Lavoro nei festivi, il diritto di astensione è inderogabile salvo accordo tra le parti

Gustavo Danise
23 Ottobre 2015

La Cassazione ha chiarito alcuni aspetti della vexata questio dello svolgimento di attività lavorativa in un giorno festivo infrasettimanale, tra diritto soggettivo del lavoratore al godimento della festività ed esigenze produttive aziendali: è illegittima la sanzione disciplinare nei confronti del lavoratore che si sia rifiutato di prestare attività lavorativa in tali giornate.
Massime

La L. n. 260/1949, come modificata dalla L. n. 90/1954, relativa alle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di tali festività, regolando compiutamente la materia, per cui non è consentita – ai sensi dell'art. 12 preleggi – l'applicazione analogica delle eccezioni al divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il suddetto diritto possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro, essendo rimessa la rinunciabilità al riposo nelle festività infrasettimanali solo all'accordo tra datore di lavoro e lavoratore.

Il provvedimento del datore di lavoro, in difetto di un consenso del lavoratore a prestare la propria attività nella festività infrasettimanale, determina la nullità dello stesso e integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, con la conseguenza che la mancata ottemperanza allo stesso provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un'eccezione di inadempimento (art. 1460 cod. civ.), sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenere che sussista una presunzione di legittimità dei provvedimenti aziendali, che imponga l'ottemperanza agli stessi fino a un contrario accertamento in giudizio.

Il caso

Una dipendente della società Loro Piana di Romagnano Sesia, con mansioni di addetta alle vendite, impugnava presso il Tribunale di Vercelli la sanzione disciplinare della multa comminatale per non essersi presentata al lavoro, presso il punto vendita ove svolgeva normalmente la sua attività, in data 6 gennaio 2004, disattendendo la specifica disposizione aziendale con la quale era stato comunicato che il punto vendita sarebbe rimasto aperto in tale giornata (come pure l'8 dicembre 2003, il 25 aprile 2004 e il 1 maggio 2004) e che in relazione alle ore lavorate nei giorni festivi sarebbe stata corrisposta la retribuzione normale con la maggiorazione per il lavoro straordinario.

Il Tribunale di Vercelli, accogliendo la domanda, dichiarava l'illegittimità della sanzione disciplinare della multa.

Il Tribunale riteneva legittimo il rifiuto opposto dalla lavoratrice, in quanto la L. n. 260/1949 non consente al datore di lavoro di trasformare unilateralmente le festività in giornata lavorativa, non potendosi applicare in via analogica la normativa sul lavoro festivo domenicale, né la disciplina di cui al D.Lgs. n. 66/2003 in quanto riferita al riposo domenicale e non alla festività infrasettimanale.

L'appello proposto dalla Loro Piana di Romagnano Sesia veniva respinto dalla Corte di appello di Torino, secondo cui la L. n. 260/1949, art. 2 conferisce ai lavoratori il diritto di astenersi dai lavoro nei giorni indicati dalla stessa legge, senza che possa applicarsi in via analogica la disciplina sul lavoro domenicale. Il datore di lavoro aveva richiesto la prestazione lavorativa in una giornata in cui non poteva esigerla, con conseguente legittimità del comportamento della prestatrice, non qualificabile come arbitraria tutela delle proprie ragioni, ma come legittimo esercizio dell'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ., tanto più congruo ove si consideri la sistematicità della violazione del diritto al riposo (la prestazione lavorativa era stata già pretesa per l'8 dicembre e richiesta per le festività del 25 aprile e del 1 maggio).

La datrice di lavoro proponeva quindi ricorso in Cassazione.

Le questioni

Le questioni affrontate dalla S.C. nella sentenza in commento sono le seguenti:

1) se il diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione lavorativa in occasione delle festività di cui all'art. 2, L. n. 260/49 sia assoluto e inderogabile, salvo accordo tra le parti, o se sia suscettibile di eccezioni derivanti da comprovate esigenze aziendali; ovvero da previsioni di contrattazione collettiva, connesse alle esigenze aziendali tipiche del settore, che preveda la possibilità dello svolgimento dell'attività lavorativa anche in giorni festivi, nei casi in cui l'attività presso lo spaccio aziendale sia organizzata in turni di lavoro per consentire l'apertura al pubblico in tutti i giorni della settimana;

2) se il datore di lavoro possa pretendere dal dipendente la prestazione lavorativa durante un giorno festivo infrasettimanale mediante applicazione analogica della L. n. 370/1934 sul lavoro domenicale e settimanale, ovvero delle disposizioni del D.Lgs. n. 66/2003.

Le soluzioni giuridiche

Nel rigettare il ricorso promosso dalla società datrice di lavoro avverso la sentenza della Corte di appello di Torino, confermativa di quella di primo grado del Tribunale di Vercelli, la Suprema Corte di Cassazione ha, innanzitutto, confermato il consolidato filone giurisprudenziale secondo cui ai lavoratori viene riconosciuto il “diritto soggettivo” di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (Cass. n. 4435/2004, Cass. n. 9176/1997, Cass. n. 5712/1986). Ha, quindi, ribadito il principio già espresso nella precedente pronuncia n. 16634/2005, secondo cui, atteso che la L. n. 260/1949, come modificata dalla L. n. 90/1954, relativa alle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, riconosce al lavoratore il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di tali festività, regolando compiutamente la materia, non è consentita – ai sensi dell'art. 12 preleggi – l'applicazione analogica delle eccezioni al divieto di lavoro domenicale e deve escludersi che il suddetto diritto possa essere posto nel nulla dal datore di lavoro, essendo rimessa la rinunciabilità al riposo nelle festività infrasettimanali solo all'accordo tra datore di lavoro e lavoratore.

Più in dettaglio, la S.C. ha chiarito i principi sopra sintetizzati sottolineando che:

  • la possibilità di svolgere attività lavorativa nelle festività infrasettimanali non significa che la trasformazione da giornata festiva a lavorativa possa avvenire per libera scelta del datore di lavoro, poiché la rinunciabilità al riposo nelle festività infrasettimanali è rimessa esclusivamente all'accordo tra le parti;
  • la L. n. 260/1949 è completa e non consente di fare ricorso al procedimento per analogia;
  • la normativa sulle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (L. n. 260/1949) è stata emanata successivamente alla normativa sul riposo domenicale e settimanale (L. n. 370/1934) e in essa non sono state estese alle festività infrasettimanali le eccezioni all'inderogabilità previste ex lege esclusivamente per il riposo domenicale, ad eccezioni del personale di qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private, per il quale sussiste l'obbligo della prestazione lavorativa durante le festività, su ordine datoriale in presenza, per ragioni del superiore interesse pubblico;
  • non sussiste un obbligo “generale” a carico dei lavoratori di effettuare la prestazione nei giorni destinati ex lege alla celebrazione di ricorrenze civili o religiose e sono nulle le clausole della contrattazione collettiva che prevedono tale obbligo, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro (cui è consentito derogare per il solo lavoratore domenicale);
  • in nessun caso una norma di un contratto collettivo può comportare il venir meno di un diritto già acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali), non trattandosi di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali (Cass. n. 9176/1997);
  • il D.Lgs. n. 66/2003 nulla aggiunge alla specifica normativa sulle festività infrasettimanali, in quanto la normativa comunitaria si riferisce espressamente al riposo settimanale ed alla possibilità che siffatto riposo (e non certo il diritto di astensione dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose) possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica.

Gli ermellini, richiamando precedenti giurisprudenziali, motivano la legittimità del rifiuto del lavoratore di prestare servizio in un giorno festivo infrasettimanale, evidenziando che il relativo ordine di servizio del datore di lavoro, in difetto di un consenso del lavoratore, è nullo ed integra un inadempimento parziale del contratto di lavoro, con la conseguenza che la mancata ottemperanza allo stesso provvedimento da parte del lavoratore trova giustificazione sia quale attuazione di un'eccezione di inadempimento (art. 1460 cod. civ.), sia sulla base del rilievo che gli atti nulli non producono effetti, non potendosi ritenere che sussista una presunzione di legittimità dei provvedimenti aziendali, che imponga l'ottemperanza agli stessi fino a un contrario accertamento in giudizio (cfr. Cass. n. 26920/2008; n. 1809/2002, v. da ultimo Cass. n. 11927/2013).

Osservazioni

Con la pronuncia in commento, la S.C. di Cassazione ha chiarito alcuni aspetti della vexata quaestio della ammissibilità della pretesa del datore di lavoro a che i suoi dipendenti svolgano attività lavorativa nei giorni festivi infrasettimanali; questione su cui comunque la medesima A.G., unitamente alla giurisprudenza di merito, già in precedenza si è espressa in senso negativo.

La problematica in questione può sintetizzarsi nei seguenti termini: l'art. 2109, co. 1 c.c. stabilisce “Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana di regola in coincidenza con la domenica”; la Legge speciale sul lavoro domenicale, n. 370 del 1934, prevede, all'art. 3, co. 1 che “Il riposo di 24 ore consecutive deve essere dato la domenica, salvo le eccezioni stabilite dagli articoli seguenti”, tra i quali spicca, in riferimento al caso concreto esaminato dalla Suprema Corte, l'art. 7, che consente deroghe al riposto domenicale per le aziende che esercitano la vendita al minuto ed in genere attività rivolte a soddisfare direttamente bisogni al pubblico. In tali casi il datore di lavoro può, per esigenze produttive aziendali, obbligare i suoi dipendenti a svolgere la prestazione lavorativa di domenica, previa traslazione ad altro giorno del riposo settimanale e previa corresponsione del trattamento retributivo maggiorato, previsto nei contratti collettivi. Successivamente, è stata emanata la L. n. 260/49 recante “Disposizioni in materia di ricorrenze festive” che all'art. 1 dichiara il “giorno 2 giugno, data di fondazione della Repubblica, festa nazionale” ed all'art. 2 configura quali giorni festivi “tutte le domeniche; il primo giorno dell'anno; il giorno dell'Epifania; il giorno della festa di San Giuseppe; il 25 aprile: anniversario della liberazione; il giorno di lunedì dopo Pasqua; il giorno dell'Ascensione; il giorno del Corpus Domini; il 1º maggio: festa del lavoro; il giorno della festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo; il giorno dell'Assunzione della B. V. Maria; il giorno di Ognissanti; il 4 novembre: giorno dell'unità nazionale; il giorno della festa dell'Immacolata Concezione; il giorno di Natale; il giorno 26 dicembre agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici, oltre al giorno della festa nazionale”.

Tale inciso è stato interpretato, per giurisprudenza costante, come disposizione che attribuisce un diritto soggettivo ai lavoratori subordinati di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (Cass. n. 4435/2004, Cass. n. 9176/1997, Cass. n. 5712/1986). Si tratta di un diritto soggettivo perfetto, in quanto disposizione, imperativa, posta a tutela esclusivamente dei prestatori di lavori; e quindi non può essere compresso neppure per le superiori esigenze aziendali. Fa eccezione il riposo domenicale – pure ricompreso nell'elenco delle festività di cui all'art. 2, L. n. 260/49 – regolato dalla lex specialis n. 370/34, artt. 5 ss., di guisa che il datore di lavoro può emettere un ordine di servizio con cui obbligare i suoi dipendenti ad eseguire la prestazione lavorativa di domenica, salva la corresponsione della maggiorazione retributiva e salvo il recupero del riposo settimanale in un altro giorno. La querelle giuridica affrontata dalla S.C. si è posta con riferimento agli altri giorni festivi che cadano in giorni infrasettimanali.

Gli argomenti a supporto del diritto del datore di lavoro di pretendere che il subordinato presti attività lavorativa nel giorno festivo, in presenza di esigenze produttive, sono essenzialmente tre:

1) l'applicazione analogica degli artt. 5 ss. L. n. 370/34 anche ai giorni festivi infrasettimanali;

2) il contenuto dell'art. 5, L. n. 260/49 che obbliga datori di lavoro pubblico e privato al pagamento in favore dei salariati retribuiti in misura fissa, che prestino la loro opera nelle ricorrenze della festa nazionale (2 giugno), dell'anniversario della liberazione (25 aprile), della festa del lavoro (1 maggio) e nel giorno dell'unità nazionale (4 novembre), oltre la normale retribuzione globale di fatto giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, la retribuzione per le ore di lavoro effettivamente prestate, con la maggiorazione per il lavoro festivo;

3) la presenza di previsioni nei CCNL soprattutto nel settore terziario che disciplinano lo svolgimento dell'attività lavorativa nei giorni festivi ed il relativo trattamento sanzionatorio.

La giurisprudenza maggioritaria di merito e la S.C. di Cassazione nella sentenza n. 16634/2005, richiamata e confermata nella sentenza n. 16592/2015 in commento, hanno superato tutte e tre le argomentazioni sopra descritte alla luce delle argomentazioni sopra riportate.

Le conclusioni cui è pervenuta la Corte di legittimità sono giuridicamente ineccepibili: correttamente ha escluso l'applicazione analogica degli artt. 5 ss. L. n. 370/34 sul lavoro domenicale, alle prestazioni di lavoro in giorni festivi infrasettimanali, perché il ricorso all'analogia, sia legis che iuris, richiede una lacuna nel testo normativo in relazione alla fattispecie concreta da regolare; lacuna non rinvenibile nel caso di specie; anzi, in applicazione del principio riassunto nel brocardo ubi lex voluti dixit, ubi noluit tacuit deve ritenersi che il legislatore della L. n. 260/49 non ha volutamente prevedere ipotesi eccezionali che derogassero alla regola del riposo durante i giorni festivi. La bontà di tale opzione ermeneutica è apprezzabile se si pone mente al fatto che con successiva L. n. 520/1952 è stato sancito che solo per “il personale di qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private” sussiste l'obbligo della prestazione lavorativa durante le festività su ordine datoriale in presenza di “esigenze di servizio”. Quindi, quando il legislatore, ha voluto prevedere deroghe al diritto di riposo festivo lo ha fatto espressamente, sia nella L. n. 370/34 sul riposo domenicale che nella successiva L. n. 520/52; se non ha ritenuto di prevedere tali deroghe nell'ambito della L. n. 260/49, ha evidentemente inteso conferire carattere di assolutezza e cogenza al diritto di riposo dei dipendenti durante i giorni festivi infrasettimanali, superabile solo previo consenso del lavoratore.

Né possono invocarsi per gli stessi fini le disposizioni del D.Lgs. n. 66/2003 che, come ha chiarito la Cassazione nella sentenza in commento “nulla aggiunge alla specifica normativa sulle festività infrasettimanali, in quanto la normativa comunitaria si riferisce espressamente al riposo settimanale ed alla possibilità che siffatto riposo (e non certo il diritto di astensione dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose) possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica”. Difatti, l'art. 9 del D.Lgs. n. 66/03 richiama le norme della L. n. 370/34 sul giorno di riposo settimanale coincidente con la domenica, “fatte salve le disposizioni speciali che consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno diverso dalla domenica, nonché le deroghe previste dalla L. 22 febbraio 1934, n. 370”; nulla dispone sulle festività che cadono in giorni feriali.

In merito al secondo punto, la previsione contenuta nell'art. 5, co. 2, L. n. 249/60 di un trattamento retributivo speciale per le prestazioni lavorative rese durante i giorni festivi infrasettimanali non può costituire valido argomento per inferirne una possibile deroga al diritto soggettivo al riposo contenuto nell'art. 2; si tratta di una disposizione che tutela, sotto il profilo retributivo, i lavoratori che eseguano tali prestazioni, previo accordo col datore di lavoro. E' questo il punto focale della decisione, sottolineato a più riprese dalla Suprema Corte.

Infine, in merito al terzo aspetto, la S.C. di Cassazione non ha mancato di richiamare il principio di diritto, enunciato in precedenti sentenze, della nullità delle clausole della contrattazione collettiva che prevedono l'obbligo di prestare attività lavorativa nei giorni festivi infrasettimanali in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori di astenersi dal lavoro (cui è consentito derogare per il solo lavoratore domenicale), poiché in nessun caso una norma di un contratto collettivo può sopprimere un diritto già acquisito dal singolo lavoratore (come il diritto ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali), non trattandosi di diritto disponibile per le organizzazioni sindacali (Cass. n. 9176/1997 cit).

Apprezzabile è anche la parte finale della sentenza n. 16592/15, dedicata dalla S.C. di Cassazione alla qualificazione ed agli effetti giuridici degli atti negoziali posti in essere dalle due parti del rapporto di lavoro nella vicenda che ha portato all'emanazione della sanzione disciplinare. L'ordine di servizio con cui il datore obbliga unilateralmente il lavoratore a prestare servizio durante un giorno festivo infrasettimanale è “nullo”, perché viola una norma imperativa di legge (ossia l'art. 2, L. n. 249/60 nella parte in cui prescrive che delle festività civili e religiose si tenga conto “agli effetti della osservanza del completo orario festivo e del divieto di compiere determinati atti giuridici”); di conseguenza, a fronte dell'inadempimento datoriale all'obbligo di osservare il diritto soggettivo del lavoratore al riposo festivo, il rifiuto di quest'ultimo di ottemperare all'ordine di servizio è legittimo e non sanzionabile disciplinarmente sia se lo si voglia configurare come eccezione di inadempimento ex art. 1460 cod. civ.; sia quale atto negoziale irrilevante ai fini disciplinari, in quanto ha violato un atto nullo, che come tale è improduttivo di effetti.

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