Rendita vitalizia e sua costituzione

Cesare Trapuzzano
09 Novembre 2016

L'ordinamento giuridico in tema di tutela risarcitoria consente la liquidazione dei danni non solo attraverso il riconoscimento per equivalente, in favore del danneggiato, di una somma capitale, ossia mediante il pagamento una tantum di un importo determinato una volta per tutte, ma anche sotto forma di rendita vitalizia, da corrispondere di volta in volta lungo l'arco temporale dell'intera vita della vittima primaria.
Inquadramento

***Per AGGIORNAMENTO si veda “Capitalizzazione anticipata di una rendita - Milano 2023”: i nuovi criteri elaborati dall'Osservatorio sulla giustizia civile di Milano***

L'ordinamento giuridico in tema di tutela risarcitoria consente la liquidazione dei danni non solo attraverso il riconoscimento per equivalente, in favore del danneggiato, di una somma capitale, ossia mediante il pagamento una tantum di un importo determinato una volta per tutte, ma anche sotto forma di rendita vitalizia, da corrispondere di volta in volta (secondo una cadenza temporale stabilita dal giudice) lungo l'arco temporale dell'intera vita della vittima primaria. Nelle fattispecie concrete, infatti, la prestazione in unica soluzione del risarcimento dovuto potrebbe presentarsi come eccessivamente aleatoria, poiché ancorata a coefficienti di riferimento obsoleti, volatile, poiché esposta al rischio di svalutazione nel corso del tempo, sproporzionata, qualora non abbia attinenza con la reale durata della vita del danneggiato, ed eccessivamente onerosa, qualora la gestione ed amministrazione del capitale esiga particolari accorgimenti e conoscenze tecniche, per porlo al riparo dal rischio futuro di incapienza.

Potrebbe dunque rendersi più congruente una parcellizzazione della liquidazione, mediante riconoscimento con cadenza periodica, e per tutta la durata effettiva della vita della vittima, di una quota del danno patito.

La norma che regola tale facoltà di liquidazione, ossia l'art. 2057 c.c., inserito nella disciplina dei fatti illeciti in generale, esige però che si tratti di danni alle persone che abbiano carattere permanente.

I danni alla persona possono essere di natura patrimoniale o non patrimoniale, in ragione della natura del bene della vita inciso dalla condotta lesiva.

I danni sono permanenti se proiettati nel futuro e se destinati a produrre effetti pregiudizievoli per tutto l'arco di vita del danneggiato, e ricomprendono anche le spese di cura e assistenza destinate a far fronte ai bisogni prolungati e duraturi nel tempo della vittima. In quest'ambito il giudice può provvedere alla liquidazione del nocumento sotto forma di rendita vitalizia anche d'ufficio, senza che sia necessaria l'istanza della parte interessata; si tratta, infatti, di una facoltà in ordine alle modalità di liquidazione del danno rimessa al giudice, nonostante vi sia un'esplicita volontà contraria di parte.

Allo stesso modo altri ordinamenti europei prevedono la possibilità di liquidazione, anziché una tantum, mediante una rendita vitalizia.

Nel sistema tedesco la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia costituisce la regola del risarcimento, mentre la corresponsione di un capitale può essere disposta solo ove ricorra una giusta causa, la cui dimostrazione ricade a carico del danneggiato.

Sia il sistema svizzero che quello austriaco rimettono la liquidazione sotto forma di rendita all'equo apprezzamento del giudice.

Nell'ordinamento spagnolo, la recente l. n. 35/2015 ha riformato il sistema di calcolo dei danni derivanti dagli incidenti stradali; in particolare l'art. 41 prevede che il giudice, su richiesta delle parti, possa accordare la sostituzione totale o parziale del risarcimento previsto nella tabulazione della legge con una rendita vitalizia, mentre l'art. 42 precisa che il giudice potrà imporre d'ufficio la costituzione di una rendita vitalizia a favore del danneggiato nel caso in cui tale soggetto sia un minore o un incapace, qualora reputi tale tipologia di risarcimento l'opzione migliore per la tutela dei suoi interessi.

Nei sistemi di common law l'accordo tra le parti, denominato structured settlement, svolge una funzione di deflazione delle controversie giudiziarie perché permette alle parti di convenire una rendita annuale volta a risarcire i danni arrecati al danneggiato. La struttura degli structured settlement prevede che il danneggiante stipuli un contratto di rendita con una compagnia assicurativa, la quale a sua volta erogherà la rendita al danneggiato.

Infine, in molti sistemi di common law il giudice può disporre la corresponsione del danno in forma di rendita anche senza la richiesta o l'accordo delle parti, come nel Regno Unito e nello stato di New York, dove può essere imposta la liquidazione rateale del 65% dei danni futuri quantificati complessivamente in misura superiore ai 500000 $.

In evidenza

Il riconoscimento della rendita vitalizia per i danni permanenti alla persona impone di tenere conto delle condizioni delle parti e della natura del danno. Il ricorso a questo sistema di liquidazione del danno si adegua all'effettiva durata della vita del danneggiato, quando non sia possibile formulare ex ante una prognosi sulla presumibile estensione temporale della permanenza in vita della persona colpita dall'evento lesivo o, comunque, sulla conformazione della sua durata agli standard medi di vita, ai quali si riferiscono i criteri tabellari di liquidazione. Inoltre, la rendita riconosciuta deve essere ancorata a criteri prestabiliti di rivalutazione e deve essere corredata dalla prestazione di opportune cautele.

Il carattere eccezionale e temporalmente imprevedibile della situazione del soggetto leso meglio si confà alla liquidazione per mezzo di una rendita vitalizia, che a sua volta può essere quantificata in una somma mensile pari ad una frazione della somma liquidata una tantum per i danni già maturati. Al riguardo, la rendita vitalizia può rappresentare un adeguato rimedio quando la quantificazione delle voci di pregiudizio e delle spese, in rapporto all'aspettativa di vita del soggetto leso, sia alquanto problematica, il che sconsiglia la liquidazione del danno in unica soluzione. E ciò perché le spese effettivamente sostenute in futuro potrebbero essere minori, qualora il soggetto decedesse, senza che ciò sia prevedibile. Così le somme versate una tantum dal danneggiante andrebbero ad arricchire gli eredi del danneggiato. Infine, un'eventuale liquidazione non commisurata alle aspettative di vita del danneggiato non premierebbe gli interessi pubblici, poiché gli oneri delle conseguenze lesive del fatto illecito sono frequentemente sopportate dalle strutture sanitarie pubbliche. D'altronde, la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia non è preclusa dalla circostanza che il danno futuro sia determinabile solo tramite criteri di approssimazione (cfr. Trib. Prato, 11 gennaio 1989).

Danno permanente

La natura permanente del danno si riferisce alle conseguenze lesive del fatto illecito, ossia all'idoneità del comportamento contrario al dovere di neminem laedere a produrre effetti pregiudizievoli destinati a riflettersi continuativamente sulla sfera giuridica della parte lesa. Si tratta, pertanto, di un requisito proprio del danno-conseguenza, non del danno-evento. La stabilità degli effetti lesivi può connotare sia il danno patrimoniale, sia il danno non patrimoniale. Così il nocumento sulla capacità lavorativa specifica che deriva dal fatto illecito è destinato ad incidere sul patrimonio del danneggiato non già in via temporanea ma per tutto l'arco della sua vita lavorativa. Allo stesso modo, quando, in ragione della condotta illecita, il danneggiato debba sostenere degli esborsi periodici e costanti nel tempo, anche in ordine a tali spese sarà realizzato il presupposto della permanenza. Medesima conclusione vale per il danno non patrimoniale che abbia determinato un pregiudizio all'integrità psico-fisica suscettibile di accertamento medico-legale, destinato a proiettarsi sul resto della vita del danneggiato, in quanto alle lesioni riportate siano residuati dei postumi permanenti, che influiscono sul compimento e sulla qualità degli atti del vivere quotidiano della vittima colpita dall'evento lesivo. Viceversa, la condotta illecita può produrre anche conseguenze che non sono destinate a proiettarsi nel tempo, ma che sono destinate a cessare all'esito dell'esaurimento del fatto lesivo o, comunque, entro un frangente di tempo determinato dalla sua integrazione. In questi casi il danno non è permanente. Si pensi al danno biologico che abbia generato esclusivamente un'inabilità temporanea, senza postumi invalidanti: nulla esclude che, a fronte di più voci di danno permanente, la liquidazione possa avvenire mediante immediato riconoscimento di una somma capitale per alcune voci e tramite previsione di una rendita vitalizia per altre.

Ambito applicativo della rendita vitalizia

ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Danni futuri

In tema di responsabilità civile da fatto illecito, la liquidazione dei cosiddetti danni futuri può essere effettuata, secondo la scelta insindacabile del giudice di merito, o con la costituzione di una rendita vitalizia a favore del danneggiato o con la corresponsione una tantum di una somma determinata secondo le tabelle di capitalizzazione della rendita vitalizia, approvata con r.d. 9 ottobre 1922, n 1403, oppure equitativamente, quando sia impossibile o sommamente difficile la prova del danno nel suo ammontare preciso (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 1971, n. 14371).

Danno patrimoniale da lucro cessante

Riconoscimento della rendita vitalizia in ordine al danno patrimoniale da lucro cessante per perdita della capacità lavorativa specifica (Cass. civ., sez. III, 18 novembre 2005, n. 24451).

Menomazione della capacità lavorativa specifica

L'elevata percentuale di invalidità permanente consente al giudice di presumere la perdita patrimoniale derivante dalla menomazione della capacità lavorativa specifica e di liquidarla con criteri equitativi, ivi compresa la forma della rendita vitalizia (Cass. civ., sez. III, 23 agosto 2011, n. 17514; Cass. civ., sez. lav., 27 novembre 2013, n. 26534).

Congruamente motivata

Incensurabilità in sede di legittimità della decisione del giudice di merito che ha disposto la corresponsione di una rendita vitalizia in favore del danneggiato, se congruamente motivata (Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1958, n. 553; Cass. civ., sez. III, 7 marzo 1966, n. 658; Cass. civ., sez. III, 24 maggio 1967, n. 1140; Cass. civ., sez. III, 28 aprile 1983, n. 2918)

Una sola delle voci del danno

Possibilità di istituire la rendita vitalizia per una sola delle voci del danno complessivo (Cass. civ., sez. III, 22 giugno 2007, n. 14581

Condizioni delle parti

La norma richiede, ai fini della determinazione in merito alla liquidazione del danno permanente secondo una rendita vitalizia, che si tenga conto innanzitutto delle condizioni delle parti. Ossia la valutazione discrezionale del giudice deve essere indirizzata a calibrare il sistema di liquidazione allo stato in cui versano, si noti bene, entrambe le parti. Sotto il profilo attinente alla parte danneggiata, la ponderazione deve essere essenzialmente fondata sull'utilità di un riconoscimento una tantum ovvero sulla maggiore adattabilità alle esigenze del danneggiato di una liquidazione tramite rendita vitalizia. Questa scelta è rimessa alla verificazione di potenziali fattori di deviazione del vantaggio conseguente al riconoscimento di un capitale dalla soddisfazione delle sue esigenze primarie, alla stregua della condizione di debolezza in cui si trova la persona offesa. Sicché sarebbe elevato il rischio di una gestione inappropriata o scorretta della somma di denaro erogata. Allo stesso modo, dovrà aversi riguardo alla possibilità che il riconoscimento immediato di una somma capitale si presti a potenziali aggressioni perpetrabili da terzi, che fraudolentemente intendano sfruttare lo stato di minorità della vittima beneficiata del risarcimento. E ciò eventualmente mediante atti formalmente legittimi, come procure e mandati, ma che siano estorti con dolo e con la precipua finalità di accaparrarsi del suo patrimonio. Ne discende che la determinazione di una rendita vitalizia è particolarmente consigliata ove il danneggiato sia un incapace, anche naturale, ovvero sia persona non scolarizzata ovvero prodiga o disadattata o particolarmente limitata sul piano dell'autonomia funzionale in ragione di gravi deficit psico-fisici o con ridotte aspettative di vita. Dell'istituto si è fatta applicazione nella giurisprudenza di merito a favore di un minore, al quale è stata riconosciuta una rendita vitalizia dapprima in sostituzione del reddito e, successivamente, del trattamento pensionistico, a partire dal compimento del venticinquesimo anno di età (cfr. Trib. Trieste, 5 aprile 2012). Al contempo, occorre avere riferimento alle condizioni del danneggiante. E ciò perché il riconoscimento di una rendita vitalizia postula un vaglio sulla ricorrenza di una solida situazione economica della parte tenuta a rifondere il pregiudizio, tale da rendere certo o altamente probabile che questi sia in grado di far fronte al relativo periodico esborso e che il risarcimento ammesso secondo questa forma di liquidazione non si volatilizzi nel tempo, così ledendo il diritto del danneggiato al conseguimento del relativo beneficio. La solidità della situazione economico-patrimoniale del danneggiante deve soddisfare sia un parametro quantitativo, ossia relativo alla consistenza del relativo patrimonio, sia un parametro temporale, ossia inerente alla stabilità di tale florida posizione di liquidità. Ove queste condizioni non sussistano, è sconsigliabile ricorrere alla previsione di una rendita, poiché ciò non garantirebbe a sufficienza il danneggiato sulla percezione della refusione del danno spettantegli in conseguenza del fatto illecito integrato.

Natura del danno

Oltre che delle condizioni delle parti, affinché possa essere riconosciuta, anche d'ufficio, la rendita vitalizia in ordine al pregiudizio permanente alla persona patito dal danneggiato, occorre tenere conto della natura del danno. In specie, occorre che si tratti di un danno grave. E ciò perché il beneficio primario che tale forma di liquidazione consente di ottenere è appunto quello di adattarsi all'effettivo corso della vita del danneggiato. Sicché la previsione di una rendita è una forma di liquidazione essenzialmente elastica, che può essere plasticamente modellata sull'effettiva durata della vita del danneggiato, qualora non sia possibile compiere una prognosi, in ragione della gravità, sia qualitativa (con riferimento alla severità dei pregiudizi) sia quantitativa (con riguardo all'ampiezza delle ripercussioni negative), delle conseguenze lesive riportate. Così come previsto dal d.lgs. n. 38 del 23 febbraio 2000, in tema di nocumenti da infortunio sul lavoro, la rendita spetta per i soli danni biologici che abbiano implicato una percentuale di invalidità permanente variabile dal 16% al 100%. Infatti, sono proprio i nocumenti più consistenti quelli che, per un verso, incidono sulla stessa persistenza in vita del danneggiato o comunque sulla difficoltà di avanzare una prognosi e, per altro verso, implicano ripercussioni periodiche del fatto lesivo, ossia manifestazioni successive delle conseguenze pregiudizievoli. Così il danno patrimoniale sulla capacità lavorativa specifica importa una perdita o diminuzione di reddito ogni anno della vita del danneggiato. Ed ancora i danni da invalidità permanente si manifestano per tutto l'arco residuo della vita del danneggiato e frequentemente importano spese di cura e assistenza che dovranno essere sostenute di anno in anno. Siffatte situazioni difficilmente sono integrate in presenza di danni di lieve entità, rispetto ai quali è opportuna una liquidazione in unica soluzione.

Costituzione e disciplina della rendita

Qualora il giudice delibi, secondo equo apprezzamento, anche senza che vi sia una specifica istanza della parte danneggiata, per il riconoscimento di una rendita vitalizia, la sua disposizione può avvenire mediante concessione in usufrutto, anticresi o godimento di un capitale, di un immobile o di un bene fruttifero, i cui frutti o le cui rendite periodiche entreranno direttamente nel patrimonio del danneggiato. In alternativa, la rendita può essere riconosciuta mediante costituzione dell'usufrutto sui titoli del debito pubblico appositamente acquistati, in favore del danneggiato, o mediante la stipulazione, a cura del danneggiante, di un contratto di assicurazione sulla vita a premio unico, il cui beneficiario sia il danneggiato. La previsione di una rendita soggiace alla disciplina generale in tema di rendita vitalizia. Pertanto, essa non potrà essere sostituita con la corresponsione di un capitale, sicché il danneggiante tenuto alla corresponsione della rendita non può liberarsi del pagamento di tale rendita offrendo il rimborso del capitale, anche qualora rinunzi alla ripetizione delle annualità già pagate. E ciò ai sensi dell'art. 1879, comma 1, c.c. È escluso a priori il patto contrario. Se così fosse, il danneggiante sarebbe in grado di derogare di sua iniziativa alla disposizione del giudice, che ha preferito prevedere una rendita vitalizia, anziché riconoscere una somma capitale una tantum. Ne consegue che il danneggiante sarà tenuto a corrispondere la rendita per tutto il tempo per il quale essa è stata costituita, quand'anche la sua prestazione sia divenuta gravosa successivamente alla costituzione. Sicché la rendita così disposta non può costituire oggetto di risoluzione per eccessiva onerosità, ai sensi dell'art. 1879, comma 2, c.c. Inoltre, ove il danneggiante non corrisponda alle scadenze le rate di rendita, il danneggiato non può domandare la risoluzione, ma potrà ottenere il sequestro e la vendita dei beni dell'obbligato, affinché con il relativo ricavato sia assicurato il pagamento della rendita, ai sensi dell'art. 1878 c.c.

Rivalutazione

Il giudice, già nel momento in cui dispone la rendita vitalizia, dovrà prevedere dei criteri di rivalutazione automatica dell'importo riconosciuto a tale titolo. E ciò al fine di adeguare tale riconoscimento al costo della vita relativo al periodo in cui la rendita è corrisposta. Spetta alla sua discrezionalità individuare degli indici adeguati di rivalutazione, come possono essere ad esempio gli indici Foi elaborati dall'Istat. Qualora ricorra un danno dipendente dalla ridotta capacità di guadagno o dalla necessità di sostenere spese mediche e di assistenza sanitaria, appare più congruo avere riguardo rispettivamente al tasso di crescita dei salari e all'indice dei consumi Nic ovvero all'Ipca, quale indice armonizzato dei prezzi al consumo per i Paesi dell'UE.

Opportune cautele

La norma dedicata alla liquidazione dei danni permanenti sotto forma di rendita vitalizia prevede, con formula alquanto generica, che il giudice che dispone detta rendita provveda altresì ad accordare le opportune cautele. Tuttavia, non è specificato alcunché sulla tipologia e consistenza di dette cautele. Deve trattarsi di forme di garanzia che consentano al danneggiato di ottenere tutela qualora il danneggiante resti inadempiente. Sicché si prestano al raggiungimento di tale fine le garanzie ipotecarie o fideiussorie disposte dal giudice che prevede la rendita. Nondimeno, la previsione di dette cautele non costituisce un requisito indefettibile per il riconoscimento della rendita. In questo senso, si è ritenuto che la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia non esiga il supporto di adeguate garanzie dell'adempimento del danneggiante, qualora la struttura economica di cui questi gode nel caso concreto sia talmente solida da non richiedere alcuna ulteriore cautela in favore del danneggiato (cfr. Trib. Genova 15 giugno 2005).

Riconoscimento dell'aggravamento

Ove le conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto illecito, il cui risarcimento sia stato riconosciuto mediante previsione di una rendita vitalizia, si aggravino nel corso della vita del danneggiato e dopo la chiusura del giudizio risarcitorio conclusosi con sentenza passata in cosa giudicata, il danneggiato medesimo potrà invocare ulteriori poste risarcitorie intraprendendo un autonomo giudizio, qualora ricorrano le seguenti condizioni:

a) che anche l'aggravamento sia causalmente riconducibile all'originario fatto illecito e non a cause eterogenee;

b) che la manifestazione di tale aggravamento non sia prevedibile, ossia non rientri tra le conseguenze progressive normali dell'originario fatto lesivo. Sicché l'aggravamento così esternatosi ricade in realtà in un'ulteriore voce di nocumento. In questa evenienza la nuova domanda spiegata non sarà coperta da giudicato e la relativa prescrizione comincerà a decorrere, non già dall'integrazione del fatto illecito, bensì dal momento in cui l'aggravamento è divenuto percepibile. Viceversa, la liquidazione mediante rendita vitalizia include anche gli aggravamenti che costituiscano uno sviluppo normale e prevedibile degli originari pregiudizi conseguiti al fatto illecito. Anche in sede di legittimità tali principi sono stati confermati. Si è, infatti, ritenuto che il giudice possa procedere alla revisione della rendita per aggravamenti successivi e sopravvenuti alla formazione del pregresso giudicato o alla transazione, solo se al momento della prima liquidazione non fossero accertabili elementi attuali capaci di determinare l'aggravamento futuro, o non erano prevedibili gli effetti dei medesimi ovvero non sussisteva ancora un evento, manifestatosi successivamente, con efficacia concausale dell'aggravamento (cfr. Cass. civ., sez. III, 3 novembre 1984 n. 5576). Con riferimento alla decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento exart. 2947 c.c., si è, invece, osservato che in tali fattispecie essa comincia a decorrere dal verificarsi delle ulteriori conseguenze pregiudizievoli (cfr. Cass. civ., sez. II, 25 novembre 1996, n. 10448; Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 580; Cass. civ., sez.III, 21 marzo 2013, n. 7139).

Casistica

Eccezionalità e imprevedibilità della condizione del danneggiato

Trib. Prato 11 gennaio 1989; Trib. Genova 15 giugno 2005, secondo cui la liquidazione mediante rendita vitalizia presuppone che lo stato in cui versa il danneggiato non consenta di formulare una prognosi sulle sue aspettative di vita

Riconoscimento in favore di un minore

Trib. Trieste 5 aprile 2012, secondo cui la rendita vitalizia può essere ammessa anche qualora il danneggiato sia un minore, sulla scorta del riferimento all'incidenza dei danni alla salute riportati sulla sua futura possibilità di percepire redditi e un trattamento pensionistico adeguati alle aspettative che questi avrebbe avuto qualora il fatto illecito non fosse accaduto

Previsione della rendita vitalizia in ordine al danno futuro da incapacità lavorativa specifica e alla necessità di far fronte a spese continuative di cura e assistenza

Trib. Milano 27 gennaio 2015, secondo cui la parte danneggiata da un tardivo ed inadeguato intervento chirurgico, che abbia determinato, all'esito di un'emorragia non trattata tempestivamente e con personale sufficiente, una tetraparesi spastica con stato di disabilità estremamente severo, ha diritto a vedersi riconosciuto in via immediata il capitale per il danno non patrimoniale e sotto forma di rendita vitalizia il danno patrimoniale futuro

Liquidazione del danno permanente sotto forma di rendita vitalizia anche per i danni non patrimoniali

App. Roma 3 marzo 1998 e Trib. Genova 15 giugno 2005, che hanno ammesso la liquidazione mediante rendita vitalizia anche con riferimento ai danni non patrimoniali cui siano residuati gravi postumi invalidanti

Rendita vitalizia in ordine al danno patrimoniale emergente

Trib. Firenze 3 giugno 1950, Trib. Torino 27 giugno 1994, Trib. Bologna 15 novembre 1994, che hanno ritenuto che la rendita vitalizia si adatti anche al rimborso delle spese mediche relative all'acquisto di farmaci da assumere periodicamente

Possibilità di effettuare una revisione della rendita in presenza di aggravamenti di natura patologica non prevedibili al momento della pronuncia della sentenza

Cass. civ., sez. III, 6 febbraio 1970, n. 265; App. Roma 3 marzo 1998, che hanno ritenuto autonoma e non coperta dal giudicato l'azione volta ad ottenere l'ulteriore risarcimento dei danni derivanti da aggravamenti della patologia non prevedibili al momento del riconoscimento della rendita vitalizia e non ricadenti in tale forma di liquidazione

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