Requisiti: Falsa dichiarazione e falsa documentazione

Francesco Pignatiello
28 Maggio 2020

Il tema della presentazione di false dichiarazioni o di falsa documentazione nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica rileva sotto due profili.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Il tema della presentazione di false dichiarazioni o di falsa documentazione nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica rileva sotto due profili.

Da un lato, si discute della valenza della falsa dichiarazione quale autonoma causa di esclusione dalla gara in cui è rilevata. Al riguardo, in giurisprudenza si sono contrapposti due orientamenti, uno formalistico, per cui la dichiarazione non veritiera, anche in caso di omessa dichiarazione, integra un'autonoma causa di esclusione dalle procedure di gara, e un altro di carattere sostanzialistico, che valorizza la necessità di un accertamento in concreto della sussistenza del requisito al quale afferisce la falsa o omessa dichiarazione, anche alla luce dell'evoluzione della disciplina del soccorso istruttorio.

Il dibattito è senza dubbio destinato a proseguire anche alla luce delle prossime evoluzioni normative dovute al recepimento delle nuove direttive dell'Unione Europea. Invero, sia la precedente direttiva 2004/18/CE all'art. 45, comma 2, lett. g), sia la nuova direttiva 2014/24/UE all'art. 57, comma 4, lett. h), prevedono l'esclusione per l'operatore economico che si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni o non abbia fornito le informazioni necessarie per la verifica dei requisiti. Le previsioni delle citate direttive hanno già formato e formeranno ancora oggetto di riflessione da parte della giurisprudenza amministrativa, muovendo anzitutto dall'esame dei principi espressi nella legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 che, tra l'altro, esprime il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive eurounitarie (art. 1, comma 1, lett. a)) e impone la riduzione degli oneri documentali dei soggetti partecipanti alle gare, con attribuzione a questi ultimi della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda (art. 1, comma 1, lett. z) e aa)).

Sotto un secondo profilo, l'art. 38, comma 1-ter, d.lgs. 2 maggio 2006, n. 163, prevede che la stazione appaltante, in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, ne dia segnalazione all'Autorità, la quale disporrà l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione, ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. h), ove siano stati accertati – all'esito di un'istruttoria condotta nel rispetto delle garanzie e dei principi propri dei procedimenti sanzionatori – il dolo o colpa grave della condotta, in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto delle dichiarazioni stesse. Un'ulteriore causa di esclusione, ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. m-bis) consegue all'iscrizione nel casellario informatico per aver presentato falsa dichiarazione o falsa documentazione ai fini del rilascio dell'attestazione SOA.

La falsa dichiarazione come causa di esclusione

La giurisprudenza amministrativa fino ad oggi maggioritaria e l'ANAC hanno da tempo affermato che la falsa dichiarazione possa integrare un'autonoma causa di esclusione dalle procedure di gara.

Tale orientamento formalistico si fonda su una lettura combinata degli artt. 38, comma 2, e 46, comma 1-bis,d.lgs. n. 163 del 2006 e dell'art. 75, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, improntata ad assicurare prevalentemente i principi di parità di trattamento e di celerità dell'azione amministrativa.

Secondo tale ricostruzione, l'operatività immediata della falsa dichiarazione quale causa autonoma di esclusione dalla stessa gara in cui è resa, in primo luogo, deriva – a prescindere da ogni valutazione in concreto sulla sussistenza del requisito – dalla violazione della disciplina in materia di autodichiarazioni, che comporta, ex art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000, la decadenza da ogni tipo di beneficio, da rinvenirsi, appunto, nell'aggiudicazione ovvero nella partecipazione alla gara pubblica (ex multis, Cons. St, Sez. III, 4 gennaio 2012, n. 8; da ultimo, TAR Sardegna, Sez. I, 4 dicembre 2015, n. 1165, ad oggi non appellata).

Ciò in un'ottica di un celere ed efficiente esercizio del potere di controllo spettante alla P.A., possibile proprio grazie alle autodichiarazioni che, invero, sono «richieste per una finalità che non è solo di garanzia sull'assenza di ostacoli pure di natura etica all'aggiudicazione del contratto, ma anche per una ordinaria verifica sull'affidabilità dei soggetti partecipanti: la concreta carenza di condizioni ostative costituisce un elemento successivo rispetto alla conoscenza di una situazione di astratta sussistenza dei requisiti morali e giuridici che lambiscono in modo determinante la professionalità degli amministratori» (Cons. St., Sez. V, 20 maggio 2012, n. 7556; Cons. St., Sez. V, 22 maggio 2012, n. 2946; Cons. St., Sez. IV, 1 aprile 2011, n. 2068; Cons. St., Sez. III, 15 luglio 2011, n. 4323).

Tanto anche al fine di assicurare il rispetto dei generali principi costituzionali ed eurounitari di buon andamento e proporzionalità, giacché la completezza delle dichiarazioni consente «la celere decisione sull'ammissione dell'operatore economico alla gara» (in tal senso, Cons. St., Sez. III, 15 gennaio 2014, n. 123).

Alcune pronunce hanno, inoltre, rilevato che la dichiarazione non veritiera, ove afferente a un elemento doveroso in base al comma 2 dell'art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006, si risolverebbe nell'assenza di un elemento essenziale dell'offerta, sì che la sua mancanza sia tale da produrre l'esclusione automatica ai sensi dell'art. 46, comma 1-bis c.c.p., «quand'anche in assenza di un'espressa comminatoria da parte della legge di gara» (cfr. Cons. St., sez. V, 11 aprile 2013, n. 1974).

Sulla base della natura oggettiva della violazione e della conseguente esclusione la giurisprudenza esclude qualsiasi tipo di analisi in ordine all'elemento soggettivo che ha connotato il falso. E' stato infatti affermato che «una dichiarazione che è inaffidabile, al di là dell'elemento soggettivo sottostante, deve ritenersi di per sé lesiva dell'interesse sotteso alle procedure di evidenza pubblica alla celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla gara» (cfr., Cons. St., Sez. IV, 21 dicembre 2015, n. 5803; Cons. St., Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 775, la quale richiama, ex multis, Cons. St., Sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6271; Cons. St., Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3397).

Una interpretazione formalistica è stata da sempre sostenuta anche dall'AVCP, prima, e dall'ANAC, oggi (determinazione 12 gennaio 2010, n. 1 e 16 maggio 2012, n. 1). Da ultimo, l'ANAC, con la determinazione 8 gennaio 2015, n. 1, nel definire i criteri interpretativi delle sostanziali innovazioni introdotte dal d.l. 24 giugno 2014, n. 90, ha rilevato che «L'omessa indicazione delle sentenze di condanna riportate dai soggetti di cui alla citata lett. c) […] se avviene secondo modalità che integrino gli estremi di una dichiarazione negativa del concorrente (perché dichiara espressamente di non averne riportate, eventualmente anche contrassegnando sul modulo predisposto dalla stazione appaltante la casella relativa all'assenza delle sentenze), laddove, invece, le stesse sussistano, la fattispecie integra gli estremi del falso in gara con tutte le implicazioni in termini di non sanabilità della dichiarazione resa (perché la stessa non sarebbe semplicemente mancante ovvero carente ma non corrispondente al vero) e conseguente esclusione del concorrente dalla gara nonché segnalazione del caso all'Autorità. Diversamente, se la dichiarazione relativa alla presenza delle sentenze di condanna è completamente omessa, ovvero se si dichiara di averne riportate senza indicarle, può essere richiesto rispettivamente di produrla o di indicare le singole sentenze riportate. La novella in esame, infatti, non incide sulla disciplina delle false dichiarazioni in gara, che resta confermata. Pertanto ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter c.c.p., ove la stazione appaltante accerti che il concorrente abbia presentato una falsa dichiarazione o una falsa documentazione, si dà luogo al procedimento definito nel citato comma 1-ter dell'art. 38 ed alla comunicazione del caso all'Autorità per l'applicazione delle sanzioni interdittive e pecuniarie fissate nella disciplina di riferimento (art. 38, comma 1-ter e art. 6, comma 11, c.c.p.)».

La tesi sostanzialista e il c.d. falso innocuo

Ferma restando l'attuale prevalenza della tesi sopra richiamata, da tempo, parte della giurisprudenza amministrativa ha rilevato i profili critici che presenta l'orientamento formalista, in particolare alla luce del principio del favor partecipationis che informa l'intera materia.

Sono sempre più frequenti le decisioni della giurisprudenza amministrativa che esprimono un orientamento c.d. sostanzialistico. In particolare, nuova linfa a tale interpretazione è stata fornita dalla novella legislativa introdotta con il d.l. n. 90 del 2014, il quale ha ridisegnato e rafforzato il principio del soccorso istruttorio in relazione alle dichiarazioni rese dai concorrenti nelle gare pubbliche. In questa prospettiva sembra, d'altronde, muoversi anche l'ordinamento eurounitario ed, in particolare, la nuova direttiva 2014/24/UE all'art. 53 par. 2 prevede, salvo le diverse disposizioni del diritto nazionale, la possibilità di presentare, integrare e chiarire le informazioni e documentazioni incomplete o non corrette, rese dagli operatori economici.

L'orientamento c.d. sostanzialistico, partendo dal dato letterale dell'art. 38, comma 1, d.lgs. 163 del 2006, rileva che l'esclusione dalla gara deve conseguire solo all'accertamento in concreto dell'assenza del requisito richiesto. Invero, il successivo comma 2 prescrive tout court le modalità ordinarie per attestare il possesso dei requisiti di partecipazione in capo a ciascun candidato, «senza che la disposizione in questione fornisca alcun argomento dirimente nel senso dell'esclusione per l'ipotesi di mancata o non perspicua dichiarazione, ovvero nel senso che il dato (per così dire: formale ed estrinseco) relativo alla effettuazione della dichiarazione in sé possa prevalere (...) sul dato (per così dire: sostanziale ed intrinseco) relativo al possesso in concreto dei requisiti di partecipazione, a prescindere, cioè, dal contenuto delle dichiarazioni attraverso cui tale possesso sia stato veicolato» (Cons. St., Sez. VI, 22 febbraio 2010, n. 1017).

Nell'ambito di tale ricostruzione sostanzialistica, la giurisprudenza ha peraltro in più occasioni attribuito rilievo al dettato della lex specialis di gara, ritenendo in particolare che l'omissione in sede di dichiarazioni sostitutive è destinata ad assumere valore decisivo solo se la lex specialis prevede espressamente l'esclusione in relazione alla mancata osservanza delle prescrizioni sulle modalità e sull'oggetto delle dichiarazioni da fornire (non richiedendo genericamente l'assenza di condizioni impeditive). Laddove, invece, manchi una previsione espressa, l'omissione della dichiarazione, seppur rilevante, non presenterebbe gli estremi per la configurabilità di una ipotesi di falsa dichiarazione: «nelle gare di appalto, l'omessa dichiarazione di alcune condanne penali può essere sanzionata con la esclusione dalla gara solo in presenza di un obbligo stringente imposto dal bando, mentre, in caso contrario, il concorrente può ritenersi esonerato dal dichiarare l'esistenza di condanne per infrazioni penalmente rilevanti, ma di lieve entità» (Cons. St., Sez. III, 4 febbraio 2014, n. 507; in tal senso, da ultimo, anche TAR Lazio, Roma, Sez.II-ter, 8 gennaio 2016, n. 173 ad oggi non appellata).

Al fine di avvalorare la necessità di una verifica concreta della sussistenza del requisito, parte della giurisprudenza ha, inoltre, elaborato la teoria del c.d. “falso innocuo”, ispirandosi ad istituti e concetti del diritto penale e, in particolare, al principio di offensività della condotta astrattamente costituente reato. La più recente giurisprudenza amministrativa ha, tuttavia, negato l'applicabilità di tale istituto (cfr. Cons. St., Sez. IV, 21 dicembre 2015, n. 5803).

La tesi sostanzialista ha invece trovato nuovo impulso nella novella che ha introdotto il comma 2-bis dell'art. 38 c.c.p. La novità legislativa di cui al d.l. n. 90 del 2014 sul nuovo soccorso istruttorio ha, infatti, imposto una riconsiderazione dei poteri unilaterali di esclusione dei partecipanti dalla procedura di gara. Per il suo impatto, tale novità è stata immediatamente oggetto di attenzione da parte dall'Adunanza Plenaria che, con la decisione 30 luglio 2014, n. 16, ha evidenziato la «chiara volontà del legislatore di evitare (nella fase del controllo delle dichiarazioni e, quindi, dell'ammissione alla gara delle offerte presentate) esclusioni dalla procedura per mere carenze documentali (ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni)».

Parte della più recente giurisprudenza ha valorizzato l'inciso «ivi compresa anche la mancanza assoluta delle dichiarazioni», ritenendo non più automatica l'esclusione in tali casi. Con riferimento ad una fattispecie in cui il concorrente ha effettivamente mancato di indicare, nella sua domanda di partecipazione, l'esistenza di un fatto valutabile come errore rilevante ai fini dell'art. 38, comma 1, lett. f), c.c.p., il Consiglio di Stato ha infatti escluso che si potesse equiparare la mancata indicazione di un fatto rilevante ai sensi del citato art. 38 alla non veridicità della dichiarazione, ai sensi dell'art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000, comportando così la decadenza dai benefici conseguiti, ossia l'ammissione alla procedura di gara. Il Collegio ha affermato che, nella specie, si trattasse di una mera omissione, come tale ricompresa nell'ambito applicativo del sopravvenuto comma 2-bis dell'art. 38. Tale lettura sarebbe, infatti, «maggiormente in linea con la norma recentemente introdotta (di per sé prevalente, sia perché successiva nel tempo rispetto al d.P.R. del 2000, sia perché speciale, concernendo unicamente la materia delle procedure di gara per contratti pubblici), sia perché più coerente con l'interpretazione datane dalla citata sentenza n. 16 del 2014 dell'Adunanza plenaria».

Il Consiglio di Stato ha inoltre precisato che la mancata indicazione di un determinato elemento comporta una dichiarazione strutturalmente incompleta, che in quanto tale impone il soccorso istruttorio.

Quanto all'eventuale qualificazione come dichiarazione non veritiera o mendacio il Collegio ha ritenuto che si tratti di «una qualificazione giuridica che riguarda un momento giuridicamente successivo, ossia quello della valutazione dell'ordinamento sull'intento che ha mosso la parte, e non vale a escludere la rilevanza in sé della situazione a monte ai fini del citato comma 2-bis» (Cons. St., Sez. IV, 25 maggio 2015, n. 2589; si veda in tal senso anche la recente ordinanza TAR Lombardia, Brescia, Sez. II, 13 gennaio 2016, n. 16, ad oggi non appellata).

Orientamenti a confronto

La tesi formalista afferma che la dichiarazione non veritiera integra un'autonoma causa di esclusione dalle procedure di gara.

Secondo la tesi sostanzialista deve essere, invece, escluso che la mancata indicazione di un fatto rilevante ai sensi dell'art. 38, d.lgs. 163 del 2006, possa essere considerato come una dichiarazione non veritiera, trattandosi di una mera omissione che impone il soccorso istruttorio ai sensi del comma 2-bis del medesimo articolo.

La segnalazione all'Autorità e l'iscrizione nel casellario informatico

L'art. 38, comma 1-ter, c.c.p., inserito dalla l. 12 luglio 2011, n. 106, e modificato dall'art. 20, comma 1, lett. d), l. 4 aprile 2012, n. 35, come anticipato, prevede che, nel caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante debba inviare una segnalazione all'ANAC. Nel sistema previgente, la falsità della dichiarazione resa determinava ex se l'iscrizione nel casellario informatico di cui all'art. 7, comma 10, c.c.p., a prescindere da ogni indagine sull'elemento soggettivo del soggetto dichiarante, nonostante le forti perplessità legate alla legittimità di tale automatismo.

Rispondendo a tali critiche, la novella legislativa ha previsto che l'iscrizione nel casellario informatico non possa essere mai automatica, ma debba giungere all'esito di una indagine sulla sussistenza, nel caso specifico, dell'elemento soggettivo del “dolo o della colpa grave” del dichiarante e del profilo oggettivo inerente la “rilevanza e la gravità dei fatti” oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione.

L'AVCP, in un parere reso in sede di audizione il 29 settembre 2011, ha chiaramente affermato che «mentre la stazione appaltante, come sopra rilevato, esclude il concorrente che abbia presentato falsa dichiarazione o falsa documentazione nella specifica gara senza considerare l'elemento soggettivo e segnala la falsa dichiarazione all'Autorità, quest'ultima è tenuta a considerare l'imputabilità del fatto all'impresa in considerazione della rilevanza o della gravità».

Con l'introduzione del comma 1-ter, oltre a superare ricordati dubbi di legittimità, si è data piena attuazione alla direttiva 2004/18/UE che all'art. 45 par. 2 lett. g), circoscrive l'effetto espulsivo del rilascio di false dichiarazioni alle ipotesi di grave colpevolezza.

La giurisprudenza è inoltre intervenuta a delimitare l'ambito oggettivo della segnalazione dell'Autorità di Vigilanza, affermando che la “sanzione” interdittiva alla partecipazione alle pubbliche gare per un periodo di un anno, ai sensi dell'art. 38, comma 1-ter, vada applicata solo nei casi di falsa dichiarazione o di falsa documentazione, non, invece, nei casi di omissione di una dichiarazione non tassativamente richiesta nel bando di gara, (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 20 aprile 2012, n. 1179, non riformata). Lo stesso principio è stato affermato da Cons. St., Sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1799.

In evidenza

L'art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006, onera le stazioni appaltanti alle quali venga resa una falsa dichiarazione da parte delle imprese partecipanti di segnalare il fatto all'Autorità di Vigilanza.

La successiva iscrizione nel casellario è subordinata all'accertamento, nel caso specifico, della sussistenza:

- dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa grave del dichiarante e

- del profilo oggettivo inerente la rilevanza e la gravità dei fatti oggetto di segnalazione e di falsa attestazione.

Il procedimento ANAC a seguito della segnalazione della falsa dichiarazione

L'iscrizione nel casellario informatico postula, quindi, da parte dell'Autorità, un procedimento istruttorio di verifica circa l'esistenza dei presupposti e la loro effettiva rilevanza, cui ciascuna impresa interessata può partecipare, inviando le proprie memorie.

Il procedimento è disciplinato dal Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'ANAC del 26 febbraio 2014 e precisamente dalla parte III.

Tale Regolamento si propone di disciplinare l'esercizio del potere sanzionatorio dell'ANAC, che deve essere esercitato nel rispetto dei principi del contraddittorio, di tempestiva comunicazione dell'apertura dell'istruttoria, di contestazione degli addebiti, di proporzionalità e adeguatezza della sanzione, del rispetto degli obblighi di riservatezza e di motivazione.

Con riferimento al termine per la conclusione del procedimento, stabilito in 180 giorni decorrenti dalla comunicazione di avvio (art. 29 del Regolamento), la giurisprudenza ha chiarito che, sebbene tale termine non sia espressamente qualificato come perentorio, costituisce tuttavia un auto vincolo posto dalla stessa Autorità procedente a garanzia del privato, in ragione della natura sanzionatoria della procedura (cfr., TAR Lazio, Roma, Sez. III, 3 dicembre 2015, n. 13668, ad oggi non appellata).

Il procedimento si può concludere con l'archiviazione oppure con il provvedimento finale di annotazione da parte dell'Autorità. Ne deriva che la segnalazione della stazione appaltante si configura come mero atto prodromico ed endoprocedimentale, non dotato di autonoma lesività, e, come tale, non immediatamente impugnabile (cfr. Cons. St., Sez. VI, 12 giugno 2012, n. 3428 e, da ultimo, TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 20 novembre 2015, n. 2462, non appellata).

L'esclusione ai sensi dell'art. 38, lett. h) e m-bis), d.lgs. 163 del 2006

Ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. h), c.c.p. la stazione appaltante deve escludere gli operatori economici che risultino iscritti nel casellario informatico dell'Osservatorio per aver gli stessi presentato documentazione falsa o reso false dichiarazioni in relazione a requisiti o condizioni rilevanti per la partecipazione a procedure di gara e per l'affidamento di subappalti.

L'esclusione costituisce per la stazione appaltante un'attività vincolata senza alcun margine di discrezionalità.

Un'ulteriore causa di esclusione dalla procedura di gara è prevista dall'art. 38, comma 1, lett. m-bis) e consegue all'iscrizione dell'impresa concorrente nel casellario informatico, ai sensi dell'art. 40, comma 9-quater, per aver presentato falsa dichiarazione o falsa documentazione ai fini del rilascio dell'attestazione SOA.

L'art. 40, comma 9-quater, come modificato dal d.l. 13 maggio 2011, n. 70 (c.d. Decreto Sviluppo), dispone che, in caso di presentazione di falsa dichiarazione o di falsa documentazione, ai fini della qualificazione, le SOA debbano inviare una segnalazione all'ANAC, la quale, ove siano stati accertati il dolo o la colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti, dispone l'iscrizione nel Casellario informatico ai fini dell'esclusione per un anno ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. m-bis).

La novella ha risolto i dubbi interpretativi che erano sorti, sotto la vigenza della precedente formulazione, in ordine alla indeterminatezza temporale della misura, posto che la disposizione, nella precedente formulazione, sembrava comminare un'interdizione sine die dalla partecipazione dell'operatore economico alle gare, in contrasto con il principio comunitario della proporzionalità della sanzione. Detta riformulazione ha inoltre posto rimedio alla assolutezza della misura, in quanto difettava, nella originaria formulazione, la previsione del necessario accertamento dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa.

Tale causa di esclusione può essere posta in correlazione con quella prevista dalla lett. h) dell'art. 38, prevedendo entrambe le medesime conseguenze sanzionatorie per le dichiarazioni in sede di gara e per quelle rese durante il procedimento di qualificazione davanti alle SOA.

Entrambe le cause determinano l'uscita dal mercato per un anno dell'operatore economico e hanno reciproche influenze, visto che la falsa dichiarazione resa in sede di gara incide in senso ostativo sul processo di qualificazione SOA, mentre la falsa dichiarazione resa nell'ambito di quest'ultimo rileva al momento di partecipazione alle gare.

L'elemento di differenza tra le due cause di esclusione è rappresentato dal soggetto dichiarante, ovvero le stazioni appaltanti nel corso della gara per la lett. h) e le SOA nell'ambito del procedimento di qualificazione per la lett. m-bis).

Casistica: mancata dichiarazione di una sentenza di condanna

Cons. St., Sez. V, 13 novembre 2015, n. 5192

La sentenza ha affermato che in caso di mancata segnalazione di una sentenza non incidente sulla moralità professionale e, pertanto, inidonea a determinare l'esclusione, la dichiarazione resa non potesse qualificarsi come non veritiera, atteso che «la disciplina dell'art. 75, d.P.R. n. 445 del 2000 è volta a sanzionare l'accertamento della non veridicità di dichiarazioni rese al fine di beneficiare di un determinato provvedimento e non certo la falsità di una dichiarazione del tutto irrilevante rispetto al conseguimento di quel beneficio».

Casistica: qualificazione come non falsa della dichiarazione incompleta resa da un procuratore ad negotia munito di limitati poteri gestori

Cons. St., Sez. III, 17 novembre 2015, n. 5240

Il Collegio, partendo dai principi affermati dal Cons. St., Ad. plen., 16 ottobre 2013, n. 23 sugli obblighi dichiarativi dei procuratori speciali muniti di poteri decisionali di particolare rilevanza, ha rilevato che la dichiarazione resa da un procuratore ad negotia con limitati poteri gestori deve ritenersi «resa ad abundantiam rispetto agli obblighi di legge» e quindi irrilevante. Pertanto, laddove emerga la mancata indicazione in tale dichiarazione di una sentenza di condanna, tale omissione non può costituire una causa autonoma di esclusione, trattandosi di una mancata segnalazione all'interno di una dichiarazione di per sé non necessaria ai fini della partecipazione alla gara e che, quindi, non può ritenersi falsa, in quanto viene meno quella stretta correlazione tra il beneficio (l'aggiudicazione) e la dichiarazione, che impone di sanzionarne la falsità.

La sentenza affronta anche il tema della possibilità di sostenere che «la dichiarazione comporti comunque l'obbligo di rispettare i principi di lealtà e trasparenza e che ciò giustifichi di per sé l'esclusione delle dichiarazioni non veritiere, anche se non necessarie», precisando, tuttavia, che, in tal caso, occorrerebbe però distinguere «in relazione al contesto in cui è maturata la dichiarazione», potendosi attribuire nel caso in esame «rilevanza esimente» alla circostanza che la dichiarazione è stata resa sul modulo predisposto dalla stazione appaltante che menzionava le (sole) condanne per «reati gravi che incidono sulla moralità professionale», nonché alla tenuità del reato e al fatto che essendo lo stesso risalente nel tempo avrebbe potuto da tempo essere oggetto di una pronuncia di estinzione.

Sommario