Welfare aziendale
20 Giugno 2024
Inquadramento A livello sovranazionale, Direttiva UE n. 1158/2019 (“Direttiva sull'equilibrio tra lavoro e vita privata”) ha introdotto disposizioni specifiche in materia di welfare aziendale, influenzando la contrattazione collettiva e la normativa a livello nazionale, fissato norme minime sul diritto ai congedi e sull'equilibrio tra il lavoro e la vita privata, incidendo sulla normativa e sulle strategie di policy che sottintendono il welfare aziendale a livello europeo. Il welfare aziendale costituire, infatti, una forma di investimento sociale in grado di avere ricadute positive sia sui lavoratori occupati in azienda sia sul contesto socio-economico più ampio in cui è inserita l'impresa. Si distingue tra: · welfare aziendale volontario, unilateralmente concesso dal datore di lavoro senza alcuna costrizione di natura legale, contrattuale o regolamentare; · welfare aziendale obbligatorio, dove l'obbligo in capo al datore di lavoro deriva da una pattuizione sindacale (contratto aziendale) o da un regolamento unilaterale Premessa Per welfare aziendale si intende l'insieme dei servizi e delle iniziative che i datori di lavoro realizzano a favore dei lavoratori, sia con regolamentazione autonoma che con accordo con le organizzazioni sindacali. Con il termine di "flexible benefit" vengono, invece, identificati i piani che mettono a disposizione del dipendente un paniere di utilità, tra le quali può scegliere quelle rispondenti alle proprie esigenze. Le azioni di welfare aumentano competitività e produttività dell'organizzazione e favoriscono un miglior bilancio lavoro-vita privata dei dipendenti, grazie a servizi “spendibili” per sé e il nucleo familiare. Gli ambiti del welfare aziendale riguardano principalmente:
I settori del welfare aziendale I settori più ambiti per il welfare aziendale non sono, come si potrebbe pensare, i nidi d'infanzia e la previdenza complementare, ma i buoni pasto. Il ticket è il benefit più diffuso in Italia: la media è del 90% contro quella europea del 66%. I nidi non occupano le prime posizioni, in quanto solo una minima parte dei dipendenti ha figli nella fascia d'età 0-3 anni e per l'azienda l'offerta risulta avere costi onerosi e una gestione complessa. Generalmente, i benefit più ricercati dai lavoratori, sono:
Sempre più considerata è l'area delle prestazioni sanitarie, alla quale spesso si accompagnano servizi di assistenza alle persone rivolte a soddisfare le esigenze dei dipendenti e della loro famiglia.
Aspetti fiscali e contributivi La tassazione del reddito di lavoro dipendente si fonda, ai sensi dell'art. 51, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986T.U.I.R., sul principio di onnicomprensività, in ragione del quale costituiscono materia imponibile tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro. Tuttavia, alcune iniziative di welfare aziendale non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, in quanto viene ad esse riconosciuto un particolare regime di favore fiscale. Inoltre, sempre che tali iniziative di welfare riguardino la “generalità dei lavoratori” o “intere categorie” di dipendenti (Agenzie dell'Entrate, circ. n. 5/2018: “con le predette locuzioni il legislatore ha voluto riferirsi alla generica disponibilità di opere, servizi o somme ecc. verso un gruppo omogeneo di dipendenti, anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle predette “utilità””) In particolare, ai sensi del comma 2 dell'art. 51 del T.U.I.R., non concorrono a formare il reddito:
Per i datori di lavoro è prevista la possibilità di dedurre dal reddito dell'impresa tutte le spese sostenute in denaro o in natura per il lavoro dipendente, potendo essere incluse anche quelle relative all'erogazione di prestazione di welfare (art. 95, co.1, TUIR). Tuttavia, in base all'art. 100 TUIR la deducibilità dal reddito di impresa è limitata al 5 per mille delle spese per il personale dipendente con riferimento agli oneri sostenuti per opere e servizi con finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, destinati alla generalità o a categorie di dipendenti e che siano state sostenute volontariamente, ossia per atto liberale dal datore di lavoro (CdgUE, causa C-607/20, 17 novembre 2022;Cass., Sez. V., n. 22332/2018). Sotto il profilo contributivo, il D.lgs. n. 314/1997 ha sancito, in via generale, l'armonizzazione tra imponibili fiscali e contributivi. Pertanto, ciò che non costituisce reddito imponibile fiscalmente, non è reddito neanche dal punto di vista contributivo. Ne consegue che quanto riconosciuto al lavoratore come welfare aziendale è esclusi dal versamento dei contributi. Con la circolare n. 49/2023 l'INPS è intervenuto per fornire alcuni chiarimenti in merito al regime contributivo delle somme erogate o messe a disposizione come welfare aziendale. L'Istituto ha rammentato che nonostante l'armonizzazione operata dal decreto legislativo prefato, il regime di esclusione dall'imponibile ai fini contributivi è più ampio di quello fiscale, poiché accanto alle voci di esenzione individuate dal legislatore all'art. 52, co. 2, TUIR, ve ne sono altre aventi rilevanza ai soli fini previdenziali (art. 12 L. n. 153/1969, come sostituito dall'art. 6 del D.lgs. n. 314/1997). La circolare chiarisce il caso relativo alla conversione del premio di risultato in versamenti alla previdenza complementare. Secondo l'Istituto in tale caso è dovuto il contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro. Lo stesso vale nell'ipotesi di conversione del premio in versamento di contributi di assistenza sanitaria a enti o casse con finalità esclusivamente assistenziale. L'INPS ha chiarito, altresì, che il contributo di solidarietà è dovuto anche se il premio è convertito in versamenti di cui all'art. 51, co. 2 lett. f-quater), TUIR. Si veda anche: INPS, messaggio n. 3884/2023. Fringe benefits Quando si parla di welfare aziendale è necessario tenere a mente che esso deve essere distinto dai cc.dd. “fringe benefits”. Differenti sono, infatti, i destinatari, le misure che possono essere riconosciute, nonché la rilevanza sotto il profilo economico ai fini previdenziali e contributivi (Agenzia dell'Entrate circ. n. 52/2008; Agenzia dell'Entrate circ. n. 35/2022; Agenzia dell'Entrate circ. n. 23/2023). Costituendo una forma di retribuzione non monetaria, consistente nella concessione o messa a disposizione di beni e/o servizi al lavoratore, i fringe benefits hanno natura retributiva, possono essere concessi anche a singoli dipendenti (senza vincoli di assegnazione a tutta la forza lavoro o a categorie omogenee) e hanno un loro specifico limite di esenzione fissato dall'art. 52, co. 3 ultimo periodo, TUIR. Il limite normativo è paria € 258,23 complessivi nel periodo fiscale. Tuttavia, la Legge n. 213/2023 (art. 1, co. 16) ha alzato per l'anno 2024 questo limite a € 1.000 per tutti i lavoratori in generale, e a € 2.000 per i dipendenti con figli a carico. Si precisa che rientrano nel suddetto limite di esenzione anche: • le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche (servizio idrico; energia elettrica; gas naturale); • le somme erogate o rimborsate per il pagamento delle spese per l'affitto della prima casa; • le somme erogate o rimborsate per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa. Sul punto: Agenzia dell'Entrate, circ. n. 5 del 7 marzo 2024. Riferimenti Normativa: Per i recenti orientamenti sul tema, v. L. 30 dicembre 2023, n. 213, con news del 4 gennaio 2024, Legge di bilancio 2024: le novità in materia di previdenza, congedi parentali, sostegno al reddito, welfare aziendale; commento di A. Sgroi, Prime osservazioni su previdenza, assistenza e regime contributivo per i lavoratori nella Legge di bilancio e nel Decreto milleproroghe per l'anno 2024
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