Decorre il termine breve di impugnazione anche se l'ordinanza è comunicata dal cancelliere priva di firma digitale

Redazione scientifica
04 Ottobre 2017

La comunicazione telematica del testo integrale dell'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione, eseguita a norma dell'art. 16-bis, comma 9-bis, del d.l. n. 79/2012, conv. dalla l. n. 221/2012, è idonea, ancorché priva della firma digitale del cancelliere che ne ha curato la trasmissione alla PEC del destinatario, a fare decorrere il termine cd. "breve" di impugnazione, ex art. 702-quater c.p.c..

Il caso. Una società di costruzioni ha proposto ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro con la quale veniva dichiarato inammissibile il gravame proposto dalla stessa ricorrente avverso l'ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. emessa dal Tribunale. La Corte, pur ritendo valida la comunicazione a mezzo PEC dell'ordinanza trasmessa senza firma digitale del cancelliere, riteneva il ricorso tardivo, perché notificato in epoca successiva ai 30 giorni previsti ex art. 702-quater c.p.c.. Il ricorrente, al contrario, riteneva che l'estrazione di copia informatica del provvedimento del Tribunale cartaceo necessitava, per la validità della sua notificazione, della firma digitale del cancelliere e per tale ragione la comunicazione dell'ordinanza doveva ritenersi nulla e l'appello proponibile entro il termine lungo di 6 mesi ex art. 327 c.p.c..

La comunicazione di cancelleria dell'ordinanza a mezzo PEC e il termine breve di impugnazione. La Suprema Corte ricorda, in primo luogo, come l'art. 702-quater c.p.c. stabilisce che l'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione produce gli effetti di cosa giudicata (ex art. 2909 c.c.) se non è appellata entro 30 giorni dalla comunicazione di cancelleria o notificazione ad istanza di parte (Cass. n. 7401/2017; Cass. n. 11331/2017). La comunicazione dell'ordinanza ex art. 702-ter, comma 6, c.p.c. può essere eseguita anche a mezzo PEC. Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di chiarire come «il periodo aggiunto in coda al secondo comma dell'art. 133 c.p.c. dall'art. 45 d.l. n. 90/2014, conv. con modific. nella l. n. 114/2014, secondo cui la comunicazione da parte del cancelliere del testo integrale del provvedimento non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni ex art. 325 c.p.c., ha lo scopo di neutralizzare gli effetti della modalità telematica della comunicazione, se integrale, di qualsiasi tipo di provvedimento, ai fini della normale decorrenza del termine breve per le impugnazioni, non incide sulle norme processuali derogatorie e speciali, come l'art. 702-quater c.p.c., che facciano dipendere la decorrenza del termine breve di impugnazione dalla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria» (Cass. n. 23526/2014).

Se manca la firma del cancelliere... I Giudici, pur riconoscendo che il comma 9-bis dell'art. 16-bis, d.l. n. 179/12 è stato introdotto in epoca successiva al compimento della comunicazione per cui è causa, decidono di condividere la conclusione, conforme ai principi giurisprudenziali in tema di comunicazioni e notificazioni, in base alla quale la comunicazione telematica di un provvedimento del giudice emesso in formato cartaceo, effettuata in data antecedente all'entrata in vigore del comma 9-bis dell'art. 16-bis, d.l. n. 179/12, seppur priva della firma digitale del cancelliere, deve ritenersi validamente avvenuta ai fini della decorrenza del termine perentorio di 30 giorni di cui all'art. 702-quater c.p.c., quando il cancelliere abbia trasmesso all'indirizzo PEC del destinatario il testo integrale dell'ordinanza, in maniera che vi sia la certezza che il provvedimento sia stato portato a compiuta conoscenza delle parti, nonché la certezza del momento di tale conoscenza (Cass. 26102/2016).

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.