Attività lavorativa durante il periodo di infortunio e controlli

La Redazione
21 Febbraio 2017

Licenziato il dipendente che lavorava nella rosticceria della moglie mentre era assente per infortunio, nonostante ciò non avesse aggravato le sue condizioni fisiche e, quindi, il suo rientro in azienda. La Cassazione, con sentenza n. 3630/2017, si pronuncia sulla legittimità del recesso e del ricorso ad agenzie investigative.

Cass. sez. lav., 10 febbraio 2017, n. 3630

Impiegando un'agenzia investigativa per verificare il comportamento di un proprio dipendente assente per infortunio, Poste italiane scopriva che questi stava lavorando nella rosticceria della moglie e lo licenziava per giusta causa, nonostante l'aiuto alla consorte non avesse aggravato le sue condizioni fisiche e quindi il suo rientro in azienda.

Attività investigativa

Investita della questione, la Cassazione ribadisce l'orientamento giurisprudenziale per cui l'art. 2 St. Lav. non preclude al datore di lavoro di ricorrere ad agenzie investigative – purché non si sconfini nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria – restando giustificato il loro intervento anche in ragione del solo sospetto che illeciti siano in corso di esecuzione (Cass. n. 3590/2011). Sul tema, inoltre, la Corte richiama Cass. n. 25162/2014, secondo cui l'art. 5 St. Lav. non esclude che il datore possa procedere ad “accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato d'incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l'assenza”.

Attività svolta durante il periodo di malattia e infortunio

Condivisa dai giudici di legittimità l'impostazione della Corte territoriale, che valorizza “oltre alla violazione degli obblighi gravanti sul lavoratore in caso di malattia, la lesione degli obblighi di fedeltà all'impresa e di correttezza (artt. 2104 e 2105 c.c.), nonché gli specifici obblighi di diligenza e fedeltà gravanti sul lavoratore”. Rilevanti, in tale prospettiva, le diverse versioni rese dal lavoratore in sede di audizione orale e, successivamente, in sede giudiziale.

Grave, quindi, il comportamento tenuto dal dipendente, in quanto “incidente sul dovere fondamentale del dipendente di rendere la prestazione di lavoro e lesivo del vincolo fiduciario, anche in ragione del carattere doloso, desumibile anche dalla prima negazione dei fatti”.

Corretto, pertanto, il giudizio di adeguatezza della sanzione che ha considerato la condotta del lavoratore nel suo complesso, “senza limitarsi alla sola considerazione dell'incidenza dell'attività lavorativa sui tempi di guarigione”: il licenziamento è legittimo.

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