Concessione di servizi
28 Maggio 2020
Inquadramento
Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione
La concessione di servizi è lo strumento attraverso il quale l'Amministrazione provvede all'erogazione di servizi alla collettività in forma indiretta, attraverso l'attività di un soggetto terzo che assume su di sé, almeno in parte, il rischio operativo legato alla gestione del servizio. Conseguentemente, si ritiene che il rapporto concessorio abbia natura trilaterale: accanto all'amministrazione concedente e al soggetto concessionario, compare infatti un terzo soggetto (o meglio, un gruppo indefinito di soggetti, gli utenti), che, richiedendo l'erogazione del servizio, rende possibile la formazione di un utile o di un vantaggio per l'impresa concessionaria. È affermazione pacifica e risalente che nell'istituto convivano una matrice pubblicistica, data dal provvedimento amministrativo con il quale l'Amministrazione concedente conferisce al concessionario l'esercizio delle potestà funzionali allo svolgimento del servizio conservando il solo potere di controllo e vigilanza; ed una privatistica, data dall'assunzione del rischio d'impresa da parte del concessionario. La figura della concessione di servizi pone tradizionalmente il problema di distinzione dall'appalto di servizi, che deve essere valutato e risolto alla luce del diritto euro unitario (Corte giust. UE, Sez. III, 10 marzo 2011, causa C – 274/09, Stadler; Corte giust. UE, 15 ottobre 2009, causa C-196/08, Acoset). Dopo un periodo connotato da incertezze interpretative in merito ai criteri distintivi rispetto all'istituto dell'appalto, il Codice dei Contratti pubblici (d.lgs. 50 del 18 aprile 2016), emanato in attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, offre oggi una regolamentazione organica della concessione di servizi, che viene definita come «un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi» [v. art.3, comma 1, lett. vv), d.lgs. n. 50 del 2016].
La distinzione dall'appalto di servizi. Il rischio operativo come elemento di qualificazione del rapporto concessorio e gli (altri) indici di riconoscimento dell'istituto
Come si è anticipato, la concessione di servizi pone storicamente il problema dell'esatta perimetrazione dei confini dell'istituto rispetto a quelli dell'appalto di servizi. Il problema risulta particolarmente avvertito già a livello di normazione comunitaria ed è risolto dalla direttiva 2014/23/UE facendo espresso riferimento al criterio del “rischio operativo”, che diventa elemento qualificante e caratterizzazione l'istituto concessorio. Nel considerando n.18 della direttiva 2014/23/UE si riconosce infatti che «la caratteristica principale di una concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore». Dall'applicazione di tale criterio, il legislatore comunitario trae due corollari: a) l'applicazione di norme specifiche per la disciplina dell'aggiudicazione di concessioni non risulta giustificata ove l'ente aggiudicatore sollevi l'operatore economico da qualsiasi perdita potenziale garantendogli un introito minimo pari o superiore agli investimenti effettuati e ai costi che l'operatore economico medesimo deve sostenere in relazione all'esecuzione del contratto (cfr. considerando n. 18 della direttiva 2014/23/UE); b) ferma la possibilità di limitare ab origine il rischio operativo a carico del privato, ove la regolamentazione settoriale elimini e neutralizzi il rischio prevedendo una garanzia a favore del concessionario per il recupero degli investimenti e dei costi sostenuti per l'esecuzione del contratto, il contratto stesso non può configurarsi come una concessione ai sensi della direttiva 2014/23/UE (cfr. considerando n.19 della direttiva 2014/23/UE). In punto di concreta individuazione del rischio operativo idoneo a qualificare il rapporto concessorio (distinguendolo dal contratto di appalto), l'art.5 della direttiva 2014/23/UE stabilisce che l'aggiudicazione di una concessione di servizi debba comportare il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell'offerta, o su entrambi i lati. E, in questa prospettiva, il rischio si considera assunto dal concessionario: i) nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei servizi oggetto della concessione; ii) qualora la parte del rischio trasferita al concessionario comporti una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile. Conseguentemente, non vengono considerati rischi utili a qualificare il rapporto in termini di concessione tutti quei rischi legati a una cattiva gestione, a inadempimenti contrattuali da parte dell'operatore economico o a cause di forza maggiore, risultando tali rischi comunque insiti in ogni contratto, indipendentemente dalla sua qualificazione in termini di concessione o di appalto (cfr. considerato n. 20 della direttiva 2014/23/UE). È possibile osservare che la normativa comunitaria si limita sostanzialmente a registrare gli approdi della giurisprudenza della Corte di Giustizia, che da anni individua il criterio distintivo della concessione proprio nell'assunzione da parte del soggetto concessionario del cd. “rischio d'impresa” (Cfr. Corte giust. UE, Sez. III, 10 marzo 2011, causa C – 274/09, Stadler; Corte giust. UEs, 15 ottobre 2009, causa C-196/08, Acoset). Nella giurisprudenza della Corte di Giustizia UE il rischio d'impresa idoneo a qualificare il rapporto concessorio si concreta nell'impossibilità per l'amministrazione concedente di assicurare, in tutto e per tutto, la remuneratività dell'investimento per il soggetto concessionario. In tal senso, nel corso degli ultimi anni la CGUE ha precisato che il rischio di gestione rilevante ai fini della configurazione del rapporto come concessione deve essere inteso come rischio di esposizione all'alea del mercato, che può tradursi segnatamente nel rischio di concorrenza da parte di altri operatori, nel rischio di uno squilibrio tra domanda e offerta di servizi, nel rischio d'insolvenza dei soggetti che devono pagare il prezzo dei servizi forniti, nel rischio di mancata copertura delle spese di gestione mediante le entrate o, ancora, nel rischio di responsabilità di un danno legato ad una carenza del servizio; con esclusione (quindi) dei rischi legati a una cattiva gestione o ad errori di valutazione da parte dell'operatore economico ovvero dei rischi propri di qualsiasi contratto (Corte giust. UE, 10 marzo 2011 C-274/09 Stadler;Corte giust. UE , 10 novembre 2011, C-348/2010 Norma A- SIA; Corte giust. UE,10 settembre 2009, C 206/08, Eurawasser). Dal canto suo, la giurisprudenza nazionale si è concentrata nell'individuazione di indici sintomatici rivelatori della esistenza di una concessione di pubblico servizio, enumerandoli come segue : a) sussistenza di un servizio pubblico locale rivolto alla produzione di beni e utilità per obiettive esigenze sociali (ovvero, secondo il linguaggio dell'Unione europea (artt. 16 e 86 del Trattato FUE), di un servizio di interesse economico generale che viene a svolgere una funzione essenziale nell'ambito della costituzione economica di tutti i Paesi membri, dovendosi intendere per tale quello rivolto all'utenza, capace di soddisfare interessi generali e di garantire una redditività – del quale i cittadini usufruiscono uti singuli e come componenti la collettività); b) sussistenza di prestazioni a carico degli utenti che si riscontra tipicamente nei servizi a domanda individuale; c) assunzione a carico del concessionario del rischio economico relativo alla gestione del servizio; d) preordinazione dell'attività a soddisfare in modo diretto esigenze proprie di una platea indifferenziata di utenti per un periodo di lunga durata; e) sottoposizione del gestore ad una serie di obblighi, tra i quali quelli di esercizio e tariffari, volti a conformare l'espletamento dell'attività a regole di continuità, regolarità, capacità tecnico-professionale e qualità, in ragione del fatto che ciò che connota in modo rilevante la natura di servizio pubblico è il conseguimento di fini sociali a favore della collettività per il tramite dell'attività svolta dal gestore; f) delega traslativa di poteri organizzatori dall'ente al privato; g) struttura trilaterale del rapporto, nel senso che tutte le prestazioni dei soggetti coinvolti fanno capo all'amministrazione, al gestore ed agli utenti (cfr Cons. St., Ad. plen., 30 gennaio 2014, n. 7, con specifico riferimento ad un programma di cd. housing sociale; v. anche Cons. St., Sez. V, 2 maggio 2013, n. 2385 e Corte giust. UE, Sez. VI, 29 aprile 2013, n. 2342 con riferimento all'affidamento della conduzione di impianti sportivi). Sempre la giurisprudenza nazionale ha precisato che l'assunzione del rischio di gestione, quale elemento distintivo della concessione, non resta ex se escluso dalla circostanza che il costo del servizio non sia fatto gravare sugli utenti, in quanto questo elemento assume rilievo soltanto quando il servizio pubblico, per le sue caratteristiche oggettive, è divisibile fra quanti, in concreto ne beneficiano direttamente (Cons. St.¸Sez. V, 30 aprile 2002, n. 2294; Cons. St., Sez.V, 16 dicembre 2004, n. 8090, 1; Cons. St., 5 gennaio 2008, n. 36). Viceversa, deve essere considerato come appalto un contratto per la quale l'amministrazione si sia impegnata a versare un corrispettivo remunerativo di tutti gli oneri e gli obblighi contrattuali previsti nel capitolato speciale d'appalto (v. Cass. Civ., Sez. un., 20 aprile 2017, n.9965) mentre non risulta ostativo alla qualificazione del contratto come concessione il fatto che il concessionario paghi all'amministrazione un canone per l'utilizzo di un bene pubblico (Cons. St., Sez. VI, 16 luglio 2015, n.3571). Nel vigente codice dei contratti pubblici, il rischio operativo qualificante il rapporto concessorio è ora chiaramente definito dall'art. 3, comma 1, lett. zz), d.lgs. n. 50 del 2016, che individua il medesimo come «il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell'offerta o di entrambi, trasferito all'operatore economico…»; precisando che «Si considera che l'operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l'insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita all'operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dall'operatore economico non sia puramente nominale o trascurabile».
Nel previgente codice degli appalti (d.lgs. n. 163 del 2006) la concessione di servizi non risultava oggetto di una disciplina organica e sistematica. Il precedente codice dedicava, infatti, a tale istituto l'art. 3, comma 12, che definiva la concessione di servizi come «un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo, in conformità all'articolo 30»; e l'art. 30, che espressamente escludeva dall'ambito di applicazione della normativa codicistica l'istituto concessorio (per i contratti nei settori speciali, l'esclusione operava in virtù dell'art. 216 d.lgs. n. 163 del 2016). Pur escludendo l'applicazione del codice alle concessione di servizi, il medesimo art. 30, al comma 3, prevedevava però che «La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi». In sostanza, alla sottrazione dell'istituto alle specifiche disposizioni recate dal codice degli appalti, si accompagnava la espressa sottoposizione della concessione di servizi ai principi generali in materia di evidenza pubblica volti a garantire la trasparenza, l'imparzialità e la proporzionalità dell'azione amministrativa, nonché il rispetto dei canoni minimi a tutela della concorrenza sul mercato. Per il resto la disciplina dell'istituto risultava comunque molto scarna, limitandosi unicamente il legislatore a riconoscere l'applicabilità alle concessioni di servizi: 1) in via generale, delle discipline specifiche che prevedessero forme più ampie di tutela della concorrenza (v. art. 30, comma 4, d.lgs. n. 163 del 2006); 2) delle disposizioni della parte IV del codice (in tema di contenzioso; v. art. 30, comma 4, prima parte, d.lgs. n. 163 del 2006); 3) nonché, in quanto compatibili, delle disposizioni di cui all'art. 143, comma 7, del codice (v. art. 30, comma 7, ultima parte, d.lgs. n. 163 del 2006) e delle disposizioni di cui al capo III, titolo III, parte II del codice appalti (rubricato “Promotore finanziario, società di progetto e disciplina della locazione finanziaria per i lavori e del contratto di disponibilità”; v. art. 152, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006).
Attualmente, l'istituto della concessione è regolato dal nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50 del 2016) che, come già detto in precedenza, ha dato attuazione alla direttiva 2014/23/UE. Il nuovo codice dei contratti opera una sostanziale codificazione dell'istituto della concessione, dedicando ad esso, per intero, la parte III del codice. 1. L'opera di “codificazione” segue sostanzialmente 4 distinte linee direttrici: a) si individuano i principi del codice che devono ritenersi applicabili alle concessioni (artt. 164 e 166) e si interviene in via definitoria tipizzando l'istituto della concessione di servizi, anche attraverso la qualificazione in via positiva del rischio d'impresa e dell'equilibrio economico–finanziario che deve connotare il rapporto concessorio (cfr. art. 3, comma 1, lett. vv) e zz) e art. 165 d.lgs. n. 50 del2016); b) si individuano gli elementi utili per la stima del valore delle concessione e della relativa durata, anche al fine di evitare possibili elusioni delle soglie comunitarie (cfr. artt. 167 e 168); c) si individuano le garanzie procedurali che devono caratterizzare l'aggiudicazione delle concessioni (cfr. artt. 170, 171 e 173); d) si dettano norme speciali per la fase di esecuzione della concessione (cfr. artt. 174, 175 e 176).
a) I principi applicabili alle concessioni, rischio operativo ed equilibrio economico del concessionario nel nuovo codice appalti. Si è già detto che il nuovo codice dei contratti offre una definizione compiuta dell'istituto della concessione di servizi e del rischio operativo che deve indefettibilmente gravare sul concessionario. (Cfr. paragrafi 1 e 2). Specifica attenzione dal legislatore viene dedicata anche ai principi che devono presiedere l'affidamento delle concessioni agli operatori economici. L'art. 164, comma 2, stabilisce infatti che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione. Il successivo comma 3 esclude dall'applicabilità della Parte III del Codice (rubricata “Contratti di concessione”) i servizi non economici di interesse generale. Sempre in punto di definizione dei principi applicabili all'istituto concessorio, l'art. 166 riconosce l'autonomia organizzativa e istituzionale dell'ente all'atto dell'individuazione dei modelli organizzativi di gestione dei servizi destinati all'utenza, stabilendo che «le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario, fatto salvo il rispetto delle norme di cui alla presente Parte. Essi sono liberi di decidere il modo migliore per gestire l'esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell'accesso universale e dei diritti dell'utenza nei servizi pubblici». L'art. 173, precisa infine che le concessioni sono aggiudicate sulla base dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, nonché di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità. È opportuno segnalare che particolare attenzione viene riservata dal legislatore all'equilibrio economico-finanziario che deve presiedere e sovrintendere al rapporto concessione per l'intera durata e che viene definito come «la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria» [cfr. art. 3, comma 1, let. fff)]. Lo stesso codice precisa che per convenienza economica si intende «la capacità del progetto di creare valore nell'arco dell'efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato per il capitale investito» [cfr. art. 3, comma 1, let. fff)]; laddove sostenibilità finanziaria, si intende (invece) «la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento» [cfr. art. 3, comma 1, lett. fff)]. Proprio al fine di garantire la conservazione dell'equilibrio impresso al rapporto concessorio all'atto dell'instaurazione, l'art. 165 del nuovo codice dei contratti pubblici (rubricato “rischio ed equilibrio economico – finanziario nelle concessioni”) individua infatti 5 macro regole: 1) Nei contratti di concessione la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario deve provenire dalla vendita dei servizi resi al mercato, fermo restando il trasferimento al concessionario del rischio operativo riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull'equilibrio del piano economico finanziario (art. 165, comma 1); 2) L'equilibrio economico finanziario deve rappresentare il presupposto per la corretta allocazione dei rischi operativi (art. 165, comma 2, prima parte); 3) Ai soli fini del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara l'amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili, con l'avvertenza che: i) il contributo, se funzionale al mantenimento dell'equilibrio economico-finanziario, può essere riconosciuto mediante diritti di godimento su beni immobili nella disponibilità dell'amministrazione aggiudicatrice la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all'opera affidata in concessione; ii) in ogni caso, l'eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al quarantanove per cento del costo dell'investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari (art. 165, comma 2, seconda parte); 4) Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull'equilibrio del piano economico finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio. In tal caso, la revisione dovrà consentire la permanenza dei rischi trasferiti in capo all'operatore economico e delle condizioni di equilibrio economico finanziario relative al contratto (art. 165, comma 6, prima parte); 5) In caso di mancato accordo sul riequilibrio del piano economico finanziario, le parti possono recedere dal contratto [e in tale ipotesi, al concessionario sono rimborsati gli importi di cui all'articolo 176, comma 4, lett. a) e b), ad esclusione degli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse – Cfr. art. 165, comma 6, ultimo parte]. È possibile osservare che, nell'economia dell'intervento legislativo, l'assetto dei rischi gravanti sul concessionario risulta profondamente connesso e compenetrato nell'equilibrio economico finanziario dell'intero rapporto concessorio e quest'ultimo assume una valenza non meramente statica, ma dinamica; tant'è che il verificarsi di eventi non riconducibili al concessionario giustifica e legittima la rimodulazione ex post dell'equilibrio medesimo al fine di adeguarlo a eventuali sopravvenienze idonee ad alterare il piano dei rischi originariamente assunti dall'operatore economico.
b) Valore e durata delle concessioni. Nell'ambito dell'operazione di sostanziale “codificazione” della concessione, l'attenzione del legislatore si è concentrata anche sui profili afferenti la stima del valore della concessione e la relativa durata. Con riferimento al primo profilo, l'art. 167 del nuovo codice dei contratti pubblici stabilisce che il valore di una concessione, ai fini delle soglie di rilevanza comunitaria, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell'IVA e stimato dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore quale corrispettivo dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali servizi. Il medesimo articolo, al comma 2, precisa che il valore stimato è calcolato al momento dell'invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione. Ai sensi del comma 4, il valore stimato della concessione deve essere calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione e, ai fini del calcolo, si deve tener conto dei seguenti elementi: a) il valore di eventuali forme di opzione ovvero di altre forme comunque denominate di protrazione nel tempo dei relativi effetti; b) gli introiti derivanti dal pagamento, da parte degli utenti dei servizi, di tariffe e multe diverse da quelle riscosse per conto dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore; c) i pagamenti o qualsiasi vantaggio finanziario conferito al concessionario, in qualsivoglia forma, dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore o da altre amministrazioni pubbliche, incluse le compensazioni per l'assolvimento di un obbligo di servizio pubblico e le sovvenzioni pubbliche di investimento; d) il valore delle sovvenzioni o di qualsiasi altro vantaggio finanziario in qualsivoglia forma conferiti da terzi per l'esecuzione della concessione; e) le entrate derivanti dalla vendita di elementi dell'attivo facenti parte della concessione; f) il valore dell'insieme delle forniture e dei servizi messi a disposizione del concessionario dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori, purchè necessari per la prestazione dei servizi; g) ogni premio o pagamento o diverso vantaggio economico comunque denominato ai candidati o agli offerenti. L'art. 166 del vigente codice dei contratti pubblici si chiude infine con alcune disposizioni (commi 6, 7e 8) volte ad evitare che la scelta del metodo di aggiudicazione o la suddivisione artificiosa della concessione in lotti possano essere strumentalmente utilizzate al fine di eludere le soglie comunitarie e, conseguentemente, l'applicazione delle disposizioni del codice dei contratti in materia di affidamento delle concessioni. Il comma 6 della citata disposizione prevede infatti che la scelta del metodo per il calcolo del valore stimato della concessione non può essere fatta con l'intenzione di escludere la concessione dall'ambito di applicazione del presente codice, precisando che una concessione non può essere frazionata al fine di escluderla dall'osservanza delle norme del codice dei contratti pubblici, tranne nel caso in cui ragioni oggettive lo giustifichino. I successivi commi 7 e 8 stabiliscono invece rispettivamente che: i) quando un'opera o un servizio proposti possono dar luogo all'aggiudicazione di una concessione per lotti distinti, è computato il valore complessivo stimato della totalità di tali lotti; ii) quando il valore complessivo dei lotti è pari o superiore alla soglia di cui all'articolo 35 il codice dei contratti pubblici si applica all'aggiudicazione di ciascun lotto.
c) Le garanzie procedurali. Il legislatore ha avvertito altresì l'esigenza di dettare specifici disposizioni al fine di garantire che il procedimento di aggiudicazione della concessione avvenga nell'effettivo rispetto dei principi recati dal Codice dei contratti pubblici. A tal fine, l'operazione di definizione delle cd. garanzie procedurali ha interessato: a) l'individuazione di requisiti tecnici e funzionali per partecipare alla selezione ad evidenza pubblica (v. art. 170 d.lgs. n. 50 del 2016); b) i criteri e le modalità di selezione nonché la valutazione qualitativa dei concorrenti. Con riferimento al primo profilo, l'art. 170 precisa che i requisiti tecnici e funzionali per partecipare alla selezione: a) devono essere sempre definiti nei documenti di gara, collegati all'oggetto del contratto e commisurati al valore e agli obiettivi dello stesso; b) a meno che non sia giustificato dall'oggetto del contratto, non possono avere come effetto quello di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti; c) non può essere disposta l'esclusione di un offerente per il mancato rispetto dei requisiti tecnici e funzionali, ove l'offerente provi, con qualsiasi mezzo idoneo, che le soluzioni da lui proposte soddisfino in maniera equivalente i requisiti tecnici e funzionali. Gli artt. 171 e 172 individuano poi le garanzie procedurali che devono invece sovrintendere l'affidamento in senso stretto delle concessioni e la selezione anche qualitativa dei candidati. Ai sensi dell'art. 171, nello specifico, i criteri di aggiudicazione devono soddisfare le seguenti condizioni: a) l'offerta deve rispondere ai requisiti minimi prescritti dalla stazione appaltante; b) l'offerente deve ottemperare alle condizioni di partecipazione; c) l'offerente deve possedere i requisiti di cui all'art. 172 del codice. L'art. 172 stabilisce infine che le stazioni appaltanti in fase di gara verifichino le condizioni di partecipazione dei candidati sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova. Per soddisfare le condizioni di partecipazione, ove opportuno, l'operatore economico può affidarsi alle capacità di altri soggetti, indipendentemente dalla natura giuridica dei suoi rapporti con loro (avvalimento). Se un operatore economico intende fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, deve dimostrare all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore che disporrà delle risorse necessarie per l'intera durata della concessione. Per quanto riguarda la capacità finanziaria, la stazione appaltante può comunque richiedere che l'operatore economico e i soggetti in questione siano responsabili in solido dell'esecuzione del contratto. Alle stesse condizioni, un raggruppamento di operatori economici di cui all'articolo 45 può fare valere le capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti. L'art. 173, stabilisce infine che l'aggiudicazione delle concessioni deve avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, nonché di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità
d) Profili afferenti l'esecuzione delle concessioni (cenni). Il codice dei contratti detta infine una disciplina particolare per regolare la fase propriamente esecutiva del rapporto concessorio, disciplinando non solo il subappalto, ma anche le modifiche della concessione che intervengono in fase esecutiva e le vicende che comportano soluzioni di continuità nelle concessioni assentite (ed eventualmente il subentro di un nuovo concessionario). Con riferimento al subappalto, l'art. 174 precisa che gli operatori economici debbano indicare in sede di offerta le parti del contratto di concessione che intendono subappaltare a terzi. A tal fine: i) non si considerano terzi le imprese che si sono raggruppate o consorziate per ottenere la concessione, né le imprese ad esse collegate; ii) se il concessionario ha costituito una società di progetto, non si considerano terzi i soci, ove sussistano le condizioni di cui al comma 2 del citato articolo 184. Il comma 2 del medesimo art. 174 prevede che gli operatori economici, che non siano microimprese, piccole e medie imprese, per le concessioni di lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alla soglia di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a), devono indicare una terna di sub-appaltatori nei seguenti casi: a) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali non sia necessaria una particolare specializzazione; b) concessione di lavori, servizi e forniture per i quali risulti possibile reperire sul mercato una terna di nominativi di subappaltatori da indicare, atteso l'elevato numero di operatori che svolgono dette prestazioni. L'art. 175 del Codice dei contratti si preoccupa invece di disciplinare le modifiche del rapporto concessorio che intervengono in fase esecutiva. Tale disposizione consente modifiche alle concessioni già assentite, senza una nuova procedura di aggiudicazione, al ricorrere delle seguenti condizioni: a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state espressamente previste nei documenti di gara iniziali e non alterino la natura generale della concessione ovvero non si tramutino in una proroga della stessa; b) se occorre prestare servizi supplementari, non inclusi nella concessione, che si sono resi necessari in corso di esecuzione a condizione che un cambiamento di concessionario risulti impraticabile per motivi economici o tecnici c) ove ricorrano, contestualmente, le seguenti condizioni: 1) la necessità di modifica derivi da circostanze che una stazione appaltante non ha potuto prevedere utilizzando l'ordinaria diligenza; 2) la modifica non alteri la natura generale della concessione; d) se un nuovo concessionario sostituisce quello a cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato la concessione a causa di una delle seguenti circostanze: - attivazione di una clausola di revisione ai sensi e per gli effetti dell'art. 175, comma 1, lett. a); - al concessionario iniziale succeda, in via universale o particolare, un nuovo operatore a seguito di modificazione soggettiva (ad esempio ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, acquisizione o insolvenza) purché soddisfi i criteri di selezione previsti dalla legge di gara e ciò non comporti modifiche sostanziali al contratto (in tal caso, è ovviamente necessaria l'autorizzazione del concedente, ove richiesta sulla base della regolamentazione di settore); 3) nel caso in cui la stazione appaltante si assuma gli obblighi del concessionario principale nei confronti dei suoi subappaltatori; e) se le modifiche, a prescindere dal loro valore, non si ritengano c.d. modifiche sostanziale. Nelle ipotesi di cui alle lettere a), b) e c), per le concessioni aggiudicate dalle amministrazioni nei settori ordinari le modifiche successive non possono comportare un aumento eccedente il 50 per cento del valore della concessione iniziale, inteso come valore risultante a seguito dell'aggiudicazione dei servizi oggetto di concessione. L'art. 175 consente poi di effettuare modifiche al rapporto concessorio senza necessità di una nuova procedura di aggiudicazione, ove la modifica non alteri la natura generale della convenzione e risulti inferiore: a) alla soglia comunitaria ex art. 35, comma 1, lett. a); b) al 10 per cento del valore della concessione iniziale. La norma fornisce una definizione di “modifica sostanziale”, dovendosi intendere come tale quella modifica che:
La stessa norma prevede inoltre che si verta nell'ipotesi di modifica sostanziale anche nel caso in cui, in fattispecie diverse da quelle previste al comma 1, lettera d), un nuovo concessionario sostituisca quello cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato la concessione. Le vicende che comportano soluzioni di continuità nel rapporto concessorio sono infine disciplinate dall'art. 176, che stabilisce innanzitutto che una concessione può cessare quando: a) il concessionario avrebbe dovuto essere escluso ai sensi dell'articolo 80; b) la stazione appaltante ha violato con riferimento al procedimento di aggiudicazione, il diritto dell'Unione europea come accertato dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea; c) la concessione ha subito una modifica che avrebbe richiesto una nuova procedura di aggiudicazione. La citata disposizione precisa che nell'ipotesi in cui venga avviato un procedimento di annullamento d'ufficio della concessione non si si applicano i termini previsti dall'art. 21-nonies, l. 7 agosto 1990, n. 241. L'art. 176, al comma 4, prevede che se l'annullamento dipende da vizio non imputabile al concessionario o laddove la concessione è revocata per motivi di pubblico interesse, spettano comunque al concessionario: a) il valore delle opere realizzate più gli oneri accessori, al netto degli ammortamenti, ovvero, nel caso in cui l'opera non abbia ancora superato la fase di collaudo, i costi effettivamente sostenuti dal concessionario; b) le penali e gli altri costi sostenuti o da sostenere in conseguenza della risoluzione, ivi inclusi gli oneri derivanti dallo scioglimento anticipato dei contratti di copertura del rischio di fluttuazione del tasso di interesse; c) un indennizzo a titolo di risarcimento del mancato guadagno pari al 10 per cento del valore delle opere ancora da eseguire ovvero del valore attuale della parte del servizio pari ai costi monetari della gestione operativa previsti nel piano economico finanziario allegato alla concessione. L'efficacia della revoca della concessione è sottoposta alla condizione sospensiva del pagamento da parte dell'amministrazione aggiudicatrice o dell'ente aggiudicatore delle somme dovute al concessionario. Qualora invece si versi nell'ipotesi di risoluzione della concessione per inadempimento del concessionario trova applicazione l'art. 1453 c.c. (cfr. art. 176, comma 7).
Casistica
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