Settori ordinari e settori speciali

01 Febbraio 2016

Le direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE recano rispettivamente norme per affidare i contratti pubblici rispettivamente nei settori “ordinari” e “speciali”. L'opzione di una distinta disciplina conferma l'impostazione delle abrogate direttive 2004/17/CE (settori speciali) e 2004/18/CE (settori ordinari), oggi riflessa nel testo di recepimento (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163). I testi nazionali di recepimento delle nuove direttive dovranno perciò ancora distinguere le regole di affidamento dei contratti nei due settori (v. art. 1, comma 1 lett. h) l. 28 gennaio 2016, n. 11 per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE).
Inquadramento

Le direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE recano rispettivamente norme per affidare i contratti pubblici rispettivamente nei settori “ordinari” e “speciali”. L'opzione di una distinta disciplina conferma l'impostazione delle abrogate direttive 2004/17/CE (settori speciali) e 2004/18/CE (settori ordinari), oggi riflessa nel testo di recepimento (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163). I testi nazionali di recepimento delle nuove direttive dovranno perciò ancora distinguere le regole di affidamento dei contratti nei due settori (v. art. 1, comma 1 lett. h), l. 28 gennaio 2016, n. 11 per il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE).

Pur ancora riavvicinate le discipline nei due settori, resta e resterà quindi necessaria la chiarezza sui criteri di ricerca delle regole (ordinarie o speciali) cui riferirsi di volta in volta da parte dei soggetti assegnanti. Obiettivo in questa sede è mettere a fuoco i criteri stessi.

Questi sono normativi, plurimi, di natura oggettiva e soggettiva. La loro interazione disegna tre aree di riferimento per la scelta delle regole dell'affidamento considerato: quella dei soggetti assegnanti tenuti ad applicare la disciplina speciale dei settori omonimi; quella dei soggetti assegnanti tenuti ad applicare le norme dei settori ordinari; quella degli assegnanti che, ove non siano tenuti ad attenersi alla normativa dei settori speciali, possono contrattare in regime totalmente privatistico, estraneo alle regole delle direttive europee.

Ratio di una permanente distinzione

Con la conferma dell'opzione per la non unificazione delle regole di affidamento dei contratti nei settori ordinari e speciali, resta attuale una riflessione sulla ratio della distinzione di regole nei due ambiti, con previsione di regole più flessibili (nel senso di una più attenuata garanzia della concorrenza) nei settori speciali.

La ratio della distinzione resta quella che – allora più accentuata – faceva in origine sì che quelli ora detti settori “speciali” fossero settori “esclusi” da ogni disciplina europea dell'affidamento dei contratti pubblici. In essi i soggetti affidanti contrattavano secondo le sole regole privatistiche. Oggi la peculiarità della disciplina si proietta nel senso della attenuazione del rigore delle ordinarie regole pro concorrenziali nel caso degli affidamenti nei settori speciali (Cons. St., Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16).

Le ragioni della differenziazione normativa erano riflesse nei “considerando” (2) e (3) dell'abrogata direttiva 2004/17/CE e lo sono in termini analoghi nel “considerando” motivazionale (1) della recependa direttiva 2014/25/UE.

Quest'ultimo ricorda che l'analisi dell'impatto applicativo delle direttive precedenti (2004/17/CE e 2004/18/CE) ha dimostrato “opportuno” mantenere la distinzione normativa per gli appalti nei settori speciali poiché le autorità nazionali continuano a essere in grado di influenzare il comportamento degli enti che operano in quei settori, tramite partecipazione al capitale sociale o con propri rappresentanti nei loro organi di vertice. Un ulteriore motivo che spinge a mantenere una specifica disciplina dei contratti in questi settori si lega alla natura chiusa dei mercati ove agiscono gli enti che vi operano, a sua volta dovuta all'esistenza di diritti speciali o esclusivi concessi dagli Stati membri agli operatori stessi per erogare i servizi pertinenti ai settori speciali. La permanente distinzione dipende, cioè, dal fatto che per quanto per lo più costituiti in forma privatistica gli assegnanti attivi nei settori speciali operano tuttora sotto pesante controllo e influenza pubblica e dal fatto che i soggetti assegnanti sono spesso titolari di diritti speciali assegnati e regolati dal potere pubblico, agendo quindi in mercati non soggetti ab origine a regole concorrenziali pure.

In evidenza

Settori “esclusi” e settori “speciali”

La ratio che esclude determinati settori dalla normativa dettata per i settori classici, connessa all'influenza delle autorità nazionali sui comportamenti di enti operanti in mercati tendenzialmente chiusi e di rilevante importanza strategica, va considerata con l'obiettivo della direttiva 2004/17/CE, di garantire effettiva liberalizzazione di mercato e giusto equilibrio applicativo delle norme sui contratti. Ciò ha dettato una disciplina dei settori speciali più rispondente alle esigenze di semplificazione e modernizzazione, salvo il progressivo avvicinamento comunitario alla normativa dei settori ordinari, in termini di specialità e non di eccezionalità, tramite istituti e procedure analoghi a quelli previsti per i settori ordinari, allo scopo di assicurare un'effettiva e reale concorrenza. La direttiva 2004/17/CE è stata adottata (come già la precedente, recepita dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 158) per tutelare la concorrenza nelle procedure di affidamento di appalti in settori storicamente sottratti al diritto comunitario (i settori c.d. esclusi) e, nel tempo, divenuti “speciali” (ex esclusi). L'esigenza di tutela della concorrenza che presiede alla direttiva 2004/17/CE, dato il frequente monopolio in cui versano quei servizi pubblici, attrae alla disciplina di evidenza pubblica settori prima regolati dal diritto privato, mantenendo i connotati di specialità di detti settori tramite una disciplina che lascia maggiore libertà alle stazioni appaltanti e, restringe l'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione (TAR Lazio, Roma, Sez. II, 5 marzo 2014, n. 2550).

La forte sottolineatura di queste esigenze a livello di ratio delle norme in esame enfatizza la lettura delle disposizioni sugli affidamenti nei settori speciali come norme anch'esse speciali rispetto a quelle per i settori ordinari. La giurisprudenza (v. infra e le sottolineature operate in tal senso da Cons. St., Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16) è attenta a presidiare la rigidità del confine fra le regole valevoli per i settori ordinari e quelle applicabili ai settori speciali.
Applicazione delle regole per i settori speciali: in generale

Con riferimento ai settori ordinari, la determinazione circa l'an dell'applicabilità della relativa disciplina avviene su basi essenzialmente soggettive. In essi la considerazione dell'oggetto dell'assegnazione può condurre o a ipotesi eccezionali di esclusione della relativa disciplina (es. art. 16, d.lgs. n. 163 del 2006) o arestrizione dell'ampiezza applicativa delle relative regole.

Nei settori speciali l'applicazione delle inerenti regole segue invece a una duplice e concorrente valutazione di ordine soggettivo e oggettivo. Esse, cioè, si applicano o meno a seconda che sull'affidante si assommino determinati connotati soggettivi e il dato oggettivo di operare in uno dei settori speciali, all'essenza del quale si preordini l'oggetto dell'affidamento considerato. I caratteri soggettivi rilevanti ai fini della valutazione del ricorrere di questo doppio requisito non sono necessariamente pubblicistici. Il rilievo dell'attività svolta nel settore speciale (e il rapporto oggettivo fra il contratto considerato e le peculiarità del settore speciale stesso) può condurre a far assoggettare alle regole sui settori speciali anche entità soggettive che in sé considerate sarebbero in tutto e per tutto private, o comunque – come le “imprese pubbliche” – non connotate da tratti di soggettività pubblica sufficienti a determinarne l'assoggettamento alle regole sugli affidamenti nei settori ordinari.

Ne segue che l'applicazione delle regole che definiscono l'ambito di operatività della disciplina sui settori ordinari da quella sui settori speciali, disegna tre aree di regole differenti.

Una prima area è quella delle entità connotate sia dai requisiti soggettivi, precondizione dell'applicazione delle norme sui settori speciali, sia dall'attività svolta entro questi ultimi (con oggettiva correlazione fra l'oggetto dell'contratto considerato e le peculiarità tecnico-economiche del settore speciale rilevante). Per essi si applicano le regole sugli affidamenti nei settori speciali.

Due ulteriori (fra esse alternative) aree di regole,si prospettano quando l'attività nel settore speciale sia solo apparente, il che si dà sia quando l'attività del soggetto affidante considerato non si svolga tout-court nel settore speciale sia quando l'oggetto del contratto considerato non pertenga in via diretta e immediata al settore speciale medesimo.

A fronte di queste condizioni, se il soggetto affidante considerato abbia le caratteristiche di una “amministrazione aggiudicatrice” (comprensiva sia delle amministrazioni in senso formale, sia degli organismi di diritto pubblico, secondo le definizioni dettate in sostanziale conformità normativa dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, dal d.lgs. n. 163 del2006 e dalle direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE) o quelle soggettive di peculiari soggetti affidanti come quelli definiti ex art. 32, d.lgs. n. 163 del2006, le regole applicabili sono quelle per gli affidamenti nei settori ordinari. Di fronte a condizioni oggettive dell'assegnante sostanzialmente pubblicistiche, la sottrazione alle regole speciali riconduce cioè a quelle generali sugli affidamenti pubblici in senso lato (oggi area della direttiva 2014/24/UE), disegnandosi così la seconda area di regole derivante dall'applicazione delle norme tese a determinare le ipotesi applicative delle norme sui settori speciali e di quelle sui settori ordinari.

La terza area di regole si disegna, invece, sempre nel caso sopra visto (mancanza di reale operatività del soggetto assegnante nel settore speciale di apparente rilevanza, od oggetto del contratto da assegnare non pertinente all'essenza del settore speciale stesso), se l'assegnante non si connoti quale “amministrazione aggiudicatrice” (o soggetto ex art. 32, d.lgs. n. 163 del 2006) ma presenti profili soggettivi essenzialmente privatistici. In questo caso, la disciplina applicabile all'affidamento non ha lata natura pubblicistica, ma è quella privatistica ordinaria.

Si vede pertanto che l'operazione rilevante e più complessa è quella di stabilire se nell'ipotesi considerata si applichi la disciplina speciale dettata per i settori omonimi. Una volta che si giunga a escludere questa applicabilità, segue (relativamente de plano) la riconduzione dell'affidamento considerato alla disciplina dei settori ordinari o a quella totalmente privatistica.

In evidenza

I contratti inferiori alla soglia europea

L'applicabilità della parte III, d.lgs. n. 163 del 2006 (settori speciali) al di sopra della soglia di rilievo europeo dipende dalla riconducibilità oggettiva dell'attività svolta dall'assegnante a quelle ex artt. da 208 a 213, d.lgs. n. 163 del 2006. Ciò premesso, non rileva la distinzione tra amministrazione aggiudicatrice ed ente aggiudicatore che non è amministrazione aggiudicatrice poiché, ex art. 207, d.lgs. n. 163 del 2006, sono soggetti alla parte III sia le amministrazioni aggiudicatrici sia gli enti aggiudicatori diversi dalle prime (imprese pubbliche e soggetti che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi) che svolgono le attività ex artt. 208-213. La differenza rileva, invece, nei contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria nel settore speciale, dovendo le amministrazioni aggiudicatrici seguire le procedure della parte III (art. 238, comma 1, d.lgs.n. 163 del 2006) mentre i soggetti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici possono seguire il proprio regolamento interno (art. 238, ult. comma) (AVCP, parere 26 settembre 2013, a.g. 30/13).

Applicazione delle regole per i settori speciali: i criteri soggettivi

Sotto il profilo soggettivo, l'art. 207, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 riferisce anzitutto [lett. a)] la disciplina dei settori speciali a soggetti assegnanti che siano “amministrazioni aggiudicatrici” o “imprese pubbliche” (secondo le definizioni rispettivamente dettate dall'art. 3, commi 25 e 28, d.lgs. n. 163 del 2006) e svolgano una o più delle attività di cui agli artt. da 208 a 213, d.lgs. stesso. La lett. b) del comma 1 dell'art. 207 d.lgs. n. 163 del 2006 impone il rispetto della disciplina medesima ai soggetti che pur non essendo amministrazioni aggiudicatrici o imprese pubbliche hanno fra le loro attività una o più attività tra quelle cui agli articoli appena citati e operano in virtù di diritti speciali o esclusivi concessi loro dalla mano pubblica. Il combinato disposto delle lett. a) e b) dell'art. 207, comma 1, delinea così la classe degli “enti aggiudicatori” definita dal comma 29 dell'art. 3, d.lgs. n. 163 del 2006, che racchiude tutti i soggetti ora detti.

In evidenza

Impresa pubblica e limite oggettivo di pertinenza al settore speciale

Solo nei settori speciali si è estesa l'applicazione della normativa comunitaria anche a soggetti che, come l'impresa pubblica, hanno legami formali meno stretti dell'organismo di diritto pubblico con il pubblico potere (riassunti nella formula della “influenza dominante” e descritti ex art. 3, comma 28, d.lgs. n. 163 del 2006). Ma la sola sussistenza del requisito della “influenza dominante” non basta a individuare le imprese pubbliche soggette alla normativa sui settori speciali, occorrendo ex art. 207, d.lgs. n. 163 del 2006 che esse svolgano “una delle attività di cui agli artt. da 208 a 213 del presente codice”. La posizione di vantaggio (e di possibile distorsione concorrenziale) dell'impresa pubblica si concretizza solo con riferimento ai settori speciali, laddove riserve e privative pubbliche necessitano di temperamenti; nella restante attività economica, in ragione di un libero mercato che già le assoggetta alle regole della concorrenza, le imprese pubbliche non possono avere vincoli (Corte giust. CE, 10 aprile 2008, C- 393/06; TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 15 febbraio 2007, n. 266). Perciò, in assenza dell'attività “qualificante” con riguardo al settore speciale, l'operatore non soggiace ad alcuna normativa pubblicistica, ma opera come privato in un mercato libero. Le norme dettate per i settori speciali, individuando in modo dettagliato ed eccezionale l'attività loro sottoposta, vanno interpretate in modo restrittivo senza possibilità di interpretazioni analogiche (Cass. civ., Sez. un., 29 maggio 2012, n. 8511; TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 12 maggio 2015, n. 1150).

Per definizione, quindi, i soggetti assegnanti soggiacenti alle regole per i settori speciali sono gli “enti aggiudicatori”. Se l'analisi condotta in capo a un determinato assegnante dimostri la non riconducibilità di esso a questa classe, ne va esclusa l'assoggettabilità alla normativa per i contratti nei settori speciali. La conseguenza (v. il paragrafo precedente) può essere alternativamente l'assoggettamento dell'assegnante alla disciplina sui settori ordinari (se si tratti di amministrazione aggiudicatrice o di “altro soggetto aggiudicatore” ex art. 3, comma 31, e art. 32, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) o all'ordinaria disciplina privatistica (se si tratti di impresa pubblica o di soggetto tout-court privato).

Non sorgono problemi soverchi (ossia diversi da quelli posti in via ordinaria dalla definizione, specie in correlazione a quella di “organismo di diritto pubblico”, che è species del genus “amministrazione aggiudicatrice” ai sensi dei combinato disposto dei commi 25 e 26 dell'art. 3, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) per l'individuazione delle amministrazioni aggiudicatrici e delle imprese pubbliche.

In evidenza

Imprese pubbliche e attività estranea ai settori speciali

Le imprese pubbliche, a differenza degli organismi di diritto pubblico, rientrano tra gli “enti aggiudicatori” tenuti all'osservanza della disciplina ex art. 207, d.lgs. n. 163 del 2006. Esse non sono, in quanto tali, contemplate tra le “amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori” tenuti all'osservanza della disciplina degli appalti nei settori ordinari (art. 32, d.lgs. n. 163 del 2006). Per le amministrazioni aggiudicatrici, non vi sono ostacoli all'espansione, negli appalti “estranei” ai settori speciali, della disciplina sui settori ordinari. Diversamente, nel caso delle imprese pubbliche, allorché si versi in tema di appalti “estranei” agli scopi delle attività di cui ai settori speciali, la sottrazione alla direttiva 2004/17/CE non comporta l'espansione della direttiva 2004/18/CE, ma la sottrazione a entrambe le direttive. Con riferimento agli appalti ex art. 217, d.lgs. n. 163 del 2006, l'Adunanza plenaria ha chiarito che: a) o l'ente aggiudicatore è un'amministrazione aggiudicatrice e, in tal caso, l'appalto estraneo al settore speciale ricade nel raggio di azione della direttiva 2004/18/CE; b) o l'ente aggiudicatore è un'impresa pubblica e, in tal caso, l'appalto estraneo al settore speciale, non ricade nella disciplina dei settori ordinari e nemmeno sotto i principi dei Trattati a tutela della concorrenza (Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 497).

Più articolata è la valutazione della ricorrenza in concreto della categoria soggettiva di cui all'art. 207, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 163 del 2006. Si tratta essenzialmente di soggetti di natura privatistica (né amministrazioni aggiudicatrici né imprese pubbliche), che soggiacciono alle norme pubblicistiche sulle assegnazioni dei contratti nei settori speciali in tanto e in quanto operino entro questi ultimi e l'oggetto contrattuale considerato pertenga ai settori speciali (v. infra) e siano all'uopo titolari di diritti esclusivi loro assegnati dall'autorità pubblica competente. Il comma 2 dell'art. 207 specifica doversi trattare di diritti derivanti da legge, regolamento, concessione o da altro provvedimento amministrativo che abbiano l'effetto di riservare l'esercizio delle attività di cui agli artt. da 208 a 213 a uno o più soggetti, con speculare effetto di “incidere sostanzialmente” – restringendola – sulla capacità di altri soggetti di esercitare tale attività.

La ratio dell'estensione delle regole pubblicistiche sui settori speciali a soggetti privati connotati dalla titolarità dei detti diritti esclusivi è evidente. Questi ultimi assicurano ai loro titolari posizioni di vantaggio sui loro concorrenti (“sostanzialmente incisi” dal diritto esclusivo assegnato ai primi, con loro impossibilità a operare nel settore speciale). Onde il sistema reputa doveroso che i titolari dei diritti esclusivi (a escludere indebite rendite di posizione) per così dire rendano al mercato ciò che gli risulta sottratto, facendo sì che (ricorrendo anche le condizioni oggettive del caso: v. infra) essi assegnino i loro contratti con applicazione delle regole pubblicistiche dettate per i settori speciali.

Questa lettura dell'art. 207, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006 (e dei sottostanti artt. 2 e 8, direttiva 2004/17/CE) ha oggi conferma nel secondo periodo del paragrafo 3 dell'art. 4, direttiva 2014/25/UE. Mentre il primo periodo dello stesso paragrafo 3 riproduce quello che era l'intero paragrafo 3 dell'art. 2 della direttiva del 2004 (ed è ancora il comma 2 dell'art. 207, d.lgs. n. 163 del 2006), detto secondo periodo precisa che “non costituiscono diritti speciali o esclusivi” quelli assegnati “in virtù di una procedura in base alla quale è stata assicurata una pubblicità adeguata”. L'esemplificazione di questa assegnazione concorrenziale di facoltà che perciò non sono “diritti speciali o esclusivi” è effettuata nelle lett. a) e b) del paragrafo 3 dell'art. 4, direttiva 2014/25/UE con rispettivo riferimento alle procedure di appalto assegnate con gara di cui alle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, e alle altre procedure ai sensi di atti giuridici della UE in grado di garantire un'adeguata trasparenza preliminare per la concessione di autorizzazioni in base a criteri oggettivi.

La ratio della disposizione è identica a quella che assoggetta alla disciplina delle assegnazioni nei settori speciali l'attività contrattuale dei soggetti che vi operano in forza di diritti speciali non aggiudicati loro con procedura selettiva. Così come in quest'ultimo caso il vantaggio competitivo iniziale (l'assegnazione del diritto speciale senza gara) ha per contraltare l'assoggettamento dell'attività contrattuale pertinente al settore speciale alle regole concorrenziali per questo dettate, ove la facoltà corrispondente a quello che sarebbe altrimenti un “diritto speciale” sia stata ottenuta con procedura selettiva, il diritto non è in realtà “speciale” e il suo titolare (purché non amministrazione aggiudicatrice né impresa pubblica) può contrattare liberamente in regime privatistico.

In questo secondo caso, la presunzione del sistema è che il soggetto che si sia aggiudicato in modo competitivo l'esclusiva attività in uno dei settori speciali sia spinto dalla forza delle cose a non comportarsi in maniera discriminatoria nella sede dei suoi acquisti. Detto altrimenti, se esso ha dovuto compiere sforzi tecnico-economici per aggiudicarsi l'esclusiva in esito a una procedura competitiva (nella quale ha dovuto misurarsi con offerte omologhe e concorrenti) la presunzione è che esso non abbia più riserve di risorse per permettersi poi affidamenti non guidati da una rigorosa ricerca dell'efficienza (in termini di minori costi e di soluzioni tecniche più vantaggiose).

Ovviamente, se il diritto non è “speciale” per le ragioni ora dette, trattandosi di soggetti di natura privata la conseguenza è la non applicabilità tanto delle nome sui settori speciali quanto di quelle sui settori ordinari e l'attrazione dell'affidamento nell'ambito di quelli in toto privatistici.

Applicazione delle regole per i settori speciali: i criteri oggettivi

L'art. 207, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 detta (sia nella lett. a) sia nella lett. b)) con rinvio alle norme cui agli artt. 208, 209, 210, 211, 212 e 213 gli elementi oggettivi che, combinati a quelli soggettivi già esaminati nel paragrafo precedente, delimitano l'ambito dei soggetti e degli affidamenti soggiacenti alle regole per i settori speciali. Debbono in concreto rispettare queste ultime gli assegnanti che, oltre a rivestire le caratteristiche soggettive delle quali si è detto, operano in uno o più (cfr. art. 214 c.c.p.) dei settori del gas, energia termica ed elettricità (art. 208 c.c.p.), dell'acqua (art. 209 c.c.p.), dei servizi di trasporto (art. 210 c.c.p.), dei servizi postali (art. 211 c.c.p.) della prospezione ed estrazione di petrolio, gas, carbone e altri combustibili (art. 212 c.c.p.) e dei porti e aeroporti (art. 213 c.c.p.), secondo le maggiori descrizioni dei rispettivi ambiti che sono recate da ciascuna di queste norme.

Con norma di chiusura speculare a quelle che nell'art. 207 in relazione agli artt. da 208 a 214 determinano l'applicazione in positivo della disciplina sui settori speciali, l'art. 217, comma 1,d.lgs. n. 163 del 2006 specifica che la parte III del d.lgs. stesso (ossia la disciplina sugli affidamenti nei settori speciali) non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori assegnano per scopi diversi dall'esercizio delle loro attività di cui agli artt. da 208 a 213 o per l'esercizio di tali attività in un paese estraneo all'Unione europea.

La precisazione suggella il carattere eccezionale e tassativo della delimitazione applicativa delle norme sui settori speciali, in stretta correlazione al riferimento oggettivo della pertinenza dell'affidamento considerato all'attività che sia svolta in uno dei settori speciali di cui agli artt. da 208 a 213 d.lgs. n. 163 del 2006. In tanto e in quanto questa oggettiva correlazione all'attività nel settore speciale (entro l'Unione Europea: v. precisazione di cui al comma 1 dell'art. 217 c.c.p.) manchi, è di per sé esclusa l'applicabilità all'ente aggiudicatore della disciplina sui settori speciali.

In evidenza

Vincolo strumentale fra quid affidato e settore speciale

L'art. 217, d.lgs. n. 163 del 2006 esclude che la parte III “si applichi agli appalti che gli enti aggiudicatori assegnano per scopi diversi dall'esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213”. Pertanto l'applicazione della disciplina afferente ai settori speciali è limitata ad attività strettamente strumentali all'attività nel settore speciale. Ciò esprime il principio di finalizzazione del quid affidato agli scopi propri (core business) dell'attività “speciale”. Pertanto, gli appalti “estranei” ex art. 217 c.c.p. (art. 20, direttiva 2004/17/CE) affidati da imprese pubbliche sono esclusi dall'ambito di applicazione dei principi dettati dai Trattati in tema di tutela della concorrenza (Cons. St., Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16). (TAR Emilia, Parma, Sez. I, 27 maggio 2015, n. 149; idem Cons. St., Sez. V, 26 maggio 2015, n. 2639; Cons. St., Sez. V, 21 aprile 2015, n. 2008; TAR Lazio, Roma, Sez. II-bis, 28 gennaio 2015, n. 1513).

A fronte di ciò, come si diceva, sono le caratteristiche soggettive (pubblicistiche in senso lato o meno) dell'ente aggiudicatore considerato a determinare l'attrazione dell'affidamento alle regole dettate per i settori ordinari o a quelle di una libera attività imprenditoriale del tutto sottratta alle regole di matrice europea sui contratti pubblici.

Si vede di conseguenza che il sistema normativo nazionale (sul punto fedele a quello europeo delle abrogate direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE e delle recepende direttive 2014/24/UE e 2014/25/UE) respinge la teoria della c.d. contaminazione in forza della quale soggetti tenuti ad applicare le regole sugli affidamenti nei settori speciali per parte della loro attività, dovrebbero applicarle anche per la restante parte.

In merito, è precisato che la pertinenza al settore speciale di riferimento esige che l'oggetto dell'affidamento considerato non sia rinvenibile nel mero fatto che il medesimo sia curato da un ente aggiudicatore operante in un determinato settore speciale, ma occorre che l'oggetto stesso sia strettamente strumentale all'attività tipica nel settore stesso. A questa stregua è stata giudicata esulare dal settore speciale dell'energia l'acquisizione di servizi di vigilanza e sicurezza di uffici dell'ente aggiudicatore, con contestuale precisazione che la soluzione sarebbe stata opposta nel caso in cui gli identici servizi fossero stati preordinati alla sicurezza di impianti energetici (Cons. St., Ad. plen., 1 agosto 2011, n. 16). È indubbio che il criterio della strumentalità necessaria risulti perspicuo in astratto ma possa anche risultare opinabile nella sua applicazione pratica.

Il rilevato vincolo di applicabilità delle regole sugli affidamenti nei settori speciali all'oggettiva correlazione dell'affidamento al settore speciale di riferimento è anche sancito dall'art. 31, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, che si salda alla regola dettata dall'esaminato art. 217. Mentre quest'ultimo nega che la disciplina (parte III c.c.p.) sui settori speciali si applichi all'attività che l'affidante possa condurre al di fuori del settore speciale, l'art. 31, comma 1, esclude la generale applicabilità delle norme valevoli per gli affidamenti nei settori ordinari (parte II c.c.p.) ai contratti assegnati nel quadro di attività condotte entro i settori speciali di cui agli artt. da 208 a 213 c.c.p.

Agli affidamenti nei settori speciali restano così applicabili le regole ordinarie specificamente enumerate nell'art. 206, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006 e quelle che il comma 3 della stessa disposizione legittima la singola lex specialis a richiamare espressamente sulla scorta di una valutazione discrezionale da assumere di volta in volta, purché “Nel rispetto del principio di proporzionalità” (incipit del comma 3, art. 206, c.c.p.).

Casistica; rilevanza oggettiva determinante dell'attività svolta

Stazioni Marittime s.p.a. è un ente aggiudicatore poiché, per quanto privato, svolge le attività di cui all'art. 213, d.lgs. n. 163 del 2006 in forza di un diritto speciale o esclusivo (art. 207, comma 1, lett. b) e comma 2 c.c.p.). Ciò lo assoggetterebbe alla parte III c.c.p. (art. 206 ss.) la cui applicabilità, tuttavia, è delimitata in modo rigoroso per quanto riguarda non soltanto l'ambito soggettivo, ma anche quello oggettivo. L'art. 31 c.c.p. esclude l'applicazione delle disposizioni sui settori ordinari soltanto per i contratti della parte III «aggiudicati per tali attività». Ciò è ribadito dall'art. 217 secondo cui la parte III «non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi estranei alle attività di cui agli articoli da 208 a 213». La stessa Corte di Giustizia (Corte giust. UE, 10 aprile 2008, C- 393/06) ha chiarito che la natura speciale della direttiva 2004/17/CE ne esige un'interpretazione circoscritta alle attività proprie dei settori indicati, senza alcuno spazio per l'approccio ermeneutico denominato teoria del contagio (Corte giust. CE, 15 gennaio 1998, C-44/96; TAR Liguria, Sez. II, 5 novembre 2015, n. 882).

Casistica; tassatività applicativa delle norme sui settori speciali: servizi di progettazione

L'art. 206, comma 1, reca un principio di tassatività rafforzato ove precisa che «Nessuna altra norma della parte II, Titolo I, si applica alla progettazione e alla realizzazione delle opere appartenenti ai settori speciali». Non può, quindi, reputarsi che la clausola del bando sarebbe valida ex art. 206, comma 3, c.c.p. secondo cui «nel rispetto del principio di proporzionalità, gli enti aggiudicatori possono applicare altre disposizioni della parte II, alla cui osservanza non sono obbligati in base al presente articolo». Detta norma deve essere letta in combinato disposto con l'ultima parte del comma 1: l'eccezionale possibilità di richiamare disposizioni della parte II diverse da quelle nominativamente contemplate non riguarda, infatti, gli appalti di progettazione e lavori (Cons. St., Sez. VI, 9 febbraio 2015, n. 634; idem TAR Puglia, Bari, Sez. I, 23 aprile 2014, n. 550).

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