Organismo di diritto pubblico

Giordana Strazza
21 Maggio 2020

La nozione di organismo di diritto pubblico, attualmente prevista dall'art. 3, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 50 del 2016 (in recepimento dell'art. 2, par. 1, n. 4 della direttiva 2014/24/UE, dell'art. 3 par. 4 della direttiva 2014/25/UE, nonché dell'art. 6, par. 4 della direttiva 2014/23/UE), ricalca pedissequamente la definizione già delineata dalle direttive 2004/17/CE, 2004/18/CE e recepita, nel nostro ordinamento giuridico, dall'art. 3, comma 26, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

La nozione di organismo di diritto pubblico, attualmente prevista dall'art. 3, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 50 del 2016 (in recepimento dell'art. 2, par. 1, n. 4 della direttiva 2014/24/UE, dell'art. 3 par. 4 della direttiva 2014/25/UE, nonché dell'art. 6, par. 4 della direttiva 2014/23/UE), ricalca pedissequamente la definizione già delineata dalle direttive 2004/17/CE, 2004/18/CE e recepita, nel nostro ordinamento giuridico, dall'art. 3, comma 26, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

Tale qualifica assolve allo scopo di ricondurre nell'alveo dei destinatari della disciplina dei contratti pubblici anche quei soggetti che, pur non rientrando nel novero delle amministrazioni di stampo tradizionale, costituiscono, in realtà, una longa manus dello Stato e degli enti territoriali.

Gli organismi di diritto pubblico, infatti, sono inclusi fra le “amministrazioni aggiudicatrici” al fine di evitare che, tramite lo schermo di un soggetto, ancorché apparentemente privato, la “mano pubblica” possa sottrarsi ai vincoli e ai principi delle direttive appalti e concessioni.

Tale figura, introdotta dall'art. 1 lett. b) ]della direttiva 89/440/CE, è diretta, dunque, a intercettare le situazioni di “pubblicità reale”, così da assoggettare gli atti compiuti da un soggetto solo formalmente privato al regime proprio degli atti amministrativi.(si v. TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 12 maggio 2015, n. 1150).

Per il conseguimento degli obiettivi delle direttive in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, infatti, la nozione di «amministrazione aggiudicatrice», ivi compresa quella di «organismo di diritto pubblico», deve essere interpretata in modo funzionale e ampio. (Corte giust., 5 ottobre 2017, C‑567/15; Corte giust. UE,15 gennaio 1998, in C- 44/96, caso "Mannesman").

I requisiti dell'organismo di diritto pubblico

L'organismo di diritto pubblico costituisce una qualificazione trasversale (e autonoma) rispetto alle categorie pubbliche e private previste dai singoli ordinamenti nazionali.

La connotazione funzionale di tali organismi fa sì che possano essere qualificati come tali figure giuridiche differenti, ma accomunate dalle caratteristiche individuate dalla direttiva appalti.

Rientrano in tale nozione i soggetti in possesso di tre requisiti: l'influenza pubblica dominante, sintomatica della stretta dipendenza dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico; la personalità giuridica; l'istituzione per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale.

Più volte la giurisprudenza ha evidenziato la necessità che tali requisiti siano congiuntamente presenti (su tutte, Corte giust. UE, 15 gennaio 1998, C-44/96, Mannesmann; Corte giust. UE, 10 novembre 1998, C-360/1996, BFI Holding; Corte giust. UE, 15 maggio 2003, C-214/2000, Commissione delle Comunità europee; Corte giust. UE, 22 maggio 2003, C-18/2001, Taitotalo).

(Segue). L'influenza pubblica dominante

L'influenza pubblica dominante può essere desunta dalla ricorrenza di uno dei seguenti indici rivelatori: a) il finanziamento pubblico maggioritario; b) il controllo pubblico della gestione; c) l'attribuzione alla mano pubblica della nomina di più della metà dei componenti degli organi di direzione, amministrazione o vigilanza degli organismi.

Per quanto riguarda il primo dei fattori alternativamente idonei a svelare un'influenza pubblica dominante su un determinato soggetto giuridico, si ritiene che il finanziamento maggioritario dell'attività ad opera di un soggetto pubblico ricorra in presenza di erogazioni concesse da una amministrazione pubblica nell'ambito delle proprie attività istituzionali, senza alcun vincolo di sinallagmaticità rispetto a una controprestazione contrattuale posta a carico del beneficiario (Corte Giust. UE, 3 ottobre 2000, C-380/98, University of Cambridge).

Il finanziamento fornito dal soggetto pubblico viene qualificato come “prevalente” sulla base di un criterio meramente quantitativo, laddove corrisponda a “più della metà” della globalità delle entrate di cui il soggetto “finanziato” si avvale, incluse quelle derivanti dall'eventuale espletamento di un'attività commerciale.

Tale finanziamento deve essere calcolato sulla base dei dati disponibili all'inizio dell'esercizio finanziario, nonostante questi ultimi abbiano natura previsionale.

Rispetto al secondo elemento rivelatore dell'influenza pubblica dominante, rappresentato dal “controllo della gestione”, è sufficiente il possesso da parte di soggetti pubblici della maggioranza delle quote azionarie dell'organismo societario.

Sussiste, inoltre, il parametro dell'influenza pubblica quando risulti che l'organo di amministrazione, direzione o vigilanza dell'ente sia composto integralmente (o in via maggioritaria) da membri designati dagli enti pubblici.

In evidenza

Di recente, è stata rimesso alla CGUE il seguente quesito: «se, sulla base dei rapporti giuridici tra il C.O.N.I. e la F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), il primo disponga nei confronti della seconda di un'influenza dominante alla luce dei poteri legali di riconoscimento ai fini sportivi della società, di approvazione dei bilanci annuali e di vigilanza sulla gestione e il corretto funzionamento degli organi e di commissariamento dell'ente; se, per contro, tali poteri non siano sufficienti a configurare il requisito dell'influenza pubblica dominante propria dell'organismo di diritto pubblico, in ragione della qualificata partecipazione dei presidenti e dei rappresentanti delle Federazioni sportive negli organi fondamentali del Comitato olimpico».

(Cons. St., Sez. V, 12 febbraio 2019, n. 1006; Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2019, n. 1007).

(Segue). La personalità giuridica

Ulteriore requisito richiesto ai fini della qualifica di organismo di diritto pubblico è quello della personalità giuridica, con la precisazione che, come evidenziato, la natura privata di un soggetto non può costituire un criterio idoneo ad escluderne la qualificazione in termini di amministrazione aggiudicatrice.

Diversamente, infatti, non sarebbe garantito l'“effetto utile” della direttiva, poiché sarebbe sufficiente adottare una forma giuridica di tipo privatistico per sottrarsi alla disciplina posta a tutela della concorrenza (Corte giust. UE, 15 maggio 2003, C-214/2000).

Di conseguenza, la mera veste formale di società per azioni ha carattere “neutro” e non è idonea ad incidere sulla natura pubblicistica di imprese che, in quanto sottoposte al controllo maggioritario dell'azionista pubblico, si presentano come un'articolazione organizzativa dell'ente di riferimento (Cons. St., Sez. VI, 1 aprile 2000, n. 1885; Cons. St.,Sez. IV, 27 maggio 2002, n. 2922).

Il requisito della personalità giuridica: orientamenti a confronto

Il concetto di “personalità giuridica” deve essere assimilato a quello di “soggettività giuridica”

Il requisito della personalità giuridica richiesto ai fini della qualifica di organismo di diritto pubblico deve essere inteso come sinonimo, in senso ampio, di soggettività giuridica, essendo riconducibili nel suo alveo anche gli enti di fatto.

(Cass., Sez. Un., 28 marzo 2019, n. 8673)

La personalità giuridica, requisito necessario ai fini della configurazione di un organismo di diritto pubblico, deve essere intesa come sinonimo, in senso lato, della soggettività giuridica, ovvero della presenza di un soggetto come centro di imputazione di situazioni giuridiche. Non solo, quindi, le persone giuridiche del nostro codice civile, ma anche gli enti di fatto, come le associazioni non riconosciute, essendo soggetti di diritto distinti dai loro associati, posseggono il requisito in esame e, pertanto, in presenza degli ulteriori requisiti richiesti dalla legge, possono assurgere al rango di organismi di diritto pubblico. Di conseguenza, con riguardo ai Fondi paritetici interprofessionali, si deve ritenere integrato anche il requisito della personalità giuridica, essendo i Fondi stessi dotati comunque di una soggettività giuridica, anche se non formalmente eretti in persone giuridiche private.

(Lettera del Presidente Cantone al Ministro Poletti sull'applicabilità del Codice dei contratti pubblici e qualificazione dei Fondi paritetici interprofessionali, 15 gennaio 2016).

Il concetto di “personalità giuridica” prescritto dal diritto comunitario, recepito dal nostro ordinamento nel settore dei contratti pubblici, integra un requisito di “soggettività”, intesa come autonoma capacità di essere centro di imputazione giuridica di rapporti, e non equivale al rigoroso concetto di “personalità giuridica”, quale “possesso di autonomia patrimoniale perfetta”, propria di alcune forme di personalità giuridica previste dal nostro ordinamento.

(TAR Piemonte, Sez. I, 7 novembre 2012, n. 1159).

I soggetti di diritto privi di personalità giuridica non possono costituire organismi di diritto pubblico

I Fondi paritetici interprofessionali di formazione continua non costituiscono organismi di diritto pubblico, in quanto – pur potendo perseguire, in concreto, interessi di carattere generale – possono essere costituiti nella forma di associazioni non riconosciute ai sensi dell'art. 36 c.c., secondo la previsione dell'art. 118, comma 6, l. n. 388 del 2000, e, in tal caso, non sono dotati di personalità giuridica.

(TAR Lazio, Roma, Sez. III-bis, 23 dicembre 2014, nn. 13111 e 13122).

(Segue). Il soddisfacimento di bisogni generali a carattere non industriale o commerciale

Le maggiori difficoltà sul piano esegetico sono sorte rispetto al requisito teleologico previsto dalla disciplina eurounitaria, che consiste nella preposizione del soggetto al soddisfacimento di bisogni generali a carattere non industriale o commerciale.

In primo luogo, dalla lettera della previsione si ricava che la sola istituzione dell'ente per la realizzazione di finalità di interesse generale non è di per sé sufficiente per ritenere integrato tale requisito. A ben vedere, infatti, non tutti i bisogni di interesse generale rivestono carattere non industriale o commerciale. Di conseguenza, è necessario compiere un duplice e distinto accertamento: innanzitutto, occorre valutare se l'attività esercitata dall'ente sia volta al perseguimento di bisogni di interesse generale; laddove tale verifica dia esito positivo, è necessario accertarne la natura non industriale o commerciale. (Corte giust. UE,10 novembre 1998, C-360/1996; Corte giust. UE,22 maggio 2003, C-18/2001).

Secondo la Corte di Giustizia, tale indagine deve essere compiuta alla luce di alcuni indici rivelatori: in primo luogo, il soggetto non deve svolgere un'attività in regime di concorrenza.

Il fatto che il soggetto operi in un contesto concorrenziale non è stato ritenuto di per sé sufficiente ad escluderne la natura di organismo di diritto pubblico, ma si è evidenziato che tale elemento costituisce “solo un indizio” del carattere industriale o commerciale del bisogno, poiché occorre valutare anche se l'ente persegua scopi di lucro e se subisca le perdite commerciali connesse all'esercizio della sua attività, assumendosi i rischi ad essa collegati (Corte giust. UE,10 novembre 1998, C-360/1996; Corte giust. UE,22 maggio 2003, C-18/2001; si v. anche Cons. St., Sez. V, 16 gennaio 2017, n. 108).

Al contempo, la Corte di Giustizia ha precisato che anche una società pubblica (controllata interamente dall'amministrazione aggiudicatrice), la cui attività consiste nel soddisfare esigenze di interesse generale e che effettua sia operazioni per l'amministrazione aggiudicatrice sia operazioni sul mercato concorrenziale, deve essere qualificata come organismo di diritto pubblico quando: i) le attività della società siano necessarie affinché l'amministrazione aggiudicatrice possa esercitare la sua attività; ii) tale società si lasci guidare da considerazioni diverse da quelle economiche al fine di soddisfare esigenze di interesse generale (Corte giust. UE,5 ottobre 2017, C-567/2015).

In evidenza

In definitiva, solo la dimostrazione che l'attività venga esercitata dal soggetto con metodo non economico, senza rischio di impresa, in un mercato non concorrenziale, è utile al fine di ritenere sussistente il requisito teleologico. La circostanza secondo cui, in concreto, tali compiti siano svolti non con metodo economico, ma mediante l'esercizio di una attività che non implichi assunzione del rischio di impresa, può desumersi, innanzitutto, da una connotazione interna dell'assetto societario e, in particolare, dall'esistenza di relazioni finanziarie con l'ente pubblico che assicurano, secondo diverse modalità, la dazione di risorse in grado di consentire la permanenza sul mercato dell'organismo, nonché da un elemento esterno, indiziario, costituito dal contesto in cui l'attività viene esercitata, ossia dall'esistenza o meno di un mercato di beni e servizi oggetto delle prestazioni erogate, con la precisazione che la mancanza di un mercato non può derivare dal fatto che in esso operi il solo soggetto sottoposto alla mano pubblica, ma occorre stabilire se un mercato abbia la possibilità di esistere, valutando le caratteristiche dei beni e dei servizi offerti, i loro prezzi, nonché la presenza – anche solo potenziale – di più fornitori.

(Cons. St., Sez. V, 30 marzo 2013, n. 570; Cons. St., Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574; sul punto si v. anche Cass., Sez. Un., 28 marzo 2019, n. 8673).

Il requisito teleologico, dunque, può dirsi integrato quando i bisogni di interesse generale siano soddisfatti in modo diverso dall'offerta sul mercato e, al contempo, i pubblici poteri provvedano alla loro realizzazione direttamente o con modalità organizzative tali da consentire il mantenimento di un'influenza dominante.

Spetta, quindi, al giudice il compito di valutare l'esistenza o meno di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale, tenendo conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti, quali i fatti che hanno presieduto alla creazione dell'organismo interessato e le condizioni in cui quest'ultimo esercita la sua attività.

Dal momento che la normativa eurounitaria ha omesso di fornire i criteri per stabilire quando ricorra la condizione in esame, la valutazione sulla sussistenza del requisito teleologico ha determinato l'emersione di orientamenti giurisprudenziali talvolta antitetici.

In particolare, l'esigenza di distinguere il profilo relativo alla natura generale dei bisogni rispetto alla valutazione del loro carattere non commerciale ed industriale ha caratterizzato la vicenda relativa alla qualificazione in termini di organismo di diritto pubblico dell'Ente Fiera di Milano.

Classificazione Ente Fiera Milano: orientamenti a confronto

L'Ente Fiera Milano non costituisce un organismo di diritto pubblico

L'Ente Fiera di Milano non solo opera in concorrenza con altri operatori fieristici, ma favorisce l'incontro tra operatori privati, sopportando il rischio di perdite senza finanziamenti pubblici, e quindi essendo costretto ad una gestione fondata su criteri di rendimento, efficacia e redditività.

(CGUE, 10 maggio 2001, cause riunite 229/99 e 260/99, Ente Fiera di Milano).

L'Ente Fiera Milano non costituisce un organismo di diritto pubblico

I bisogni soddisfatti istituzionalmente dall'Ente Fieristico hanno portata generale, tuttavia, deve essere esclusa la natura “non commerciale” dell'attività svolta da tale soggetto, poiché esercitata in un contesto tendenzialmente concorrenziale e rivolta al soddisfacimento delle esigenze proprie del mercato.

(Cass., Sez. un., 4 aprile 2000, n. 47).

L'Ente Fiera Milano non costituisce un organismo di diritto pubblico

L'Ente Fiera di Milano non può essere qualificato come organismo di diritto pubblico a causa della connotazione commerciale dell'attività fieristica, legata alla promozione ed alla commercializzazione di prodotti e servizi, complementare all'attività produttiva imprenditoriale.

(Cons. St., Sez. VI, 17 settembre 1998, n. 1267).

L'Ente Fiera Milano costituisce un organismo di diritto pubblico

L'ente è qualificabile come organismo di diritto pubblico anche quando sia deputato alla promozione e all'incentivo di determinati settori economico-produttivi, con strumentazione imprenditoriale e con criteri di economicità, purché non eserciti, in modo diretto, attività industriale e commerciale.

(TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 17 novembre 1995, n. 1365).

In evidenza

Di recente, la giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi anche sulla qualificabilità come organismo di diritto pubblico con riferimento ad altri enti fieristici.

Per essere ritenuto organismo di diritto pubblico, l'ente fieristico, nel perseguire l'interesse pubblico, deve agire senza essere soggetto alle regole di mercato. Di conseguenza, Fiera di Roma S.r.l. non è qualificabile come organismo di diritto pubblico, in quanto carente del c.d. requisito teleologico.

(Cass., Sez. Un., 28 giugno 2019, n. 17567)

La società Nuova Fiera del Levante (NFDL S.r.l) non è un organismo di diritto pubblico, a causa del mancato perseguimento di un "interesse generale" e del carattere industriale o commerciale dell'attività svolta. Infatti: 1) lo Statuto della NFDL S.r.l. individua nell'oggetto sociale la capacità di svolgere attività commerciale; 2) tale Società persegue scopo di lucro (individuato nella divisione degli utili); 3) nello Statuto non è previsto alcun meccanismo di ripianamento delle perdite da parte dei soci pubblici; 4) lo Statuto di NFDL s.r.l. contiene norme palesemente sovrapponibili a quelle di Fiera di Roma.

(TAR Puglia, Bari, Sez. II, 6 febbraio 2020, n. 205)

In evidenza

La giurisprudenza ha anche sollevato alla CGUE quesiti in ordine alla qualificabilità della Federazione calcistica italiana quale organismo di diritto pubblico.

«Vanno rimessi alla CGUE i seguenti quesiti:

se sulla base delle caratteristiche della normativa interna relativa all'ordinamento sportivo la Federazione calcistica italiana sia qualificabile come organismo di diritto pubblico, in quanto istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

se in particolare ricorra il requisito teleologico dell'organismo nei confronti della Federazione pur in assenza di un formale atto istitutivo di una pubblica amministrazione e malgrado la sua base associativa, in ragione del suo inserimento in un ordinamento di settore (sportivo) organizzato secondo modelli di stampo pubblicistico e del vincolo al rispetto dei principi e delle regole elaborate dal Comitato olimpico nazionale italiano e dagli organismi sportivi internazionali, attraverso il riconoscimento a fini sportivi dell'ente pubblico nazionale;

se inoltre tale requisito possa configurarsi nei confronti di una Federazione sportiva quale la Federazione italiana giuoco calcio, dotata di capacità di autofinanziamento, rispetto ad un'attività non a valenza pubblicistica quale quella oggetto di causa, o se invece debba considerarsi prevalente l'esigenza di assicurare in ogni caso l'applicazione delle norme di evidenza pubblica nell'affidamento a terzi di qualsiasi tipologia di contratto di tale ente»

(Cons. St., Sez. V, ord. 12 febbraio 2019, n. 1006; Cons. St., Sez. V, ord. 12 febbraio 2019, n. 1007).

Casistica. Fondazioni e organismi di diritto pubblico

L'Enasarco può essere qualificata quale organismo di diritto pubblico, definizione che ricomprende qualsiasi organismo la cui gestione sia soggetta al controllo, tra gli altri, dello Stato. Non v'è dubbio che il controllo pubblico sulla gestione della Fondazione Enasarco è affidato al Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con la conseguenza che sussiste anche per la stessa l'obbligo di indire procedure di evidenza pubblica per la scelta dei propri appaltatori.

(TAR Lazio, Roma, Sez. III-bis, 17 dicembre 2018, n. 12227; Cons. St., Sez. VI, 23 dicembre 2013, n.6185).

Anche se la Fondazione Arena di Verona ha personalità giuridica di ordine privatistico, a norma, d.lgs. n. 367 del 1996, nondimeno la stessa ha connotati tali da consentire di qualificarla come un organismo di diritto pubblico.

(Cons. St., Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5617).

La Fondazione esito della trasformazione da una precedente IPAB non costituisce un organismo di diritto pubblico in assenza del requisito “teleologico” e della “influenza dominante”.

(Cass., Sez. un., 7 aprile 2014, n. 8051; Cons. St., Sez. VI, 10 novembre 2015, n. 5103).

La Fondazione Biennale di Venezia può qualificarsi come organismo di diritto pubblico, ovvero come amministrazione aggiudicatrice – ai sensi dell'art. 3, commi 25 e 26, d.lgs. n. 163 del 2006 – tenuto conto della ricorrenza in essa dei requisiti richiesti da tale normativa.

(Cons. St., Sez. VI, 8 maggio 2014, n. 2362).

Va riconosciuta natura di organismo di diritto pubblico ad una Fondazione (nella specie, alla Fondazione Cà d'Industria o.n.l.u.s.), ai fini dell'applicabilità dell'art. 1, comma 136, della l. n. 311/2004, qualora sussistano indici rivelatori del controllo e del finanziamento da parte di pubbliche amministrazioni (nella specie, sottoposizione al controlli pubblicistici in forza dello statuto; nomina del consiglio di amministrazione da parte del Comune, della Regione e della Provincia; finanziamento da parte del Comune; attività finalizzata alla soddisfazione di esigenze di interesse generale consistenti nell'assistenza a soggetti disagiati).

(Cons. St., Sez. VI, 3 giugno 2014, n. 2843).

La Fondazione Carnevale di Viareggio costituisce un organismo di diritto pubblico, poiché:sussiste il profilo della personalità giuridica (ravvisabile alla luce dell'interpretazione estensiva fornita dalla giurisprudenza comunitaria che valorizza, all'uopo, la sussistenza di una soggettività giuridica in senso lato, anche di matrice privatistica); sussiste il requisito dell'influenza dominante (il Comune di Viareggio nomina tutti componenti del consiglio di amministrazione e del collegio dei revisori dei conti, dotando la Fondazione di un patrimonio iniziale, conferendogli periodici contributi, sia preventivi che a consuntivo del bilancio ed esercitando un penetrante potere di controllo sugli organi e sull'attività); deve, infine, essere ritenuto sussistente il requisito teleologico (dal momento che tale Fondazione assolve alla finalità di promozione socio-culturale ed economica del territorio e della popolazione viareggina).

(Cons. St., Sez. V, 12 ottobre 2010, n. 7393).

Le Fondazioni bancarie che non usufruiscono di finanziamenti pubblici o di altri ausili pubblici di carattere finanziario (come la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì) non sono degli organismi di diritto pubblico, con la conseguenza che non sono sussumibili nella categoria degli enti tenuti all'obbligo di trasparenza, sotteso alla disciplina dell'accesso agli atti amministrativi.

(Cons. St., Sez. VI, 3 marzo 2010, n. 1255).

Casistica. Ordini professionali e organismi di diritto pubblico

Gli ordini professionali hanno natura giuridica di enti pubblici non economici e, in quanto tali, sono anche in possesso di tutti i requisiti richiesti dalla disciplina di settore per la configurabilità dell'organismo di diritto pubblico. Di conseguenza, rientrano nell'ambito di applicazione del d.lgs. n. 50 del 2016, ai fini dell'affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

(Comunicato Presidente ANAC, 28 giugno 2017).

Gli ordini professionali sono organismi di diritto pubblico, rientranti nella vasta gamma degli enti pubblici non territoriali (o, secondo altra dottrina, nella categoria degli enti pubblici associativi). Di conseguenza, sono assoggettati al regime pubblicistico degli appalti.

(AVCP, delibera 6 febbraio 2013, n. 4).

Un ordine professionale di diritto pubblico come quello dei medici, non soddisfa né il criterio relativo al finanziamento maggioritario da parte dell'autorità pubblica, quando è finanziato in modo maggioritario dai contributi versati dai suoi membri, il cui importo è fissato e riscosso in base alla legge dallo stesso organismo, nel caso in cui tale legislazione non stabilisca la portata e le forme delle attività che esso deve svolgere nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni istituzionali che tali contributi sono destinati a finanziare, il criterio relativo al controllo della gestione da parte dell'autorità pubblica, per il solo fatto che la decisione con cui lo stesso organismo fissa l'importo dei suddetti contributi deve essere approvata da un'autorità di controllo.

(CGUE, 12 settembre 2013, C-526/2011, IVD GmbH &Co, KG).

Casistica. Società qualificabili come organismi di diritto pubblico

CDP Investimenti SGR s.p.a. è investitore qualificato nel settore dei fondi immobiliari, che assolve a un compito proprio di Cassa depositi e prestiti (soggetto pubblico che l'ha istituita, avente natura di organismo di diritto pubblico) mediante fondi risparmio collettivo. Si tratta, dunque, dello strumento attraverso il quale la pubblicistica Cassa depositi e prestiti s.p.a. gestisce direttamente risparmio del pubblico tramite fondi comuni di investimento immobiliare. Di conseguenza, CDP Investimenti SGR s.p.a. ha natura di organismo di diritto pubblico, anche se analoghi fondi comuni di investimento immobiliare, in competizione con quelli, sono gestiti da soggetti senz'altro privati. (Cons. St, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 964)

Dal momento che la realizzazione e la gestione delle autostrade costituisce attività idonea a soddisfare bisogni ed interessi pubblici generali, la società Autostrade per l'Italia s.p.a. può essere qualificata come organismo di diritto pubblico (per il quale è irrilevante la natura giuridica privatistica), sussistendo i presupposti di cui all'art. 3, comma 26, del d.lgs. n. 163 del 2006, ovvero l'istituzione per il soddisfacimento di esigenze di interesse generale, a carattere non industriale o commerciale, il possesso di personalità giuridica e il prevalente finanziamento o anche solo controllo dello Stato. Alla luce di tali circostanze, Autostrade per l'Italia s.p.a. deve essere ritenuta amministrazione aggiudicatrice e le controversie relative all'affidamento di un contratto per le prestazioni di servizi (nel caso di specie un sub-concessionario di un'area di servizio) ricadono nella giurisdizione esclusiva del g.a., ex art. 133, comma 1, lett. c) ed e) n. 1, c.p.a. (TAR Lazio, Roma, Sez. III, 16 maggio 2016, n. 5737)

La Società Esercizi Aeroportuali non è un organismo di diritto pubblico o un'impresa pubblica, trattandosi solo di un'impresa privata, titolare di diritti di esclusiva. (Cass., Sez. un., 6 maggio 2016, n. 9141)

La società Aeroporti di Roma non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico, perché priva del c.d. requisito teleologico, non risultando la stessa costituita "per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale". (Cons. Stato, sez. V, 12 dicembre 2018, n. 7031; Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2018, n. 6534; in termini, Cass., Sez. Un., 18 aprile 2016, n. 7663).

L'Aeroporto Friuli Venezia Giulia S.p.a. non può essere qualificata come organismo di diritto pubblico, perché priva del c.d. requisito teleologico, non risultando la stessa costituita “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” (Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2017, n. 5930)

La società Expo 2015 s.p.a. è un organismo di diritto pubblico, poiché, con riferimento a tale persona giuridica, sussistono sia la funzionalizzazione della sua attività a “soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”, sia il finanziamento dell'attività “in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”, con designazione dei componenti del Consiglio di amministrazione da parte dell'Assemblea dei soci, formata in maggioranza dai soggetti innanzi citati. (Cons. St., Sez. IV, 4 febbraio 2015, n. 552).

Le Autorità portuali – pur avendo forte connotazione economica – possono definirsi organismi di diritto pubblico, in quanto dotate di personalità giuridica, istituite per soddisfare esigenze di interesse generale, a carattere non industriale o commerciale, e soggette al controllo dello Stato. Cons. St., Sez. VI, 15 dicembre 2014, n. 6146).

L'ATAC s.p.a. – che, come noto, è subentrata a Trambus s.p.a. quale società in house del Comune di Roma, per la gestione del servizio di trasporto pubblico locale – è un organismo di diritto pubblico; pertanto, sia Trambus che ATAC si configurano quali amministrazioni aggiudicatrici, tenute ad osservare, per i propri affidamenti, ovvero per la selezione dell'eventuale partner privato, i principi e le norme dell'evidenza pubblica. (TAR Lazio, Roma, Sez. II, 17 giugno 2016, n. 7032; Id., 18 febbraio 2013, n. 1778)

L'ATAC s.p.a., il cui capitale è al 100% di proprietà di Roma Capitale, ha i requisiti di cui all'art. 3 comma 26, d.lgs. n. 163/2006, quindi può essere qualificata come organismo di diritto pubblico. (Cons. St., Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16).

FNM S.p.A. costituisce un organismo di diritto pubblico, almeno per le procedure svolte nell'interesse di Ferrovienord S.p.A., e i relativi appalti di lavori, forniture e servizi sono disciplinati dal d.lgs. n. 50/2016 e le relative controversie sono assoggettate alla giurisdizione amministrativa. (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 12 giugno 2019, n. 1327).

Deve accreditarsi la natura di organismo di diritto pubblico di RFI, natura che trova, altresì, conferma in una pronuncia del TAR Campania secondo il quale, a seguito di una puntuale disanima, “RFI s.p.a. deve essere considerato organismo di diritto pubblico perché possiede i requisiti all'uopo prescritti” dall'art. 3, comma 26, d.lgs. n. 163 del 2006(TAR Campania, Napoli, Sez. II, 18 gennaio 2007, n. 2600).

(AVCP, parere 15 marzo 2011, rif. AG 28/2010).

Non è possibile qualificare come organismo di diritto pubblico una società consortile per azioni partecipata da capitali pubblici, che realizzi e gestisca un centro mercatale, perché i bisogni che tale società intende soddisfare, pur essendo di interesse generale, hanno carattere commerciale. (Cass., Sez. un., 7 aprile 2010, n. 8225).

La RAI s.p.a., pur costituendo un organismo di diritto pubblico ed essendo soggetta a varie forme di controllo ed indirizzo pubblici, resta pur sempre una società per azioni, come tale soggetta alle regole privatistiche ove dalla legge non diversamente disposto; ne consegue che la controversia sulle procedure concorsuali per l'assunzione di personale da parte della RAI - essendo in funzione dell'insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società per azioni - è devoluta alla giurisdizione del g.o. (Cass., Sez. un., 22 dicembre 2011 n. 28330).

La RAI s.p.a.,deve qualificarsi organismo di diritto pubblico, poiché resta ancora l'impresa “pubblica” a cui lo Stato ha affidato la gestione del servizio “pubblico” radiotelevisivo, su cui intende conservare la sua influenza; essa, quindi, deve osservare le norme comunitarie di evidenza pubblica nella scelta dei propri contraenti per gli appalti dei servizi (ad eccezione di quelli "esclusi" del settore radiotelevisivo).(Cass., Sez. un., 23 aprile 2008 n. 10443).

«Vanno rimessi alla CGUE i seguenti quesiti:

se la società Poste Italiane s.p.a. debba essere qualificata “organismo di diritto pubblico”;

se la predetta qualificazione si estenda alla società, partecipata al 100%, Poste Tutela s.p.a., peraltro in via di già deliberata fusione con la prima, tenuto conto del punto n. 46 delle premesse alla direttiva 2014/23/UE sulle persone giuridiche controllate (cfr. anche, in tal senso, Corte giust. UE, Sez. IV, 5 ottobre 2017, n. 567: obbligo di gara per le società controllate dalla p.a.; Cons. St., Sez. VI, 24 novembre 2011, n. 6211);

se dette società siano tenute a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l'aggiudicazione degli appalti, che siano in relazione con l'attività svolta nei settori speciali, in base alla direttiva 2014/25/UE, quali enti aggiudicatori, per i quali la stessa natura di organismi di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II° del Codice degli appalti, con piena autonomia negoziale – e regole esclusivamente privatistiche – per l'attività contrattuale non attinente a detti settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE, punto n. 21 delle premesse e art. 16;

se le medesime società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, restino invece – ove in possesso dei requisiti di organismi di diritto pubblico – soggette alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgenti – in via evolutiva rispetto all'originaria istituzione – attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza;

se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al servizio universale e attività a quest'ultimo estranee, il concetto di strumentalità – rispetto al servizio di specifico interesse pubblico – possa ritenersi escluso per contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché il servizio di portierato e di custodia degli uffici stessi;

se infine, ove la prospettazione di Poste Italiane s.p.a. fosse ritenuta condivisibile, debba ritenersi contrastante col consolidato principio di legittimo affidamento dei partecipanti alla gara la riconduzione a mero autovincolo – non soggetto a tutte le garanzie di trasparenza e pari trattamento, disciplinate dal codice degli appalti – l'indizione di una procedura concorsuale, debitamente pubblicizzata senza ulteriori avvertenze al riguardo sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea»

(TAR Lazio, Roma, Sez. III, ord. 12 luglio 2018, n. 7778).

Poste Italiane s.p.a. è un organismo di diritto pubblico, il cui elemento fondante è quello riconducibile alla rilevanza degli interessi generali perseguiti, in rapporto ai quali – anche qualora la gestione fosse produttiva di utili – non può venire meno una funzione amministrativa di controllo, da intendere come possibilità di condizionamento aziendale, anche in termini di scelta maggioritaria degli amministratori, chiamati a perseguire determinati obiettivi di qualità del servizio. E' propria dell'Amministrazione, infatti, la cura concreta di interessi della collettività, che lo Stato ritiene corrispondenti a servizi da rendere ai cittadini e che pertanto, anche ove affidati a soggetti esterni all'apparato amministrativo vero e proprio, debbono comunque rispondere a corretti parametri gestionali, sul piano dell'imparzialità, del buon andamento e della trasparenza. La società Poste Italiane s.p.a., pertanto, è soggetta alla disciplina di cui agli artt. 22 ss., l. n. 241/1990, con riferimento al pubblico servizio di cui è affidataria.

(Cons. St., Ad. plen., 28 giugno 2016, n. 13).

Gli appalti di Poste Italiane s.p.a. sono assoggettati alla direttiva n. 17/2004 e alle corrispondenti disposizioni del codice degli appalti; per effetto di tale disciplina, nella quale Poste Italiane s.p.a. assume la veste di ente aggiudicatore in qualità di "impresa pubblica" per le attività svolte in regime di concorrenza, la normativa interna, conformemente a quella comunitaria oggetto di attuazione, esclude l'applicazione del codice. Non può, dunque, ipotizzarsi che le regole della evidenza pubblica, escluse per specifici e individuati settori di attività dell'ente aggiudicatore, possano riespandersi per effetto della direttiva generale, l'applicazione della quale postula la riconduzione dell'ente aggiudicatore nella categoria delle "amministrazioni aggiudicatrici", alle quali sono equiparate gli organismi di diritto pubblico, ma non le imprese pubbliche.

(Cass., Sez. un., 29 maggio 2012, n. 8511).

Poste Italiane s.p.a., pur avendo assunto la forma societaria, ha continuato ad essere sottoposta ad una disciplina derogatoria rispetto a quella codicistica e sintomatica della strumentalità rispetto al conseguimento di finalità pubblicistiche. Di conseguenza, deve essere qualificata come organismo di diritto pubblico e, quindi, amministrazione aggiudicatrice.

(Cons. St., Sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1206)

Le precisazioni contenute nella direttiva 2014/23/UE e nella direttiva 2014/24/UE

Come evidenziato, la definizione di organismo di diritto pubblico contenuta nel d.lgs. n. 50 del 2016, in attuazione delle nuove direttive in materia di concessioni e appalti ricalca in toto la formulazione previgente. Il considerando 21 della direttiva 2014/23/UE e il considerando 10 della direttiva 2014/24/UE prevedono, tuttavia, alcune rilevanti precisazioni: confermando quanto già statuito dalla Corte di Giustizia, stabiliscono, rispettivamente, che il soggetto che opera in condizioni normali di mercato, per realizzare un profitto, sostenendo perdite connesse all'esercizio dell'attività, “non dovrebbe essere considerato un «organismo di diritto pubblico», in quanto è lecito supporre che sia stato istituito allo scopo o con l'incarico di soddisfare esigenze di interesse generale che sono di natura industriale o commerciale” e che il requisito del finanziamento in modo maggioritario deve essere inteso “per più della metà”, con l'inclusione degli eventuali «pagamenti da parte di utenti che sono imposti, calcolati e riscossi conformemente a norme di diritto pubblico».

L' organismo di diritto pubblico “in parte qua” e la c.d. teoria del contagio

Una volta riconosciuta la qualifica di organismo di diritto pubblico, occorre domandarsi se il rispetto della normativa per l'affidamento di lavori, di servizi e di forniture sia circoscritto ai soli appalti relativi alla missione di interesse pubblico svolta dal soggetto o se debba ritenersi esteso anche alle ulteriori attività eventualmente esercitate dallo stesso ente.

A tal proposito, la Corte di Giustizia ha affermato che la qualifica in questione determina l'attrazione alla disciplina pubblicistica di tutte le attività comunque poste in essere, non essendo ammissibile organismo di diritto pubblico “in parte qua” (Corte giust. UE, 15 gennaio 1998, C-44/1996).

In ossequio alla c.d. teoria del contagio, dunque, l'organismo di diritto pubblico sembrerebbe tenuto ad indire procedure di evidenza pubblica anche per l'affidamento degli appalti relativi ad attività del tutto estranee al bisogno per il quale un soggetto è qualificato come organismo di diritto pubblico.

Lo svolgimento di attività per il soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale finirebbe per avere carattere assorbente rispetto ad altre eventuali attività esercitate, anche laddove queste ultime siano, quantitativamente o qualitativamente, preponderanti (Corte giust. UE, 17 dicembre 1998, C-306/1997, Connemara Machine Turf Co. Ltd).

La Corte di Giustizia è stata, inoltre, chiamata a verificare se un organismo di diritto pubblico sia sempre tenuto ad applicare la disciplina sugli appalti pubblici, anche in caso di separazione tra l'attività svolta dall'ente per adempiere il soddisfacimento di bisogni d'interesse generale e le restanti attività svolte in condizioni di concorrenza.

Al riguardo, la Corte, confermando quanto statuito nella sentenza Mannesmann, ha affermato che tutti gli affidamenti aggiudicati da un ente avente la qualifica organismo di diritto pubblico devono essere soggetti alle direttive sugli appalti pubblici (Corte giust. UE, 10 aprile 2008, C-393/2006, Ing. Aigner).

La Corte di Giustizia ha sostenuto tali conclusioni per “ragioni di certezza del diritto” (così anche la sentenza Mannesmann),“di trasparenza e di prevedibilità che regolano l'attuazione delle procedure di tutti gli appalti pubblici”. E', infatti, difficile “porre in essere una siffatta separazione tra le differenti attività di un ente che costituisce un'unica persona giuridica, che ha un regime patrimoniale e di proprietà unico e le cui decisioni in materia di direzione e di gestione sono adottate unitariamente”, senza considerare i “numerosi altri ostacoli di ordine pratico circa il controllo, ex ante e ex post, della assoluta separazione tra i differenti settori di attività e dell'appartenenza dell'attività di cui trattasi a questo o a quel settore”.

Come evidenziato dal Cons. St., Sez. VI, 30 giugno 2011, n. 3892, la giurisprudenza eurounitaria sembra aver applicato costantemente il canone “semel organismo semper organismo”, ripudiando la tesi dell'organismo di diritto pubblico “in parte qua”.

In un primo momento, la posizione rigorosa assunta dalla Corte di Giustizia, è stata confermata anche dalla giurisprudenza nazionale: a titolo esemplificativo, si veda Cass., Sez. un., 7 ottobre 2008, n. 24722, secondo cui non è possibile distinguere gli appalti direttamente in rapporto con l'interesse pubblico da quelli privi di tale connessione, perché lo status di organismo di diritto pubblico dipende unicamente dalla contemporanea presenza dei tre requisiti richiesti dalla normativa eurounitaria e non dal tipo di attività di volta in volta esercitata. Di conseguenza, gli appalti aggiudicati da un organismo di diritto pubblico ricadrebbero tutti sotto la disciplina comunitaria indipendentemente dall'obiettivo particolare che si prefiggono (Corte giust. UE, 15 gennaio 1998, C-44/1996, cit. e 11 gennaio 2005,C-26/2003, Stadt Halle). In termini, Cass., Sez. un., 7 aprile 2010, n. 8225; Cons. St., Sez. VI, 24 novembre 2011, n. 3892. Di recente, si veda TAR Lazio, Roma, Sez. II, 19 maggio 2016, nn. 5886 e 5887 e l'AVCP, delibera 31 maggio 2014, n. 21, che, dopo aver qualificato l'Eur s.p.a. quale organismo di diritto pubblico, ha evidenziato che quest'ultimo, per l'affidamento di beni, lavori o servizi, è tenuto al rispetto della disciplina degli appalti pubblici, “anche nel caso, eventuale, di contratti stipulati nell'ambito dello svolgimento di attività imprenditoriale, in forza della c.d. “teoria del contagio”, risalente alla sentenza della Corte di Giustizia 15 gennaio 1998 C44/96 (giurisprudenza Mannesman), secondo cui il regime dell'evidenza pubblica applicabile all'organismo di diritto pubblico va esteso a tutti i suoi appalti, non potendo sussistere un organismo di diritto pubblico “in parte qua””.

La giurisprudenza, tuttavia, sembra aver superato la c.d. teoria del contagio nell'ipotesi in cui l'ente operi in un settore speciale e l'oggetto dell'appalto sia “estraneo” al settore di riferimento (si rinvia a Cons. Stato, Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16, infra, par. 4 e alla bussola sull'impresa pubblica).

In argomento, si veda anche Cons. St., Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574, per cui, qualora una determinata società svolga “attività promiscua”, amministrativa e di impresa, è necessario compiere un distinguo, per evitare che i vantaggi derivanti dall'operare come pubblica amministrazione vengano trasposti nel settore in cui lo stesso soggetto svolge attività di impresa, “alterando così il principio di equiordinazione tra imprese pubbliche e private posto a presidio del rispetto delle regole della concorrenza (cfr., sia pure con riguardo a fattispecie diverse da quella in esame, Corte cost. n. 326 del 2008; Cons. Stato, Ad. plen., 4 agosto 2011, n. 17)”.

In argomento, si consideri anche quanto evidenziato da Cass., Sez. un., 29 maggio 2012, n. 8511 (su una gara indetta da Poste Italiane per la fornitura di distributori automatici di banconote (postamat), per la consegna del software, l'installazione, l'avvio in esercizio e il servizio di manutenzione in garanzia). Il Collegio, pur consapevole dell'esistenza dell'orientamento della giurisprudenza comunitaria secondo cui l'assoggettamento al regime dell'evidenza pubblica per l'affidamento degli appalti riguarda l'insieme delle attività svolte dall'organismo di diritto pubblico (c.d. teoria del contagio), afferma che l'operatività di tale regola presuppone la sicura identificazione di un ente aggiudicatore come organismo di diritto pubblico. In presenza, invece, di un soggetto costituito nella forma di società privata, ancorché a capitale pubblico, tale espansione “non può essere predicata in via generale, dovendosi verificare la sussistenza di tutte le condizioni che consentono di qualificare il detto soggetto di diritto comune come organismo di diritto pubblico. In tal senso, deve ritenersi che ove per il settore di riferimento sia prevista la possibilità di individuare attività non assoggettate alle regole della evidenza pubblica, in quanto svolte in condizione di libera accessibilità dei mercati, e ove tali attività siano svolte da un soggetto di diritto privato, ancorché a partecipazione pubblica, operi un criterio inverso di individuazione delle regole applicabili”.

Del resto, l'esigenza di garantire le ragioni di certezza del diritto, trasparenza e prevedibilità sottesa alla c.d. teoria del contagio, non sussiste quando il soggetto del quale si discute sia costituito nella forma della società per azioni, poiché, in questo caso, “ciò che deve trovare giustificazione è la deroga all'ordinario operare delle regole di diritto privato, e l'assoggettamento dell'azione della società alle regole dell'evidenza pubblica.

In questa direzione, dunque, l'operatività di dette procedure si giustifica con riferimento ai soggetti che operano nei settori speciali, sempre che per dette attività non siano riscontrate, secondo le procedure comunitarie, condizioni di libera accessibilità ai mercati. Ove tali condizioni siano rispettate, operano nuovamente le regole comuni. In sostanza, la disciplina degli appalti nei settori speciali si fonda sulla sussistenza sia del requisito soggettivo che di quello oggettivo; ove quest'ultimo, anche per singoli e specifici settori di attività, non operi, perché le attività vengono svolte in condizioni di libera accessibilità ai mercati, viene meno la ragione dell'assoggettamento della specifica attività di detti soggetti alle regole dell'evidenza pubblica”.

In evidenza

Proprio con riferimento alla società Poste Italiane s.p.a., sono stati recentemente rimessi alla CGUE i seguenti quesiti:

1) se Poste Italiane s.p.a. in base alle sue caratteristiche, debba essere qualificata “organismo di diritto pubblico”, ai sensi dell'art 3, comma 1, lettera d) del d.lgs. n. 50 del 2016 e delle direttive comunitarie di riferimento (2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE);

2) se detta società sia tenuta a svolgere procedure contrattuali ad evidenza pubblica solo per l'aggiudicazione degli appalti, che siano direttamente riferibili all'attività propria dei settori speciali, di cui alla direttiva 2014/25/UE, in applicazione della quale la stessa natura di organismo di diritto pubblico dovrebbe ritenersi assorbita nelle regole della parte II° del Codice degli appalti, con piena autonomia negoziale – e regole esclusivamente privatistiche – per l'attività contrattuale non attinente, in senso stretto, a tali settori, tenuto conto dei principi dettati dalla direttiva 2014/23/UE;

4) se la medesima società, per i contratti da ritenere estranei alla materia, propria dei settori speciali, resti invece – ove in possesso dei requisiti di organismo di diritto pubblico – soggetta alla direttiva generale 2014/24/UE (e quindi alle regole contrattuali ad evidenza pubblica), anche ove svolgente – in via evolutiva rispetto all'originaria istituzione – attività prevalentemente di stampo imprenditoriale e in regime di concorrenza, ostando ad una diversa lettura la direttiva 2014/24/UE, per contratti conclusi da Amministrazioni aggiudicatrici; il “considerando” n. 21 e l'art. 16 della citata direttiva 2014/23/UE, d'altra parte, pongono solo un parametro presuntivo, per escludere la natura di organismo di diritto pubblico per le imprese, che operino in condizioni normali di mercato, essendo comunque chiaro, in base al combinato disposte delle medesime disposizioni, il prioritario riferimento alla fase istitutiva dell'Ente, ove quest'ultimo sia destinato a soddisfare “esigenze di interesse generale”;

5) se comunque, in presenza di uffici in cui si svolgono, promiscuamente, attività inerenti al settore speciale e attività diverse, il concetto di “strumentalità” – rispetto al servizio di specifico interesse pubblico – debba essere inteso in modo non restrittivo, ostando, a quest'ultimo riguardo, i principi di cui al “considerando” n. 16, nonché gli articoli 6 e 13 della direttiva 2014/25/UE, che richiamano – per l'individuazione della disciplina applicabile – il concetto di “destinazione” ad una delle attività, disciplinate dal Codice dei contratti pubblici. Deve essere chiarito, pertanto, se possano essere “destinate” al settore speciale di riferimento – anche con le modalità vincolistiche attenuate, proprie dei settori esclusi – tutte le attività funzionali al settore stesso, secondo le intenzioni della stazione appaltante (ivi compresi, pertanto, i contratti inerenti la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, la pulizia, gli arredi, nonché i servizi di portierato e di custodia degli uffici, o altre forme di utilizzo di questi ultimi, se intese come servizio per la clientela), restando effettivamente privatizzate solo le attività “estranee”, che il soggetto pubblico o privato può esercitare liberamente in ambiti del tutto diversi, con disciplina esclusivamente riconducibile al codice civile e giurisdizione propria del giudice ordinario (di quest'ultimo tipo ad esempio, per quanto qui interessa, è certamente il servizio bancario svolto da Poste Italiane, ma non altrettanto potrebbe dirsi con riferimento alla fornitura e all'utilizzo degli strumenti di comunicazione elettronica, se posti al servizio dell'intero ambito di attività del Gruppo, pur essendo particolarmente necessari appunto per l'attività bancaria). Non sembra peraltro inutile sottolineare lo “sbilanciamento”, indotto dall'interpretazione restrittiva attualmente prevalente, introducendosi nella gestione di settori assimilabili o contigui regole totalmente diverse, per l'affidamento di lavori o servizi: da una parte, le minuziose garanzie imposte dal Codice dei contratti per l'individuazione dell'altro contraente, dall'altra la piena autonomia negoziale dell'imprenditore, libero di operare contrattazioni in funzione esclusiva dei propri interessi economici, senza alcuna delle garanzie di trasparenza, richieste per i settori speciali e per quelli esclusi;

6) se infine l'indizione – con le forme di pubblicità previste a livello sia nazionale che comunitario – di una procedura di gara ad evidenza pubblica, a norma del codice degli appalti, possa rilevare ai fini dell'individuazione dell'area di destinazione dell'appalto, ovvero dell'attinenza di quest'ultimo al settore speciale di riferimento, in senso conforme all'ampliata nozione di “strumentalità”, di cui al precedente quesito n. 5), ovvero – in via subordinata – se l'eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dallo stesso soggetto che abbia indetto tale procedura di gara, o da soggetti che a detta procedura abbiano vittoriosamente partecipato, possa considerarsi abuso del diritto ai sensi dell'art. 54 della Carta di Nizza, quale comportamento che – pur non potendo incidere, di per sé, sul riparto di giurisdizione – rileva quanto meno ai fini risarcitori e delle spese di giudizio, poiché lesivo del legittimo affidamento dei partecipanti alla gara stessa, ove non vincitori e ricorrenti in sede giurisdizionale».

(TAR Lazio, Roma, Sez. III, ord. 26 aprile 2019, n. 5327).

Sulle differenze tra organismo di diritto pubblico e impresa pubblica

Al fine di individuare l'ambito di applicazione della disciplina sugli appalti pubblici, assume rilievo fondamentale la distinzione tra l'organismo di diritto pubblico e l'impresa pubblica.

Quest'ultima consiste in un'articolazione organizzativa orientata alla produzione e allo scambio di beni e servizi, con responsabilità gestoria di un soggetto pubblico o di una società in mano pubblica. Il diritto eurounitario, infatti, consente agli Stati membri di adottare una politica di intervento diretto nell'economia tramite strumenti diversi, purché sia fatto salvo il principio concorrenziale.

Più specificamente, la direttiva 2014/25/UE, regolante le procedure di aggiudicazione degli appalti all'interno dei cosiddetti “settori speciali”, conformemente a quanto già previsto dalla direttiva 2004/17/CE, accanto allo Stato, agli enti territoriali, agli organismi di diritto pubblico e alle associazioni costituite da tali enti, compresi tra le “autorità pubbliche”, ha riguardo anche alle imprese pubbliche, ossia alle “imprese su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante perché ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione” (art. 4, par. 2,direttiva 2014/25/UE).

L'impresa pubblica, quindi, è configurabile quale amministrazione aggiudicatrice soltanto nei settori speciali (acqua, trasporti, telecomunicazioni, ecc.), con la conseguente applicazione delle regole sul procedimento di evidenza pubblica e attribuzione della giurisdizione al giudice amministrativo.

L'opportunità di operare un distinguo tra le due definizioni (impresa pubblica e organismo di diritto pubblico) è sottolineata nella sentenza della Corte di Giustizia,15 maggio 2003, C-214/2000, Commissione c. Regno di Spagna, in cui è stato evidenziato che la nozione di organismo di diritto pubblico è stata elaborata per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale privi di carattere industriale o commerciale, mentre le imprese pubbliche operano per rispondere ad esigenze di natura industriale o commerciale.

Tale distinzione risponde ad una precisa logica: la mancata previsione dell'impresa pubblica tra le amministrazioni aggiudicatrici di appalti nei settori ordinari (direttiva 2014/24/UE) si giustifica perché la ratio della disciplina dell'evidenza pubblica (consistente nella necessità di garantire la competizione tra soggetti operanti sul libero mercato in caso di approvvigionamento di beni, di servizi e di lavori) non trova motivo di applicazione in relazione a tale figura che opera nel mercato in condizioni di normale concorrenza, sopportando i rischi connessi all'esercizio dell'attività svolta e, quindi, rendendo superfluo il ricorso all'evidenza pubblica.

“Ove, invece, come nei c.d. settori speciali, gli operatori beneficino di diritti speciali o esclusivi che riservano solo ad alcuni l'esercizio di determinate attività, si rende concreto il rischio di un'alterazione delle regole della concorrenza”, con la conseguenza che appare indispensabile l'applicazione delle procedura di evidenza pubblica (si v. Cass., Sez. un., 29 maggio 2012, n. 8511).

L'elemento differenziale tra organismi di diritto pubblico e imprese pubbliche riguarda, dunque, le modalità di svolgimento dell'attività – economica e non economica – e la conseguente possibile compatibilità, esistente soltanto per le imprese pubbliche, tra scopo di interesse pubblico e scopo di lucro (Cons. St., Sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574).

La differenza principale, dunque, consiste nel fatto che l'organismo di diritto pubblico opera per il perseguimento di bisogni di carattere generale, secondo logiche che esulano da quelle del mercato; l'impresa pubblica, invece, anche se sottoposta all'influenza pubblica dominante, agisce tramite l'offerta sul mercato dei propri beni i servizi, con conseguente assunzione del rischio economico connesso all'esercizio di tale attività.

In evidenza

In base alla disciplina eurounitaria e nazionale, la differenza sostanziale tra impresa pubblica e organismo di diritto pubblico non riposa nel modello organizzativo adottato, ma nella circostanza che l'impresa pubblica è esposta alla concorrenza, mentre l'organismo di diritto pubblico è caratterizzato dalla mancata esposizione alla concorrenza e dal conseguente obbligo di ripianamento in caso di perdite da parte dell'ente di riferimento. Inoltre, l'impresa pubblica gestisce servizi rinunciabili per l'ente di riferimento, mentre l'organismo di diritto pubblico è caratterizzato dall' irrinunciabilità del servizio.(TAR Lazio, Roma, Sez. II-ter, 18 febbraio 2013, n. 1778).

L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 1 agosto 2011, n. 16 ha evidenziato, peraltro, che l'art. 207, d.lgs. n. 163 del 2006, sugli enti aggiudicatori nei settori speciali, deve essere interpretato in senso restrittivo, in base alla giurisprudenza comunitaria (Corte giust. UE, 10 aprile 2008, C-393/2006), con superamento della c.d. teoria del contagio di cui al caso Mannesmann, secondo cui a tutti gli appalti di un organismo di diritto pubblico è applicabile lo stesso regime, puntualizzando che sussistono appalti non già semplicemente “esclusi” dall'applicazione delle norme ordinarie del settore (e, quindi, regolati dalla disciplina dei settori speciali), ma anche del tutto “estranei” all'ambito di applicazione delle medesime, non trovando, di conseguenza, applicazione neppure la disciplina sulle procedure di evidenza pubblica propria dei settori speciali. La linea di demarcazione tra settori “esclusi” ed “estranei” è costituita dalla strumentalità dell'oggetto dell'appalto rispetto al compimento dell'attività speciale, da individuare tramite un accertamento casistico (si v. Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2015, n. 2008; Cons. St., Sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2026).

Di recente, tuttavia, il TAR Lazio, Roma, Sez. III, 22 gennaio 2020, n. 892, pur ritenendo condivisibile la tesi secondo cui le imprese (pubbliche o private, queste ultime se titolari di un diritto speciale o esclusivo) sono attratte nel regime dell'evidenza pubblica limitatamente ai settori speciali e non in termini generali, con conseguente inapplicabilità della c.d. teoria del contagio, non ravvisa nella normativa dell'UE un preciso riferimento alla nozione di “strumentalità”, se intesa come stretta attinenza dell'oggetto contrattuale alle attività, di cui agli artt. 114 ss. del codice dei contratti pubblici, quale limite per l'applicabilità delle disposizioni codicistiche e della stessa cognizione del g.a..

“A tale riguardo il “considerando” n. 16 della direttiva 2014/25/UE – riferita ai settori speciali – riconduce la determinazione del regime giuridico, applicabile al singolo appalto, all'attività, cui lo stesso sia “principalmente destinato”, in termini desumibili dagli atti di gara, o comunque, specificati dall'ente aggiudicatore. Il principio di “destinazione” è ribadito dalla medesima direttiva negli artt. 2 e 6, quest'ultimo contenente precisi parametri di priorità, per il caso in cui l'oggetto contrattuale attenga a materie disciplinate da più di una direttiva. C'è quindi da chiedersi, ad avviso del Collegio, se il contratto, da non sottoporre al regime dei settori speciali, non debba piuttosto riferirsi (con parziale superamento anche delle conclusioni, tratte nella ricordata pronuncia dell'Adunanza Plenaria) ad ogni attività che le imprese pubbliche – o i soggetti privati titolari di un diritto di esclusiva – siano effettivamente liberi di intraprendere, ma nettamente al di fuori dei settori in questione, come vorrebbe il principio – enunciato dalla stessa Adunanza Plenaria – di “estraneità”, in grado di sottrarre l'attività contrattuale alle regole dell'evidenza pubblica”.

Aspetti processuali

Come evidenziato, l'organismo di diritto pubblico deve essere qualificato quale “amministrazione aggiudicatrice”, con la conseguenza che, al fine di garantire l'applicazione della normativa in tema di procedure ad evidenza pubblica, i relativi atti sono sottoposti al sindacato del giudice amministrativo.

In evidenza

La nozione di organismo di diritto pubblico non è stata enucleata allo scopo di risolvere problemi inerenti al riparto di giurisdizione, né per operare identificazioni soggettive sostanziali, ma al diverso fine di delimitare in senso adeguato il perimetro entro cui applicare la normativa in tema di procedure ad evidenza pubblica. Del resto, tutti gli organismi in house di pubbliche amministrazioni sono anche necessariamente organismi di diritto pubblico, mentre non è vero il contrario (cioè non è vero che per il solo fatto che un soggetto sia qualificabile come organismo di diritto pubblico ai fini della contrattualistica pubblica, per ciò stesso sarà anche qualificabile come pubblica amministrazione ai fini del riparto di giurisdizione in tema di assunzione del personale dipendente). (Cons. St., Sez. VI, 11 dicembre 2015, n. 5643).

La riserva di giurisdizione del giudice amministrativo prevista dall'art. 63, comma 4, d.lgs. n. 165 del 2001, non può trovare applicazione in presenza di un organismo di diritto pubblico in quanto: a) non è annoverabile tra le pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del citato d.lgs.; b) la giurisdizione del giudice amministrativo, ex art. 7, comma 2, cod. proc. amm. presuppone in ogni caso la riconducibilità dell'atto, del provvedimento o del comportamento all'esercizio di un potere pubblico; c) la previsione contenuta nell'art. 18, comma 2, d.l. n. 112 del 2008, convertito nella l. n. 133 del 2008 (a tenore della quale «le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di natura comunitaria, di trasparenza, pubblicità ed imparzialità»), si inserisce in ogni caso nell'agire jure privatorum delle società, senza necessariamente comportare esercizio di pubbliche potestà e senza incidere direttamente sulla giurisdizione; d) la giurisdizione del giudice amministrativo presuppone la finalità dell'instaurazione di un rapporto di lavoro pubblico, seppure contrattualizzato, alle dipendenze di una pubblica amministrazione e non può neppure ipotizzarsi in relazione all'insorgenza di un rapporto di lavoro privato alle dipendenze di una società privata. (Cons. St., Sez. V, 30 marzo 2013, n. 570).

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