Contratti esclusi

Giovanni Caputi
18 Maggio 2020

Il legislatore ha definito puntualmente le tipologie contrattuali per le quali è necessario il rispetto delle procedure previste dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, stabilendo, altresì, le soglie economiche al di sotto delle quali, pur non trovando applicazione la normativa testé citata, risulta (necessario e) sufficiente il rispetto dei principi fondamentali di trasparenza e parità di trattamento. Anche dal punto di vista soggettivo, il Codice procede alla definizione degli enti, pubblici e privati, soggetti all'applicazione delle suddette norme.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Il legislatore ha definito puntualmente le tipologie contrattuali per le quali è necessario il rispetto delle procedure previste dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, stabilendo, altresì, le soglie economiche al di sotto delle quali, pur non trovando applicazione la normativa testé citata, risulta (necessario e) sufficiente il rispetto dei principi fondamentali di trasparenza e parità di trattamento. Anche dal punto di vista soggettivo, il Codice procede alla definizione degli enti, pubblici e privati, soggetti all'applicazione delle suddette norme.

Al contempo, il legislatore ha previsto casi specifici di deroga, in tutto o in parte, rispetto alla disciplina dettata per l'affidamento degli appalti pubblici: i contratti c.d. esclusi. Nei casi di esenzione, la tutela della concorrenza è considerato un principio recessivo rispetto ad altri ritenuti più pregnanti (come, ad esempio, la sicurezza nazionale e gli obblighi internazionali).

L'art. 3 c.c.p., al comma 18, definisce «contratti esclusi» quelli «sottratti in tutto o in parte alla disciplina del presente codice». Tale regolazione è contenuta nella parte I, titolo II, del Codice, sotto la rubrica «Contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del Codice».

La deroga riferita a determinate fattispecie contrattuali rappresenta un numero chiuso e, per questo, il legislatore si è premurato di prevedere un elenco dei casi in cui le norme del Codice non avrebbero trovato applicazione, scongiurando, così, la possibilità di estensione, più o meno automatica, della deroga ad altre fattispecie.

I contratti esclusi sono elencati nel Codice agli artt. dal 16 al 26. Si tratta, in particolare: degli appalti di produzione e commercio di armi, munizioni e materiale bellico (art. 16, ora dal d.lgs. n. 208 del 2011); segretati o che esigono particolari misure di sicurezza (art. 17, d.lgs. n. 208 del 2011); aggiudicati in base a norme internazionali (art. 18, d.lgs. n. 208 del 2011); dei c.d. “servizi esclusi” (art. 19,d.lgs. n. 208 del 2011); di alcuni servizi (artt. 20-21, d.lgs. n. 208 del 2011); del settore delle telecomunicazioni (art. 22, d.lgs. n. 208 del 2011); dei servizi al pubblico di autotrasporto mediante autobus (art. 23, d.lgs. n. 208 del 2011); degli appalti aggiudicati a scopo di rivendita o di locazione a terzi (art. 24, d.lgs. n. 208 del 2011); quelli aggiudicati per l'acquisto di acqua e per la fornitura di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia (art. 25); dei contratti di sponsorizzazione (art. 26, d.lgs. n. 208 del 2011).

Al termine dell'elencazione è collocato l'art. 27, d.lgs. n. 208 del 2011 che costituisce una norma di chiusura posta al fine di chiarire che, anche nell'ambito dei contratti esclusi, è fatto obbligo alle amministrazioni aggiudicatrici, comunque denominate, di rispettare i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità, nonché di far precedere l'affidamento dall'invito ad almeno cinque concorrenti, sempre che ciò sia compatibile con l'oggetto del contratto (sul punto, Cons. St., Ad. plen. 3 marzo 2008, n. 1). In tal modo, la norma estende l'applicazione dei principi previsti dai Trattati anche ai settori “esclusi”, ferma restando la possibilità di non applicare rigidamente la normativa codicistica. Al contempo, ciò sta, ovviamente, a significare che l'ente aggiudicatore potrà, se lo ritiene opportuno, scegliere di osservare alcune specifiche disposizione del Codice, ancorché non necessariamente applicabili, autovincolandosi all'osservanza di determinate norme, ritenute, caso per caso, adeguate alle proprie esigenze, facendolo presente nel bando di gara o nella lettera d'invito.

La deroga si applica a tutti gli enti aggiudicatori indipendentemente dalla loro qualificazione giuridica o formale. Per questo, è possibile concludere che il criterio di esenzione si basa su caratteristiche di tipo oggettivo, ossia sulla materia e l'affare trattato, diversamente da come avvenuto in passato quando la legge generale di contabilità di Stato aveva previsto specifiche deroghe all'evidenza pubblica per determinati soggetti, quali, ad esempio, l'Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato.

Si distingue solitamente tra gli appalti “esenti”, ossia quelli che, pur dovendo rientrare nel regime di applicazione del Codice, ne vengono esclusi per motivazioni di ordine politico in considerazione di esigenze ritenute maggiormente meritevoli di tutela, e i c.d. contratti “estranei”, che sono al di fuori dei settori di intervento delle direttive o dell'ordinamento comunitario, quali gli appalti da eseguirsi al di fuori del territorio dell'Unione ovvero quelli aggiudicati nei settori speciali per fini diversi dall'esercizio delle attività inerenti a tali settori (Cons. St., Ad. plen., 1° agosto 2011, n.16).

Da questa prima disamina si evince che non esiste una ratio unitaria sottesa all'esclusione della normativa prevista dal Codice in materia di evidenza pubblica, avendo il legislatore valutato, caso per caso, l'esistenza di specifiche necessità che consigliano l'adozione della disciplina derogatoria. Di conseguenza, non è possibile individuare una ragione unitaria che possa condurre ad una classificazione generale di una tipologia contrattuale meritevole di deroga, ma occorre valutare le ragioni dei casi di esenzione con riferimento alla specifica disposizione derogatoria.

Si segnala che la nuova direttiva europea in materia di appalti (direttiva 2014/24/UE) disciplina le “esclusioni” dall'ambito di applicazione della direttiva medesima, nella Sez. III del titolo I, agli artt. 7 e ss.

Con riferimento al settore delle comunicazioni elettroniche, l'art. 8 specifica che «La presente direttiva non si applica agli appalti pubblici e ai concorsi di progettazione principalmente finalizzati a permettere alle amministrazioni aggiudicatrici la messa a disposizione o la gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di comunicazioni elettroniche. Ai fini del presente articolo, i termini “rete pubblica di comunicazioni” e “servizio di comunicazione elettronica” hanno lo stesso significato che hanno nella direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio». La disposizione successiva conferma l'esclusione dall'ambito di applicazione della normativa sovranazionale, degli appalti pubblici aggiudicati secondo norme internazionali (art. 9).

Si segnala, inoltre, che – come osservato dai primi commentatori – il legislatore eurounitario ha abbandonato la distinzione tra servizi integralmente sottoposti all'applicazione delle direttive e servizi sottratti alle regole della concorrenza. In particolare, l'art. 10 indica una serie di servizi ai quali le norme della direttive non si applicano: i servizi legali sottratti al regime di concorrenza sono solo quelli per i quali l'elemento fiduciario e della urgenza di disporre di un sistema di adeguata rappresentanza in giudizio (o quando si tratti di attività per le quali appare elevata la probabilità di un futuro contenzioso) non consentono l'indizione di procedure di gara (ne consegue che le attività consulenziali sono ormai attratte dal pieno rispetto delle direttive). Sono invece contemplati nuovi servizi sottratti all'applicazione delle direttive, quali quelli concernenti i prestiti, a prescindere dal fatto che siano correlati all'emissione, alla vendita, all'acquisto o al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, i servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli, forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, e concernenti servizi connessi a campagne politiche aggiudicati da un partito politico nel contesto di una campagna elettorale.

È confermata l'esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva degli appalti aggiudicati in base ad un diritto esclusivo (art. 11) nonché di quelli relativi ai servizi di ricerca e sviluppo (art. 13).

I contratti relativi alla produzione e al commercio di armi, munizioni e materiale bellico; i contratti secretati e che esigono particolari misure di sicurezza (artt. 16-17)

Originariamente, all'art. 16 del Codice era prevista la deroga per contratti relativi alla produzione e al commercio di armi, munizioni e materiale bellico, frutto del recepimento dell'art. 10 Direttiva 2004/18/CE. Tale esenzione era, invero, già prevista nel nostro ordinamento in quanto codificata all'art. 4, lett. c), d.lgs. n. 358 del 1992, che sottraeva all'applicazione delle norme sull'evidenza pubblica le forniture inerenti al settore della difesa e del materiale bellico di cui all'elenco deliberato dal Consiglio delle Comunità europee di cui all'art. 223, par. 2, del Trattato (oggi art. 296, par. 1, lett. b). Già in questa prima versione della norma era prevista l'esenzione solo in presenza di uno specifico vincolo di destinazione, al fine di evitare usi strumentali che potessero condurre ad una irragionevole compromissione della concorrenza in assenza delle ragioni giustificatrici in tema di sicurezza nazionale e segretezza.

Successivamente, la Commissione ha ritenuto di dover porre in essere una serie di iniziative volte alla creazione di un mercato europeo dei materiali della difesa, predisponendo il c.d. “Libro verde sugli appalti pubblici della difesa” ed una successiva consultazione all'esito della quale è stata approvata la Direttiva 2009/81/CE, che rappresenta la prima esperienza di un testo unitario per la regolamentazione degli approvvigionamenti nel settore della difesa in ambito comunitario.

La previsione di una regolamentazione unitaria è stata considerata particolarmente importante anche in ottica di realizzazione di una comune politica europea di sicurezza e di difesa (PESD), nell'intento di coordinare le politiche militari degli Stati membri anche attraverso il coordinamento delle capacità militari e delle spese per le relative attrezzature. Ciò nell'ottica non solo di mero acquisto di prodotti bellici, ma anche di investimento in attività di ricerca e sviluppo, ambiti nei quali, evidentemente, l'interesse del singolo Stato dell'Unione ad una gestione libera dalla regolamentazione del Codice è particolarmente pregnante.

(Segue). Il campo di applicazione dell'esenzione

La Direttiva 2009/81/CE è stata recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 208 del 2011, che si applica agli appalti pubblici aggiudicati nei settori della difesa e della sicurezza relativi alla fornitura di materiale militare esensibile nonché ai lavori e servizi per fini specificamente militari, o lavori e servizi sensibili; la normativa in parola, invece, non si applica agli appalti aggiudicati in base a norme internazionali né agli appalti:

- disciplinati da norme procedurali specifiche in base a un accordo o intesa internazionale conclusi tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi;

- disciplinati da norme procedurali specifiche di un'organizzazione internazionale;

- per i quali la divulgazione di alcune informazioni metterebbe a repentaglio la sicurezza di uno Stato membro;

- aggiudicati nel quadro di un programma di cooperazione per lo sviluppo di un nuovo prodotto;

- per attività di intelligence;

- aggiudicati in un paese terzo, quando le forze operano al di fuori del territorio dell'Unione e le transazioni hanno luogo nell'area delle operazioni;

- di beni immobili;

- aggiudicati da un governo a un altro governo.

Nell'ambito del recepimento della direttiva, il Codice è stato modificato all'art. 1, con l'inserimento di un comma 1-bis secondo cui esso non disciplina i «contratti cui si applica il decreto di attuazione della direttiva 2009/81/CE e dei contratti di cui all'art. 6 dello stesso decreto legislativo di attuazione», che risultano, pertanto, disciplinati daun corpus normativo ad hoc.

(Segue). I contratti che esigono particolari misure di sicurezza

Il d.lgs. n. 208 del 2011 ha modificato anche l'art. 17 del Codice, riguardante i contratti che esigono particolari misure di sicurezza, ma che, nondimeno, rimangono assoggettati alle regole ordinarie, salve alcune particolarità. La norma prevede infatti la deroga alle disposizioni del Codice «per i contratti al cui oggetto, atti o modalità di esecuzione è attribuita una classifica di segretezza», nonché per quelli «la cui esecuzione deve essere accompagnata da speciali misure di sicurezza, in conformità a disposizioni legislative, regolamentari o amministrative». La ratio della norma risiede evidentemente nell'opportunità di garantire la tutela del preminente interesse nazionale a mantenere la segretezza di determinate informazioni che, in caso di diffusione potrebbero arrecare rilevanti danni allo Stato o a una sua amministrazione.

Ciò, tuttavia, non determina una esenzione totale: le esigenze di segretezza devono essere, infatti, puntualmente individuate in via preventiva dall'amministrazione procedente, che, attraverso un provvedimento motivato, può imprimere il carattere di segretezza ad una determinata gara, sottraendola all'applicazione codicistica.

L'esenzione si è spesso prestata ad abusi da parte degli Stati membri e delle singole amministrazioni, motivo per il quale la Commissione ha dovuto più volte chiarire che affinché si possa utilizzare la deroga prevista devono necessariamente essere presenti entrambi i requisiti previsti dalla norma, che devono essere applicati in via cumulativa e non alternativa. In altre parole, è necessario che il contratto sia relativo alla produzione o al commercio di prodotti bellici e che gli stessi abbiano uno specifico vincolo di destinazione. La deroga, pertanto, non ha carattere generalizzato e l'utilizzo dei prodotti oggetto dell'appalto per altri scopi determina l'applicazione della disciplina ordinaria in materia di contratti pubblici.

In evidenza

La Corte di conti, che, come si è visto, si pronuncia anche sulla regolarità, correttezza ed efficacia della gestione dei contratti di cui all'art. 17, d.lgs. n. 163 del 2006 ha avuto modo di sottolineare che, ai fini dell'esclusione, non è sufficiente «il generico richiamo alle esigenze di sicurezza nell'espletamento del relativo servizio», essendo, invece, necessario che l'esigenza di segretezza e/o sicurezza abbia una stretta correlazione con l'oggetto del contratto (Corte Conti, Sez. contr., 05 luglio 2000, n. 69).

(Segue). Le procedure per l'affidamento dei contratti che esigono particolari misure di sicurezza

Per quanto riguarda la disciplina da seguire, l'art. 17 chiarisce che, fatte salve superiori esigenze di sicurezza e segretezza, l'amministrazione deve svolgere una gara informale, a cui sono invitati almeno cinque operatori economici in ambito comunitario. È richiesto, altresì, che gli operatori invitati abbiano e mantengano per tutta la durata dell'affidamento il nulla osta per la sicurezza. Secondo la giurisprudenza (cfr. Cons. St., Sez. IV, 9 agosto 2000, n. 4379), in ogni caso, è permesso all'ATI nell'ambito della quale una o più imprese abbiano perso il suddetto requisito di estrometterla, continuando nell'esecuzione del contratto.

La precedente normativa prescriveva il necessario possesso del nulla osta per la sicurezza anche in capo a progettisti, direttori dei lavori e collaudatori esterni all'amministrazione. Tale previsione non è stata riproposta nella nuova formulazione della norma, ma si ritiene che l'amministrazione, ritenendolo opportuno, possa includerla nel bando di gara per motivate ragioni di sicurezza.

Infine, giova segnalare che la norma prevede che tale tipologia di contratti sia sottoposta all'esclusivo controllo della Corte dei Conti, che si pronuncia anche sulla regolarità, correttezza ed efficacia della gestione, relazionando anche annualmente al Parlamento.

ANAC: parere di precontenzioso 16 maggio 2012 n. 78

L'ANAC ha avuto modo di affermare che l'esistenza delle particolari esigenze che impongono il possesso dell'Abilitazione di sicurezza (NOS) (ora NOSI) «giustifica il fatto di ritenere insufficiente per partecipare alla gara la sola Abilitazione Preventiva, in quanto la normativa sui lavori pubblici (art. 106, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, Regolamento attuativo, d.lgs. n. 163 del 2006) comporta l'obbligo di dimostrare di essersi “recati sul luogo di esecuzione dei lavori, di aver preso conoscenza delle condizioni locali, della viabilità di accesso”, cioè di avere effettuato un sopralluogo che, in questo caso, riguardando un edificio sottoposto a speciali misure di sicurezza o di segretezza non può essere effettuato con il possesso della sola Abilitazione Preventiva – che consente unicamente di partecipare alle gare ma non di accedere ad edifici sottoposti a speciali misure di sicurezza». Per questo, «la richiesta del possesso dell'Abilitazione di Sicurezza deve riguardare anche i progettisti singoli o associati, indicati o raggruppati, al fine di consentire loro di effettuare il prescritto sopralluogo sugli edifici, di visionare ed analizzare il progetto definitivo, come approvato e posto a base di gara e di redigere, ad aggiudicazione conseguita, la progettazione esecutiva».

I contratti aggiudicati in base a norme internazionali (art. 18)

La norma contenuta all'art. 18 c.c.p. prevede l'esclusione dall'applicazione delle norme del Codice stesso per i contratti pubblici aggiudicati in base:

a) ad un accordo internazionale, concluso in conformità del Trattato, tra l'Italia e uno o più Paesi terzi e riguardante forniture o lavori destinati alla realizzazione o allo sfruttamento congiunti di un'opera da parte degli Stati firmatari o concernente servizi destinati alla realizzazione comune o alla gestione comune di un progetto da parte degli Stati firmatari;

b) ad un accordo internazionale concluso in relazione alla presenza di truppe di stanza e concernente imprese dello Stato italiano o di un Paese terzo;

c) alla particolare procedura di un'organizzazione internazionale.

La norma costituisce, anche in questo caso, applicazione delle Direttive 13 e 14 del 2004 e la ratio dell'esenzione può essere rinvenuta nella preferenza che il legislatore intende riconoscere alla normativa di rango internazionale, considerata preminente sia in considerazione della difficoltà di conciliare gli accordi internazionali con le specifiche previsioni di cui al Codice, sia in ragione del rapporto di specialità esistente tra la norma generale dettata dal Codice ed il caso specifico che trova la propria fonte nel Trattato..

Come nei casi precedenti, si tratta di una esenzione totale; ciononostante, trovano regolare applicazione i principi di cui ai Trattati oltre alle norme sul procedimento amministrativo contenute nella l. n. 241 del 1990 e quelle del codice civile.

Nel caso previsto dalla lett. a), affinché l'esenzione possa trovare applicazione, è necessaria la contemporanea presenza di due requisiti, non alternativi, ma cumulativi: l'esistenza di un accordo internazionale, conforme al trattato, che preveda la presenza di truppe all'estero e la possibilità che possano essere affidati contratti di appalto di lavori, servizi o forniture tramite imprese dello Stato membro o del Paese terzo.

Non vi è una interpretazione univoca del termine “accordi internazionali”, ma si può ritenere che tali si debbano intendere i trattati, gli accordi, le convenzioni internazionali, protocolli e patti, nonché le risoluzioni ONU di invio di truppe per missioni internazionali di pace.

È, inoltre, prevista un'apposita procedura di comunicazione da parte del Ministero degli Esteri alla Commissione, che, ai sensi dell'art. 77, Direttiva 2004/18/UE, può chiedere un parere al Comitato consultivo per gli appalti pubblici.

La fattispecie di cui alla lett. b), invece, appare di più piana interpretazione: l'esenzione trova applicazione in tutti i casi di presenza di un accordo internazionale con truppe italiane di stanza all'estero. In questo caso, non è previsto alcun parere né trasmissione degli atti alla Commissione.

Il terzo caso, contemplato alla lett. c), riguarda la presenza di una particolare procedura predisposta da un'organizzazione internazionale. Stavolta l'esclusione è giustificata in forza della presunta esistenza di meccanismi adeguati di pubblicità e concorrenzialità già predisposti dalla banca o dall'organizzazione finanziatrice per il raggiungimento del risultato previsto.

In conclusione, anche per quanto riguarda questa categoria di contratti esclusi, l'omogeneità dell'articolato non corrisponde ad un'unica ratio: infatti, in alcuni casi, è stata preservata l'esigenza di assicurare prevalenza agli impegni internazionali assunti, in altri, più semplicemente, sono stati ritenuti sufficienti i meccanismi di selezione adoperati dai soggetti internazionali coinvolti.

I contratti di servizi esclusi (art. 19)

L'art. 19 c.c.p. disciplina i contratti di servizi esclusi in applicazione degli artt. 16 e 18 Direttiva 2004/18 e degli artt. 24 e 25 della Direttiva 2004/17.

La citata disposizione contempla le seguenti figure contrattuali:

a) acquisto o la locazione di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili, o riguardanti diritti su tali beni, ad esclusione dei contratti di servizi finanziari «conclusi anteriormente, contestualmente o successivamente al contratto di acquisizione o locazione»;

b) contratti pubblici aventi ad oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi radiotelevisivi;

c) contratti pubblici di servizi di arbitrato e conciliazione (è pacifico che nei servizi di arbitrato rientrino non solo l'arbitrato rituale (art. 806 c.p.c.) e quello irrituale (art. 808-ter c.p.c.), ma anche le figure di stampo privatistico dell'arbitraggio (art. 1349 c.c.) e della perizia contrattuale);

d) contratti concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari: in particolare, le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle amministrazioni aggiudicatrici, nonché i servizi forniti dalla Banca d'Italia;

e) contratti pubblici concernenti contratti di lavoro;

f) i servizi di ricerca e di sviluppo “diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente all'amministrazione aggiudicatrice perché li usi nell'esercizio della propria attività, a condizione che la prestazione dei servizi sia interamente retribuita da tale amministrazione”.

Tali contratti di servizi sono esentati in quanto, per le loro specifiche caratteristiche, appare remota la possibilità di incidere negativamente sui principi enunciati nei Trattati. Inoltre, in tutti i casi considerati, è possibile rinvenire una notevole incidenza dell'intuitu personae.

In effetti, secondo il legislatore, nazionale e comunitario, in taluni casi il servizio può essere reso da un solo soggetto e, per questo motivo, non residua spazio per l'applicazione della normativa a tutela della concorrenza in materia di contratti pubblici

Il comma 2 dell'art. 19 esclude dall'ambito di applicazione delle norme del Codice gli appalti pubblici di servizi aggiudicati in base ad un diritto esclusivo.

La ratio sottesa alla norma riguarda evidentemente l'opportunità di preservare l'interesse degli Stati membri a riservare agli enti pubblici alcune attività ritenute di preminente interesse generale. Ove non fosse possibile configurare un mercato, proprio a causa dell'esistenza di un diritto esclusivo, l'amministrazione potrebbe concludere contratti di appalto di servizi con i soggetti sopra elencati senza sottostare alle norme del Codice.

Alcuni commentatori hanno visto in ciò una sostanziale sovrapposizione con l'istituto dell'in house providing. Tuttavia, in merito, occorre rilevare che, a differenza dell'in house, sembra non essere indispensabile l'effettiva esistenza di un rapporto interorganico tra due soggetti (ente aggiudicatore, amministrazione aggiudicatrice, ecc.). In altre parole, nel caso dell'art. 19, comma 2, si è in presenza di un ordinario contratto di appalto che, per ragioni inerenti all'esistenza di un diritto esclusivo, viene sottratto all'applicazione del Codice. Contrariamente, nel caso dell'in house, vi è assenza sostanziale del rapporto intersoggettivo, e quindi di un vero e proprio contratto di appalto.

TAR Toscana, Sez. I, 27 aprile 2010, n. 1042

Il TAR Toscana, confermando che la Cassa depositi e prestiti possiede i requisiti propri dell'organismo di diritto pubblico e che la sua attività è rivolta «a garantire alle amministrazioni dello Stato i mezzi per assolvere alle proprie funzioni istituzionali laddove, rivolgendosi al mercato, tali mezzi non riuscirebbero a reperire o reperirebbero a condizioni più onerose», ha affermato che «i contratti che vengono stipulati da Stato, regioni, enti pubblici, enti locali o organismi di diritto pubblico con la Cassa sono esenti dall'applicazione della normativa di evidenza pubblica in base a quanto stabilito dall'art. 19, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006».

Gli appalti di servizi elencati all'allegato II B e quelli aventi ad oggetto servizi elencati sia nell'allegato II A sia nell'allegato II B

Gli artt. 20 e 21 del Codice individuano, attraverso il rinvio agli allegati IIA e IIB, gli appalti di servizi integralmente assoggettati alle norme del Codice stesso e quelli per i quali è prevista una applicazione attenuata.

Il legislatore distingue così gli appalti di servizi “prioritari” rispetto a quelli considerati “non prioritari”.

Nel caso dei contratti di cui all'Allegato IIA, è prevista l'integrale applicazione delle norme del Codice.

Nel caso dell'allegato IIB, invece, si prevede l'applicazione ai contratti di appalto delle norme di cui agli artt. 65 (avviso sui risultati della procedura di informazione), 68 (specifiche tecniche), 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati) e 27. In tal modo, con l'uso limitato di alcune specifiche norme, il legislatore ha inteso, da un lato, evitare l'apposizione di ostacoli ingiustificati alla concorrenza e, dall'altro, le regole di pubblicità e la necessaria applicazione dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità.

La disposizione di cui al successivo art. 21 richiede, ai fini dell'applicabilità o meno delle norme del Codice nell'ambito dei cc.dd. servizi “misti”, l'uso di un criterio quantitativo ed economico, non risultando, in questo caso, idoneo il criterio qualitativo funzionale. È il principio della prevalenza quantitativa delle prestazioni, posto in essere in conformità alle previsioni di cui agli artt. 22 Direttiva 2004/18 e art. 33 Direttiva 2004/17. In base alla norma, quindi, si potrà concludere per l'esclusione della normativa codicistica nel caso in cui il valore dei servizi elencati nell'allegato II-B fosse superiore a quello dei servizi elencati nell'allegato II-A.

In evidenza

In tema di servizi legali, il Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. V, 11 maggio 2012, n. 2730) ha distinto tra il conferimento dell'incarico di patrocinio legale e l'attività di assistenza e consulenza giuridica. Solo nel secondo caso, stante l'esistenza di un'organizzazione deputata allo scopo con determinazione di tempi e modi di esecuzione dell'incarico, sarebbe configurabile un appalto di servizi, con conseguente applicazione dei principi e delle procedure di cui all'art. 27 del Codice. Viceversa, nel caso di conferimento di un incarico di difesa in giudizio, l'incertezza relativa ai tempi e ai profili economici e sostanziali delle prestazioni da rendere, impedirebbe una qualificazione in termini di appalto di servizi con necessaria esclusione di tale tipo di rapporto e, conseguentemente, della disciplina di evidenza pubblica ex art. 27 del Codice.

I contratti esclusi nel settore delle telecomunicazioni (art. 22)

La norma contenuta all'art. 22 c.c.p. esclude l'applicazione della disciplina generale del Codice per gli appalti pubblici «principalmente finalizzati a permettere alle amministrazioni aggiudicatrici la messa a disposizione o la gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di telecomunicazioni».

L'Unione Europea ha svolto negli anni un'importante opera di liberalizzazione del mercato delle telecomunicazioni, volta, da un lato, ad assicurare l'effettiva concorrenza anche attraverso l'individuazione e la sanzione di posizioni strumentali assunte dagli ex monopolisti e, dall'altro, a garantire la possibilità di utilizzo dei servizi da parte di tutti i cittadini come funzione fondamentale di sviluppo economico-sociale.

Proprio in quanto l'offerta privata di servizi di telecomunicazioni al pubblico è competitiva con l'offerta pubblica di tali servizi, gli appalti finalizzati a permettere alle amministrazioni aggiudicatrici di mettere a disposizione o gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni o la prestazione al pubblico di uno o più servizi di telecomunicazioni non sono sottoposti alle regole di evidenza pubblica. Altra cosa sono gli appalti di servizi di telecomunicazioni finalizzati a consentire all'amministrazione di usufruire di tali servizi, i quali, invece, sono sottoposti alla disciplina del Codice.

Anche dai considerando delle direttive in materia si evince la volontà del legislatore comunitario di escludere questo settore dai vincoli del Codice in funzione del fatto che la liberalizzazione del mercato avrebbe fatto venir meno le esigenze di tutela precedentemente necessarie al fine di evitare gravi compromissioni delle dinamiche concorrenziali.

In definitiva, oggi, il settore dell'offerta al pubblico di telecomunicazioni è esentato del tutto dall'ambito di applicazione del Codice, ferma l'applicazione dei principi di cui all'art. 27 c.c.p. Ciò dimostra che, secondo le istituzioni comunitarie, quello delle telecomunicazioni rappresenta effettivamente un mercato concorrenziale in cui non hanno più ragion d'essere le limitazioni previste in precedenza per i settori speciali ex esclusi.

I contratti relativi al servizio pubblico di autotrasporto mediante autobus (art. 23)

A norma dell'art. 23 c.c.p., sono esclusi gli «appalti delle stazioni appaltanti relativi alla prestazione di un servizio al pubblico di autotrasporto mediante autobus, già esclusi dal campo di applicazione della direttiva 93/38/CEE in virtù dell'art. 2, paragrafo 4, della stessa».

Appare di immediata evidenza che il servizio di trasporto pubblico mediante autobus è legato da un rapporto di genere a specie con la più generale categoria dei servizi di trasporto e, in particolare, di trasporto pubblico.

Anche nella fattispecie in esame, come per le telecomunicazioni, l'esclusione è legata all'avvenuta liberalizzazione del servizio.

In questo caso, occorre però precisare quanto segue.

La disciplina del trasporto pubblico, e in particolare quella del trasporto pubblico locale, ha risentito fortemente dell'influenza dei principi di diritto comunitario, che si sono innestati in un settore, tra le altre cose, caratterizzato negli ultimi anni da una rilevante crisi economica e dalla riduzione della domanda.

La prestazione di servizi al pubblico da parte delle stazioni appaltanti si ritiene non abbia caratteri tali da giustificare l'imposizione di regole di evidenza nell'ambito dell'approvvigionamento dei mezzi all'uopo necessari, dal momento che il settore privato appare attrezzato per offrire un servizio competitivo con quello offerto dal settore pubblico.

Tanto premesso, la materia del trasporto pubblico dei passeggeri risulta ora disciplinata dal Regolamento 2007/1370, che, all'art. 5, prevede che i contratti di servizio pubblico sono aggiudicati conformemente alle norme previste nel presente regolamento. Tuttavia, i contratti di servizio o i contratti di servizio pubblico di cui alle direttiva 2004/17/CE o direttiva 2004/18/CE per la fornitura di servizi di trasporto di passeggeri con autobus o tram sono aggiudicati secondo le procedure di cui a dette direttive, qualora tali contratti non assumano la forma di contratti di concessione di servizi quali definiti in dette direttive. Se i contratti devono essere aggiudicati a norma della direttiva 2004/17/CE o direttiva 2004/18/CE, non si applicano le disposizioni dei paragrafi da 2 a 6 del presente art..

Pertanto, come confermato anche dal Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2531), le disposizioni del sopra citato Regolamento si applicano ai servizi di trasporto passeggeri se questi assumono la forma della concessione, mentre se i servizi vengono affidati tramite un contratto di appalto, troverà applicazione la normativa codicistica, compresa l'esclusione di cui alla norma in commento.

Com'è noto, la differenza tra il contratto di concessione e l'appalto risiede essenzialmente nel fatto che, nel primo caso, il concessionario eroga la prestazione al pubblico incassando direttamente il corrispettivo del servizio - con o senza un contributo pubblico -, assumendo in capo a sé l'alea del contratto, mentre nel secondo caso l'appaltatore viene remunerato dalla stazione appaltante in considerazione dei servizi prestati, non assumendosi alcun rischio contrattuale connesso alla gestione dell'opera o all'espletamento del servizio.

Tanto chiarito, si può affermare che la norma in commento troverà applicazione solo ed esclusivamente per i contratti di appalto relativi al servizio di trasporto pubblico mediante autobus destinato al mercato in regime di libera concorrenza, con conseguente sottrazione, per il resto, alle norme del Codice, ferma l'osservanza dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità di cui all'art. 27.

Consiglio di Stato, Sez. V, 3 maggio 2012, n. 2531

Le disposizioni del Regolamento n. 1370/07 si applicano, inoltre, solamente nel caso in cui i contratti di servizio pubblico per la fornitura e gestione di servizi di trasporto di passeggeri assumono la forma di concessione di servizi, così come definita dalle Direttive 17 e 18 citate, come detto. Diversamente, ossia se i detti contratti assumono la forma dell'appalto pubblico, ad essi si applicano le disposizioni di cui alle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (alle quali è stata data attuazione nell'ordinamento interno con il cd. Codice appalti, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163).

Gli appalti aggiudicati a scopo di rivendita o di locazione a terzi (art. 24)

L'art. 24, comma 1, c.c.p. prevede che il Codice «non si applica agli appalti nei settori di cui alla parte III aggiudicati a scopo di rivendita o di locazione a terzi, quando l'ente aggiudicatore non gode di alcun diritto speciale o esclusivo per la vendita o la locazione dell'oggetto di tali appalti e quando altri enti possono liberamente venderlo o darlo in locazione alle stesse condizioni».

Questa esenzione risulta giustificata in funzione del fatto che si tratta di una attività assimilabile a quelle compiute in regime di libero mercato, nel quale si ritiene siano adeguatamente tutelati i principi di concorrenza, trasparenza ed economicità.

Rientrano in tale categoria, ad esempio, le operazioni di valorizzazione, dismissione e alienazione del patrimonio immobiliare pubblico, nonché di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalle suddette operazioni. Normalmente, deve trattarsi di beni rispetto ai quali non sussistono situazioni di monopolio o di esclusiva, liberamente negoziabili sul mercato anche da parte di altri operatori. Appare, infatti, evidente che la presenza di tali situazioni condurrebbe a possibili stravolgimenti della normale situazione di concorrenzialità e richiederebbe l'applicazione delle, seppur attenuate, cautele proprie dei settori speciali.

Al comma 2, la norma prevede poi la comunicazione alla Commissione, su sua richiesta, delle operazioni compiute con la possibilità di indicate la presenza di “informazioni commerciali sensibili”, con evidente intento antielusivo e con l'obiettivo di evitare un uso indiscriminato dell'esenzione.

Gli appalti aggiudicati per l'acquisto di acqua e per le forniture di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia (art. 25)

L'art. 25 c.c.p. specifica che le disposizioni del Codice non si applicano: «a) agli appalti per l'acquisto di acqua, se aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori che esercitano le attività di cui all'art. 209, comma 1 (acqua); b) agli appalti per la fornitura di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia, se aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori che esercitano un'attività di cui ai commi 1 e 3 dell'art. 208 (gas, energia termica ed elettricità) e all'art. 212 (prospezione ed estrazione di petrolio, gas, carbone e altri combustibili solidi)».

Il tenore della norma chiarisce immediatamente che il legislatore ha inteso escludere l'ambito di applicazione del Codice, delimitando l'esenzione sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.

La norma si applica alle amministrazioni aggiudicatrici o agli enti aggiudicatori, quindi non solo alle amministrazioni in senso proprio, ma anche alle imprese pubbliche o ai soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi.

Dal punto di vista oggettivo, la norma individua, invece, le specifiche attività dettagliatamente descritte negli artt. 209, comma 1, 208, commi 1 e 3, e 212.

L'articolato prende in considerazione il rapporto di strumentalità esistente fra una determinata attività (servizio idrico o approvvigionamento di combustibile) e gli enti espressamente individuati. Da questo punto di vista, appare subito evidente la ratio che risiede, nel caso del servizio idrico, nelle limitazioni correlate alla collocazione e al forte legame territoriale, e nel caso dell'acquisto di energia e combustibile nel fatto che questa attività costituisce la preminente voce di costo per gli operatori, sicché non appariva adeguata l'applicazione delle rigide regole del Codice, che si tradurrebbe in un inutile appesantimento procedimentale.

I contratti di sponsorizzazione (art. 26)

L'art. 26 c.c.p. prevede l'esclusione dall'applicazione delle norme del Codice dei contratti di sponsorizzazione – o assimilabili – in cui siano parte un'amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore e uno sponsor che non sia un'amministrazione aggiudicatrice o altro ente aggiudicatore. Dal punto di vista oggettivo, il contratto di sponsorizzazione può riguardare i contratti di lavori “di cui all'allegato I, nonché gli interventi di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ovvero i servizi di cui all'allegato II, ovvero le forniture disciplinate dal presente codice”.

Com'è noto, quello di sponsorizzazione è un contratto atipico consensuale e a prestazioni corrispettive, mediante il quale un soggetto, lo sponsee, di solito dietro il pagamento di un determinato corrispettivo, assume l'obbligo di associare al proprio nome quello o il segno distintivo di un altro soggetto, lo sponsor, che si assicura così una forma di pubblicità indiretta. Alcuni autori hanno espresso dubbi sulla natura onerosa del contratto sostenendo, tra l'altro, che la sponsorizzazione a titolo gratuito determinerebbe di per sé la sottrazione del contratto al regime del Codice. Anche tenuto conto di questa opinione, pare, tuttavia, più corretto qualificare il contratto a titolo oneroso in considerazione del fatto che è sempre previsto il pagamento di un corrispettivo o, al più, il trasferimento di un onere economico a carico dello sponsor.

Le ragioni della deroga possono essere individuate nel fatto che questo tipo di contratto non comporta aggravio economico per l'amministrazione e, pertanto, non può essere considerato un contratto passivo. Ciononostante, si ritiene sia applicabile anche alla fattispecie in esame il dettato di cui all'art. 27, con necessario rispetto dei principi di matrice comunitaria ivi elencati.

È previsto, altresì, che il beneficiario possa impartire le prescrizioni ritenute più opportune rispetto alla progettazione, direzione ed esecuzione del contratto e, per quanto riguarda i contratti di sponsorizzazione in materia di beni culturali, l'art. 199-bisc.c.p. prevede una specifica regolamentazione.

In evidenza

Nell'ambito dei contratti di sponsorizzazione, la giurisprudenza ritiene che la natura dell'accordo, non qualificabile come contratto passivo, precluda l'applicazione della disciplina del Codice, pur restando applicabili i principi del Trattato di cui all'art. 27. «Dal punto di vista processuale, ai contratti in questione non risulta applicabile il rito abbreviato, di cui all'art. 119 cod.proc.amm. (d.lgs. n. 104 del 2010), stante la tassativa elencazione delle fattispecie ivi previste, che appaiono riferite sotto il profilo in esame all'affidamento di lavori, servizi e forniture, implicanti prestazioni di natura onerosa per l'Amministrazione, con impiego di risorse pubbliche fornite dai contribuenti» (Cons. St., Sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4034).

La giurisprudenza ha, altresì, chiarito che è legittimo il bando di gara che preveda, tra i criteri di valutazione, l'attribuzione di punteggi in relazione alla disponibilità a stipulare un contratto di sponsorizzazione, ma a condizione che il corrispettivo previsto sia in denaro e che i criteri di attribuzione dei punteggi siano previsti espressamente nel bando, così da rispettare la par condicio tra i potenziali partecipanti (Cons. St., sez. V, 6 giugno 2011, n. 3377).

I principi relativi ai contratti esclusi (art. 27)

Nella parte introduttiva del presente commento, è stato rappresentato che anche i contratti c.d. esclusi sono sottoposti ad un regime regolatorio minimo, disegnato dalle norme contenute all'art. 27 c.c.p. Ciò al fine di affermare la necessità che, anche in fattispecie in cui la procedura è lasciata alla libertà della stazione appaltante, deve comunque essere presente un corpus minimo di disposizioni idonee a garantire il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità.

Quindi, la norma in commento disegna una disciplina comune a tutti i contratti, ancorché esclusi, quanto più possibile coerente con la ratio dell'esclusione ed omogenea per le varie fattispecie contrattuali.

Dalla previsione normativa deriva la necessità, anche per i contratti esclusi, di indire una procedura comparativa alla quale devono essere invitati almeno cinque operatori, che, attraverso adeguate forme di pubblicità e trasparenti modalità procedurali possano partecipare con le medesime chances.

Ciò anche in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale, che ha dovuto constatare che la previsione di determinati iter procedurali non è imposta solo ed esclusivamente nell'interesse dell'amministrazione alla ricerca del miglior offerente possibile, in ossequio al principio di buon andamento, ma anche nell'interesse delle imprese potenzialmente coinvolte, che, come detto, devono poter avere le medesime possibilità di partecipazione, senza barriere all'ingresso e senza la previsione di spropositati requisiti e modalità di partecipazione.

Evidentemente, il numero di cinque soggetti costituisce il minimo richiesto alla stazione appaltante che indice la procedura. Questa circostanza abilita l'impresa che si ritiene illegittimamente pretermessa (cioè l'impresa in possesso di requisiti che avrebbe potuto permettere l'affidamento) ad adire il giudice amministrativo nel caso in cui venga a conoscenza di un affidamento diretto o del mancato rispetto dei principi prescritti all'art. 27 del Codice.

La norma prevede, poi, la possibilità di vietare il ricorso al subappalto, ma ciò risulta particolarmente problematico. Come ha più volte avuto modo di osservare la giurisprudenza, l'istituto costituisce un importante strumento a disposizione delle imprese per programmare la propria attività economica in funzione di una generale libertà di iniziativa economica privata codificata anche dalla nostra Carta costituzionale all'art. 41. Appare, però, altrettanto evidente che la possibile limitazione concessa dal Codice in favore delle stazioni appaltanti risiede nel fatto che questo strumento è stato spesso utilizzato per intenti fraudolenti e illeciti al fine di veicolare determinati contratti in favore di soggetti vicini alla criminalità organizzata. Ciononostante, tale divieto è stato più volte fortemente criticato dalla Commissione in quanto considerato un rischio per l'effettiva e completa applicazione dei principi contenuti nelle direttive, soprattutto in ordine alla parità di trattamento.

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