Quando il badge diventa strumento di controllo tout court del lavoratore?
14 Agosto 2017
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17531/2017, ha chiarito che se il badge non si limita a registrare il quantum della prestazione lavorativa, ma raccoglie dati più approfonditi della stessa, può diventare uno strumento di controllo vero e proprio, sottoposto alle relative regole.
Un lavoratore adiva il Tribunale a seguito di un licenziamento disciplinare, a suo parere illegittimo, irrogato per anomalie evidenziate dal sistema badge in uso presso la società dove era impiegato, chiedendo l'annullamento della misura disciplinare subìta. In conseguenza dell'accoglimento della domanda, la società ricorreva in Appello denunciando l'erronea applicazione dell'art. 4 della L. n. 300/1970 da parte del Tribunale, ma si vedeva respinto il ricorso e adiva la Cassazione per il riconoscimento della legittimità del recesso.
La Suprema Corte, nell'analizzare il ricorso, sottolinea innanzitutto la correttezza delle osservazioni dell'Appello, il quale aveva fatto esatta applicazione dell'art. 4 L. n. 300/1970, avendo ritenuto che il particolare badge in uso presso la società appellante consentisse la trasmissione, mediante sistema online, di tutti i dati acquisiti tramite lettura magnetica dello stesso, riguardanti non solo l'orario d'ingresso e di uscita, ma anche le sospensioni, i permessi e le pause realizzando così, in concreto, un costante controllo a distanza circa l'osservanza, da parte dei dipendenti, del loro obbligo di diligenza sotto il profilo del rispetto dell'orario di lavoro, rientrante, di conseguenza, nella fattispecie prevista dal secondo comma dell'art. 4 citato. La Corte di merito, evidenza la Cassazione, è perfettamente allineata col Giudice di primo grado quando considera il badge in questione uno strumento di controllo a distanza e non un mero rilevatore di presenza, tenuto anche conto che lo strumento in esame consente di comparare immediatamente i dati di tutti i dipendenti, permettendo di realizzare un controllo continuo, permanente e globale.
Conclude, perciò, la Corte di Cassazione che questo tipo di badge, il quale consente al datore di effettuare un controllo costante sul rispetto dell'orario di lavoro e sulla qualità della prestazione lavorativa, non concordato con le rappresentanze sindacali, rientra in pieno nella fattispecie prevista dal secondo comma dell'art. 4 della L. n. 300/1970, e respinge il ricorso della società.
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