Risoluzione del rapporto per mutuo consenso: la mera inerzia del lavoratore non basta

La Redazione
20 Aprile 2015

La Cassazione, con sentenza n. 5871/2015, si è pronunciata sulla esclusione della risoluzione consensuale del rapporto per mutuo consenso nel caso di prolungata inerzia del lavoratore dopo la scadenza del termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro.

Cass. sez. lav., 24 marzo 2015, n. 5871

A seguito della dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro, confermata in sede d'Appello, la società datrice di lavoro proponeva ricorso in Cassazione censurando la sentenza nella parte in cui aveva respinto l'eccezione di risoluzione del rapporto per mutuo consenso tacito, nonostante la prolungata inerzia del lavoratore dopo la scadenza del temine e la conseguente presunzione di estinzione del rapporto, con onere, in capo al lavoratore, di provare le circostanze atte a contrastare tale presunzione.

La Cassazione ritiene infondata la censura essendo, nel caso di specie, da confermare l'indirizzo prevalente nell'ambito dei giudizi instaurati per il riconoscimento della sussistenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell'illegittima apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto: “affinché possa configurarsi una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata — sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonché del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative — una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (…) non essendo all'uopo sufficiente il semplice trascorrere del tempo e neppure la mera mancanza, seppure prolungata, di operatività del rapporto”.

Inoltre, precisa la Corte, è onere del datore che eccepisca la risoluzione del rapporto provare i suddetti comportamenti e circostanze dai quali si possa desumere la chiara e certa volontà delle parti di porre fine al rapporto, competendone, poi, la valutazione al solo giudice di merito.

Non mancano, tuttavia, pronunce che hanno confermato decisioni di merito che avevano ritenuto la risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso, valorizzando il comportamento del dipendente (ad es. Cass. sez. lav., 13 febbraio 2015, n. 2906).

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