83, comma 8 – che «I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle», nonché – all'art. 71 – che «Al fine di agevolare l'attività delle stazioni appaltanti omogeneizzandone le condotte, successivamente alla adozione da parte dell'ANAC di bandi tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità agli stessi. […] Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo».

Bandi-tipo

Al fine di dare una prima attuazione al combinato disposto degli artt. 46, comma 1-bis e 64, comma 4-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, l'AVCP (ora ANAC) ha adottato - con Determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012il documento “bando-tipo” recante il quadro giuridico di riferimento sulla base del quale le stazioni appaltanti sono tenute a redigere la documentazione di gara, quanto alla individuazione delle cause tassative di esclusione, salva la facoltà di derogarvi con motivazione espressa. Permane, pertanto, il potere discrezionale delle stazioni appaltanti, sebbene ne risulti decisamente ridimensionato. Si legge, infatti, nella Determinazione n. 4 del 2012, che le deroghe, ancorché motivate, non possono consistere nell'introduzione di clausole contrastanti con il disposto dell'art. 46, comma 1-bis, atteso che le stesse, in tal caso, sarebbero affette da nullità.

Il predetto bando-tipo è suddiviso in tre parti corrispondenti alle indicazioni contenute nel cit. art. 46, comma 1-bis, ed in particolare:

  • Parte I, “Adempimenti previsti dal Codice, dal Regolamento o da altre disposizioni di legge vigenti”;
  • Parte II, “Carenza di elementi essenziali ed incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta”;
  • Parte III, “Irregolarità concernenti gli adempimenti formali di partecipazione alla gara”.

Successivamente, l'Autorità ha predisposto il Bando Tipo n. 1 del 26 febbraio 2014 “Affidamento dei servizi di pulizia e igiene ambientale degli immobili nei settori ordinari” (pubblicato nella G.U., Serie Generale, n. 78 del 3 aprile 2014) e il Bando Tipo n. 2 del 2 settembre 2014 “Affidamento di lavori pubblici nei settori ordinari: procedura aperta per appalto di sola esecuzione lavori, contratti di importo superiore a euro 150.000 euro, offerta al prezzo più basso” (pubblicato nella G.U., Suppl. ord., n. 80 del 22 ottobre 2014), per un aggiornamento del quale si rinvia al Comunicato del Presidente dell'ANAC del 27 maggio 2015.

L'ANAC continuerà ad elaborare specifici bandi-tipo distinti in base all'oggetto del contratto (lavori, servizi o forniture) che, al pari dei n. 1 e n. 2 già adottati, riprodurranno le clausole relative alle cause tassative di esclusione come indicate in via generale nel bando-tipo di cui alla determinazione n. 4 del 2012, e conterranno ulteriori puntuali indicazioni sulla gestione dello specifico tipo di gara preso in considerazione.

Costituiscono documentazione complementare al bando il disciplinare di gara e il capitolato speciale d'appalto. Il primo contiene le disposizioni integrative del bando relativamente alle modalità di partecipazione alla gara e di presentazione dell'offerta, nonché alle procedure di aggiudicazione. Il secondo, invece, contiene le disposizioni che valgono a specificare l'oggetto dell'appalto sotto il profilo tecnico ed economico.

In evidenza

Con Regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 del 5 gennaio 2016, la Commissione Europea ha stabilito il modello di formulario per il documento di gara unico europeo (DGUE) volto ad eliminare la necessità di produrre un considerevole numero di certificati, documenti e autocertificazioni relativi ai criteri di selezione e di esclusioni posti da bandi e avvisi di gara, garantendo per l'effetto una maggiore partecipazione, anche transfrontaliera, alle procedure di appalto pubblico dato che il DGUE sarà disponibile in tutte le lingue ufficiali dell'Unione Europea.

Le amministrazioni aggiudicatrici dovranno indicare chiaramente ed in anticipo nell'avviso di indizione di gara, oppure mediante richiami in tale avviso ad altri documenti di gara, le informazioni da inserire nel DGUE a cura degli operatori economici, specificando altresì se dovranno essere inserite anche le informazioni sui motivi di esclusione in relazione ai subappaltatori sulle cui capacità gli operatori economici non fanno affidamento.

A decorrere dall'entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione della direttiva 2014/24/UE, e al più tardi a decorrere dal 18 aprile 2016, per l'elaborazione del DGUE è utilizzato il modello di formulario di cui all'allegato 2 al cit. Regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/7.

Il Codice del 2016 – attuativo della predetta direttiva – disciplina espressamente all'art. 85 il DGUE, prevedendone la trasmissione in forma esclusivamente elettronica a partire dal 18 aprile 2018. Fino a tale data, pertanto, le stazioni appaltanti dovranno accettare il DGUE anche in modalità cartacea, purchè redatto in conformità al modello di formulario di cui al citato Regolamento.

Il contenuto (nel Codice del 2006 e nel Codice del 2016)

Secondo il Codice del 2006 (art. 64, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006, il bando di gara deve contenere gli elementi indicati nel Codice dei contratti pubblici, le informazioni di cui all'allegato IX A al Codice medesimo ed ogni altra informazione ritenuta utile dalla stazione appaltante, secondo il formato dei modelli di formulari adottati dalla Commissione Europea in conformità alla procedura di cui all'art. 77, par. 2, direttiva 2004/18/CE.

Secondo il Codice del 2016 (art. 71 d.lgs. n. 50 del 2016), il bando di gara deve contenere le informazioni di cui all'allegato XIV, Parte I, lettera C.

Il bando, quindi, consta di una serie di disposizioni individuate dalla normativa vigente in materia di appalti pubblici, che ne costituiscono il contenuto minimo essenziale, e di una serie di disposizioni lasciate alla determinazione discrezionale della stazione appaltante.

Per quanto concerne le prime, il legislatore ha previsto nel Codice una serie di elementi del bando, obbligatori o facoltativi a seconda del tenore della relativa previsione di legge, nonché un vero e proprio schema generale di riferimento per le stazioni appaltanti nella redazione dei bandi di gara (entrambi i citati allegati – sia l'allegato IX al Codice del 2006 sia l'allegato XIV, Parte I, lettera C al Codice del 2016 – individuano quattro gruppi fondamentali di indicazioni: a) autorità, sede e clausole ordinatorie della procedura di gara (luogo, tempi, modi e termini); b) caratteristiche ed entità delle prestazioni (con indicazione del prezzo posto a base di gara), modalità di esecuzione e di pagamento; c) criteri di aggiudicazione e modalità delle offerte; d) requisiti ed obblighi dei partecipanti).

Per quanto concerne le disposizioni lasciate alla discrezionalità della stazione appaltante, invece, è necessario che le stesse, perché siano legittime, non contrastino con i principi di trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità e non discriminazione, nonché – da ultimo – innovazione. In tal senso sia l'art. 69 del 2006 sia l'art. 100 del Codice del 2016 i quali, nel consentire alle stazioni appaltanti di prevedere condizioni particolari per l'esecuzione degli appalti (attinenti, in particolare, esigenze sociali o ambientali), ulteriori, diverse e più restrittive rispetto a quelle minime legali, impongono entrambi che le stesse siano compatibili con il diritto comunitario (i.e. europeo, secondo il Codice del 2016) e, in particolare, con i principi sopradetti e che siano precisate nel bando di gara. In senso conforme anche la giurisprudenza, di cui si riportano di seguito alcune pronunce:

È confermato il tradizionale insegnamento dottrinario e giurisprudenziale secondo cui la fissazione dei requisiti tecnici, pur rientrando nella discrezionalità della stazione appaltante, è irrazionale e illogica se impone requisiti di partecipazione incongrui rispetto alle finalità del singolo procedimento di gara o non necessari, in quanto non corrispondono ad alcun reale elemento di specificazione delle potenzialità tecnico-economiche dell'impresa o, in ogni caso, fonte di incertezze e imprevedibili effetti distorsivi della gara.

Come è noto, infatti, la normativa vigente non preclude alle stazioni appaltanti la possibilità di chiedere requisiti ulteriori, logicamente connessi all'oggetto dell'appalto. Per cui nel bando di gara l'amministrazione appaltante può di certo autolimitare il proprio potere discrezionale di apprezzamento mediante apposite clausole, rientrando nella sua discrezionalità la fissazione di requisiti di partecipazione ad una gara d'appalto diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, salvo però il limite della logicità e ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità a fronte dello scopo perseguito (cfr., ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 15 settembre 2006, n. 5377).

In materia di requisiti di ammissione alle gare di appalto pubblico, difatti, le norme regolatrici, sia comunitarie che interne, prevedono fattispecie elastiche, strutturate su concetti non tassativi, ma indeterminati, che implicano, per la loro definizione da parte dell'interprete, un rinvio alla realtà sociale (Cons. St., Sez. VI, 4 giugno 2009, n. 3448).

Costituisce ius receptum (cfr. ex plurimis Cons. St., Sez. V, 6 aprile 2009, n. 2138; Cons. St., Sez.IV, 12 giugno 2007, n. 3103; Cons. St., Sez. VI, 10 gennaio 2007, n. 37) l'affermazione secondo cui i bandi di gare d'appalto (anche per gli affidamenti dei servizi pubblici) possono prevedere requisiti di partecipazione più rigorosi di quelli fissati normativamente purché non discriminanti ed abnormi rispetto alle regole proprie del settore; sotto tale angolazione non può dubitarsi che l'amministrazione aggiudicatrice abbia il potere discrezionale di fissare requisiti di partecipazione ad una gara anche superiori a quelli previsti dalla legge, e che possa pertanto pretendere l'attestazione di requisiti di capacità diversi ed ulteriori rispetto a quelli richiesti per la iscrizione in albi o elenchi. La previsione di requisiti ulteriori, tuttavia, deve avvenire nel rispetto del principio di proporzionalità, di libertà di concorrenza e di non discriminazione, evitando il formarsi di posizioni dominanti nel mercato, come tali distorsive della concorrenza.

Peraltro, il sindacato del giudice sulla proporzionalità dei bandi di gara non impinge nel merito amministrativo, in quanto la libertà della stazione appaltante di valutare discrezionalmente le esigenze da porre a base dell'affidamento dell'appalto e i conseguenti requisiti da richiedere ai concorrenti va contemperata con il rispetto dei principi fondamentali che presidiano le procedure ad evidenza pubblica, quali la garanzia della concorrenza e il favor partecipationis, sicché la violazione dei relativi principi comporta la illegittimità dell'azione amministrativa (per tutte Cons. St., Sez. V, 1 ottobre 2003, n. 5684) (così TAR Puglia, Lecce, Sez. III, 3 marzo 2010, n. 677).

In evidenza

Il d.l. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, in l. 12 luglio 2011, n. 106 ha significativamente ridotto la discrezionalità dell'amministrazione nella redazione della lex specialis di gara, modificando - inter alia - gli artt. 46 e 64, d.lgs. n. 163 del 2006. Ne risulta che l'art. 46, comma 1-bis, individua le ipotesi, tassative, di esclusione dei concorrenti sanzionando con la nullità le clausole del bando che dovessero prevedere ulteriori ipotesi di esclusione; l'art. 64, comma 4-bis,c.c.p. dispone che i bandi siano predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base di modelli (c.d. bandi-tipo) approvati dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (ora Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC), previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e sentite le categorie professionali interessate, con l'indicazione delle cause tassative di esclusione di cui al citato comma 1-bis dell'art. 46 c.c.p.. Nel caso in cui le stazioni appaltanti intendano discostarsi dalle indicazioni di cui ai bandi-tipo, le stesse dovranno darne espressa motivazione nella determina a contrarre.

In linea con il Codice del 2006, anche il Codice del 2016 prevede – all'art. 83, comma 8 – che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle” (a conferma di ciò il recente TAR Toscana, Firenze, Sez. I, che, con ordinanza cautelare n. 24 del 12 gennaio 2017, ha rilevato che «L'art. 83, comma 8, secondo e terzo periodo, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 non ha introdotto una disciplina innovativa del principio di tassatività delle cause di esclusione già enunciato dall'art. 46, comma 1 bis, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, del quale costituisce la sostanziale riproduzione»), nonché – all'art. 71 – che «Al fine di agevolare l'attività delle stazioni appaltanti omogeneizzandone le condotte, successivamente alla adozione da parte dell'ANAC di bandi tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità agli stessi. […] Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo».

Bandi-tipo

Al fine di dare una prima attuazione al combinato disposto degli artt. 46, comma 1-bis e 64, comma 4-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, l'AVCP (ora ANAC) ha adottato - con Determinazione n. 4 del 10 ottobre 2012il documento “bando-tipo” recante il quadro giuridico di riferimento sulla base del quale le stazioni appaltanti sono tenute a redigere la documentazione di gara, quanto alla individuazione delle cause tassative di esclusione, salva la facoltà di derogarvi con motivazione espressa. Permane, pertanto, il potere discrezionale delle stazioni appaltanti, sebbene ne risulti decisamente ridimensionato. Si legge, infatti, nella Determinazione n. 4 del 2012, che le deroghe, ancorché motivate, non possono consistere nell'introduzione di clausole contrastanti con il disposto dell'art. 46, comma 1-bis, atteso che le stesse, in tal caso, sarebbero affette da nullità.

Il predetto bando-tipo è suddiviso in tre parti corrispondenti alle indicazioni contenute nel cit. art. 46, comma 1-bis, ed in particolare:

  • Parte I, “Adempimenti previsti dal Codice, dal Regolamento o da altre disposizioni di legge vigenti”;
  • Parte II, “Carenza di elementi essenziali ed incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta”;
  • Parte III, “Irregolarità concernenti gli adempimenti formali di partecipazione alla gara”.

Successivamente, l'Autorità ha predisposto il Bando Tipo n. 1 del 26 febbraio 2014 “Affidamento dei servizi di pulizia e igiene ambientale degli immobili nei settori ordinari” (pubblicato nella G.U., Serie Generale, n. 78 del 3 aprile 2014) e il Bando Tipo n. 2 del 2 settembre 2014 “Affidamento di lavori pubblici nei settori ordinari: procedura aperta per appalto di sola esecuzione lavori, contratti di importo superiore a euro 150.000 euro, offerta al prezzo più basso” (pubblicato nella G.U., Suppl. ord., n. 80 del 22 ottobre 2014), per un aggiornamento del quale si rinvia al Comunicato del Presidente dell'ANAC del 27 maggio 2015.

L'ANAC continuerà ad elaborare specifici bandi-tipo distinti in base all'oggetto del contratto (lavori, servizi o forniture) che, al pari dei n. 1 e n. 2 già adottati, riprodurranno le clausole relative alle cause tassative di esclusione come indicate in via generale nel bando-tipo di cui alla determinazione n. 4 del 2012, e conterranno ulteriori puntuali indicazioni sulla gestione dello specifico tipo di gara preso in considerazione.

Costituiscono documentazione complementare al bando il disciplinare di gara e il capitolato speciale d'appalto. Il primo contiene le disposizioni integrative del bando relativamente alle modalità di partecipazione alla gara e di presentazione dell'offerta, nonché alle procedure di aggiudicazione. Il secondo, invece, contiene le disposizioni che valgono a specificare l'oggetto dell'appalto sotto il profilo tecnico ed economico.

In evidenza

Con Regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 del 5 gennaio 2016, la Commissione Europea ha stabilito il modello di formulario per il documento di gara unico europeo (DGUE) volto ad eliminare la necessità di produrre un considerevole numero di certificati, documenti e autocertificazioni relativi ai criteri di selezione e di esclusioni posti da bandi e avvisi di gara, garantendo per l'effetto una maggiore partecipazione, anche transfrontaliera, alle procedure di appalto pubblico dato che il DGUE sarà disponibile in tutte le lingue ufficiali dell'Unione Europea.

Le amministrazioni aggiudicatrici dovranno indicare chiaramente ed in anticipo nell'avviso di indizione di gara, oppure mediante richiami in tale avviso ad altri documenti di gara, le informazioni da inserire nel DGUE a cura degli operatori economici, specificando altresì se dovranno essere inserite anche le informazioni sui motivi di esclusione in relazione ai subappaltatori sulle cui capacità gli operatori economici non fanno affidamento.

A decorrere dall'entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione della direttiva 2014/24/UE, e al più tardi a decorrere dal 18 aprile 2016, per l'elaborazione del DGUE è utilizzato il modello di formulario di cui all'allegato 2 al cit. Regolamento di esecuzione (UE) n. 2016/7.

Il Codice del 2016 – attuativo della predetta direttiva – disciplina espressamente all'art. 85 il DGUE, prevedendone la trasmissione in forma esclusivamente elettronica a partire dal 18 aprile 2018. Fino a tale data, pertanto, le stazioni appaltanti dovranno accettare il DGUE anche in modalità cartacea, purchè redatto in conformità al modello di formulario di cui al citato Regolamento.

Si segnala che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nell'esercizio della facoltà – di cui alle Istruzioni poste a corredo del Regolamento – di adottare Linee guida recanti l'utilizzo del DGUE per chiarire e rendere intellegibili, nel dettaglio, le singole disposizioni normative nazionali rilevanti a tal fine, ha adottato “Linee guida per la compilazione del modello di formulario di Documento di gara unico europeo (DGUE) approvato dal Regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 della Commissione del 5 gennaio 2016 (16°05530)” (cfr. Circolare 18 luglio 2016, n. 3, pubblicata in G.U. n.174 del 27 luglio 2016).

La pubblicazione

La pubblicazione del bando di gara costituisce adempimento necessario per le stazioni appaltanti al fine di dare conoscenza dell'indizione e delle regole della procedura di gara, in applicazione dei principi di par condicio dei concorrenti e di trasparenza dell'azione amministrativa.

Secondo il Codice del 2006:

Negli appalti sopra la soglia comunitaria, le modalità, i tempi e i contenuti della pubblicazione sono disciplinati dall'art. 66, d.lgs. n. 163 del 2006 che, per le caratteristiche tecniche, rinvia all'allegato X al medesimo decreto (v. anche art. 117, d.P.R. n. 107 del 2010).

Specificamente, la stazione appaltante dovrà procedere alla pubblicazione del bando di gara:

a) sulla Gazzetta Europea (GUUE). La norma prevede la trasmissione del bando alla Commissione Europea secondo due modalità: 1) per via elettronica, secondo il formato e le modalità di cui all'allegato X, punto 3, c.c.p.; nel caso di procedure urgenti ai sensi dell'art. 70, comma 11, c.c.p., la trasmissione può avvenire, oltre che per via elettronica, anche per fax. Ricevuto il bando, la Commissione provvede alla pubblicazione, a cura e spese proprie, entro cinque giorni dalla trasmissione medesima; ovvero 2) con altri mezzi. In tal caso la pubblicazione, a cura e spese della Commissione Europea, avverrà entro dodici giorni dalla trasmissione medesima e il contenuto del bando non potrà eccedere le seicentocinquanta parole. Quanto alla forma, l'art. 66, comma 5, c.c.p. prevede che i bandi siano redatti in una delle lingue ufficiali dell'Unione Europea e che la lingua prescelta dalla stazione appaltante sia l'unica facente fede. La medesima norma prevede, altresì, che le stazioni appaltanti scelgano la lingua italiana (salve le norme vigenti nella Provincia autonoma di Bolzano in materia di bilinguismo) e sintetizzino il contenuto del bando nelle altre lingue ufficiali dell'Unione Europea. Le stazioni appaltanti devono, inoltre, essere in grado di comprovare la data di trasmissione dei bandi alla Commissione Europea, la quale, dal canto suo, è tenuta a rilasciare una comunicazione a conferma dell'avvenuta trasmissione, recante la data della pubblicazione e con valore di prova della pubblicazione medesima. La previa pubblicazione del bando di gara sulla GUUE costituisce prerequisito essenziale della gara indetta in ambito nazionale, al fine di garantire trasparenza e concorrenzialità, il cui difetto non può essere surrogato o sanato, giungendo a travolgere l'intero espletamento della gara stessa (Cons. St., Sez. IV, 24 febbraio 2000, n. 1004);

b) sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GURI), Serie Speciale relativa ai contratti pubblici. Tale pubblicazione non può avvenire prima della trasmissione del bando alla Commissione Europea e non deve contenere informazioni diverse da quelle contenute nei bandi trasmessi alla Commissione. La pubblicazione, inoltre, deve avvenire entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte del'Ufficio inserzioni dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e deve recare la data della trasmissione del bando alla Commissione Europea;

c) sul profilo del committente, ossia sul sito informatico della stazione appaltante (come chiarito dall'art. 3, comma 35, d.lgs. n. 163 del 2006);

d) sul sito informatico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e sul sito informatico presso l'Osservatorio, non oltre due giorni lavorativi dopo la pubblicazione sulla GURI, con l'indicazione degli estremi di pubblicazione sulla GURI medesima.

e) per estratto, su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti, dopo dodici giorni dalla trasmissione alla Commissione, ovvero dopo cinque giorni da detta trasmissione in caso di procedure urgenti di cui all'articolo 70, comma 11. Le spese per la pubblicazione sui quotidiani sono rimborsate alla stazione appaltante dall'aggiudicatario entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione (ai sensi dell'art. 34, comma 35, d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito con l. 17 dicembre 2012, n. 221).

Le stazioni appaltanti possono prevedere forme aggiuntive di pubblicità, ulteriori rispetto a quelle obbligatorie sopra evidenziate, al fine di garantire il principio della massima partecipazione alle gare. Resta fermo, tuttavia, che gli effetti giuridici che il Codice ovvero le norme processuali vigenti annettono alla data di pubblicazione al fine della decorrenza di termini, decorrono esclusivamente delle forme di pubblicità obbligatoria e dalle date in cui la stessa ha luogo.

In evidenza

A norma dell'art. 26, comma 1, lett. a) e comma 1-bis, d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 giugno 2014, n. 89,, come modificato dall'art. 7, comma 7, d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 febbraio 2016, n. 21, a decorrere dal 1° gennaio 2017 il comma 7 dell'art. 66, d.lgs. n. 163 del 2006 sarà sostituito dai commi 7 e 7-bis di nuova formulazione secondo cui:

- tra le forme di pubblicazione obbligatorie non sarà più prevista la pubblicazione del bando di gara, per estratto, su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti;

- sarà consentita la pubblicazione di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel Codice, e nell'allegato IX A al Codice medesimo, purchè avvenga esclusivamente in via telematica e non comporti oneri finanziari a carico delle stazioni appaltanti;

- le spese per la pubblicazione sulla GURI, serie speciale relativa ai contratti pubblici, degli avvisi, dei bandi di gara e delle informazioni di cui all'allegato IX A saranno rimborsate alla stazione appaltante dall'aggiudicatario entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione.

Negli appalti sotto la soglia comunitaria, siano essi di lavori ovvero di servizi e forniture, non sono previsti obblighi di pubblicità in ambito sovranazionale (v., rispettivamente, art. 122, comma 1, e art. 124, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006). Quanto, invece, agli obblighi di pubblicità in ambito nazionale, i citati articoli prevedono le medesime modalità, tempi e contenuti – ivi inclusa la facoltà per la stazione appaltante di prevedere forme aggiuntive di pubblicità – di cui all'art. 66, d.lgs. n. 163 (alla cui descrizione supra, pertanto, si rinvia, con la precisazione che la pubblicazione, per estratto, non oltre cinque giorni lavorativi dopo la pubblicazione nella GURI, riguarda almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e almeno uno a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti), salvo che per i bandi relativi a contratti di importo inferiore a cinquecentomila euro, i quali sono pubblicati nell'albo pretorio del Comune ove si eseguono i lavori e nell'albo della stazione appaltante; gli effetti giuridici connessi alla pubblicazione decorrono dalla pubblicazione nell'albo pretorio del Comune.

In evidenza

A norma dell'art. 26, comma 1, lett. b) e comma 1-bis, d.l. 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 giugno 2014, n. 89, come modificato dall'art. 7, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2015, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 febbraio 2016, n. 21, a decorrere dal 1° gennaio 2017 il comma 5 dell'art. 122 del d.lgs. n. 163/2006 sarà sostituito dai commi 5 e 5-bis di nuova formulazione secondo cui:

- tra le forme di pubblicazione obbligatorie non sarà più prevista, per i bandi relativi a contratti di importo pari o superiore a cinquecentomila euro, anche la pubblicazione, per estratto, su almeno uno dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno uno a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti;

- sarà consentita la pubblicazione di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel Codice, e nell'allegato IX A al Codice medesimo, purchè avvenga esclusivamente in via telematica e non comporti oneri finanziari a carico delle stazioni appaltanti;

- le spese per la pubblicazione sulla GURI, serie speciale relativa ai contratti pubblici, degli avvisi, dei bandi di gara e delle informazioni di cui all'allegato IX A saranno rimborsate alla stazione appaltante dall'aggiudicatario entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione.

Secondo il Codice del 2016:

Negli appalti sopra la soglia comunitaria, le modalità, i tempi e i contenuti della pubblicazione sono disciplinati dagli artt. 72 e 73 del d.lgs. n. 50 del 2016 che, per le caratteristiche tecniche, rinviano all'allegato V al medesimo decreto.

Specificamente, la stazione appaltante dovrà procedere alla pubblicazione del bando di gara:

a) in ambito sovranazionale, sulla Gazzetta Europea (GUUE). L'art. 72 prevede la trasmissione del bando (nonché di eventuali rettifiche) all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione Europea per via elettronica, secondo il formato e le modalità di cui all'allegato V, punto 3, del Codice. Ricevuto il bando, l'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione Europea provvede alla pubblicazione (nulla è detto sulle spese che, presumibilmente, rimangono a carico dell'Unione) entro cinque giorni dalla trasmissione medesima e ne dà conferma alle stazioni appaltanti. La medesima norma prevede, al comma 3, che il bando sia pubblicato per esteso in una o più delle lingue ufficiali dell'Unione Europea scelte dalle stazioni appaltanti e che il testo pubblicato in tali lingue sia l'unico facente fede. In particolare, le stazioni appaltanti scelgono la lingua italiana (salve le norme vigenti nella Provincia autonoma di Bolzano in materia di bilinguismo) e sintetizzano il contenuto del bando nelle altre lingue ufficiali dell'Unione Europea. L'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione Europea è tenuto a rilasciare alla stazione appaltante la conferma della ricevuta trasmissione e dell'avvenuta pubblicazione (di cui dovrà essere menzionata la relativa data): tale conferma vale come prova della pubblicazione. La previa pubblicazione del bando di gara sulla GUUE continua a costituire prerequisito essenziale della gara indetta in ambito nazionale, al fine di garantirne trasparenza e concorrenzialità;

b) in ambito nazionale e senza oneri, ai sensi dell'art. 73, comma 4, sul profilo del committente della stazione appaltante (ossia sul sito informatico della stazione appaltante medesima, come chiarito dall'art. 3, comma 1, lett. nnn), d.lgs. n. 50 del 2016) e sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l'ANAC, in cooperazione applicativa con i sistemi informatizzati delle regioni e le piattaforme regionali di e-procurement;

c) ai sensi del medesimo art. 73, comma 4, anche sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (GURI), Serie Speciale relativa ai contratti pubblici (entro il sesto giorno feriale successivo a quello del ricevimento della documentazione da parte dell'Ufficio inserzioni dell'Istituto poligrafico e zecca dello Stato). Trattasi, tuttavia, di pubblicazione che dovrà avvenire, in aggiunta alle predette modalità, fino alla data che sarà indicata in apposito decreto che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con l'ANAC, dovrà adottare (per definire altresì gli indirizzi generali di pubblicazione) entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del Codice del 2016. Fino alla medesima data troverà applicazione l'art. 216, comma 11, del medesimo nuovo Codice, il quale prevede che:

i. le spese per la pubblicazione sulla GURI saranno rimborsate alla stazione appaltante dall'aggiudicatario entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione;

ii. gli effetti giuridici che l'ordinamento giuridico connette alla pubblicità in ambito nazionale continuano a decorrere dalla pubblicazione nella GURI. A seguire, tali effetti decorreranno dalla data di pubblicazione sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l'ANAC (art. 73, comma 5);

iii.

fino all'entrata in vigore del decreto di cui

all'articolo 73, comma 4 (come disposto da ultimo dall'art. 9, comma 4, del d.l. 30 dicembre 2016 n. 244), si applica, altresì, il regime di cui all'art. 66, comma 7, del Codice del 2006, nel testo applicabile fino al 31 dicembre 2016, ossia nel testo antecedente alle modifiche apportate dall'art. 26 del d.l. 24 aprile 2014, n. 66 (come modificato dall'art. 7, comma 7, del d.l. 30 dicembre 2015, n. 210 convertito, con modificazioni, dalla l. 25 febbraio 2016, n. 21). Ne deriva che, fino all'entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 73, comma 4, dovranno continuare ad essere effettuate le pubblicazioni previste dal previgente art. 66, comma 7, ulteriori rispetto alla pubblicazione sulla GURI e sul profilo del committente, e, quind

i, sul sito informatico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e sul sito informatico presso l'Osservatorio, nonché, per estratto, su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti.

In evidenza

Dalla Scheda di Lettura del d.l. n. 244 del 2016 (c.d. “Decreto Milleproroghe”), pubblicata dal Servizio Studi del Senato, si riporta quanto segue:

Articolo 9, comma 4 (Pubblicità degli avvisi e dei bandi del Codice dei contratti pubblici)

Il comma 4 dell'articolo 9 proroga l'applicazione della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità dei bandi e degli avvisi per l'affidamento dei contratti pubblici (prevista dall'art. 66, comma 7, dell'abrogato Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 163 del 2006), che prevede anche la pubblicazione sui quotidiani dei bandi e degli avvisi, dal 31 dicembre 2016 fino all'entrata in vigore del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, volto a definire gli indirizzi generali per la pubblicazione dei bandi a livello nazionale.

Si tratta del decreto previsto dall'articolo 73, comma 4, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, che doveva essere adottato, d'intesa con l'ANAC, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo Codice, per la definizione degli indirizzi generali di pubblicazione degli avvisi e dei bandi, al fine di garantire la certezza della data di pubblicazione e adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità, anche con l'utilizzo della stampa quotidiana maggiormente diffusa nell'area interessata. La relazione illustrativa precisa che il decreto, “seppure già trasmesso alla Corte dei conti ai fini del prescritto controllo di legittimità, potrebbe non essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale alla data del 31 dicembre 2016”.

Il decreto legislativo n. 163 del 2006 è stato abrogato dall'articolo 217, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

In particolare, la norma interviene sul terzo periodo del comma 11 dell'articolo 216 del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50 del 2016) che, nell'ambito delle disposizioni transitorie volte a regolare il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina sugli appalti pubblici nelle more dell'adozione dei provvedimenti attuativi, regola la disciplina da applicare per la pubblicità degli avvisi e dei bandi facendo riferimento al comma 7 dell'articolo 66 del decreto legislativo n. 163 del 2006, nel testo applicabile fino al 31 dicembre 2016, ossia nel testo antecedente alle modifiche dell'articolo 26, comma 1, lett. a), del D.L. n. 66 del 2014. Tali modifiche hanno previsto la soppressione dell'obbligo di pubblicazione per estratto sui quotidiani del bando o dell'avviso per l'affidamento dei contratti pubblici nei settori ordinari, sopra la soglia di rilevanza europea, nonché l'obbligo di pubblicazione, esclusivamente, in via telematica, di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle previste dal Codice, e del rimborso delle spese di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, entro il termine di sessanta giorni dall'aggiudicazione del contratto.

L'articolo 26, comma 1-bis, d.l. n. 66 del 2014, ha previsto che le modifiche del comma 1 del medesimo articolo si applicassero a decorrere dal 1° gennaio 2016. Tale termine è stato prorogato al 1° gennaio 2017 dall'articolo 7, comma 7, del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210. Per tale ragione, il terzo periodo del comma 11 dell'articolo 216 del d.lgs. 50/2016 prevede che fino al 31 dicembre 2016, termine prorogato dalla norma in esame fino alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di definizione degli indirizzi generali della pubblicazione, si applica altresì il regime di cui all'articolo 66, comma 7, del decreto legislativo n. 163 del 2006, nel testo applicabile fino alla predetta data, ossia fino al 31 dicembre 2016.

Si osserva che andrebbe valutata l'opportunità di modificare il comma 11 dell'articolo 216 del d.lgs. n. 50 del 2016, là dove fa riferimento al regime (di cui all'articolo 66, comma 7, del decreto legislativo n. 163 del 2006) “nel testo applicabile fino alla predetta data”.

Va infatti considerato, come già rilevato, che, da un lato, tale data è stata prorogata dalla norma in esame fino all'entrata in vigore del decreto ministeriale e che, dall'altro, sono richiamati i riferimenti normativi dell'articolo 26 del decreto legge n. 66 del 2014, come modificato dall'articolo 7, comma 7, del decreto legge n. 210 del 2015, che hanno previsto l'applicabilità del regime di pubblicazione fino alla data del 31 dicembre 2016.

La disciplina applicabile fino al 31 dicembre 2016 prevede che gli avvisi e i bandi siano altresì pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana serie speciale relativa ai contratti pubblici, sul «profilo di committente» della stazione appaltante, e, entro i successivi due giorni lavorativi, sul sito informatico del Ministero delle infrastrutture di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 6 aprile 2001, n. 20, e sul sito informatico presso l'Osservatorio, con l'indicazione degli estremi di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Gli avvisi e i bandi sono altresì pubblicati, dopo dodici giorni dalla trasmissione alla Commissione, ovvero dopo cinque giorni da detta trasmissione in caso di procedure urgenti di cui all'articolo 70, comma 11, per estratto su almeno due dei principali quotidiani a diffusione nazionale e su almeno due a maggiore diffusione locale nel luogo ove si eseguono i contratti.

Continua ad essere consentita la pubblicazione di informazioni ulteriori, complementari o aggiuntive rispetto a quelle indicate nel Codice, purchè la stessa avvenga esclusivamente in via telematica e non comporti oneri finanziari a carico delle stazioni appaltanti.

Le pubblicazioni in ambito nazionale non possono avvenire prima della pubblicazione del bando in ambito sovranazionale, salvo quest'ultima non sia stata notificata alle amministrazioni aggiudicatrici entro quarantotto ore dalla conferma della ricezione dell'avviso conformemente all'art. 72; in tal caso, infatti, la pubblicazione in ambito nazionale può comunque avere luogo. I bandi pubblicati a livello nazionale non devono contenere informazioni diverse da quelle contenute nei bandi trasmessi all'Ufficio delle pubblicazioni dell'Unione Europea.

Negli appalti sotto la soglia comunitaria, siano essi di lavori, servizi o forniture, l'art. 36, comma 7, prevede che l'ANAC adotti – entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del nuovo Codice – proprie linee guida che stabiliscano le modalità di dettaglio per supportare le stazioni appaltanti e migliorare la qualità delle procedure sotto soglia, delle indagini di mercato, nonché per la formazione e gestione degli elenchi degli operatori economici. Fino all'adozione di tali linee guida, troverà applicazione l'art. 216, comma 9, secondo cui l'individuazione degli operatori economici – nei casi in cui è prevista la previa consultazione - avviene tramite indagini di mercato effettuate dalla stazione appaltante mediante avviso pubblicato sul proprio profilo del committente per un periodo non inferiore a quindici giorni, specificando i requisiti minimi richiesti ai soggetti che si intendono invitare a presentare offerta, ovvero mediante selezione dai vigenti elenchi di operatori economici utilizzati dalle stazioni appaltanti, se compatibili con il nuovo Codice.

In evidenza

Il rinvio all'art. 216, comma 9, ha perso efficacia con l'adozione delle Linee guida n. 4, di attuazione del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti “Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, approvate da ANAC con Delibera n. 1097 del 26 ottobre 2016 e pubblicate nella G.U., Serie Generale, n. 274 del 23 novembre 2016.

Le disposizioni di cui all'art. 36 e le predette Linee guida si applicano alle stazioni appaltanti - ad eccezione delle imprese pubbliche e dei soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi per gli appalti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, rientranti nell'ambito definito dagli artt. da 115 a 121 del d.lgs. n. 50 del 2016 (i quali applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti che deve, in ogni caso, essere conforme ai principi dettati dal Trattato UE) – che intendono affidare lavori servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria:

a) nei settori ordinari, ivi inclusi i servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria e i servizi sociali e gli altri servizi specifici elencati all'allegato IX;

b) nei settori speciali, in quanto compatibili.

Le procedure semplificate di cui all'art. 36 (affidamento diretto di lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 40.000,00 euro; procedura negoziata per l'affidamento di contratti di lavori di importo pari o superiore a 40.000,00 euro e inferiore a 150.000,00 euro e per l'affidamento di contratti di servizi e forniture di importo superiore a 40.000,00 euro e inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria; procedura negoziata per l'affidamento di contratti di lavori di importo pari o superiore a euro 150.000,00 euro e inferiore a 1.000.000,00 euro) devono avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, nonché del principio di rotazione. Con particolare riferimento al principio di trasparenza e pubblicità, le stazioni appaltanti devono garantire la conoscibilità delle procedure di gara, nonché l'uso di strumenti che consentano un accesso rapido e agevole alle informazioni relative alle procedure.

Tutti gli atti delle procedure semplificate di cui all'art. 36 sono, altresì, soggetti agli obblighi di trasparenza previsti dall'art. 29 del Codice del 2016 e, per l'effetto, devono essere pubblicati e aggiornati:

- sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”, sotto-sezione “bandi e contratti”, con l'applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33;

- sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

- sulla piattaforma digitale istituita presso l'ANAC.

Per una analisi più approfondita delle singole procedure semplificate si rinvia alle citate Linee guida n. 4.

Nel caso, poi, in cui si dovesse fare ricorso alle procedure ordinarie – precisa, in punto di pubblicità, il legislatore del 2016 (art. 36, comma 9) – i bandi e gli avvisi sono pubblicati sul profilo del committente della stazione appaltante e sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l'ANAC di cui all'art. 73, comma 4, con effetti a decorrere dalla data della pubblicazione sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l'ANAC. Fino alla data di cui all'art. 73, comma 4, e cioè fino all'entrata in vigore del decreto di cui al medesimo articolo, per gli effetti giuridici connessi alla pubblicazione, gli avvisi e i bandi per i contratti relativi a lavori di importo pari o superiore a cinquecentomila euro e per i contratti relativi a forniture e servizi sono pubblicati in ogni caso anche sulla GURI, serie speciale relativa ai contratti pubblici, cosicché i relativi effetti decorreranno dalla pubblicazione nella GURI; per i medesimi effetti, gli avvisi e i bandi per i contratti relativi a lavori di importo inferiore a cinquecentomila euro sono pubblicati nell'albo pretorio del Comune ove si eseguono i lavori, cosicché i relativi effetti decorreranno dalla pubblicazione nell'albo pretorio.

La violazione degli obblighi di pubblicità cui è soggetto il bando di gara rende impugnabile il bando medesimo avanti il giudice amministrativo, configurando una ipotesi di violazione grave tale da comportare l'inefficacia del contratto. In tal senso gli art. 120, comma 2, e art. 121, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 104 del 2010, i quali prevedono, rispettivamente, che i) nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso deve essere proposto entro trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso di aggiudicazione definitiva, a condizione che tale avviso contenga la motivazione che ha indotto la stazione appaltante ad affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. In difetto, il ricorso può essere proposto entro sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto; ii) se l'aggiudicazione definitiva è avvenuta senza previa pubblicazione del bando, il giudice annulla l'aggiudicazione definitiva e dichiara l'inefficacia del contratto, precisando, in funzione delle deduzioni delle parti e della valutazione della gravità della condotta della stazione appaltante e della situazione di fatto, se la declaratoria di inefficacia operi ex nunc (limitandosi alle prestazioni ancora da eseguire alla data della pubblicazione del dispositivo) oppure in via retroattiva. Fanno eccezione, e quindi non ne scaturisce l'inefficacia del contratto, le ipotesi (previste al comma 5 del medesimo art. 121) in cui la stazione appaltante: a) abbia con atto motivato anteriore all'avvio della procedura di affidamento dichiarato di ritenere che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice una gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana sia consentita dal d.lgs. n. 163 del 2006; b) abbia pubblicato, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea ovvero nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, un avviso volontario per la trasparenza preventiva ai sensi dell'art. 79-bis, d.lgs. n. 163 del 2006 (avviso che, seppure non riprodotto nel Codice del 2016 – che ha, peraltro, abrogato il cit. art. 79-bis – continua ad essere menzionato nel Codice del processo amministrativo), in cui manifesta l'intenzione di concludere il contratto; c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell'avviso di cui alla precedente lettera b).

In evidenza

L'art. 1, lett. s), legge delega n. 11 del 28 gennaio 2016 per l'attuazione, entro il 18 aprile 2016, delle direttive UE 23, 24 e 25 del 2014, abrogative delle direttive CE 17 e 18 del 2004, prevede espressamente quali criteri direttivi la revisione della disciplina in materia di pubblicità degli avvisi e dei bandi di gara, in modo da fare ricorso a strumenti di pubblicità di tipo informatico, nonché la definizione di indirizzi generali da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con l'ANAC, al fine di garantire adeguati livelli di trasparenza e di conoscibilità, prevedendo, in ogni caso, la pubblicazione su un'unica piattaforma digitale presso l'ANAC di tutti i bandi di gara.

È quanto concretamente avvenuto, come si evince da una prima analisi delle norme del Codice del 2016 suesposte. Non resta che aspettare l'adozione del decreto ministeriale di cui all'art. 73, comma 4, (per gli appalti sopra la soglia comunitaria), per delineare in maniera compiuta il regime proprio della pubblicazione dei bandi e degli avvisi. Nelle more, valgano le querelle e i principi emersi in materia sotto la vigenza del Codice del 2006.

Casistica: modifica delle prescrizioni del bando - ripubblicazione nelle medesime forme attraverso le quali è stata data pubblicità al bando

Va evidenziato come, da una lettura congiunta degli artt. 64 e 66, c.c.p. con i contenuti dei bandi di gara di cui all'allegato IX A dello stesso testo normativo, gli obblighi di pubblicità della stazione appaltante debbano avere un contenuto minimo tassativo e debbano però comprendere anche gli elementi ulteriori aggiuntivi idonei a dare una chiara rappresentazione del contenuto del contratto che si andrà ad aggiudicare. In via del tutto preliminare, deve quindi sottolinearsi come l'ambito applicativo degli oneri di pubblicità, quale presupposto necessario per lo svolgimento corretto della gara, copra un'area estesa, non potendosi interpretare restrittivamente il disposto normativo, a pena di tradire la ratio intrinseca dell'apertura alla concorrenza. Va quindi ritenuto corretta l'affermazione secondo cui, in via generale, ogni rettifica del contenuto del bando di gara, dove tale concetto va esteso anche agli atti allegati, «è priva di efficacia nei confronti delle imprese partecipanti alla gara ove non sia portata a conoscenza delle stesse nelle medesime forme attraverso le quali è stata data pubblicità al bando». Tale statuizione è espressione del principio di reciproca correttezza che deve improntare i rapporti tra stazione appaltante ed imprese partecipanti alla selezione, correttezza idonea a fondare l'affidamento del privato. La possibilità che, conseguentemente, le modifiche alla disciplina di gara possano avere forme di pubblicità attenuata, sebbene non possa escludersi a priori, deve però essere guardata con disfavore e comunque giustificata da esigenze cogenti che siano idonee a giustificare, in astratto ma anche in concreto, i detti principi che improntano la disciplina delle procedure ad evidenza pubblica (Cons. St., Sez. IV, 25 maggio 2011, n. 3139).

Tutte le modifiche od integrazioni della lex specialis devono godere delle identiche garanzie di pubblicità dovute per il bando di gara; in caso contrario si avrebbe violazione del principio generale di pubblicità, nonchè di concorrenza rispetto agli operatori interessati alla gara, potendo tali modifiche alterare la platea dei concorrenti. Trattasi di uniformi principi generali, come tali applicabili non solo agli appalti pubblici, ma anche alle concessioni (in tal senso il recente Cons. Stato, Sez. V, 23 novembre 2016, n. 4916; cfr. anche TAR Veneto, Sez. III, 26 luglio 2016, n. 898).

Diversamente, il TAR Lazio, Roma, Sez. III-ter, 8 giugno 2011, n. 5113 ritiene assolutamente ragionevole e condivisibile quella giurisprudenza che esclude l'obbligo di ripubblicazione in Gazzetta di ogni e qualsiasi modifica delle prescrizioni del bando, restringendo tale obbligo alle sole clausole significative che avrebbero potuto alterare la platea dei concorrenti (cfr. TAR Sardegna, Sez. I, n. 564 del 2004).

Casistica: discordanza tra il testo del bando pubblicato nelle diverse sedi consentite

In caso di difformità tra il testo del bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e quello pubblicato sul sito informatico della stazione appaltante, si ritiene comunemente che la prevalenza vada accordata al primo. La giurisprudenza, tuttavia, ha precisato che la circostanza della prevalenza del bando soggetto alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non toglie che la conoscenza della versione informatica, dotata di una capillare capacità di penetrazione, possa avere indotto i potenziali partecipanti a confidare nella conformità all'originale del bando pubblicato sul sito. La discrasia che ne scaturisce determina un quadro di opacità sulle regole procedurali tale da produrre un effetto potenzialmente dissuasivo sulla partecipazione. Legittimamente, pertanto, la stazione appaltante può annullare la procedura in sede di autotutela, ripristinando un quadro trasparente ed univoco della disciplina di gara capace di assicurare una più ampia partecipazione (Cons. St., Sez. VI, 3 maggio 2007, n. 1949).

Casistica: contrasto tra il bando e gli altri documenti di gara

Ove si verifichi un contrasto tra prescrizioni del bando di gara e prescrizioni di altri documenti di gara, vale – a giudizio della giurisprudenza – la regola generale della prevalenza del bando.

Per consolidato ed inattaccabile orientamento giurisprudenziale, che costituisce jus receptum, (ex multis, Cons. St., Sez. IV, 28.11.2012, n. 6026; e ancora, di recente, Cons. St., Sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1243) «nelle gare pubbliche, in caso di contrasto tra bando di gara e lettera d'invito, prevalgono le disposizioni del primo. Tale principio va inteso non solo nel senso dell'impossibilità che la lettera possa derogare alle previsioni del bando, che costituisce la lex specialis della procedura selettiva, ma anche nel senso dell'impossibilità – specie in un sistema dominato dalla tassatività ed eccezionalità delle previsioni di esclusione – che attraverso la lettera d'invito possano essere introdotte ipotesi di esclusione ulteriori o più rigorose rispetto a quelle contenute nel bando».

La lettera d'invito, quindi, ha funzione meramente integratrice/specificatrice rispetto al bando, ma non potrebbe utilmente contraddire e sconfessare le prescrizioni contenute in quest'ultimo (è rimasta minoritaria, in giurisprudenza, la tesi in passato talvolta sostenuta – ex multis si veda T.A.R. Sardegna, 30 dicembre 1996, n. 1908 – secondo la quale «la regolamentazione della gara di aggiudicazione di appalto deve desumersi dall'insieme delle disposizioni ricavabili dal bando e dalla lettera di invito non sussistendo, tra le due fonti, un rapporto di gerarchia che consenta di ritenere l'una prevalente rispetto all'altra»).

In tal senso, Cons. St., Sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5497.

Non può considerarsi ambigua una clausola del bando di per sé chiara, soltanto perché in apparente contrasto con una disposizione contenuta nel capitolato, che non ha funzione – propria del bando di gara – di disciplinare il procedimento, ma semplicemente quella di regolare le complessive condizioni del futuro rapporto contrattuale (cfr. Cons. St., Sez. VI, n. 1101 del 1998). Ove si verifichi una siffatta ipotesi, il preteso conflitto tra bando di gara e capitolato deve essere risolto attribuendosi la prevalenza alla clausola del bando, con consequenziale esclusione dell'offerta, ove la regola procedurale, stabilita a pena di esclusione, risulti violata.

In tal senso Cons. St., Sez. V, 10 novembre 2005, n. 6286.

In caso di contrasto tra gli atti della lex specialis, prevale il contenuto del bando di gara poiché le clausole contenute nel capitolato speciale e nel disciplinare di gara possono esclusivamente integrare – ma non modificare – quelle poste dal bando stesso (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2497).

Casistica: bando di gara e ius superveniens

La giurisprudenza consolidata sostiene l'inapplicabilità al bando di gara dello ius superveniens, stante la necessità di tutelare il principio del legittimo affidamento dei concorrenti. Resta salvo, tuttavia, il potere di autotutela della stazione appaltante che, se ritiene, può annullare il bando in contrasto con le norme sopravvenute.

Vale per le gare, come per ogni altra procedura concorsuale, a tutela dell'affidamento delle imprese partecipanti, il principio affermato da giurisprudenza consolidata per cui le norme sopravvenute non possono incidere su una procedura già in corso né sulle singole fasi autonome di essa che si siano già chiuse, che restano interamente disciplinate dalla normativa vigente al momento del loro inizio (Cons. St., Sez. VI, 20 ottobre 2014, n. 5170, che richiama, ex multis, Cons, Stato, Sez. III, 1 settembre 2014, n. 4449).

L'Amministrazione è tenuta, nella conduzione della procedura selettiva, ad applicare le regole contenute nel bando, anche nel caso di sopravvenuta abrogazione o modifica della disciplina vigente al momento della sua adozione, e, al contempo, le è precluso di derogare al regolamento di gara per come cristallizzato nella lex specialis, quand'anche fosse divenuto medio tempore difforme dallo ius superveniens. È fatto salvo naturalmente l'esercizio del potere di autotutela (Cons. St., Sez. V, 23 giugno 2010, n. 3964).

(Segue). Particolarità: bando di gara pubblicato in successione di tempo sulle GUUE e GURI e ius medio tempore intervenuto

Ribadito – in linea con il soprarichiamato consolidato orientamento giurisprudenziale – il rapporto tra bando di gara e ius superveniens, nel senso della inapplicabilità del secondo al primo, salvo l'esercizio, facoltativo, del potere di autotutela, il TAR Lazio, Roma, Sez. III-quater, 28 ottobre 2013, n. 9196 ritiene che, ai fini della individuazione delle gare alle quali si applicano le norme medio tempore intervenute tra la pubblicazione del bando di gara sulla Gazzetta Ufficiale comunitaria e la pubblicazione dello stesso sulla Gazzetta Ufficiale nazionale, si debba fare riferimento alla prima.

A tale conclusione si perviene sul rilievo che l'art. 66 c.c.p. prescrive che la pubblicazione del bando sulla Gazzetta comunitaria debba precedere temporalmente quella sulla Gazzetta Ufficiale italiana e che il testo del bando pubblicato sulle due Gazzette (comunitaria ed italiana) sia identico. Quindi, una volta che il bando è stato pubblicato sulla Gazzetta comunitaria, la successiva pubblicazione sulla Gazzetta Italiana non può che essere indifferente alle novelle normative medio tempore verificatesi. Diversamente opinando, e dunque ove volesse farsi riferimento, al fine di individuare la normativa da applicare alla gara già indetta, alla pubblicazione del bando sulla Gazzetta italiana, si costringerebbe la stazione appaltante ad annullare in autotutela un bando già pubblicato sulla Gazzetta comunitaria perché contiene una disciplina non più conforme alla nuova normativa entrata in vigore nel periodo intercorrente tra le due pubblicazioni. Una siffatta conclusione si scontrerebbe con il principio secondo cui il potere di agire in autotutela è sempre facoltativo. Alla correttezza di tale conclusione non sembra ostare il comma 8 dell'art. 66, d.lgs. n. 163 del 2006, poiché gli effetti giuridici connessi alla "pubblicità" sono rappresentati dalla piena conoscenza del bando una volta che lo stesso è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. La piena conoscenza individua il dies a quo per l'impugnazione della lex specialis (nei casi in cui lo stesso è immediatamente impugnabile: Cons. St., Ad.plen., 29 gennaio 2003, n. 1; Cons. St., Ad.plen., 4 dicembre 1998, n. 1; Cons. St., Sez. III, 21 maggio 2013, n. 2746).

In senso contrario il TAR Veneto, Sez. I, 2 dicembre 2011, n. 1791, il quale ritiene, conformemente all'indirizzo già espresso su analoga questione (cfr. TAR Veneto, Sez. I, n. 1575 del 2011), che il riferimento temporale da tenere in considerazione sia quello dell'avvenuta pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Invero, la disposizione contenuta nel comma 8 dell'art. 66 c.c.p. ha espressamente introdotto il principio generale per cui gli effetti giuridici connessi dall'ordinamento italiano all'avvenuta pubblicazione dei bandi di gara debbano essere ricondotti unicamente alla pubblicazione effettuata nella GURI, a nulla rilevando, a questo specifico fine, la data di pubblicazione nella GUCE.

Con particolare riferimento alla disciplina applicabile in caso di bando pubblicato nella GUCE nella vigenza del vecchio Codice dei appalti e nella GURI nella vigenza del nuovo Codice, cfr. TAR Bologna, Sez. II, 26 ottobre 2016, n. 883 secondo cui sul tema potrebbero in astratto sostenersi due opposte tesi: a) la prima, secondo la quale fino all'entrata in vigore del regolamento volto a disciplinare le modalità di pubblicazione dei bandi sulla piattaforma telematica dell'ANAC continuano ad applicarsi i principi elaborati in relazione all'art. 66, comma 8, del vecchio Codice, dovendosi fare applicazione del comma 11 dell'art. 216 del nuovo Codice, secondo il quale «Fino alla data indicata nel decreto di cui all'articolo 73, comma 4, gli avvisi e i bandi devono anche essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, serie speciale relativa ai contratti. Fino alla medesima data (omissis) … gli effetti giuridici di cui al comma 5 del citato articolo 73 continuano a decorrere dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale»; b) la seconda, a tenore della quale il comma 11 dell'art. 216 del nuovo Codice non prevede la pubblicazione in GURI come centrale e la data di pubblicazione utile ai fini della validità del bando è una qualunque pubblicazione, come per altro affermato in un comunicato ANAC dell'11 maggio 2016. Ad avviso del TAR Bologna proprio l'avvenuta pubblicazione del bando in GUCE sotto la vigenza del vecchio Codice comporta che il principio cui far riferimento al fine di stabilire a quale tipo di pubblicazione agganciare la produzione degli effetti giuridici è la norma del vecchio Codice, ovverosia l'art. 66, comma 8, del medesimo, che riconnette alla pubblicazione in GURI la produzione di effetti giuridici in ambito nazionale. Inoltre, è dirimente la considerazione che, secondo la proposizione finale del comma 4 dell'art. 73, D.Lgs. n. 50 del 2016, fino alla data indicata nel decreto previsto dal medesimo comma si applica l'art. 216, comma 11, che chiaramente riconnette la produzione di effetti giuridici in ambito nazionale alla pubblicazione in GURI fino alla predetta data, poiché fino alla stessa data gli avvisi e i bandi devono anche essere pubblicati nella GURI, serie speciale relativa ai contratti. Stabilito, quindi, che la pubblicazione rilevante ai fini dell'individuazione della disciplina applicabile alla fattispecie, in quanto vigente a tale momento, è esclusivamente quella nella GURI, la gara in questione non poteva non essere disciplinata dal nuovo Codice.

Casistica: interpretazione del bando di gara

In tema di interpretazione del bando di gara la giurisprudenza è orientata nel senso della prevalenza del “criterio letterale”, utilizzabile, tuttavia, solo in presenza di clausole chiare, precise e puntuali. In ogni caso tale criterio deve essere preferito in presenza di clausole la cui violazione sia chiaramente sanzionata con l'esclusione dalla gara.

Sulla prevalenza del criterio letterale:

In tal senso Cons. St., Sez. V, 31 dicembre 2014, conforme sul punto alle tradizionali acquisizioni giurisprudenziali secondo le quali il bando: I) è un atto amministrativo generale, d'indole imperativa, recante il compendio delle regole cui devono attenersi sia i concorrenti che l'Amministrazione; II) è costitutivo di effetti eventualmente anche derogatori rispetto alla disciplina introdotta dalle fonti di rango primario o regolamentare e come tale non disapplicabile da parte dell'Amministrazione e del giudice amministrativo, potendo essere oggetto solo di specifica impugnativa; III) deve essere interpretato secondo il criterio formale (testuale ed oggettivo), con esclusione di letture ermeneutiche in chiave soggettiva ed integrativa (cfr. da ultimo Cons. St., Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 9).

Secondo il generalissimo e pacifico principio, nell'interpretazione delle clausole di un bando di gara per l'aggiudicazione di un contratto della pubblica amministrazione deve darsi prevalenza alle espressioni letterali in esso contenute, escludendo ogni procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretto ad evidenziare pretesi significati idonei ad ingenerare incertezze nell'applicazione (per tutte, Cons. St., Sez. VI, 2 aprile 2003,n. 1709). In tal senso, Cons. St., Sez. V, 16 marzo 2005, n. 1080.

In particolare in presenza di clausole chiaramente poste a pena di esclusione:

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza delle Corti amministrative – rileva il TAR Lazio, Roma, Sez. II, 9 ottobre 2009, n. 9861 – le clausole di esclusione poste dalla legge o dal bando sono di stretta interpretazione, dovendosi dare prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, restando preclusa ogni forma di estensione analogica diretta ad evidenziare pretesi significati impliciti, che rischierebbe di vulnerare l'affidamento dei partecipanti, la par condicio e l'esigenza della più ampia partecipazione (cfr., tra le tante, Cons. St., Sez. V, 28 settembre 2005, n. 5194; Cons. St., Sez. V, 13 gennaio 2005 n. 82; Cons. St., Sez. IV, 15 giugno 2004, n. 3903; Cons. St., Sez. VI, 2 aprile 2003, n. 1709).

In presenza di un requisito del bando specificamente indicato, non è possibile interpretare ed applicare la normativa di gara (in rapporto ai documenti forniti) mediante un'estensione analogica inerente in generale il tipo di attività svolta e quindi ammettere l'offerta (così, da ultimo, Cons. St., Sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1496).

Sull'onere delle stazioni appaltanti di formulare chiaramente i bandi di gara:

Alla stregua di un consolidato principio giurisprudenziale, la stazione appaltante, nel predisporre gli atti di una gara d'appalto, ha l'onere di indicare con chiarezza i requisiti richiesti alle imprese partecipanti, onde evitare che il principio di massima concorrenza tra le stesse imprese, cui si correla l'interesse pubblico all'individuazione della migliore offerta, possa essere in concreto vanificato da clausole equivoche, non chiaramente percepibili dai soggetti partecipanti (così Cons. St., Sez. V, 12 luglio 2010, n. 4478).

Costituisce ius receputm che «in tema di interpretazione del bando di gara, un corretto rapporto tra amministrazione e privato, rispettoso dei principi generali del buon andamento dell'azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell'art. 1337 c.c., impone che il bando contenga regole chiare, in modo che il concorrente sia dispensato, in caso di oscurità ed equivocità delle clausole del bando, dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati» (così TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 24 giugno 2011, n. 3387).

Nello stesso senso, Cons. St., Sez. V, 12 dicembre 2009, n. 7792 il quale rileva che, in presenza di una previsione della lex specialis ambigua, equivoca ed oscura, oltre che contraddittoria, se ne debba dare, ai fini della sua applicazione, un'interpretazione che sia rispettosa dei principi generali di buon andamento e di imparzialità, predicati dall'art. 97 Cost., e di quelli specifici di buona fede, enunciati nell'art. 1337 c.c., che impongono alle parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto di comportarsi secondo buona fede, privilegiando una lettura idonea a tutelare l'affidamento degli interessati in buona fede, che tenga conto di ciò che espressamente la clausola afferma, restando il concorrente dispensato dal ricostruire ulteriori ed inespressi significati attraverso indagini ermeneutiche ed integrative (Cons. St., Sez. V, 30 agosto 2005, n. 4413; Cons. St., Sez. V, 13 gennaio 2005, n. 82; Cons. St., Sez. V, 1 marzo 2003, n. 1142). In tal senso, cfr. da ultimo COns. St. Sez. III, 10 giugno 2016, n. 2497).

Nonostante le stazioni appaltanti abbiano l'onere di predisporre con chiarezza le clausole dei bandi di gara, accade sovente che le stesse risultino ambigue e tali da indurre in errore i concorrenti per il loro contenuto letterale e nel confronto con altre prescrizioni contenute nel bando medesimo. In tal caso, secondo la giurisprudenza prevalente, il bando andrà interpretato nel senso di garantire la più ampia partecipazione alla gara, in applicazione del principio del favor partecipationis.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l'interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dall'art. 1362 e ss., c.c. per l'interpretazione dei contratti, regole tra le quali ha carattere preminente quella collegata all'interpretazione letterale in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, dovendo in ogni caso il giudice ricostruire l'intento dell'Amministrazione ed il potere che essa ha inteso esercitare in base al contenuto complessivo dell'atto e tenendo conto del rapporto tra le premesse ed il suo dispositivo (Cons. St., Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3880). Peraltro, a tutto voler concedere, deve ricordarsi anche che nel caso di oscurità ed equivocità delle clausole del bando e degli altri atti che regolano la gara pubblica un corretto rapporto tra amministrazione e privato, che sia rispettoso dei principi generali del buon andamento dell'azione amministrativa e di imparzialità e di quello specifico enunciato nell'art. 1337 c.c., secondo il quale nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto le parti devono comportarsi secondo buona fede, impone che di quella disciplina sia data una lettura idonea a tutelare l'affidamento degli interessati in buona fede, interpretandola per ciò che essa espressamente dice, restando il concorrente dispensato dal ricostruire, attraverso indagini ermeneutiche ed integrative, ulteriori ed inespressi significati; da ciò la conseguenza che, in caso di clausole equivoche o di dubbio significato, deve preferirsi l'interpretazione che favorisca la massima partecipazione alla gara piuttosto che quella dalla quale derivano ostacoli, e sia meno favorevole alle formalità inutili, ciò anche al fine di ottenere le prestazioni richieste ad un prezzo quanto più vantaggioso, in termini qualitativi e quantitativi, per l'amministrazione (Cons. St., Sez. V, 17 ottobre 2008, n. 5064; Cons. St., Sez. V, 28 marzo 2007, n. 1141). In tal senso, Cons. St., Sez. V, 9 novembre 2010, n. 7966.

È illegittima l'esclusione dalla gara nel caso in cui la clausola in forza della quale l'esclusione è stata disposta sia oggettivamente ambigua; in tal caso, infatti, deve trovare applicazione il principio del favor partecipationis, ammettendo in gara l'offerta interessata (sul punto cfr. TAR Veneto, Sez. I, 11 febbraio 2010, n. 438; Cons. St., Sez. V, 8 maggio 2007, n. 2122).

Nello stesso senso, ancora, TAR Toscana, Sez. I, 3 febbraio 2010, n. 184, il quale rammenta l'indirizzo indiscusso della giurisprudenza, di recente ribadito, in forza del quale a fronte di una clausole di gara ambigua, incerta o comunque non univoca, l'Amministrazione non può legittimamente escludere l'impresa dalla competizione, ostandovi la tutela del principio del favor admissionis e dell'interesse pubblico a reperire la migliore offerta, obiettivo conseguibile solo per il tramite della massima partecipazione alle gare (TAR Piemonte, Sez. I, 30 novembre 2009, n. 3190; Cons. St., Sez. V, 18 gennaio 2006, n. 127; Cons. St., Sez. V, 28 giugno 2004, n. 4797).

Nel caso in cui, invece, le clausole risultino non univoche, tali cioè da indurre a più interpretazioni tra loro contrastanti, oltre al principio del favor partecipationis troverà applicazione anche il c.d. “criterio teleologico”. La giurisprudenza, cioè, ammette in simili ipotesi che la stazione appaltante ammetta alla gara anche offerte difformi dalle prescrizioni del bando, alla duplice condizione che le prescrizioni violate non siano sostanzialmente poste a pena di esclusione e che sia stato comunque raggiunto il fine ad esse sotteso.

Le clausole della lex specialis, ancorché contenenti comminatorie di esclusione, devono essere applicate non già meccanicisticamente, ma secondo il principio di ragionevolezza, tenendo conto per quanto possibile della peculiarità anche fattuale del caso concreto. Tali clausole devono essere valutate infatti alla stregua dell'interesse che la norma violata è destinata a presidiare per cui, ove non sia ravvisabile la lesione di un interesse pubblico effettivo e rilevante, deve essere accordata preferenza al favor partecipationis, con conseguente attenuazione del rilievo delle prescrizioni formali della procedura concorsuale. Ed invero, avendo le forme un ruolo strumentale di espressione dei contenuti, il vizio di forma può invalidare l'atto solo dove impedisca di conseguire il risultato verso cui l'azione amministrativa è diretta (così Cons. St., Sez. V, 21 dicembre 2010, n. 9320).

È ben vero che, secondo consolidato principio in tema di procedure per l'affidamento di appalti pubblici, l'inosservanza di una determinata prescrizione del bando di gara o della lettera d'invito circa le modalità di presentazione dell'offerta implica l'esclusione del concorrente solo quando si tratta di clausole rispondenti ad un particolare interesse dell'amministrazione appaltante o poste a garanzia della par condicio tra i concorrenti e del correlato principio della segretezza delle offerte, giacché tra più interpretazioni delle norme di gara è da preferire quella che conduca alla partecipazione del maggior numero possibile di aspiranti, al fine di consentire, nell'interesse pubblico, una selezione più accurata tra un ventaglio più ampio di offerte. È questo il criterio emeneutico c.d. teleologico, il quale, alla stregua di altrettanto consolidato e pacifico principio giurisprudenziale, è però valido ed applicabile solo quando sussista un'effettiva incertezza interpretativa e non quando la prescrizione sia univoca, essendo imposta dalla stessa amministrazione appaltante espressamente a pena di esclusione. In questo caso tale criterio necessariamente recede, avendo valore esclusivamente suppletivo rispetto al dato formale emergente dalla lex specialis di gara (così Cons. St., Sez. V, 8 settembre 2008, n. 4252).

Casistica: i chiarimenti sul bando di gara

Se è vero che i chiarimenti non possono valere a modificare la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, per come scolpita nella lex specialis (Cons. St., Sez. V, 8 aprile 2014, n. 1666), è anche vero che, nelle ipotesi in cui non è ravvisabile un conflitto tra le delucidazioni fornite dalla stazione appaltante e il tenore delle clausole chiarite, le relative precisazioni costituiscono una sorta d'interpretazione autentica, con cui l'Amministrazione aggiudicatrice chiarisce la propria volontà provvedimentale (Cons. St., Sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4305).

I chiarimenti, pertanto, non possono introdurre previsioni innovative e/o modificative delle prescrizioni già stabilite dal bando, perché ciò significherebbe il suo ritiro, con sostituzione di altro nuovo (art. 46, comma 1-bis, d.lgs. n. 163 del 2006) (così TAR Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 13 marzo 2015, n. 137, che richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, tra cui Cons. St., Sez. III, 14 gennaio 2015, n. 58; TAR Abruzzo, Pescara, 12 gennaio 2015, n. 20; TAR Liguria, 29 agosto 2014, n. 1324; Cons. St., Sez. V, 17 ottobre 2012, n. 5296; TAR Emilia Romagna, Parma, 21 marzo 2013, n. 120; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 7 ottobre 2013, n. 2236). Nello stesso senso, cfr. da ultimo TAR Lazio, Roma, 21 novembre 2016, n. 11541).

Casistica: eterointegrazione del bando di gara

L'autonomia che caratterizza – per costante orientamento giurisprudenziale – il bando di gara non può ritenersi, naturalmente, illimitata, soprattutto nelle ipotesi in cui il bando medesimo presenti vizi ovvero non disciplini profili espressamente garantiti da specifiche disposizioni legislative. In tali casi, invero, si pone il problema dell'ammissibilità e relativi limiti della eterointegrazione normativa del bando di gara.

Al riguardo la giurisprudenza più recente ha precisato che l'eterointegrazione può aver luogo con cautela (Cons. St., Sez. III, 2 settembre 2013, n. 4364), poiché l'inserzione automatica di clausole (v. anche l'art. 1339 c.c.) in tanto si giustifica in quanto occorra conformare il contenuto delle obbligazioni e di diritti nascenti da contratti già conclusi con esigenze di ordine imperativo non disponibili dai contraenti.

In base a questa considerazione, è assai dubbia l'operatività del meccanismo in questione nei confronti di aspetti che concernono lo svolgimento della procedura selettiva ed, in particolare, le modalità con cui le imprese formulano la loro offerta.

Del resto il Cons. St., Sez. III, 18 ottobre 2013, n. 5069, ha affermato che l'eterointegrazione del bando di gara è configurabile in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell'elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme, ma non nei casi in cui alle parti siano affidati la determinazione del corrispettivo e dei suoi elementi, sostanzialmente affermando che è legittima la clausola del bando di gara che semplifichi le modalità di manifestazione dell'offerta economica relativamente agli oneri di sicurezza, in difformità agli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006.

Che del potere di eterointegrazione debba essere fatto un uso prudente è confermato anche dal consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa secondo cui la lex specialis deve essere interpretata secondo le regole dettate dagli artt. 1362 e ss. del c.c.

In tal senso, cfr., ex multis, Cons. St., Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1375.

Sul tema cfr., anche, il recente Cons. Stato, Sez. IV, 3 maggio 2016, n. 1716, il quale torna a confermare il fenomeno della eterointegrazione normativa del bando a fronte di previsioni di legge cogenti, ammettendolo anche nelle ipotesi di omesso richiamo delle stesse.

In senso contrario si è pronunciato il TAR Umbria, Sez. I, 6 ottobre 2010, n. 484, il quale ha rilevato che il carattere viziato della lex specialis preclude la possibilità della c.d. eterointegrazione negoziale, mediante l'inserzione automatica nel regolamento delle clausole stabilite imperativamente dalla legge (artt. 1339 e 1419 c.c.), risultando tale principio inapplicabile alla materia controversa, configurandosi il bando di gara, al pari della lettera di invito, alla stregua di provvedimento amministrativo, insuscettibile di integrazione.

Detto in altri termini, al regolamento di gara non risulta applicabile il principio dell'inserzione automatica di clausole imposte dalla legge, in quanto quest'ultima è giustificata solamente dall'esigenza, inconfigurabile nella fase procedimentale di scelta del contraente dell'Amministrazione, di prevedere un meccanismo che garantisca l'applicazione ai contratti già stipulati delle norme inderogabili che impongono il contenuto delle obbligazioni e dei diritti nascenti dall'accordo e la contestuale conservazione della validità e dell'efficacia di quest'ultimo (esattamente in termini Cons. St., Sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35).

Milita nel senso della non operatività della eterointegrazione della lex specialis della gara anche la considerazione che il procedimento di valutazione comparativa concorrenziale è informato al favor partecipationis, con il corrispondente obbligo delle stazioni appaltanti di indicare in modo chiaro e preciso i termini e le condizioni per la partecipazione alla procedura; ne deriva come logico corollario che debbono essere espressamente previste le cause di esclusione, da intendere in senso restrittivo (in termini TAR Sardegna, Sez. I, 14 marzo 2009, n. 311).

La natura giuridica

La natura giuridica del bando di gara è stata oggetto di una pluralità di orientamenti riconducibili, essenzialmente, ad una concezione di tipo privatistico-negoziale (a livello prevalentemente dottrinario) ovvero ad una concezione di tipo pubblicistico (a livello prevalentemente giurisprudenziale).

Orientamenti a confronto: tesi privatistico-negoziale

Secondo una prima tesi, il bando di gara sarebbe assimilabile all'invito ad offrire. Stando a tale impostazione, il bando di gara si configurerebbe come un invito agli interessati a presentare un'offerta, o meglio a fare una proposta, contenente l'indicazione di tutti quegli elementi del contratto non indicati dall'amministrazione aggiudicatrice. L'amministrazione, pertanto, accettando la proposta della controparte, perviene alla conclusione del contratto (Cass. civ., Sez. I, 23 gennaio 1967, n. 200).

Secondo una seconda tesi, il bando di gara sarebbe assimilabile ad un'offerta al pubblico, ai sensi dell'art. 1336 c.c. Se così fosse, il bando di gara si configurerebbe come proposta di contratto rivolta ad una generalità di destinatari e la proposta del privato quale dichiarazione negoziale mista, consistente nell'accettazione dell'oggetto della prestazione indicato nel bando e nella formulazione di una proposta di prezzo (Cass. civ., Sez. I, 11 giugno 2004, n. 11103).

Orientamenti a confronto: tesi pubblicistica

Secondo una tesi (riconducibile ad una giurisprudenza, ormai risalente, di primo grado), il bando di gara avrebbe natura di atto normativo e, come tale, si configurerebbe quale lex specialis della gara, recante la disciplina della stessa, previamente determinata ed indifferentemente applicabile alla generalità dei concorrenti, seppure con rilevanza ed effetti limitati al solo ordinamento interno della pubblica amministrazione che l'ha emanata (TAR Sardegna, Sez. I, 2 agosto 2005, n. 1725; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 5 maggio 1998, n. 922; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 2 aprile 1997, n. 354).

La tesi opposta sostiene che il bando di gara avrebbe natura di atto amministrativo generale. Secondo tale orientamento, senz'altro prevalente, il bando non può essere considerato atto normativo poiché manca dei requisiti propri di tale tipologia di atti e, cioè, la generalità, l'innovatività e l'astrattezza. Sebbene, infatti, il bando sia generale, essendo destinato alla cura di interessi pubblici, con effetti diversi nei confronti di una pluralità di destinatari (determinabili, peraltro, solo a posteriori), lo stesso non può dirsi né astratto né innovativo, non dettando regole valevoli per ogni gara, essendo destinato ad esaurire i suoi effetti con la conclusione della relativa procedura, e non innovando stabilmente l'ordinamento giuridico con una serie di precetti idonei ad essere applicati ad una serie indefinita di rapporti, dettando invece una regola puntuale per un caso specifico.

La qualificazione del bando di gara come lex specialis - utilizzata anche da tale orientamento - non incide, pertanto, sulla natura dell'atto, che è e resta atto amministrativo generale, ma vale soltanto ad indicare che tale atto detta le regole della procedura, vincolando non solo i concorrenti ma anche l'amministrazione, senza porsi al contempo quale fonte del diritto (Cons. St., Sez. VI, 30 settembre 2008, n. 4699; Cons. St., Sez. IV, 22 settembre 2005, n. 5005; Cons. St., Ad.plen., 29 gennaio 2003, n. 1).

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