Concessione di servizi

28 Maggio 2020

La concessione di servizi è lo strumento attraverso il quale l'Amministrazione provvede all'erogazione di servizi alla collettività in forma indiretta, attraverso l'attività di un soggetto terzo che assume su di sé, almeno in parte, il rischio operativo legato alla gestione del servizio.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

La concessione di servizi è lo strumento attraverso il quale l'Amministrazione provvede all'erogazione di servizi alla collettività in forma indiretta, attraverso l'attività di un soggetto terzo che assume su di sé, almeno in parte, il rischio operativo legato alla gestione del servizio.

Conseguentemente, si ritiene che il rapporto concessorio abbia natura trilaterale: accanto all'amministrazione concedente e al soggetto concessionario, compare infatti un terzo soggetto (o meglio, un gruppo indefinito di soggetti, gli utenti), che, richiedendo l'erogazione del servizio, rende possibile la formazione di un utile o di un vantaggio per l'impresa concessionaria.

È affermazione pacifica e risalente che nell'istituto convivano una matrice pubblicistica, data dal provvedimento amministrativo con il quale l'Amministrazione concedente conferisce al concessionario l'esercizio delle potestà funzionali allo svolgimento del servizio conservando il solo potere di controllo e vigilanza; ed una privatistica, data dall'assunzione del rischio d'impresa da parte del concessionario.

La figura della concessione di servizi pone tradizionalmente il problema di distinzione dall'appalto di servizi, che deve essere valutato e risolto alla luce del diritto euro unitario (Corte giust. UE, Sez. III, 10 marzo 2011, causa C – 274/09, Stadler; Corte giust. UE, 15 ottobre 2009, causa C-196/08, Acoset).

Dopo un periodo connotato da incertezze interpretative in merito ai criteri distintivi rispetto all'istituto dell'appalto, il Codice dei Contratti pubblici (d.lgs. 50 del 18 aprile 2016), emanato in attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, offre oggi una regolamentazione organica della concessione di servizi, che viene definita come «un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi» [v. art.3, comma 1, lett. vv), d.lgs. n. 50 del 2016].

In evidenza

Secondo la definizione data dall'art. 1, comma 4, della direttiva unificata 2004/18/ del 31 marzo 2004, riprodotta integralmente dall'art 3 d.lgs. n. 163 del 2006, la concessione di servizi «è un contratto che presenta le stesse caratteristiche dei un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo».

La direttiva 2014/23/UE, invece, definisce, all'art. 5, comma 1, lett. b), la concessione di servizi come «un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera a) ad uno o più operatori economici, ove il corrispettivo consista unicamente nel diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo».

A livello di legislazione nazionale, l'art. 3, comma 1, lett. vv) del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016) specifica che per concessione di servizi debba intendersi «un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi».

Quanto all'elemento distintivo del rischio operativo, l'art. 5, comma 1, lett. b), seconda parte, della direttiva 2014/23/UE sottolinea come «L'aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporta il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, o entrambi. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario comporta una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile».

Dal canto suo, l'art. 3, comma 1, lett. zz), d.lgs. n. 50 del 2016, definisce il rischio operativo come «il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi, trasferito all'operatore economico. Si considera che l'operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l'insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all'operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall'operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile».

La distinzione dall'appalto di servizi. Il rischio operativo come elemento di qualificazione del rapporto concessorio e gli (altri) indici di riconoscimento dell'istituto

Come si è anticipato, la concessione di servizi pone storicamente il problema dell'esatta perimetrazione dei confini dell'istituto rispetto a quelli dell'appalto di servizi.

Il problema risulta particolarmente avvertito già a livello di normazione comunitaria ed è risolto dalla direttiva 2014/23/UE facendo espresso riferimento al criterio del “rischio operativo”, che diventa elemento qualificante e caratterizzazione l'istituto concessorio.

Nel considerando n.18 della direttiva 2014/23/UE si riconosce infatti che «la caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore».

Dall'applicazione di tale criterio, il legislatore comunitario trae due corollari: a) l'applicazione di norme specifiche per la disciplina dell'aggiudicazione di concessioni non risulta giustificata ove l'ente aggiudicatore sollevi l'operatore economico da qualsiasi perdita potenziale garantendogli un introito minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l'operatore economico medesimo deve sostenere in relazione all'esecuzione del contratto (cfr. considerando n. 18 della direttiva 2014/23/UE);

b) ferma la possibilità di limitare ab origine il rischio operativo a carico del privato, ove la regolamentazione settoriale elimini e neutralizzi il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l'esecuzione del contratto, il contratto stesso non può configurarsi come una concessione ai sensi della direttiva 2014/23/UE (cfr. considerando n.19 della direttiva 2014/23/UE).

In punto di concreta individuazione del rischio operativo idoneo a qualificare il rapporto concessorio (distinguendolo dal contratto di appalto), l'art.5 della direttiva 2014/23/UE stabilisce che l'aggiudicazione di una concessione di servizi debba comportare il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, o su entrambi i lati. E, in questa prospettiva, il rischio si considera assunto dal concessionario: i) nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei servizi oggetto della concessione; ii) qualora la parte del rischio trasferita al concessionario comporti una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile.

Conseguentemente, non vengono considerati rischi utili a qualificare il rapporto in termini di concessione tutti quei rischi legati a una cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali da parte dell'operatore economico o a cause di forza maggiore, risultando tali rischi comunque insiti in ogni contratto, indipendentemente dalla sua qualificazione in termini di concessione o di appalto (cfr. considerato n. 20 della direttiva 2014/23/UE).

È possibile osservare che la normativa comunitaria si limita sostanzialmente a registrare gli approdi della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che da anni individua il criterio distintivo della concessione proprio nell'assunzione da parte del soggetto concessionario del cd. “rischio d'impresa” (Cfr. Corte giust. UE, Sez. III, 10 marzo 2011, causa C – 274/09, Stadler; Corte giust. UEs, 15 ottobre 2009, causa C-196/08, Acoset).

Nella giurisprudenza della Corte di Giustizia UE il rischio d'impresa idoneo a qualificare il rapporto concessorio si concreta nell'impossibilità per l'amministrazione concedente di assicurare, in tutto e per tutto, la remuneratività dell'investimento per il soggetto concessionario. In tal senso, nel corso degli ultimi anni la CGUE ha precisato che il rischio di gestione rilevante ai fini della configurazione del rapporto come concessione deve essere inteso come rischio di esposizione all'alea del mercato, che può tradursi segnatamente nel rischio di concorrenza da parte di altri operatori, nel rischio di uno squilibrio tra domanda e offerta di servizi, nel rischio d'insolvenza dei soggetti che devono pagare il prezzo dei servizi forniti, nel rischio di mancata copertura delle spese di gestione mediante le entrate o, ancora, nel rischio di responsabilità di un danno legato ad una carenza del servizio; con esclusione (quindi) dei rischi legati a una cattiva gestione o ad errori di valutazione da parte dell'operatore economico ovvero dei rischi propri di qualsiasi contratto (Corte giust. UE, 10 marzo 2011 C-274/09 Stadler;Corte giust. UE , 10 novembre 2011, C-348/2010 Norma A- SIA; Corte giust. UE,10 settembre 2009, C 206/08, Eurawasser).

Dal canto suo, la giurisprudenza nazionale si è concentrata nell'individuazione di indici sintomatici rivelatori della esistenza di una concessione di pubblico servizio, enumerandoli come segue : a) sussistenza di un servizio pubblico locale rivolto alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali (ovvero, secondo il linguaggio dell'Unione europea (artt. 16 e 86 del Trattato FUE), di un servizio di interesse economico generale che viene a svolgere una funzione essenziale nell'ambito della costituzione economica di tutti i Paesi membri, dovendosi intendere per tale quello rivolto all'utenza, capace di soddisfare interessi generali e di garantire una redditività – del quale i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti la collettività); b) sussistenza di prestazioni a carico degli utenti che si riscontra tipicamente nei servizi a domanda individuale; c) assunzione a carico del concessionario del rischio economico relativo alla gestione del servizio; d) preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti per un periodo di lunga durata; e) sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità, in ragione del fatto che ciò che connota in modo rilevante la natura di servizio pubblico è il conseguimento di fini sociali a favore della collettività per il tramite dell'attività svolta dal gestore; f) delega traslativa di poteri organizzatori dall'ente al privato; g) struttura trilaterale del rapporto, nel senso che tutte le prestazioni dei soggetti coinvolti fanno capo all'amministrazione, al gestore ed agli utenti (cfr Cons. St., Ad. plen., 30 gennaio 2014, n. 7, con specifico riferimento ad un programma di cd. housing sociale; v. anche Cons. St., Sez. V, 2 maggio 2013, n. 2385 e Corte giust. UE, Sez. VI, 29 aprile 2013, n. 2342 con riferimento all'affidamento della conduzione di impianti sportivi).

Sempre la giurisprudenza nazionale ha precisato che l'assunzione del rischio di gestione, quale elemento distintivo della concessione, non resta ex se escluso dalla circostanza che il costo del servizio non sia fatto gravare sugli utenti, in quanto questo elemento assume rilievo soltanto quando il servizio pubblico, per le sue caratteristiche oggettive, è divisibile fra quanti, in concreto ne beneficiano direttamente (Cons. St.¸Sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294; Cons. St., Sez.V, 16 dicembre 2004, n. 8090, 1; Cons. St., 5 gennaio 2008, n. 36).

Viceversa, deve essere considerato come appalto un contratto per la quale l'amministrazione si sia impegnata a versare un corrispettivo remunerativo di tutti gli oneri e gli obblighi contrattuali previsti nel capitolato speciale d'appalto (v. Cass. Civ., Sez. un., 20 aprile 2017, n.9965) mentre non risulta ostativo alla qualificazione del contratto come concessione il fatto che il concessionario paghi all'amministrazione un canone per l'utilizzo di un bene pubblico (Cons. St., Sez. VI, 16 luglio 2015, n.3571).

Nel vigente codice dei contratti pubblici, il rischio operativo qualificante il rapporto concessorio è ora chiaramente definito dall'art. 3, comma 1, lett. zz), d.lgs. n. 50 del 2016, che individua il medesimo come «il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi, trasferito all'operatore economico…»; precisando che «Si considera che l'operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l'insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all'operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall'operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile».

In evidenza

In giurisprudenza:

Qualora un affidamento contempli l'esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la linea di demarcazione tra i diversi istituti va individuata avendo di mira la direzione del nesso di strumentalità che lega gestione del servizio ed esecuzione dei lavori, nel senso che solo laddove la gestione del servizio sia servente rispetto alla costruzione delle opere è configurabile l'ipotesi della concessione di lavori pubblici; viceversa, l'inserimento dei lavori all'interno di un programma complesso rivolto alla gestione di servizi volti a soddisfare esigenze primarie di grande rilievo sociale ed economico (il disagio abitativo delle fasce deboli della popolazione), induce a ritenere che siano i lavori a porsi in termini obbiettivamente accessori o secondari rispetto alla gestione delle strutture al servizio della collettività; alle medesime conclusioni è giunta l'Adunanza plenaria in relazione alla connessione ravvisata fra appalti di servizi (accessori e strumentali), rispetto a concessione di servizio pubblico ritenuta prevalente (cfr. Cons. St., Ad. plen. 6 agosto 2013, n. 19; Cons. St., 30 gennaio 2014 n. 7).

Tale impostazione è conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria (cfr. Corte giust. UE 14 novembre 2001, C-310/01; Corte giust. UE,18 novembre 1999, C-107/98; Corte giust. UE ,19 aprile 1994, C-331/92), per l'individuazione della disciplina applicabile ai contratti di appalto misti, quando vengono in considerazione prestazioni di lavori e servizi: in tal caso, infatti, occorre avere riguardo all'oggetto principale della prestazione secondo la funzione prevalente o accessoria svolta da ciascuna componente (c.d. criterio qualitativo), a prescindere dal valore economico delle prestazioni medesime (c.d. criterio quantitativo). Tali principi sono stati sostanzialmente recepiti dall'art. 14 del codice dei contratti, contemperati però dal criterio quantitativo, pur sempre cedevole, però, a fronte del carattere meramente accessorio dell'una prestazione rispetto all'altra).

In evidenza

La disciplina dei contratti misti di concessioni è oggi recata dall'art. 169 d.lgs. n. 50 del 2016, che stabilisce quanto segue:

1. Le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l'oggetto principale del contratto. Nel caso di concessioni miste che consistono in parte in servizi sociali e altri servizi specifici elencati nell'allegato IX l'oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi.

2. Se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente separabili, si applicano i commi 5, 6 e 9. Se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente non separabili, si applicano i commi 8 e 10.

3. Se parte di un determinato contratto, ovvero una delle attività interessate, sono disciplinate dall'articolo 346 TFUE o dal decreto legislativo 15 novembre 2011, n. 208, si applica l'articolo 160.

4. Nel caso di contratti aventi ad oggetto diverse attività, una delle quali è disciplinata dall'allegato II, gli enti aggiudicatori possono scegliere di aggiudicare concessioni distinte per le parti distinte o di aggiudicare un'unica concessione. Se gli enti aggiudicatori scelgono di aggiudicare concessioni separate, la decisione che determina quale regime giuridico si applica a ciascuna di tali concessioni è adottata in base alle caratteristiche della attività distinta.

5. Nel caso di contratti aventi ad oggetto sia elementi disciplinati dal presente codice che altri elementi, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono scegliere di aggiudicare concessioni distinte per le parti distinte o di aggiudicare una concessione unica. Se le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori scelgono di aggiudicare concessioni separate, la decisione che determina quale regime giuridico si applica a ciascuno di tali concessioni distinti è adottata in base alle caratteristiche della parte distinta.

6. Se le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori scelgono di aggiudicare una concessione unica, il presente codice si applica, salvo se altrimenti previsto all'articolo 160 o dal comma 9, alla concessione mista che ne deriva, a prescindere dal valore delle parti cui si applicherebbe un diverso regime giuridico e dal regime giuridico cui tali parti sarebbero state altrimenti soggette.

7. La scelta tra l'aggiudicazione di un'unica concessione o di più concessioni distinte non può essere effettuata al fine di eludere l'applicazione del presente codice.

8. Se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente non separabili, il regime giuridico applicabile è determinato in base all'oggetto principale del contratto in questione.

9. Nel caso di contratti misti che contengono elementi di concessioni nonché appalti nei settori ordinari o speciali il contratto misto è aggiudicato in conformità con le disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari o nei settori speciali.

10. Nel caso in cui il contratto misto concerna elementi sia di una concessione di servizi che di un contratto di forniture, l'oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi o forniture.

11. Ad una concessione destinata all'esercizio di più attività si applicano le norme relative alla principale attività cui è destinata.

12. Nel caso di concessioni per cui è oggettivamente impossibile stabilire a quale attività siano principalmente destinate, le norme applicabili sono determinate conformemente alle lettere a), b) e c):

a) la concessione è aggiudicata secondo le disposizioni che disciplinano le concessioni aggiudicate dalle amministrazioni aggiudicatrici se una delle attività cui è destinata la concessione è soggetta alle disposizioni applicabili alle concessioni aggiudicate dalle amministrazioni aggiudicatrici e l'altra attività è soggetta alle disposizioni relative alle concessioni aggiudicate dagli enti aggiudicatori;

b) la concessione è aggiudicata secondo le disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari se una delle attività è disciplinata dalle disposizioni relative all'aggiudicazione delle concessioni e l'altra dalle disposizioni relative all'aggiudicazione degli appalti nei settori ordinari;

c) a concessione è aggiudicata secondo le disposizioni che disciplinano le concessioni se una delle attività cui è destinata la concessione è disciplinata dalle disposizioni relative all'aggiudicazione delle concessioni e l'altra non è soggetta né alla disciplina delle concessioni né a quella relativa all'aggiudicazione degli appalti nei settori ordinari o speciali.

Orientamenti a confronto: rischio e remunerazione del concessionario

Sulla base del rischio economico sono stati inquadrati nella categoria della concessione di servizi pubblici: 1) l'affidamento del servizio di illuminazione votiva delle aree cimiteriali (Cons. St., Sez. V, 5 dicembre 2008, n. 6049, «perché richiede che il concessionario impegni capitali, mezzi, personale da destinare ad un'attività economicamente rilevante in quanto suscettibile, almeno potenzialmente, di generare un utile di gestione e, quindi, di riflettersi sull'assetto concorrenziale del mercato di settore» più recentemente, Cons. St., 29 marzo2010, n.1790 e Cons. St., 11 agosto 2010, n. 5620 e, da ultimo, Cons. St., 23 ottobre 2012, n. 5409); 2) l'affidamento della gestione della segnaletica all'interno di un Consorzio di zona industriale in cui l'aggiudicatario si impegnava a corrispondere al Consorzio una determinata somma per ogni cartello segnaletico e la remunerazione della sua attività derivava dalla percezione degli introiti da parte delle imprese interessate al servizio (Cons. St., Sez. VI, 15 novembre 2005, n. 6368);3)l'affidamento delle attività di elaborazione e gestione di un'anagrafe tributaria, per ciò che, sebbene per il tramite delle operazioni contabili riservate al Comune, l'entità dei ricavi conseguibili dall'affidataria dipendeva in gran parte da un punto di vista economico dall'alea “gestionale” dei servizi affidatile, quantunque inerenti l'attuazione di prestazioni patrimoniali imposte (Cons. St., Sez. V, 1 luglio 2005, n. 3672); 4) l'installazione e la gestione presso i locali di una Università degli studi di alcuni distributori automatici di alimenti e bevande a disposizione del pubblico e dietro pagamento di un corrispettivo all'Università (Cons. St., Sez. VI, 4 settembre 2012,n. 4682); 5) le "convenzioni per l'utilizzo dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata", stipulate dal Commissario delegato per l'emergenza rifiuti della Regione Sicilia con alcune imprese private, prevedendo il versamento, da parte del commissario delegato all'operatore, di una tariffa il cui importo è fissato in euro per tonnellata di rifiuti conferita a quest'ultimo dai comuni interessati (Corte giust. UE, 18 luglio 2007,C-328/05); 6) il rapporto tra il Comune ed il gestore di una piscina comunale, argomentando dal fatto che quest'ultimo era tenuto a versare al Comune una somma annua, come quota degli introiti derivanti dalle tariffe, sicché la remunerazione del gestore derivava dalla percezione delle tariffe versategli direttamente dagli utenti del servizio, ed infine che l'attività in cui si sostanziava la gestione del servizio era svolta direttamente dal gestore in favore degli utenti (TAR Lombardia 13 novembre 2009, n. 5021; v anche TAR Basilicata, 12 marzo 2007, n 366); 7)il servizio di distribuzione del gas metano nel territorio comunale in quanto, aldilà del nomen iuris, esso prevede l'obbligo della controparte di versare al Comune un canone annuo di affidamento, espresso in forma di percentuale fissa ed invariabile del margine di distribuzione percepito in relazione al servizio svolto per la distribuzione di gas naturale (Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza del 6 maggio 2015, n.9139); 8) l'affidamento a terzi della gestione di un impianto sportivo comunale avente rilevanza economica (Delibera n.1300 del 14 dicembre 2016 ANAC); 8) il servizio di manovra in ambito ferroviario per trasporto merci da parte del gestore della rete, in considerazione del fatto che: a) il gestore della rete trasla una parte dei propri poteri – inerenti alla messa a disposizione della rete stessa per il trasporto merci – ad un operatore economico; b) il corrispettivo della fornitura dei servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi; c) l'affidatario è vincolato a offrire i servizi ai prezzi indicati in gara, e sopporta integralmente il rischio operativo (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 21 aprile 2017, n. 943).

Sono stati qualificati appalti di servizi (e non concessioni): 1) la gestione di parcheggi pubblici comunali (TAR Liguria, 7 aprile 2006, n. 343), 2)la gestione e la manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica (Cons. St., Sez. V, 25 agosto 2008, n. 4080, TAR Sicilia, Catania, 30 maggio 2012, n. 1422) in riferimento al quale anche l'Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture, con Deliberazione n. 12 del 26 gennaio 2011, ha evidenziato che «Il rapporto giuridico intercorre esclusivamente tra prestatore e Comune, rimanendone estranea l'utenza, ed il prestatore non si assume il rischio della prestazione, il cui corrispettivo è predeterminato in misura certa»; 3) il servizio di scuolabus per gli alunni delle scuole elementari perché «"la stazione appaltante corrisponde al gestore dei servizio una utilità economica, quale corrispettivo per la fornitura del servizio all'ente stesso o alla comunità da esso rappresentata» (TAR Sicilia, 12 marzo 2007); 4) il servizio di gestione di rifiuti, in quanto “l'attività svolta è integralmente remunerata dal canone versato dal Comune e nessuna somma è versata direttamente alla società dagli utenti, di modo che sulla società non grava rischio d'impresa” (Cass. Civ., Sez. Unite, 20 aprile 2017, n.9965); 5) l'affidamento a terzi della gestione di un impianto sportivo comunale privo di rilevanza economica (Delibera n.1300 del 14 dicembre 2016 ANAC); 6) l'affidamento a terzi di nidi comunali ove l'amministrazione definisca ogni aspetto della gestione con conseguente difficoltà di poter individuare il reale trasferimento del rischio sul privato (Delibera n. 1197 del 23 novembre 2016 ANAC); 7) una convenzione stipulata tra Roma Capitale ed un consorzio avente ad oggetto “i servizi di balneazione, pulizia, guardiania e connessi”, in quanto “nel caso in esame non c'è un nesso di causalità tra servizio reso (pulizia, balneazione, guardiania) ed utile che, invece, è costituito dai proventi delle attività economiche che il Consorzio può svolgere per effetto della convenzione”(TAR Lazio, Roma, sez. II, 14 aprile 2017, n.4647).

La concessione di servizi nel precedente codice appalti (d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006)

Nel previgente codice degli appalti (d.lgs. n. 163 del 2006) la concessione di servizi non risultava oggetto di una disciplina organica e sistematica.

Il precedente codice dedicava, infatti, a tale istituto l'art. 3, comma 12, che definiva la concessione di servizi come «un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all'articolo 30»; e l'art. 30, che espressamente escludeva dall'ambito di applicazione della normativa codicistica l'istituto concessorio (per i contratti nei settori speciali, l'esclusione operava in virtù dell'art. 216 d.lgs. n. 163 del 2016).

Pur escludendo l'applicazione del codice alle concessione di servizi, il medesimo art. 30, al comma 3, prevedevava però che «La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi».

In sostanza, alla sottrazione dell'istituto alle specifiche disposizioni recate dal codice degli appalti, si accompagnava la espressa sottoposizione della concessione di servizi ai principi generali in materia di evidenza pubblica volti a garantire la trasparenza, l'imparzialità e la proporzionalità dell'azione amministrativa, nonché il rispetto dei canoni minimi a tutela della concorrenza sul mercato.

Per il resto la disciplina dell'istituto risultava comunque molto scarna, limitandosi unicamente il legislatore a riconoscere l'applicabilità alle concessioni di servizi:

1) in via generale, delle discipline specifiche che prevedessero forme più ampie di tutela della concorrenza (v. art. 30, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006);

2) delle disposizioni della parte IV del codice (in tema di contenzioso; v. art. 30, comma 4, prima parte, d.lgs. n. 163 del 2006);

3) nonché, in quanto compatibili, delle disposizioni di cui all'art. 143, comma 7, del codice (v. art. 30, comma 7, ultima parte, d.lgs. n. 163 del 2006) e delle disposizioni di cui al capo III, titolo III, parte II del codice appalti (rubricato “Promotore finanziario, società di progetto e disciplina della locazione finanziaria per i lavori e del contratto di disponibilità”; v. art. 152, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006).

Orientamenti a confronto: le disposizioni del precedente codice degli appalti (d.lgs. n. 163 del 2006) applicabili alle concessioni di servizi.

Per espressa previsione dell'art 30, comma 3, del codice, le concessioni di servizi possono essere affidate solo all'esito di una procedura caratterizzata dalla predeterminazione dei criteri selettivi (Cons St., Sez V, 2 ottobre 2014 n. 4913).

È applicabile il principio che impone la pubblicità delle sedute della commissione (Cons Stato, Sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 132).

In particolare si è ritenuto applicabile l'art 84, comma 10, del codice che impone che la nomina dei commissari avvenga dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte (Cons. St., Ad. plen n. 13 del 2013; Cons Stato Sez.VI 14 marzo 2014 n. 1296).

È applicabile anche alle concessioni di servizi la disciplina dell'avvalimento (Cons. St.,, Sez IV, 9 novembre 2015, n. 5091), così come la possibilità di riunirsi in associazione per soddisfare i requisiti di partecipazione (TAR Lazio 8 giugno 2012 n. 5221).

È applicabile alle concessioni di servizi il divieto di rinnovo tacito sancito dall'art. 57 d.lgs. n. 163 del 2006 in quanto esprime un principio generale attuativo di un vincolo comunitario discendente dal Trattato e, come tale, operante per la generalità dei contratti pubblici (Cons. Giust. Amm. Sic., 2 marzo 2017, n.72).

In virtù dei principi comunitari, l'amministrazione appaltante è tenuta ad indicare nel bando di gara il valore della concessione determinato sulla base del presunto fatturato generato dal consumo dei prodotti da parte degli utenti del servizio e non del mero “ristorno” (Cons. St., Sez. III, 14 giugno 2017, n. 2926).

Nelle gare per l'affidamento delle concessioni di servizi non sussiste l'obbligo dei concorrenti di dichiarare il possesso dei requisiti ai sensi dell'art 38 del codice, fermo comunque l'obbligo per la stazione appaltante di accertarne la sussistenza sul piano sostanziale (Cons St., Sez. VI, 27 giugno 29014 n. 3251; Cons St., 2 febbraio 2015 n. 462; sulla assenza dell'obbligo di dichiarare tutte le condanne penali riportate, previsto dall'art.38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 giugno 2016, n. 2435). In mancanza di autovincolo dell'amministrazione nella legge di gara, non è applicabile alla concessione di servizi la disciplina sull'anomalia delle offerte recata dagli artt 86-88 del codice (Cons. St., Sez. V, 24 marzo 2011 n. 1784; Cons. St. 1 dicembre 2014 n. 5915). Non è applicabile l'art 87, comma 4, del codice che impone l'indicazione degli oneri della sicurezza in sede di formulazione dell'offerta economica (Cons. St., Sez. V, 30 giugno 2014 n. 3291). Non è applicabile l'art 37, c. 13, del codice che, in caso di RTI, impone d'indicare già in sede di predisposizione dell'offerta la corrispondenza tra quota di partecipazione al raggruppamento e quota di esecuzione delle prestazioni (Ad Plen. 30 gennaio 2014 n. 7).

Non è applicabile l'art 84, c. 8, del codice sulla composizione della commissione giudicatrice (Cons Stato Sez. IV 20 giugno 29011 n. 3691). Non si applica alle concessioni di servizi il termine dilatorio per la stipulazione dei contratti (cd. stand still) (Cons Stato Sez V, 30 aprile 2014 n. 2249, contra v. TAR Brescia 10 aprile 2012 n. 618).

Non sussiste un obbligo per l'amministrazione di attivare il sub-procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, non potendosi qualificare come principio generale della disciplina dei contratti pubblici la serietà dell'offerta (Cons. St., sez. III, 23 maggio 2017, n. 2395).

La concessione di servizi nel nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50 del 18 aprile 2016)

Attualmente, l'istituto della concessione è regolato dal nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50 del 2016) che, come già detto in precedenza, ha dato attuazione alla direttiva 2014/23/UE.

Il nuovo codice dei contratti opera una sostanziale codificazione dell'istituto della concessione, dedicando ad esso, per intero, la parte III del codice.

1. L'opera di “codificazione” segue sostanzialmente 4 distinte linee direttrici:

a) si individuano i principi del codice che devono ritenersi applicabili alle concessioni (artt. 164 e 166) e si interviene in via definitoria tipizzando l'istituto della concessione di servizi, anche attraverso la qualificazione in via positiva del rischio d'impresa e dell'equilibrio economico–finanziario che deve connotare il rapporto concessorio (cfr. art. 3, comma 1, lett. vv) e zz) e art. 165 d.lgs. n. 50 del2016);

b) si individuano gli elementi utili per la stima del valore delle concessione e della relativa durata, anche al fine di evitare possibili elusioni delle soglie comunitarie (cfr. artt. 167 e 168);

c) si individuano le garanzie procedurali che devono caratterizzare l'aggiudicazione delle concessioni (cfr. artt. 170, 171 e 173);

d) si dettano norme speciali per la fase di esecuzione della concessione (cfr. artt. 174, 175 e 176).

a) I principi applicabili alle concessioni, rischio operativo ed equilibrio economico del concessionario nel nuovo codice appalti.

Si è già detto che il nuovo codice dei contratti offre una definizione compiuta dell'istituto della concessione di servizi e del rischio operativo che deve indefettibilmente gravare sul concessionario. (Cfr. paragrafi 1 e 2).

Specifica attenzione dal legislatore viene dedicata anche ai principi che devono presiedere l'affidamento delle concessioni agli operatori economici.

L'art. 164, comma 2, stabilisce infatti che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione. Il successivo comma 3 esclude dall'applicabilità della Parte III del Codice (rubricata “Contratti di concessione”) i servizi non economici di interesse generale.

Sempre in punto di definizione dei principi applicabili all'istituto concessorio, l'art. 166 riconosce l'autonomia organizzativa e istituzionale dell'ente all'atto dell'individuazione dei modelli organizzativi di gestione dei servizi destinati all'utenza, stabilendo che «le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario, fatto salvo il rispetto delle norme di cui alla presente Parte. Essi sono liberi di decidere il modo migliore per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici».

L'art. 173, precisa infine che le concessioni sono aggiudicate sulla base dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, nonché di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità.

È opportuno segnalare che particolare attenzione viene riservata dal legislatore all'equilibrio economico-finanziario che deve presiedere e sovrintendere al rapporto concessione per l'intera durata e che viene definito come «la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria» [cfr. art. 3, comma 1, let. fff)].

Lo stesso codice precisa che per convenienza economica si intende «la capacità del progetto di creare valore nell'arco dell'efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito» [cfr. art. 3, comma 1, let. fff)]; laddove sostenibilità finanziaria, si intende (invece) «la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento» [cfr. art. 3, comma 1, lett. fff)].

Proprio al fine di garantire la conservazione dell'equilibrio impresso al rapporto concessorio all'atto dell'instaurazione, l'art. 165 del nuovo codice dei contratti pubblici (rubricato “rischio ed equilibrio economico – finanziario nelle concessioni”) individua infatti 5 macro regole:

1) Nei contratti di concessione la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario deve provenire dalla vendita dei servizi resi al mercato, fermo restando il trasferimento al concessionario del rischio operativo riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull'equilibrio del piano economico finanziario (art. 165, comma 1);

2) L'equilibrio economico finanziario deve rappresentare il presupposto per la corretta allocazione dei rischi operativi (art. 165, comma 2, prima parte);

3) Ai soli fini del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara l'amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili, con l'avvertenza che: i) il contributo, se funzionale al mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario, può essere riconosciuto mediante diritti di godimento su beni immobili nella disponibilità dell'amministrazione aggiudicatrice la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all'opera affidata in concessione; ii) in ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al quarantanove per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari (art. 165, comma 2, seconda parte);

4) Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. In tal caso, la revisione dovrà consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto (art. 165, comma 6, prima parte);

5) In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto [e in tale ipotesi, al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all'articolo 176, comma 4, lett. a) e b), ad esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse – Cfr. art. 165, comma 6, ultimo parte].

È possibile osservare che, nell'economia dell'intervento legislativo, l'assetto dei rischi gravanti sul concessionario risulta profondamente connesso e compenetrato nell'equilibrio economico finanziario dell'intero rapporto concessorio e quest'ultimo assume una valenza non meramente statica, ma dinamica; tant'è che il verificarsi di eventi non riconducibili al concessionario giustifica e legittima la rimodulazione ex post dell'equilibrio medesimo al fine di adeguarlo a eventuali sopravvenienze idonee ad alterare il piano dei rischi originariamente assunti dall'operatore economico.

IIn evidenza

In materia di concessioni, la mancata indicazione del valore stimato del servizio oggetto di gara da parte della stazione appaltante impedisce all'operatore di individuare l'equilibrio economico e finanziario dell'offerta (e, per l'effetto, di assumere in modo consapevole e informato il rischio d'impresa tipico di tale forma di affidamento), in violazione dell'art. 167 d.lgs. n. 50 del 2016 e dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, pubblicità, imparzialità e trasparenza che informano la materia dei contratti pubblici ai sensi dell'art. 30 dello stesso decreto (Tar Toscana, Firenze, 24 aprile 2017, n.593).

Contrasta con i principi del codice una procedura di affidamento di concessioni che preveda, senza giustificato motivo, ipotesi di esclusione degli operatori economici, per inidoneità morale, differenti da quelle indicate nell'art. 80 del Codice (Cons. St., Sez. II, 20 dicembre 2016, n. 2648).

b) Valore e durata delle concessioni.

Nell'ambito dell'operazione di sostanziale “codificazione” della concessione, l'attenzione del legislatore si è concentrata anche sui profili afferenti la stima del valore della concessione e la relativa durata.

Con riferimento al primo profilo, l'art. 167 del nuovo codice dei contratti pubblici stabilisce che il valore di una concessione, ai fini delle soglie di rilevanza comunitaria, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell'IVA e stimato dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore quale corrispettivo dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali servizi.

Il medesimo articolo, al comma 2, precisa che il valore stimato è calcolato al momento dell'invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione.

Ai sensi del comma 4, il valore stimato della concessione deve essere calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione e, ai fini del calcolo, si deve tener conto dei seguenti elementi: a) il valore di eventuali forme di opzione ovvero di altre forme comunque denominate di protrazione nel tempo dei relativi effetti; b) gli introiti derivanti dal pagamento, da parte degli utenti dei servizi, di tariffe e multe diverse da quelle riscosse per conto dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore; c) i pagamenti o qualsiasi vantaggio finanziario conferito al concessionario, in qualsivoglia forma, dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore o da altre amministrazioni pubbliche, incluse le compensazioni per l'assolvimento di un obbligo di servizio pubblico e le sovvenzioni pubbliche di investimento; d) il valore delle sovvenzioni o di qualsiasi altro vantaggio finanziario in qualsivoglia forma conferiti da terzi per l'esecuzione della concessione; e) le entrate derivanti dalla vendita di elementi dell'attivo facenti parte della concessione; f) il valore dell'insieme delle forniture e dei servizi messi a disposizione del concessionario dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori, purchè necessari per la prestazione dei servizi; g) ogni premio o pagamento o diverso vantaggio economico comunque denominato ai candidati o agli offerenti.

L'art. 166 del vigente codice dei contratti pubblici si chiude infine con alcune disposizioni (commi 6, 7e 8) volte ad evitare che la scelta del metodo di aggiudicazione o la suddivisione artificiosa della concessione in lotti possano essere strumentalmente utilizzate al fine di eludere le soglie comunitarie e, conseguentemente, l'applicazione delle disposizioni del codice dei contratti in materia di affidamento delle concessioni.

Il comma 6 della citata disposizione prevede infatti che la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato della concessione non può essere fatta con l'intenzione di escludere la concessione dall'ambito di applicazione del presente codice, precisando che una concessione non può essere frazionata al fine di escluderla dall'osservanza delle norme del codice dei contratti pubblici, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino. I successivi commi 7 e 8 stabiliscono invece rispettivamente che: i) quando un'opera o un servizio proposti possono dar luogo all'aggiudicazione di una concessione per lotti distinti, è computato il valore complessivo stimato della totalità di tali lotti; ii) quando il valore complessivo dei lotti è pari o superiore alla soglia di cui all'articolo 35 il codice dei contratti pubblici si applica all'aggiudicazione di ciascun lotto.

c) Le garanzie procedurali.

Il legislatore ha avvertito altresì l'esigenza di dettare specifici disposizioni al fine di garantire che il procedimento di aggiudicazione della concessione avvenga nell'effettivo rispetto dei principi recati dal Codice dei contratti pubblici. A tal fine, l'operazione di definizione delle cd. garanzie procedurali ha interessato:

a) l'individuazione di requisiti tecnici e funzionali per partecipare alla selezione ad evidenza pubblica (v. art. 170 d.lgs. n. 50 del 2016);

b) i criteri e le modalità di selezione nonché la valutazione qualitativa dei concorrenti.

Con riferimento al primo profilo, l'art. 170 precisa che i requisiti tecnici e funzionali per partecipare alla selezione:

a) devono essere sempre definiti nei documenti di gara, collegati all'oggetto del contratto e commisurati al valore e agli obiettivi dello stesso;

b) a meno che non sia giustificato dall'oggetto del contratto, non possono avere come effetto quello di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti;

c) non può essere disposta l'esclusione di un offerente per il mancato rispetto dei requisiti tecnici e funzionali, ove l'offerente provi, con qualsiasi mezzo idoneo, che le soluzioni da lui proposte soddisfino in maniera equivalente i requisiti tecnici e funzionali.

Gli artt. 171 e 172 individuano poi le garanzie procedurali che devono invece sovrintendere l'affidamento in senso stretto delle concessioni e la selezione anche qualitativa dei candidati.

Ai sensi dell'art. 171, nello specifico, i criteri di aggiudicazione devono soddisfare le seguenti condizioni: a) l'offerta deve rispondere ai requisiti minimi prescritti dalla stazione appaltante; b) l'offerente deve ottemperare alle condizioni di partecipazione; c) l'offerente deve possedere i requisiti di cui all'art. 172 del codice.

L'art. 172 stabilisce infine che le stazioni appaltanti in fase di gara verifichino le condizioni di partecipazione dei candidati sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova. Per soddisfare le condizioni di partecipazione, ove opportuno, l'operatore economico può affidarsi alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con loro (avvalimento). Se un operatore economico intende fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, deve dimostrare all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore che disporrà delle risorse necessarie per l'intera durata della concessione. Per quanto riguarda la capacità finanziaria, la stazione appaltante può comunque richiedere che l'operatore economico e i soggetti in questione siano responsabili in solido dell'esecuzione del contratto. Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all'articolo 45 può fare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti.

L'art. 173, stabilisce infine che l'aggiudicazione delle concessioni deve avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, nonché di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità

In evidenza

Non può dirsi “competitiva” e concorrenziale, secondo i parametri del diritto dell'Unione europea e del

codice dei contratti pubblici

, una procedura di affidamento il cui bando non espliciti i criteri di valutazione qualitativa delle offerte e stabilisca che le concessioni siano affidate ai candidati in possesso dei requisiti soggettivi, secondo il mero ordine cronologico di presentazione delle offerte, fino alla saturazione del numero di concessioni poste in gara (

Cons. St

.

, Sez. II, 20 dicembre 2016, n.

2648

).

Nelle procedure per l'affidamento di concessioni occorre rispettare le prescrizioni di cui agli artt. 93 e 103 del codice in tema di garanzie per la partecipazione alla gara e per la stipulazione del contratto (Cons. Stato, Sez. II, 20 dicembre 2016, n.2648).

d) Profili afferenti l'esecuzione delle concessioni (cenni).

Il codice dei contratti detta infine una disciplina particolare per regolare la fase propriamente esecutiva del rapporto concessorio, disciplinando non solo il subappalto, ma anche le modifiche della concessione che intervengono in fase esecutiva e le vicende che comportano soluzioni di continuità nelle concessioni assentite (ed eventualmente il subentro di un nuovo concessionario).

Con riferimento al subappalto, l'art. 174 precisa che gli operatori economici debbano indicare in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi. A tal fine: i) non si considerano terzi le imprese che si sono raggruppate o consorziate per ottenere la concessione, né le imprese ad esse collegate; ii) se il concessionario ha costituito una società di progetto, non si considerano terzi i soci, ove sussistano le condizioni di cui al comma 2 del citato articolo 184.

Il comma 2 del medesimo art. 174 prevede che gli operatori economici, che non siano microimprese, piccole e medie imprese, per le concessioni di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alla soglia di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a), devono indicare una terna di sub-appaltatori nei seguenti casi:

a) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione;

b) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali risulti possibile reperire sul mercato una terna di nominativi di subappaltatori da indicare, atteso l'elevato numero di operatori che svolgono dette prestazioni.

L'art. 175 del Codice dei contratti si preoccupa invece di disciplinare le modifiche del rapporto concessorio che intervengono in fase esecutiva.

Tale disposizione consente modifiche alle concessioni già assentite, senza una nuova procedura di aggiudicazione, al ricorrere delle seguenti condizioni:

a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state espressamente previste nei documenti di gara iniziali e non alterino la natura generale della concessione ovvero non si tramutino in una proroga della stessa;

b) se occorre prestare servizi supplementari, non inclusi nella concessione, che si sono resi necessari in corso di esecuzione a condizione che un cambiamento di concessionario risulti impraticabile per motivi economici o tecnici

c) ove ricorrano, contestualmente, le seguenti condizioni:

1) la necessità di modifica derivi da circostanze che una stazione appaltante non ha potuto prevedere utilizzando l'ordinaria diligenza;

2) la modifica non alteri la natura generale della concessione;

d) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze:

- attivazione di una clausola di revisione ai sensi e per gli effetti dell'art. 175, comma 1, lett. a);

- al concessionario iniziale succeda, in via universale o particolare, un nuovo operatore a seguito di modificazione soggettiva (ad esempio ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza) purché soddisfi i criteri di selezione previsti dalla legge di gara e ciò non comporti modifiche sostanziali al contratto (in tal caso, è ovviamente necessaria l'autorizzazione del concedente, ove richiesta sulla base della regolamentazione di settore);

3) nel caso in cui la stazione appaltante si assuma gli obblighi del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori;

e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non si ritengano c.d. modifiche sostanziale.

Nelle ipotesi di cui alle lettere a), b) e c), per le concessioni aggiudicate dalle amministrazioni nei settori ordinari le modifiche successive non possono comportare un aumento eccedente il 50 per cento del valore della concessione iniziale, inteso come valore risultante a seguito dell'aggiudicazione dei servizi oggetto di concessione.

L'art. 175 consente poi di effettuare modifiche al rapporto concessorio senza necessità di una nuova procedura di aggiudicazione, ove la modifica non alteri la natura generale della convenzione e risulti inferiore:

a) alla soglia comunitaria ex art. 35, comma 1, lett. a);

b) al 10 per cento del valore della concessione iniziale.

La norma fornisce una definizione di “modifica sostanziale”, dovendosi intendere come tale quella modifica che:

  • altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuito:
  • soddisfa almeno una delle seguenti condizioni:
  • introduce condizioni che, ove originariamente previste, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o l'accettazione di un'offerta diversa da quella accettata, oppure avrebbero consentito una maggiore partecipazione alla procedura di aggiudicazione;
  • altera l'equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto dalla concessione iniziale;
  • estende notevolmente l'ambito di applicazione della concessione.

La stessa norma prevede inoltre che si verta nell'ipotesi di modifica sostanziale anche nel caso in cui, in fattispecie diverse da quelle previste al comma 1, lettera d), un nuovo concessionario sostituisca quello cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato la concessione.

Le vicende che comportano soluzioni di continuità nel rapporto concessorio sono infine disciplinate dall'art. 176, che stabilisce innanzitutto che una concessione può cessare quando:

a) il concessionario avrebbe dovuto essere escluso ai sensi dell'articolo 80;

b) la stazione appaltante ha violato con riferimento al procedimento di aggiudicazione, il diritto dell'Unione europea come accertato dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

c) la concessione ha subito una modifica che avrebbe richiesto una nuova procedura di aggiudicazione.

La citata disposizione precisa che nell'ipotesi in cui venga avviato un procedimento di annullamento d'ufficio della concessione non si si applicano i termini previsti dall'art. 21-nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241.

L'art. 176, al comma 4, prevede che se l'annullamento dipende da vizio non imputabile al concessionario o laddove la concessione è revocata per motivi di pubblico interesse, spettano comunque al concessionario:

a) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario;

b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione, ivi inclusi gli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse;

c) un indennizzo a titolo di risarcimento del mancato guadagno pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero del valore attuale della parte del servizio pari ai costi monetari della gestione operativa previsti nel piano economico finanziario allegato alla concessione.

L'efficacia della revoca della concessione è sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore delle somme dovute al concessionario.

Qualora invece si versi nell'ipotesi di risoluzione della concessione per inadempimento del concessionario trova applicazione l'art. 1453 c.c. (cfr. art. 176, comma 7).

Casistica

Applicazione del rito appalti ex art. 119-120 del c.p.a. (d.lgs.n. 104 del 2010)

Cons. Stato, Ad. Plenaria, 27 luglio 2016, n. 22 mette fine al contrasto giurisprudenziale insorto e ritiene applicabile anche ai contratti di concessione il rito accellerato ex art. 119 e 120 c.p.a.

Giurisdizione ordinaria per le controversie in tema di corrispettivi

L'art 133, lett c), c.p.a. attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi “escluse quelle concernenti indennità canoni e altri corrispettivi”. La giurisdizione amministrativa esclusiva pertanto non sussiste quando il soggetto gestore chiede una integrazione del corrispettivo previsto dal contratto o dalla concessione (Cons. St., Sez. V, 11 dicembre 2015, n. 5649) ovvero la revisione del canone se sia controversa solo la quantificazione della revisione già riconosciuta dall'Amministrazione (Cons. St., Sez. V, 15 giugno 2015 n. 2558).

Differenze tra la concessione di beni e la concessione di servizi

Al fine di riscontrare una concessione di beni e non una concessione di servizi, è necessario che, nel rapporto sinallagmatico che si intende instaurare, la prestazione di un servizio alla collettività, seppur sussistente, non rivesta carattere prevalente (TAR Lazio, Roma, 13 giugno 2017, n. 6985).

Riparto di giurisdizione in tema di subconcessione

Il giudice ordinario conosce di ogni controversia relativa agli obblighi derivanti da rapporti di natura privatistica, che accedono a quello di concessione, quando l'amministrazione resta totalmente estranea a detto rapporto derivato e non possa quindi ravvisarsi alcun collegamento fra l'atto autoritativo concessorio ed il rapporto medesimo.

Al contrario, quando la pretesa azionata è riferibile direttamente all'atto di concessione e l'amministrazione concedente abbia espressamente previsto ed autorizzato il rapporto tra concessionario e terzo, opera la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ex multis, Cass. Civ., Sez. Unite, ordinanza 18 dicembre 2014, n. 26656, Cass. Civ., Sez. Unite, ordinanza, 29 aprile 2015, n.8623, Cass. Civ., Sez. Unite, 26 gennaio 2016, n. 8058 e, da ultimo, Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 23 maggio 2017, n.221).

È riconosciuta la giurisdizione amministrativa in presenza di una subconcessione di spazi del servizio autostradale per lo svolgimento delle attività di rifornimento e di ristorazione all'interno delle aree di servizio ove l'amministrazione abbia previamente autorizzato nell'apposita convenzione l'affidamento a terzi di tali attività (Cass. Civ., Sez. Unite, ordinanza 2 dicembre 2008, n.28549; cfr. anche Cass. Civ., Sez. Unite, 20 gennaio 2014, n.1006 che afferma il medesimo principio con riferimento alla subconcessione di aree demaniali marittime per lo svolgimento di attività cantieristica all'interno della darsena ubicata nel porto turistico).

Viceversa, sempre in tema di subconcessione di aree di servizio di tratti autostradali, è riconosciuta la giurisdizione ordinaria ove il soggetto concedente risulti del tutto estraneo al rapporto subconcessorio (v. Cons. St., sez. IV, 10 luglio 2014, n.3510).

Viene riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo nel caso di subconcessione di spazi aereoportuali per lo svolgimento di attività commerciale in presenza di un sussistente e fisiologico collegamento tra le subconcessioni e l'atto autoritativo concessorio originario (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 23 maggio 2017, n.221 in tema di poteri di vigilanza e controllo di Enac sui terzi subconcessionari).

Esclusione della finalità d'interesse generale o sociale e affermazione della natura meramente commerciale del servizio oggetto di affidamento

È stata esclusa l'inerenza della gestione degli spazi pubblicitari nelle aree di sosta sulle autostrade alla gestione di queste ultime (Cass. civ. SU 24 febbraio 2003, n. 2718), come quella dei servizi interni alla stazione Termini di Roma (gestiti dalla Società Grandi Stazioni su concessione di Ferrovia dello Stato S.p.A.) alla gestione del traffico ferroviario e alla manutenzione delle relative infrastrutture (Cass. civ., SU, 4 maggio 2006, n. 10218), o ancora come quella dei servizi di ristorazione svolti all'interno dell'aerostazione alla gestione dell'aeroporto (TARLombardia, III, 15 febbraio 2007, n. 266; Cass. Civ., Sez. Unite, ordinanza 27 febbraio 2017, n.4884 e Cass. Civ., Sez. Unite, ordinanza 19 dicembre 2009, n. 26823 ).

Cons. Stato, Sez. V, 9 marzo 2015 n. 1192 qualifica l'attività di avvolgimento bagagli come “servizio di natura squisitamente commerciale che non necessariamente deve essere offerto negli aeroporti e che si pone certamente in una fase precedente rispetto allo smistamento del bagaglio che fa seguito al check in”, escludendone con ciò la strumentalità all'handling (cfr. anche Cass. Civ., Sez. Unite, 26 gennaio 2016, n.8058)

Esclusione della natura meramente commerciale e affermazione della finalità d'interesse generale o sociale del servizio oggetto di affidamento.

Secondo Cass. SU. 4 novembre 2009, n. 23322 la vocazione delle aree di parcheggio, su sedime appartenente al demanio aeronautico e pur esterno all'area strettamente aeroportuale ad accesso limitato (airside), non è quella di soddisfare un interesse generale ma indifferenziato alla sosta ed alla custodia dei veicoli della cittadinanza, ma è quella di consentire che si realizzi una delle condizioni fondamentali per il funzionamento di una moderna aerostazione, quella dell'accesso e della mobilità dei passeggeri, attraverso l'uso della autovettura privata e come alternativa reale al trasporto pubblico (su rotaia o su gomma, collettivo o individuale); è da ritenere conseguentemente attratta tale attività, con o senza i servizi “aggiuntivi” (ma facoltativi) della custodia e delle prestazioni di assistenza, nell'area dell'interesse generale.

Il medesimo principio è affermato anche con riferimento alla richiesta del subgestore di una specifica area aeroportuale di una spazio per l'esercizio dell'attività di “handling” (Cass. Civ., Sez. Unite,20 luglio 2015, n. 15154).

Servizi “aggiuntivi” e beni d'interesse artistico o culturale

Con riferimento all'affidamento ad imprese private di servizi "aggiuntivi" di assistenza agli utenti (quali, ad esempio, servizi di caffetteria, ristorazione, guardaroba, vendita di riproduzioni di beni culturali, ecc), da effettuarsi presso luoghi di interesse culturale ed artistico unitamente al servizio di biglietteria le Sezioni Unite hanno precisato che :

a) il rapporto si configura come concessione di servizio pubblico, rispetto ai servizi “aggiuntivi”, e come appalto di servizio pubblico, in riferimento al servizio di biglietteria;

b) che la costante qualificazione normativa come “concessione” dell'affidamento della gestione a terzi dei servizi “aggiuntivi” è conforme alle definizioni delle direttive comunitarie (92/50/CE e 2004/18/CE), oltre che coerente con la struttura dei suddetti servizi, atteso che l'Amministrazione trasferisce il diritto di gestire il servizio in favore dei visitatori/utenti dietro pagamento di un canone, e che sussistono, altresì, i caratteri del pubblico servizio, per la valorizzazione dei beni culturali, data la titolarità del servizio in capo alla p.a., la destinazione dello stesso alla soddisfazione di esigenze della collettività, il permanere in capo alla p.a. di poteri d'indirizzo, vigilanza ed intervento;

c) l'affidamento dei servizi di biglietteria (oltre che di pulizia e vigilanza), che può integrare la suddetta concessione, è, invece, configurabile come appalto di servizio pubblico, rilevando l'assunzione da parte della p.a. della veste di acquirente di determinate utilitates dal privato, anche a favore di terzi individuati, contro il pagamento di un corrispettivo;

d) conseguentemente – mentre le controversie in merito alla fase esecutiva dell'affidamento dei servizi di biglietteria, integrante appalto di servizio pubblico, rientrano elettivamente nella giurisdizione del giudice ordinario – le controversie in tema di affidamento della gestione di servizi “aggiuntivi”, essendo questo riconducibile alla concessione di pubblici servizi, rientrano elettivamente nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; ciò peraltro purchè non si tratti di controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi [v. d.lgs. n. 80 del 1998, art. 33 come modificato dalla l. n. 205 del 2000 ed inciso dalla sentenza C. Cost. n. 204 del 2004, e, quindi, d.lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. c)];

f) in ipotesi di promiscua ricorrenza in unico rapporto, di profili di concessione e di profili di appalto di pubblico servizio, si giustifica, ai fini della definizione della giurisdizione, l'adozione del criterio della prevalenza (Cass. civ., sez. un., 9 dicembre 2015 n. 24824; Cass. civ. n. 12252 del 2009 ).

Rinvio Pregiudizionale alla Corte di Giustizia UE in tema di concessioni per la gestione del gioco del Lotto automatizzato e degli altri giochi numerici a quota fissa.

Con ordinanza 2808 del 12 giugno 2017, il Consiglio di Stato, Sez. V, ha sottoposto ai sensi dell'art. 267 TFUE le seguenti questioni interpretative alla Corte di Giustizia UE:

A) «Se il diritto dell'Unione - e, in particolare, il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi nonché i principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza, proporzionalità e coerenza - debba essere interpretato nel senso che osta ad una disciplina come quella posta dall'art.1 comma 653, della legge di stabilità 2015 e dai relativi atti attuativi, che prevede un modello di concessionario monoproviding esclusivo in relazione al servizio del gioco del Lotto, e non già per altri giochi, concorsi pronostici e scommesse»;

B) «se il diritto dell'Unione - e, in particolare, il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi e la direttiva 2014/23/UE, nonché i principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza, proporzionalità e coerenza - debba essere interpretato nel senso che osta ad un bando di gara che prevede una base d'asta di gran lunga superiore ed ingiustificata rispetto ai requisiti di capacità economico - finanziaria e tecnico - organizzativi, del tipo di quelli previsti dai punti 5.3, 5.4, 11, 12.4 e 15.3 del capitolato d'oneri della gara per l'assegnazione della concessione del gioco del Lotto»;

C) «se il diritto dell'Unione - e, in particolare, il diritto di stabilimento e la libera prestazione di servizi nonché la direttiva 2014/23/UE, nonché i principi di non discriminazione, trasparenza, libera concorrenza, proporzionalità e coerenza - deve essere interpretato nel senso che osta ad una disciplina che prevede l'imposizione di un'alternatività di fatto fra divenire assegnatari di una nuova concessione e continuare ad esercitare la libertà di prestazione di servizi di scommesse su base transfrontaliera, alternatività del tipo di quella che discende dall'art. 30 dello Schema di Convenzione, così che la decisione di partecipare alla gara per l'attribuzione della nuova concessione comporterebbe la rinuncia all'attività transfrontaliera, nonostante la legittimità di quest'ultima attività sia stata riconosciuta più volte dalla Corte di Giustizia».

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