Dialogo competitivo

Laura Albano
15 Marzo 2016

Il dialogo competitivo è una procedura di matrice comunitaria recepita dal legislatore italiano nel Codice, che, all'art. 58 c.c.p., ne contempla la disciplina. Si tratta di un istituto mediante il quale la stazione appaltante, in caso di appalti particolarmente complessi, avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura – il cui unico criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa – al fine di elaborare una o più soluzioni idonee a soddisfare le proprie necessità, sulla base delle quali (ovvero della singola soluzione) i candidati selezionati vengono poi invitati a presentare le offerte.
Inquadramento

Il dialogo competitivo è una procedura di matrice comunitaria recepita dal legislatore italiano nel Codice, che, all'art. 58 c.c.p., ne contempla la disciplina. Si tratta di un istituto mediante il quale la stazione appaltante, in caso di appalti particolarmente complessi, avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura – il cui unico criterio di aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa – al fine di elaborare una o più soluzioni idonee a soddisfare le proprie necessità, sulla base delle quali (ovvero della singola soluzione) i candidati selezionati vengono poi invitati a presentare le offerte.

Qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare a detta procedura, la cui peculiarità risiede nel carattere eccezionale e residuale del ricorso alla stessa – per ciò solo sindacabile – esperibile unicamente allorché la stazione appaltante versi in una condizione di oggettiva impossibilità di definire i mezzi tecnici atti al perseguimento dei propri obiettivi ovvero di specificare l'impostazione giuridica o finanziaria di un progetto. La condizione descritta è effettivamente tale ove non imputabile alla stazione appaltante, nel senso che questa non debba aver determinato con la propria inefficienza l'impossibilità di aggiudicare l'appalto mediante procedura aperta o ristretta. Per i lavori pubblici il dialogo competitivo è consentito solo previo parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, ad eccezione dei lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi. Analogamente, per i lavori concernenti i beni culturali è necessario il previo parere del Consiglio Superiore dei beni culturali.

Origini e ratio del dialogo competitivo

La procedura di dialogo competitivo è stata istituita in risposta all'esigenza – ravvisata per la prima volta dalla Commissione Europea in ambito comunitario con riferimento alle cd. Private Finance Initiatives, costituenti particolari forme di Public Private Partnership – di fruire dell'apporto collaborativo dei privati attraverso un dialogo da incardinare anteriormente alla pubblicazione dei bandi, al fine di definire gli aspetti di tipo tecnico degli appalti, in ragione della complessità della maggior parte dei progetti, alcuni dei quali si prestavano a soluzioni fino ad allora mai prospettate.

Più in dettaglio, detta esigenza è sorta nel corso della procedura di infrazione avviata dalla Commissione nei confronti del Regno Unito relativamente al cd. Pimlico School Case, avente ad oggetto un progetto di ristrutturazione di un edificio scolastico, la cui realizzazione sarebbe stata affidata dalle autorità britanniche, nell'ambito di una Private Finance Initiative, mediante procedura negoziata. La Commissione, in particolare, ha ritenuto l'insussistenza dei presupposti per l'esperibilità di detta tipologia di procedura – la cui ammissibilità risultava dubbia o comunque di difficile valutazione – posto che la Private Finance Initiativenon presentava rischi ulteriori rispetto a quelli che connotano di regola i contratti d'appalto.

Sulla scorta delle problematiche e delle esigenze di semplificazione e flessibilità emerse nel Pimlico School Case, durante i lavori preparatori della direttiva 2004/18/CE le autorità inglesi si sono adoperate per assicurare l'introduzione di una procedura di aggiudicazione flessibile e, soprattutto, applicabile alle Private Finance Initiatives. Il legislatore comunitario ha condiviso e recepito detta istanza con la introduzione, all'art. 29 della direttiva, della procedura di dialogo competitivo.

Ancorché il recepimento della norma comunitaria risultasse meramente facoltativo per gli Stati Membri, il legislatore italiano vi ha provveduto introducendo l'istituto all'art. 58, d.lgs. n. 163 del 2006 e contemperando detta scelta innovativa con quella cautelativa di subordinarne l'attuazione all'emanazione del regolamento attuativo (il d.P.R. n. 207/2010), le cui previsioni, con l'introduzione del comma 18-bis dell'art. 58 c.c.p. (ad opera dell'art. 46, comma 1, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1) hanno assunto la veste di disciplina sussidiaria.

Consiglio di Stato, Adunanza Generale, 6 giugno 2007, n. 1750

L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in sede di parere sullo schema di decreto legislativo contenente modifiche al Codice dei contratti pubblici (cd. secondo correttivo) ha osservato, tra le altre, che «viene ulteriormente differita, rispetto alla data del 1° agosto 2007, stabilita dal primo decreto legislativo correttivo, l'entrata in vigore del dialogo competitivo (sia nei settori ordinari che nei settori speciali, e per tutti i tipi di appalti) nonché della liberalizzazione dell'appalto-concorso e dell'appalto integrato (per i lavori pubblici nei settori ordinari).

Entrambi gli istituti si applicheranno alle procedure i cui bandi o avvisi siano successivi all'entrata in vigore del regolamento generale di cui all'art. 5 del Codice.

Tale differimento non è giustificato sul piano tecnico poiché -sia l'art. 58 (dialogo competitivo) sia gli artt. 3, comma 7, e 53, commi 2 e 3 (appalto concorso e appalto integrato), sono norme self executing che non rinviano, per la loro operatività, al regolamento».

La ratio essenziale del dialogo competitivo è rinvenibile nella evoluzione che ha interessato il rapporto tra stazione appaltante e privato, risultando detta procedura idonea e funzionale a coniugare le esigenze della stazione appaltante (che sia oggettivamente impossibilitata a definire i mezzi atti a soddisfare le proprie necessità o a valutare le soluzioni tecniche o giuridico-finanziarie offerte dal mercato) con le offerte degli operatori del mercato e, dunque, ad assopire il dislivello conoscitivo tra le due realtà. Sebbene, allora, costituisca a tutti gli effetti una delle procedure di aggiudicazione di un appalto, è agevole rilevare che si tratta comunque di una procedura sui generis, il cui tratto distintivo risiede nella modalità di raggiungimento del risultato, ossia nella previsione di una fase di dialogo vero e proprio, nell'ambito della quale i concorrenti, in chiave collaborativa, partecipano attivamente alla definizione dell'oggetto del contratto. La discussione avviata dalla stazione appaltante con gli operatori economici si sviluppa senza particolari formalità ma deve comunque svolgersi nel rispetto dei principi di parità di trattamento dei concorrenti, trasparenza, riservatezza e, ovviamente, di concorrenza.

Di qui la configurabilità del dialogo competitivo come procedura essenzialmente bifasica, ove alla fase (innovativa) della dialettica tecnica, preordinata alla raccolta delle idee e dei suggerimenti correlati ai bisogni della stazione appaltante, segue quella (tradizionale) che culmina nell'aggiudicazione dell'appalto.

Peraltro, lo stesso Codice prevede, al comma 9 dell'art. 58 c.c.p., che le stazioni appaltanti – previa indicazione nel bando di gara e nel documento descrittivo – possono prevedere che la procedura si svolga in fasi successive, in modo da ridurre il numero di soluzioni da discutere durante la fase del dialogo, applicando i criteri di aggiudicazione precisati nel bando di gara o nel documento descrittivo.

I presupposti sottesi al dialogo competitivo

L'art. 58 c.c.p. individua espressamente, ai commi 1 e 2, le condizioni a fronte delle quali la stazione appaltante può ricorrere al dialogo competitivo.

La principale di esse attiene alla tipologia contrattuale, nel senso che deve trattarsi di appalti «particolarmente complessi», che renderebbero vano il ricorso ad una procedura aperta o ristretta (comma 1).

La definizione di appalto pubblico particolarmente complesso è sancita al comma 2 dell'art. 58 c.c.p., mediante cui il legislatore ha ascritto a tale nozione la concreta situazione in cui la stazione appaltante non sia oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici atti a soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi ovvero di specificare l'impostazione giuridica o finanziaria di un progetto.

Onde delimitare l'applicabilità della norma, lo stesso legislatore ha ulteriormente specificato che, a seconda delle circostanze concrete, possono essere considerati particolarmente complessi gli appalti per cui la stazione appaltante non dispone, a causa di fattori oggettivi ad essa non imputabili, di studi in merito alla identificazione e quantificazione dei propri bisogni o all'individuazione dei mezzi strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, alle caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e all'analisi dello stato di fatto e di diritto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, nonché sulle componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche.

In evidenza

Difficoltà di definire i mezzi tecnici

Tale ipotesi ricorre allorché la stazione appaltante non sia in grado di individuare l'oggetto dell'appalto secondo le modalità di cui all'art. 68 del Codice dei contratti pubblici, ossia l'insieme delle specifiche, prestazioni o requisiti funzionali idonei a definire le caratteristiche di un prodotto o servizio e, dunque, l'oggetto del contratto.

Difficoltà di specificare l'impostazione giuridica

Tale ipotesi ricorre allorché, a fronte della complessità progettuale,

risultino prospettabili più soluzioni giuridiche, tutte astrattamente percorribili, rispetto alle quali il rischio della mancata preventiva definizione del quadro normativo di riferimento si tradurrebbe, da parte della stazione appaltante, non nell'esercizio di un potere discrezionale, bensì in puro arbitrio.

Difficoltà di specificare l'impostazione finanziaria

Tale ipotesi ricorre allorché la stazione appaltante necessiti, in ragione della complessità del progetto, dell'acquisizione di nozioni specialistiche, risultando quello finanziario un ambito ad alta specializzazione.

Ciò posto, ulteriore condizione è che l'incertezza e l'inadeguatezza dell'apparato conoscitivo della stazione appaltante siano imputabili a fattori esterni, valendo il principio comunitario per cui la stazione appaltante non può giovarsi delle proprie inefficienze. È necessario, in sostanza, che l'instaurazione del rapporto tra committente e mercato non avvenga con troppa facilità, ma risponda, anche in ragione dell'eccezionalità della procedura di dialogo competitivo, ad esigenze effettive ed oggettive, corrispondenti a vicende singolari, la cui complessità e unicità impedisce alla stazione appaltante di ricorrere alle best practices provenienti da esperienze analoghe.

Dal ricorso ad altre fonti e, dunque, dalla necessità di rivolgersi al mercato – in modo tale che l'intervento conoscitivo, progettuale ed organizzativo degli operatori economici concorra alla costituzione del regolamento negoziale – discende la titolarità, in capo alla stazione appaltante, di un obbligo motivazionale circa la sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso al dialogo competitivo.

Un siffatto obbligo, espressamente contemplato al comma 3 dell'art. 58 c.c.p. – ancorché non rinvenibile nella disciplina comunitaria di cui all'art. 29 direttiva 2004/18/CE – costituisce diretta conseguenza del carattere eccezionale e residuale della procedura (oggi, in realtà, attenuato dalla direttiva comunitaria 2014/24/UE) e contestualmente uno strumento di controllo in ordine alla scelta amministrativa. Tenuto conto, infatti, che, come detto, la stazione appaltante non può trarre beneficio dalla propria inerzia o disorganizzazione, la motivazione addotta a supporto dell'esperimento del dialogo competitivo deve essere particolarmente pregnante e idonea a dimostrare la prescritta oggettività, ossia le ragioni per cui non è stato possibile esperire le ordinarie procedure e la non riconducibilità di detta impossibilità a profili organizzativi o gestionali imputabili alla stazione appaltante. Ciò con la conseguenza che, ove si contesti in sede giurisdizionale l'ammissibilità del dialogo competitivo sotto il profilo motivazionale, l'eventuale accoglimento della relativa censura comporterebbe la caducazione della procedura ab origine.

Del resto, altra condizione è proprio la non percorribilità della procedura aperta o ristretta, rispondente all'intento del legislatore sia nazionale che comunitario di rimarcare la residualità del dialogo competitivo e di privilegiare procedure di selezione “collaudate”, ossia nell'ambito delle quali lo sviluppo delle dinamiche concorrenziali è ormai noto.

A supporto di detto assunto e, dunque, dell'ambito circoscritto di applicabilità del dialogo competitivo, vi è la previsione di cui al comma 18 dell'art. 58 c.c.p., secondo cui le stazioni appaltanti non possono ricorrere al dialogo competitivo in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza.

L'avvio della procedura. Il bando di gara e il documento descrittivo

La procedura di dialogo competitivo prende avvio, ai sensi del comma 5 dell'art. 58 c.c.p., con la pubblicazione del bando di gara corredato o meno da un documento descrittivo costituente parte integrante del bando, mediante cui l'amministrazione rende noti i propri obiettivi e le necessità che intende soddisfare.

Tale fase inziale si connota, in particolare, come fase di prequalifica, giacché funzionale ad individuare, secondo gli ordinari criteri basati sulle condizioni personali e sulle capacità economiche, finanziarie, tecniche e professionali, una rosa di candidati in possesso dei requisiti di ammissione, ai quali è indicato il termine per la presentazione dell'istanza di partecipazione alla procedura.

Il contenuto del bando è complesso, rinvenendo detta complessità la principale ragione nella disposta abrogazione – ad opera dell'art. 1, comma 1, lettera p), numero 1), d.lgs. 11 settembre 2008, n. 152 – del comma 13 dell'art. 58 c.c.p., che consentiva la possibilità di specificare successivamente i criteri di valutazione. Tutta la disciplina di gara, dunque, deve essere contenuta unicamente negli atti inziali, ossia nel bando e nell'eventuale documento descrittivo nel quale possono essere indicati anche i requisiti di ammissione e che, assumendo la veste di capitolato tecnico, è doveroso che sia esaustivo.

In tal senso, il bando e il documento descrittivo – redatti in conformità alle indicazioni di cui all'art. 64 del Codice dei contratti pubblici – devono contenere:

A) l'indicazione delle necessità e degli obiettivi che, attraverso l'opera, il servizio o la fornitura, si intende perseguire e soddisfare;

B) i requisiti di ammissione degli operatori economici alla fase di dialogo, individuati tra quelli pertinenti previsti dagli artt. da 34 a 46 c.c.p.;

C) i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa (unico criterio di aggiudicazione), in ossequio alle previsioni di cui al comma 2 dell'art. 82 c.c.p.;

D) il termine entro cui gli operatori economici interessati possono presentare le istanze di partecipazione.

Valga osservare, in proposito, che la circostanza per cui – come pure emerge dall'art. 113 del regolamento attuativo (d.P.R. n. 207 del 2010) – la stazione appaltante ha l'obbligo di individuare preventivamente i requisiti che devono necessariamente sussistere in capo agli operatori economici, postula che, in realtà, essa si sia già prospettata, quantomeno parzialmente, una soluzione alle proprie esigenze, con la conseguenza che la flessibilità della procedura di dialogo competitivo risulta più contenuta di quanto il legislatore comunitario abbia inteso prevedere.

Ove, inoltre, la stazione appaltante si avvalga della facoltà di cui al comma 9 dell'art. 58 c.c.p., nel senso che decida di espletare la procedura in fasi successive, in modo da ridurre progressivamente il numero di soluzioni da discutere durante la fase del dialogo (cd. forcella graduale), il bando di gara e il documento descrittivo devono altresì contenere l'indicazione di detta scelta.

In evidenza

Procedura negoziata

Dialogo competitivo

Il sistema a fasi successive è funzionale alla riduzione del numero delle offerte, con conseguente eliminazione degli offerenti

Il sistema a fasi successive è funzionale alla riduzione del numero delle soluzioni da discutere, con conseguente eliminazione delle soluzioni, ma non degli operatori economici che, dunque, potrebbero presentare le proprie offerte in relazione alla soluzione o alle soluzioni prescelte in sede di dialogo.

La fase di prequalifica culmina nella selezione dei candidati idonei, effettuata sulla base della riscontrata assenza dei requisiti di ammissione alla successiva fase di dialogo. Ove detta ammissione venga negata, il relativo provvedimento può costituire oggetto di autonoma impugnazione, alla stregua di quanto accade nell'ambito delle ordinarie procedure selettive.

Il dialogo

La fase del dialogo – che segue a quella di prequalifica e alla quale, dunque, partecipano gli operatori economici ammessi, ossia in possesso dei requisiti indicati dal bando e dal documento descrittivo, ove presente – costituisce il momento tipico della procedura di dialogo competitivo, giacché dà luogo al confronto tra stazione appaltante e operatori economici in un ambito procedurale in cui dovrebbe contestualmente garantirsi: l'interesse a che la collaborazione sia esaustiva e tale da consentire ai partecipanti, senza alcuna discriminazione, di disporre di tutte le informazioni utili a formulare adeguate soluzioni progettuali; l'interesse del portatore della soluzione più valida a non vedere disperso o pregiudicato il proprio know-how in sede di confronto tra le soluzioni migliori; l'interesse della stazione appaltante tenuta ad assicurare l'imparzialità delle decisioni assunte e a scegliere un progetto che costituisca la migliore sintesi delle soluzioni progettuali avanzate.

Ancorché la stazione appaltante goda, quanto all'espletamento di detta fase, di una certa libertà organizzativa – posto che manca, a livello normativo, una puntuale disciplina della fase del dialogo – questa è contemperata dalla duplice essenziale regola per cui non è possibile fornire informazioni che possano favorire alcuni partecipanti rispetto ad altri (art. 58, comma 7, c.c.p.), né è possibile rivelare agli altri partecipanti le soluzioni proposte o altre informazioni riservate comunicate dal candidato partecipante al dialogo senza l'accordo di quest'ultimo (art. 58, comma 8, c.c.p.).

Problemi applicativi

In tal senso, l'aspetto problematico della fase di dialogo risiede nella difficoltà di coniugare la tutela della concorrenza con la salvaguardia delle informazioni riservate riconducibili a ciascun partecipante, dovendo la stazione appaltante destreggiarsi alla ricerca di un siffatto equilibrio, perseguito di regola attraverso l'informalità dei colloqui con i partecipanti, la cui durata non è prestabilita e la cui modalità è variamente prevista, potendo essi svolgersi in forma scritta, orale, bilaterale o collettiva.

Tenuto conto, a prescindere dalle modalità del confronto, che la consultazione può concernere tutti gli aspetti dell'appalto (art. 58, comma 6, c.c.p.), risulta complesso che nel dialogo con ciascun operatore la stazione appaltante sia effettivamente in grado di non dare indicazioni orientative e, dunque, di non rivelare alcunché sulle proposte altrui. Senza considerare, ad ogni modo, che il divieto di divulgazione viene meno nella fase dialettica, ossia via via che si va delineando il progetto definitivo, laddove, di fatto, le imprese partecipanti portano a conoscenza degli altri operatori economici le proprie innovazioni progettuali, perdendo, dunque, il vantaggio competitivo che invece avrebbero avuto nell'ambito di altre procedure selettive.

Detto aspetto costituisce un profilo chiaramente disincentivante quanto alla presentazione di proposte effettivamente innovative, anche in considerazione del fatto che, ove pure una delle imprese abbia presentato un progetto tale da indurre l'impresa stessa ad auspicare l'aggiudicazione dell'appalto, poiché particolarmente innovativo, in realtà non è detto che la stazione appaltante proceda a detta aggiudicazione, potendo selezionare alcune delle proposte e giungere, sulla base di esse, alla ricostruzione di un nuovo progetto costituente la sintesi della selezione effettuata (cd. cherry picking, costituente una pratica che, in realtà, sminuisce l'originalità delle singole proposte e riduce il vantaggio correlato alla predisposizione del progetto).

Tuttavia, consapevole del rischio che la procedura di dialogo competitivo potesse penalizzare la capacità inventiva delle imprese, il legislatore ha previsto, al comma 17 dell'art. 58 c.c.p. e all'art. 114,d.P.R. n. 207 del 2010, che le stazioni appaltanti possono prevedere premi o incentivi per i partecipanti al dialogo, funzionali a remunerare le imprese per la sola attività di progettazione, anche nell'ipotesi in cui nessuna delle soluzioni proposte soddisfi le proprie necessità o obiettivi. Detti meccanismi premiali, a ben vedere, appaiono di giovamento non soltanto per il partecipante diligente – che, se non dovesse aggiudicarsi l'appalto, avrebbe comunque la possibilità di conseguire un ristoro per l'impegno profuso – bensì anche per la stazione appaltante che avrà, da un lato, incentivato il maggior impegno dei partecipanti, conseguendo, dall'altro, la proprietà del progetto preliminare presentato dall'affidatario. Detto acquisto, difatti, costituisce diretta conseguenza del pagamento del premio, ai sensi dell'art. 114 d.P.R. n. 207 del 2014.

(Segue). I possibili esiti della procedura di dialogo

I possibili esiti del dialogo sono due, uno di carattere positivo ed uno di carattere negativo.

Il primo (di carattere positivo) si verifica allorché la stazione appaltante sia in grado di individuare una o più soluzioni da porre a base della successiva gara per l'aggiudicazione del contratto.

Proprio l'unicità o la molteplicità delle soluzioni individuate ha dato luogo ad un dibattito dottrinale sulla maggiore o minore adeguatezza e coerenza con l'istituto dell'una o dell'altra ipotesi.

Orientamenti a confronto

Secondo una prima tesi, l'ipotesi più idonea dovrebbe contemplare la scelta di un'unica soluzione progettuale, risultando insensato trasferire nella più rigida fase di gara vera e propria lo scioglimento definitivo di difficoltà rimaste irrisolte.

Secondo la tesi opposta, invece, la conclusione della fase di dialogo con l'individuazione di diverse soluzioni progettuali appare più coerente con la ratio e con le potenzialità del dialogo competitivo, oltre che con il divieto di fondere e comporre più proposte.

È agevole considerare, in proposito, che in caso di dialogo che si concluda con l'individuazione di una sola soluzione progettuale, l'autore di detta soluzione si troverebbe in una posizione di certo vantaggio rispetto agli altri concorrenti, risultando pregiudicata la garanzia di una effettiva concorrenzialità e comparabilità tra le offerte.

Nel caso, invece, di dialogo che si concluda con più soluzioni progettuali, la circostanza per cui dette soluzioni siano poi poste a base della successiva gara – che, in tal caso, costituirebbe una fase autonoma e non, come nell'ipotesi precedente, una sorta di appendice della fase di dialogo – consente di assicurarne la concorrenzialità e di perseguire più efficacemente la scelta della migliore offerta. Del resto, il mero fatto che l'unico criterio di aggiudicazione contemplato dalla procedura sia quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa presuppone, di per sé, la possibilità che vengano presentati progetti tra loro molto diversi. Senza considerare, peraltro, che l'individuazione sin da subito dei criteri di valutazione delle offerte se da un lato rende più difficile il compito della stazione appaltante nella fase selettiva del dialogo, dall'altro non incide certo sulla possibilità della stessa stazione appaltante di individuare più soluzioni astrattamente idonee al soddisfacimento dei propri bisogni, da porre a base della successiva e più rigida fase di gara.

La positiva conclusione della fase di dialogo comporta l'adozione di un provvedimento espresso, autonomamente impugnabile, mediante cui l'amministrazione svolge le proprie considerazioni in ordine ai risultati raggiunti, nell'ottica del conseguimento degli obiettivi prefissatisi.

In chiave sistematica è interessante osservare, sempre quanto all'ipotesi di positiva conclusione del dialogo, quanto sancito dall'art. 113 del regolamento attuativo (d.P.R. n. 207 del 2010). In particolare, in ossequio al comma 3 di detta norma, la stazione appaltante, sulla base della soluzione o delle soluzioni prescelte e dei relativi studi di fattibilità, inserisce l'intervento nella programmazione triennale dei lavori pubblici, rinvenendosi nel successivo comma 4, l'affermazione della separazione delle fasi di progettazione tra ambito della procedura di dialogo, ove è contemplata la mera realizzazione di un progetto preliminare, e successiva redazione dei progetti definitivo ed esecutivo, rimessa all'affidatario e, dunque, conseguente alla selezione.

Il dialogo si conclude negativamente, invece, allorché la stazione appaltante ritenga che nessuna delle soluzioni proposte soddisfi le proprie necessità o obiettivi indicati nel bando di gara e nel documento descrittivo. In particolare, l'eventualità che il dialogo si concluda con nulla di fatto è espressamente disciplinata dal comma 11 dell'art. 58 c.c.p., secondo cui, in tal caso, la stazione appaltante adotta un provvedimento adeguatamente motivato indicando le ragioni sottese alla mancata prosecuzione della procedura, dandone tempestiva comunicazione ai partecipanti, ai quali non spetta alcun indennizzo o risarcimento, salva naturalmente l'eventuale previsione, da parte della stazione appaltante, dei premi o incentivi di cui al comma 17 dell'art. 58 c.c.p.

Orbene, un'attenta disamina del comma 11 appena evocato consente di osservare che il legislatore ha chiaramente indicato sia i presupposti sottesi all'esito negativo («le stazioni appaltanti possono motivatamente ritenere che nessuna delle soluzioni proposte soddisfi le proprie necessità o obiettivi»), sia le conseguenze derivanti dalla mancata prosecuzione della procedura («in tal caso informano immediatamente i partecipanti, ai quali non spetta alcun indennizzo o risarcimento, salvo quanto previsto dal comma 17»). Tenuto conto del fatto che, per come strutturata, detta previsione pone una limitazione agli ordinari criteri di attribuzione della responsabilità civile nei rapporti contrattuali e precontrattuali, essa non può che costituire una norma di carattere eccezionale, in quanto tale soggetta ad un'applicabilità tassativa e, dunque, limitata alla sola ipotesi in cui il dialogo si concluda con la ravvisata inidoneità delle soluzioni progettuali presentate a far fronte alle esigenze prospettate nel bando e nel documento descrittivo.

In tale ottica, la mancata previsione di indennità e di risarcimenti ben si attaglia con l'impostazione della procedura, che contempla, da un lato, la rimessione al mercato, da parte della stazione appaltante, dell'individuazione di una necessaria soluzione progettuale e, dall'altra, la volontaria proposizione dei progetti da parte degli operatori, nel convincimento di riuscire a soddisfare i bisogni dichiarati dalla stazione appaltante. Ne deriva, pertanto, che l'esito negativo del dialogo è diretta conseguenza dell'inadeguatezza delle proposte avanzate, non apparendo ingiusto che i partecipanti non traggano vantaggio da prestazioni che non hanno effettuato.

Al di fuori di detto ambito, la norma non può trovare applicazione, ricorrendo invece gli ordinari criteri di risoluzione delle vertenze in tema di responsabilità precontrattuale che, peraltro, ove non invocabili, avrebbero reso il comma 11 dell'art. 58 c.c.p. passibile di rilievo di incostituzionalità, giacché lesivo del diritto di tutela dei propri interessi a fronte delle decisioni ammnistrative.

Situazioni rientranti nella casistica generale

Redazione del bando di gara e del documento descrittivo in termini assolutamente generici, tali da non consentire una valutazione a posteriori della congruità delle soluzioni progettuali proposte;

Violazione delle reciproche regole di lealtà contrattuale espressamente disciplinata e, in particolare, violazione del divieto di divulgazione di notizi e soluzioni proposte da altri partecipanti;

Interruzione senza giustificazione delle trattative, disposta:

  1. prima della dichiarazione di esito negativo della procedura, ai sensi del comma 11 dell'art. 58;
  2. per effetto di una illegittima dichiarazione di esito negativo della procedura, ai sensi del comma 11 dell'art. 58.

In entrambe le ipotesi, l'accertamento della responsabilità precontrattuale postula la declaratoria dell'illegittimità del contegno della stazione appaltante, determinando una commistione tra strumenti di tutela giurisdizionale amministrativa (funzionali alla tutela dell'interesse leso) e strumenti risarcitori (funzionali al soddisfacimento pecuniario per equivalente).

La fase conclusiva di aggiudicazione

Alla fase di prequalifica e di dialogo segue quella finale di aggiudicazione – cui si procede a mezzo di una vera e propria gara, secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa - che la stazione appaltante avvia allorché abbia conseguito un idoneo riscontro progettuale, invitando i partecipanti a presentare le loro offerte finali in base alla o alle soluzioni presentate e specificate nella fase del dialogo. Tali offerte devono contenere tutti gli elementi richiesti e necessari per l'esecuzione del progetto.

La previsione di detta terza fase, la individuazione del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa quale unico criterio di aggiudicazione e la possibilità di chiarimenti, precisazioni e perfezionamenti delle offerte contemplata al comma 14 dell'art. 58 c.c.p., sono sintomatiche dell'intento del legislatore di rendere migliorabile il progetto venuto fuori dalla precedente fase collaborativa.

In tal senso, appare particolarmente interessante la previsione di cui al successivo comma 16, secondo cui – ancora una volta – l'offerente può essere invitato a precisare gli aspetti della sua offerta o a confermare gli impegni in essa figuranti, a condizione che ciò non abbia l'effetto di modificare elementi fondamentali dell'offerta o dell'appalto quale posto in gara, falsare la concorrenza o comportare discriminazioni.

Considerata, tuttavia, la peculiarità della procedura, i limiti sottesi alla riconosciuta possibilità di migliorare le offerte presentate risultano rispettati ove la componente economica non venga complessivamente mutata e ove le giustificazioni non incidano sull'affidabilità dell'offerta proposta.

Valga precisare che l'attuale disciplina contempla che alla fase di gara vera e propria accedono gli operatori economici che abbiano superato la fase di prequalificazione e, comunque, tutti gli aventi titolo a partecipare, ossia a prescindere dal fatto che la stazione appaltante abbia o meno condiviso e fatte proprie le loro offerte.

Il dialogo competitivo nella direttiva 2014/24/UE

Con la direttiva sugli appalti pubblici del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, n. 24, il legislatore europeo – nell'ambito di un più ampio disegno che ha interessato il rapporto tra stazioni appaltanti e operatori economici – ha avuto modo di sottolineare la significatività della procedura di dialogo competitivo.

Il considerando 42, difatti, enuncia espressamente la necessità che le amministrazioni aggiudicatrici dispongano di maggiore flessibilità nella scelta di una procedura d'appalto che prevede la negoziazione, specie in ragione della probabilità che un più ampio ricorso a tali procedure incrementi – come dimostrato dalla prassi – anche gli scambi transfrontalieri. A tal fine, si è affermata l'opportunità che gli Stati membri abbiano la facoltà di ricorrere ad una procedura competitiva con negoziazione o, appunto, al dialogo competitivo in varie situazioni qualora non risulti che procedure aperte o ristrette senza negoziazione possano portare a risultati di aggiudicazioni di appalti soddisfacenti.

In particolare, il legislatore ha ritenuto opportuno ricordare che «il ricorso al dialogo competitivo ha registrato un incremento significativo in termini di valore contrattuale negli anni passati. Si è rivelato utile nei casi in cui le amministrazioni aggiudicatrici non sono in grado di definire i mezzi atti a soddisfare le loro esigenze o di valutare ciò che il mercato può offrire in termini di soluzioni tecniche, finanziarie o giuridiche. Tale situazione può presentarsi in particolare per i progetti innovativi, per l'esecuzione di importanti progetti di infrastruttura di trasporti integrati, di grandi reti informatiche o di progetti che comportano un finanziamento complesso e strutturato. Se del caso, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate a nominare un responsabile di progetto per assicurare una buona cooperazione tra gli operatori economici e l'amministrazione aggiudicatrice durante la procedura di aggiudicazione».

Peraltro, come emerge dal considerando 43, l'ambito applicativo del dialogo competitivo non è unicamente limitato lavori, anzi. Mentre, infatti, con riguardo agli appalti di lavori viene precisato che il ricorso al dialogo è da prediligere in caso di «opere non consistenti in normali fabbricati o che implicano la progettazione o soluzioni innovative», invece per i servizi e le forniture viene precisato sia l'ambito di operatività, ossia contratti che richiedano una «attività di adattamento o progettazione», sia una puntuale casistica, consistente in «appalti di una certa complessità riguardanti acquisti quali prodotti sofisticati, servizi intellettuali, ad esempio alcuni servizi di consulenza, di architettura o d'ingegneria, o grandi progetti nell'ambito delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC)». Parimenti indicati sono i casi in cui non è opportuno ricorrere al dialogo competitivo, ossia «nel caso di servizi o prodotti pronti per l'uso che possono essere forniti da molti operatori economici».

Ad ulteriore e più precisa specificazione della percorribilità della procedura in esame, l'art. 26 della direttiva contempla un elenco articolato di contratti affidabili, tra le altre, mediante il dialogo competitivo, prevedendo che – oltre che a seguito di procedure aperte o ristrette nell'ambito delle quali siano state presentate offerte irregolari o inaccettabili – il dialogo competitivo può essere avviato in caso di lavori, servizi o forniture che soddisfino uno o più dei seguenti criteri:

  1. le esigenze dell'amministrazione aggiudicatrice non possono essere soddisfatte senza l'adozione di soluzioni immediatamente disponibili;
  2. implicano progettazione o soluzioni innovative;
  3. l'appalto non può essere aggiudicato senza preventive negoziazioni a causa di circostanze particolari in relazione alla loro natura, complessità o impostazione finanziaria e giuridica o a causa dei rischi ad essi connessi;
  4. le specifiche tecniche non possono essere stabilite con sufficiente precisione dall'amministrazione aggiudicatrice con riferimento a una norma, una valutazione tecnica europea, una specifica tecnica comune o un riferimento come definite nei punti da 2 a 5 dell'allegato VII alla direttiva.

La novella comunitaria – che reca la disciplina del dialogo competitivo all'art. 30, che sostituirà l'art. 29 della direttiva 2004/18/CE, abrogata ai sensi dell'art. 91 della direttiva 2014/247UE a decorrere dal 18 aprile 2016 – conferisce all'istituto una maggiore pregnanza, evidente nella misura in cui ne vengono evidenziati e rammentati i presupposti e la ratio contestualmente a quelli propri delle altre procedure.

Spetterà, pertanto, al legislatore nazionale in sede di recepimento della direttiva – da effettuarsi entro il 18 aprile 2016, come chiarito anche all'art. 1 l.28 gennaio 2016 n.11 – mutuare l'intento del legislatore comunitario e, nell'ottica di una maggiore e più chiara utilizzabilità dell'istituto, ridefinire i tratti della procedura, che fino ad oggi non è stata pienamente accettata dal sistema, come del resto dimostrano il quasi silenzio dell'Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici e, attualmente, dell'ANAC, oltre che della giurisprudenza.

In evidenza

L'art. 30 della direttiva 2014/24/UE introduce, rispetto al testo dell'art. 29 della direttiva comunitaria 2004/18/CE taluni elementi di novità, tra cui:

  1. l'individuazione del termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione, pari a trenta giorni dalla data di trasmissione del bando di gara (comma 1, secondo periodo);
  2. la possibilità che le amministrazioni aggiudicatrici limitino il numero di candidati idonei da invitare a partecipare alla procedura, purché sia disponibile il numero minimo pari a 3 candidati (comma 1, terzo periodo);
  3. la precisazione per cui l'accordo eventualmente sussistente tra uno dei partecipanti o offerenti e la stazione appaltante quanto alla possibilità di rivelare le soluzioni proposti o le informazioni riservate comunicate dal candidato o offerente, non assume la forma di una deroga generale ma si considera riferito alla comunicazione di informazioni specifiche espressamente indicate (comma 3, terzo periodo);
  4. il chiarimento per cui le precisazioni, chiarimenti, perfezionamenti o complementi delle informazioni richiesti dalla stazione appaltante non possono avere l'effetto di modificare gli aspetti essenziali dell'offerta o dell'appalto pubblico, compresi i requisiti e le esigenze indicati nel bando di gara o nel documento descrittivo, qualora le variazioni di tali aspetti, requisiti ed esigenze rischino di falsare la concorrenza o di avere un effetto discriminatorio (comma 6, secondo periodo);

la previsione per cui, su richiesta dell'amministrazione aggiudicatrice possono essere condotte negoziazioni con l'offerente che risulta aver presentato l'offerta con il miglior rapporto qualità/prezzo, al fine di confermare gli impegni finanziari o altri termini contenuti nell'offerta attraverso il completamento dei termini del contratto, a condizione che da ciò non consegua la modifica sostanziale di elementi fondamentali dell'offerta o dell'appalto pubblico, comprese le esigenze e i requisiti definiti nel bando di gara o nel documento descrittivo, e che non si rischi di falsare la concorrenza o creare discriminazioni (comma 7, secondo periodo).

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