30 Gennaio 2024

A seguito della normativa sul Jobs Act - con l'abolizione delle collaborazioni a progetto di cui al c.d. Decreto Biagi del 2003 (integrato dalla Legge Fornero del 2012) - la normativa sui rapporti di lavoro viene a contemplare quattro situazioni: - il lavoro subordinato ex art. 2094 ss. cod. civ.; - il lavoro autonomo ex art. 2222 cod. civ.; - le collaborazioni prevalentemente personali, coordinate e continuative ex art. 409 n. 3 c.p.c.; - le collaborazioni personali, continuative, etero-organizzate ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.Il dibattito innescato dalla riforma si è concentrato, in ampia misura, sull'esatto portato delle collaborazioni etero-organizzate: mentre da taluni si è ritenuto che le stesse non abbiano valenza giuridica “a sé”, ma valgano sostanzialmente a ampliare la fattispecie del lavoro subordinato, innovandone la definizione normativa; da parte di altri si è affermato che le collaborazioni etero-organizzate rappresentino, comunque, una fattispecie di lavoro autonomo e non modifichino quindi la definizione di subordinazione.

Inquadramento

A seguito della normativa sul Jobs Act - con l'abolizione delle collaborazioni a progetto di cui al c.d. Decreto Biagi del 2003 (integrato dalla Legge Fornero del 2012) - la normativa sui rapporti di lavoro viene a contemplare quattro situazioni:

- il lavoro subordinato ex art. 2094 ss. cod. civ.;

- il lavoro autonomo ex art. 2222 cod. civ.;

- le collaborazioni prevalentemente personali, coordinate e continuative ex art. 409 n. 3 c.p.c.;

- le collaborazioni personali, continuative, etero-organizzate ex art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015.

Il dibattito innescato dalla riforma si è concentrato, in ampia misura, sull'esatto portato delle collaborazioni etero-organizzate: mentre da taluni si è ritenuto che le stesse non abbiano valenza giuridica “a sé”, ma valgano sostanzialmente a ampliare la fattispecie del lavoro subordinato, innovandone la definizione normativa; da parte di altri si è affermato che le collaborazioni etero-organizzate rappresentino, comunque, una fattispecie di lavoro autonomo e non modifichino quindi la definizione di subordinazione.

È questa la tesi che risulta aver avuto più ampia accoglienza, anche in giurisprudenza, declinata nel senso che l'art. 2, comma 1, cit. sia norma non già definitoria ma di disciplina, che risponde all'obiettivo, pragmatico, di estendere ai lavoratori autonomi etero-organizzati tutele proprie del diritto del lavoro. Non vi è, tuttavia, univocità circa il perimetro di tale estensione, riconoscendosi, per lo più, la necessità di effettuare, volta per volta, una verifica in termini di compatibilità.

L'art. 2, comma 1, cit., nel tempo, è stato fatto oggetto di talune modifiche: rilevano, in particolare, quelle di cui all'art. 1 L. n. 128/2019 (D.L. n. 101/2019), che, per un verso, ha inteso meglio sistematizzare le situazioni riconducibili alla etero-organizzazione e, per altro verso, ha evidenziato la collocazione centrale che il lavoro tramite piattaforme digitali (in particolare quello dei c.d. rider) riveste nella conformazione della fattispecie. Alla tutela di tale forma di lavoro è ora dedicato inoltre il Capo V-bis del D.lgs. n. 81/2015, inserito nel relativo corpus dalla Legge n. 128 cit.

In una prospettiva dialettica rispetto all'art. 2, comma 1, cit., si colloca l'art. 2, comma 2, D.lgs. n. 81/2015, soprattutto nella lett. a) che legittima “accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale” a dettare discipline specifiche in tema di trattamento economico e normativo dei lavoratori etero-organizzati, sottraendoli, in tal modo, dall'immediato “effetto espansivo” della normativa sul lavoro subordinato. Sulla base di tale norma, Asso Delivery e Ugl hanno sottoscritto il Ccnl 15 settembre 2020 per la “Disciplina collettiva dei rapporti di lavoro dei ciclofattorini impegnati nella consegna di cibo a domicilio”, qualificati espressamente come lavoratori autonomi. Contratto collettivo che è al centro di un acceso dibattito ed oggetto di iniziative e pronunce in “direzione oppositiva”.

La previsione di cui all'art. 2, comma 1, cit., complessivamente intesa, incide sulla stessa collocazione delle collaborazioni ex art. 409 c.p.c. la cui definizione, peraltro, è stata messa ulteriormente a fuoco attraverso un periodo aggiuntivo, introdotto dalla L. n. 81/2017, laddove – al fine di rimarcarne la alterità rispetto al lavoro etero-organizzato – ha precisato che “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa”.

Profili generali in una prospettiva storica: dal codice civile all'art. 409, n. 3, c.p.c.

Il libro V del codice civile contempla due tipologie di lavoro, il lavoro subordinato e il lavoro autonomo (o contratto d'opera), disciplinate rispettivamente all'art. 2094 e ss. e all'art. 2222 e ss.; al momento della redazione del codice civile, nel 1942, mentre le attività professionali o artigiane (non organizzate in forma di impresa) per lo più esaurivano il campo del lavoro autonomo, tutte le restanti prestazioni risultavano riconducibili nell'ambito del lavoro subordinato: la distinzione fra le due tipologie appariva all'epoca netta anche per il solo fatto di connotarsi il contratto di lavoro dipendente, a differenza dell'altro, quale contratto di durata in cui una delle due parti (datore di lavoro) dispone di incisivi poteri - direttivi, conformativi, sanzionatori - nei confronti dell'altra (prestatore di lavoro).

La descritta situazione risultava aderente a un contesto economico-sociale in cui, mentre professioni, arti e mestieri avevano propri specifici statuti, il modello di lavoro prevalente, quello nell'impresa, era organizzato secondo la metodologia c.d. taylorista/fordista, fondata, sostanzialmente, sulla messa a disposizione, continuativa, delle mere energie/capacità lavorative da parte della forza lavoro.

Le rapide trasformazioni economiche, sociali e organizzative avutesi soprattutto a partire dal secondo dopoguerra, portando al progressivo affermarsi di nuovi modelli sociali, produttivi, lavorativi, hanno via via messo anche in crisi la secca e univoca contrapposizione giuridica fra lavoro subordinato/lavoro autonomo ereditata dal richiamato quadro normativo. Di ciò si ebbe fra l'altro evidenza in sede di riforma del codice di procedura civile (legge n. 533 del 1973) e di revisione del processo del lavoro, occasione in cui il legislatore estese le relative regole anche a fattispecie contrattuali di lavoro autonomo – quali l'agenzia e la rappresentanza commerciale – che danno vita a rapporti di durata, per lo più in regime di mono committenza, in quanto tali ritenuti meritevoli di tutele (processuali e para-processuali: art. 2113 c.c.) analoghe al lavoro subordinato.

Più specificamente, ai sensi dell'art. 409 n. 3 c.p.c. riformato, le disposizioni sul processo del lavoro si applicano ai “rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato”.

Nei decenni successivi, l'art. 409 cit. (nella parte in cui richiama “altri rapporti di collaborazione” ) è assurto al ruolo di norma comprovante, sul piano sostanziale, la legittimità di contratti di lavoro autonomo atipici rispetto alle fattispecie (di autonomia) tipizzate nel codice civile; in pratica, è la norma che ha avvalorato la possibilità di prestazioni continuative e personali a favore delle imprese da parte di soggetti che non vengono a intrattenere con le stesse un rapporto di lavoro subordinato.

Senz'altro, la rivoluzione tecnologica, informatica, organizzativa del modo di produrre e lavorare hanno dato vita a nuovi modelli professionali che trovano adeguata collocazione all'interno del tipo di lavoro autonomo richiamato, della collaborazione coordinata e continuativa personale (solo per fare un esempio si pensi all'ampia categoria dei consulenti aziendali, in primis quelli informatici, provvisti di competenze specialistiche ampiamente richieste e per questo in grado di assicurarsi una “clientela” e commesse costanti).

È anche vero però che l'art. 409 ha rappresentato la porta di ingresso per forme di abuso ed elusione della disciplina del lavoro dipendente. Soprattutto a partire dalla fine degli anni ottanta, inizio anni novanta, del secondo scorso, le co.co.co. (collaborazioni coordinate e continuative) sono state utilizzate anche per mascherare forme di impiego sostanzialmente subordinato. Ciò ha significato acquisizione di prestazioni di lavoro solo sulla carta autonome, non assistite dalle garanzie economiche e normative che, al contrario, assistono il lavoro subordinato, sprovviste di tutela anche sul fronte previdenziale (sino alla attuazione dal 1996 della Gestione separata in seno all'Inps).

Successiva evoluzione della normativa: il D.Lgs. n. 276/2003 e le collaborazioni a progetto

È evidente come la tematica tocchi un punto critico del diritto del lavoro che è quello di una definizione “debole” del concetto di subordinazione (con conseguente difficoltà di rintracciare una linea di confine netta fra questa e la coordinazione), come dimostrato dal fatto che in sede qualificatoria la giurisprudenza, nelle situazioni controverse, ricorre a indici sintomatici della subordinazione e valuta le fattispecie caso per caso sulla base di un giudizio di prevalenza (cfr. più di recente Cass n. 14434 del 2015; Cass. n. 11930 del 2013; Cass. n. 10024 del 2010). D'altra parte, è giurisprudenza costante quella secondo cui qualsiasi prestazione lavorativa può essere svolta sia nell'ambito del lavoro subordinato, che del lavoro autonomo, a seconda di come venga concretamente configurato il contratto e risulti concretamente atteggiata la relazione lavorativa (Cass. n. 4036 del 2000 e successive).

Per porre riparo a tale situazione, in dottrina e a livello di iniziative legislative, anche sulla scorta di analoghe situazioni in ambito europeo, sono stati ipotizzati vari percorsi, volti a rielaborare la materia, fra cui: il riconoscimento di un tertium genus (della parasubordinazione), diverso dal lavoro autonomo e da quello subordinato (fra gli altri De Luca Tamajo, Flammia, Persiani, La crisi della nozione di subordinazione. Prime proposte per un nuovo approccio sistematico in una prospettiva di valorizzazione di un tertium genus: il lavoro coordinato, Quad. dir. lav. rel. ind., 1998, n. 21, p. 331 e ss.); l'opportunità di svalutare il profilo definitorio per strutturare forme variabili di tutela per le varie tipologie lavorative, con crescendo di garanzie in presenza di indici variabili di debolezza contrattuale (fra gli altri Biagi, Libro Bianco sul mercato del lavoro 2001); l'affiancamento alla categoria della dipendenza giuridica, di quella della dipendenza economica (fra gli altri la recente proposta di legge di Ichino, nel suo sito web).

Con il decreto legislativo n. 276 del 2003 (c.d. decreto Biagi) si è però seguita una soluzione ancora diversa, ritenendo che una tutela antielusiva potesse essere assicurata dalla riconduzione delle collaborazioni ex art. 409 c.p.c. cit. a una nuova tipologia legale di lavoro autonomo, definito contratto di lavoro a progetto; gli art. 61 e ss., d.lgs. n. 276 cit. contenevano la definizione della fattispecie, i requisiti di forma e di sostanza richiesti, i principali aspetti di disciplina del rapporto.

Il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa (eccezion fatta per talune situazioni per le quali si presumeva non ricorresse l'esigenza antielusiva: es. impiego del titolare di pensione di vecchiaia) era ora possibile solo per l'attuazione di un progetto (programma, o fase di esso) che diventava l'elemento centrale del contratto e che rendeva, di necessità, il rapporto a termine.

Tale soluzione legislativa non ha ricevuto, in generale, particolare apprezzamento perché, di per sé, priva di una effettiva capacità discretiva della fattispecie: il fatto di lavorare “per progetti” non serve a qualificare un rapporto lavorativo; per la realizzazione di un certo progetto si può ben ricorrere, alternativamente, ad una prestazione subordinata o autonoma e la qualificazione del rapporto non deriva dal progetto, ma dalla sussistenza o meno dei requisiti di subordinazione e autonomia. Ed infatti, la normativa in parola in più punti richiamava la necessità che (al di là del progetto) il collaboratore organizzasse autonomamente la propria prestazione, che le parti decidessero a monte, in sede di definizione del contratto, le modalità secondo l'attività del lavoratore si coordinasse con la struttura di impresa, con conseguente compressione dei poteri di intervento del committente sull'altrui sfera giuridico-organizzativa.

Collaborazioni a progetto, partite IVA e Associazione in partecipazione nella Legge n. 92/2012 (L. Fornero)

Nei fatti, a parte la tipizzazione di una fattispecie tutto sommato artificiosa, il nucleo forte della normativa (limitandosi a poche notazioni, visto che si tratta di una disciplina ormai superata) stava nell'ampio ricorso a tecniche giuridiche prescrittive/sanzionatorie, quali il rendere obbligatorio il requisito formale, la necessaria temporaneità del rapporto e, soprattutto, l'introduzione di forme di presunzione (relativa e assoluta) di subordinazione o di trasformazione del contratto in difetto di dati elementi negoziali o fattuali (cfr. art. 69 d.lgs. 276/2003). A seguito della riforma Fornero, tale tecnica legislativa era stato accentuata ed estesa anche a ipotesi di utilizzo “insincero” delle partite Iva e dell'istituto della associazione in partecipazione, in taluni casi con un sistema di presunzioni doppie (v. l'abrogato art. 69-bis); nel contempo, però, veniva conservato un regime derogatorio per le collaborazioni presso call center per attività c.d. outbound, disciplinate in conformità dei contratti collettivi nazionali, per le quali, in particolare, non era richiesto un progetto (art. 61, come modif. dalla L. n. 134/2012).

Dal punto di vista delle garanzie, la normativa si era evoluta nel senso di prevedere per i collaboratori trattamenti economici – non solo rispondenti alla qualità e quantità del lavoro prestato – ma comunque non inferiori ai minimi tabellari previsti dai contratti collettivi applicabili per i lavoratori subordinati impegnati in mansioni corrispondenti (art. 63, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 e succ. modif.). Altre garanzie riguardavano soprattutto forme minime di comporto per malattia e maternità e la disciplina del recesso dal contratto (art. 66 e 67). Sono tutte situazioni venute meno, stante l'abrogazione delle correlate disposizioni (anche se, come si vedrà oltre, ne è previsto un recupero nell'ambito del Ddl sulla tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale in discussione in Parlamento).

È da segnalare che ulteriori tutele avevano nel contempo trovato riconoscimento al di fuori del d.lgs. n. 276/2003: così per quanto riguarda la copertura pensionistica presso la Gestione separata, i trattamenti economici per malattia e maternità, gli assegni familiari, l'indennità di disoccupazione (v. oltre).

Il Jobs Act: D.lgs. n. 81/2015: l'abolizione del lavoro a progetto. Le collaborazioni etero-organizzate e le collaborazioni ex art. 409 n. 3, c.p.c.

La richiamata impalcatura normativa è stata smantellata dalla riforma del “Jobs Act”, che, come accennato, ha abrogato l'intero Capo del d.lgs. n. 276/2003 dedicato al lavoro a progetto.

Dai principi e criteri di delega contenuti nella legge n. 183 del 2014 (sulla base della quale sono stati adottati gli otto decreti legislativi di complessiva attuazione del Jobs Act) sembrava addirittura che l'intento del legislatore fosse quello, almeno in via prospettica, di eliminare la tipologia delle collaborazioni coordinate e continuative (cfr. art. 1, comma 2, lett. b, n. 3, e comma 7, lett. g, legge cit.). Sebbene tale soluzione estrema non abbia trovato accoglimento, il comunque incisivo intervento sulle collaborazioni autonome è da collegare all'intento primario della riforma di riposizionare, in maniera decisa, al centro del sistema il lavoro dipendente a tempo indeterminato, nella tipologia del contratto c.d. a tutele crescenti; riposizionamento che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto essere favorito dalle maggiori flessibilità gestionali e dai minori oneri economici del modulo lavorativo di base (e non solo per i profili relativi alla disciplina dei licenziamenti).

Il d.lgs. n. 81/2015 è intervenuto sul modello del lavoro autonomo continuativo, rimuovendo la normativa introdotta a far tempo dal 2003, ma mantenendo ferma quella del 1973: l'art. 52 (rubricato “Superamento del contratto a progetto” e inserito in capo dedicato principalmente alle abrogazioni) ha disposto, infatti, al comma 1, che le norme di cui agli articoli da 61 a 69-bis del decreto legislativo n. 276 del 2003“… sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto”; mentre il comma 2 affermava che “resta salvo quanto disposto dall'articolo 409 c.p.c.”.

Se a ciò si fosse limitato l'intervento legislativo, ci saremmo trovati di fronte a un mero azzeramento del “tentativo” fatto con il decreto Biagi e a un contemporaneo ritorno alla situazione originaria del codice di rito. Invero, il legislatore, all'art. 2, ha ipotizzato un nuovo percorso, sul crinale (sottile e sdrucciolevole).fra subordinazione e lavoro autonomo continuativo. La norma (rubricata collaborazioni organizzate dal committente) ha, infatti, stabilito , al comma 1, che “a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”.

Tale formula è stata successivamente “rivista” dal legislatore (D.L. n. 101/2019 conv. con modif. in L. n. 128/2019), senza che però ne risulti compromesso il suo portato innovativo, anzi risultando ampliate le possibilità di riconduzione della casistica alla fattispecie legale. Infatti, le collaborazioni nei cui riguardi trova applicazione la disciplina del lavoro subordinato si devono concretare in prestazioni di lavoro (non più “esclusivamente” ma) “prevalentemente” personali, oltre che continuative; mentre le modalità di esecuzione di tali prestazioni sono organizzate dal committente anche a prescindere da una incidenza, del potere etero-organizzativo, sui “…tempi e al luogo di lavoro”, espressione, questa, espunta dal testo (v. in tal senso Cass. 1663/2020, “c.d. sentenza riders”, ai cui sensi la unilaterale determinazione anche delle modalità spazio-temporali della prestazione rappresenta una possibile, ma non necessaria, estrinsecazione del potere di etero-organizzazione; così anche Corte Appello Torino 25 marzo 2022).

Inoltre, la L. n. 128 cit., nella riformulazione della disposizione, dà conto di uno dei fenomeni sociali che hanno ampliamente influito nella enucleazione e conformazione della fattispecie come evidente dal richiamo alle “…piattaforme anche digitali” quale possibile strumento di estrinsecazione della etero-organizzazione.

Nel contempo, l'innovato disposto legislativo, con specifico riferimento a ciclo-fattorini operanti in ambito urbano sulla base di piattaforme anche digitali (nuovo Capo V-bis), conferma che l'attività dei medesimi si possa estrinsecare in termini di autonomia e, tuttavia, stante le relative connotazioni, il legislatore si fa carico di fissare “livelli minimi di tutela” anzitutto sul versante del trattamento economico (art. 47-quater che rinvia ai compensi definiti dai Ccnl stipulati dalle parti comparativamente più rappresentative a livello nazionale, in assenza dei quali, oltre a escludersi la retribuzione a cottimo, deve essere garantito un compenso minimo orario“parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”).

Tanto evidenziato in ordine alla evoluzione della normativa, certo è che l'art. 2, comma 1, cit. costituisce disposizione di forte impatto nel sistema giuslavoristico e infatti, in sede di prima esegesi, ha portato autorevoli interpreti a ipotizzare che, attraverso essa, sia stato in sostanza ridefinito il concetto di subordinazione di cui all'art. 2094 c.c. (cfr. fra i numerosi, Santoro-Passarelli G., Lavoro eterodiretto, etero-organizzato, coordinato ex art. 409, n. 3, c.p.c., in RGL 2016, I, 91 ss. Più recente, v. AA.VV. Nuove tecnologie e crisi della subordinazione: il caso dei riders, a cura di Persiani e Maio su Giurispr. It, Luglio 2020, ove interventi critici su approcci solo rimediali). In tale prospettiva, la disposizione farebbe propri, attribuendo ad essi rilevanza dispositiva, taluni degli indici sintomatici della subordinazione elaborati in giurisprudenza (per una complessiva analisi dei principali orientamenti interpretativi v. R. Diamanti, Il lavoro etero-organizzato e le collaborazioni coordinate e continuative, DRI, n. 1/2018.).

Pertanto, secondo la riferita impostazione (che ha conosciuto varie prospettazioni e modulazioni), nel sistema così rinnovato la soglia minima per parlarsi di subordinazione (e per applicarsi le relative tutele) sarebbe rappresentata dalla etero-organizzazione, a prescindere dall'elemento classico dell'assoggettamento al potere direttivo, peraltro il più delle volte sotteso all'esercizio dell'altro. Da ciò deriverebbe la piena e lineare applicazione al collaboratore dello “statuto del lavoro subordinato”, in tutti i suoi profili, giuslavoristici, sindacali e previdenziali (v. circolare MinLav n. 3 del 2016, che ritiene l'applicabilità “di qualsivoglia istituto, legale e contrattuale e trattamento retributivo, orario di lavoro, inquadramento previdenziale, tutele avverso i licenziamenti illegittimi, ecc., normalmente applicabile in forza di un rapporto di lavoro subordinato”.).

Una diversa ricostruzione della fattispecie (anche qui in diverse varianti; cfr. fra gli altri Pessi, autonomia e subordinazione dopo il Jobs Act, in Working papers, sul sito web Unict) esclude che il legislatore abbia modificato la fattispecie lavoro subordinato ex art. 2094 c.c.; l'art. 2, comma 1, cit., si afferma, fa riferimento a un tipo di collaborazione autonoma che, per la presenza dell'elemento della etero-organizzazione, beneficia di tutele del lavoro subordinato. Lo sfasamento fra fattispecie (lavoro autonomo) e disciplina (lavoro subordinato) permetterebbe, in particolare, di “ritagliare” la disciplina del lavoro subordinato applicabile: in tal senso, si è valutata la possibilità di recepire solo talune principali garanzie del lavoro subordinato, ma non l'intero statuto protettivo (non si applicherebbero, per esempio, le norme sul potere direttivo, ius variandi, quelle sui diritti sindacali e anche sull'inquadramento previdenziale).

Questo secondo filone ricostruttivo ha portato soprattutto la (prevalente) giurisprudenza a ritenere come il profilo definitorio della fattispecie ceda necessariamente il passo all'elemento pragmatico delle tutele riconoscibili ai collaboratori etero-organizzati, con risultati più o meno “inclusivi”. Al riguardo, la già menzionata Cass. n. 1663 ritiene che vadano escluse soltanto le situazioni in cui l'applicazione integrale di tale disciplina risulti incompatibile con la fattispecie da regolare (v. in senso critico Persiani e altri su Nuove tecnologie e crisi della subordinazione: il caso riders – Commento alla normativa, Giurispr.It., n. 7, 1° luglio 2020, p. 1797: l'autore riprende qui la tesi del tertium genus che permetterebbe anche di selezionare le tutele).

Tribunale di Milano 29 marzo 2022 è andato oltre, affermando che l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato è comprensiva di ogni profilo, sostanziale e processuale, dovendosi quindi ritenere applicabile anche l'azione di cui all'art. 28 St.Lav., indipendentemente dal riferimento ivi contenuto al “datore di lavoro” (v. Labor&Law Issues vol. 7, no. 2, 2021 annotata). In senso contrario, Tribunale Firenze 9 febbraio 2021 esclude la applicabilità di tale norma statutaria (v. anche Trib. Bologna 14 aprile 2020 si concentra sulla applicazione della normativa sulla salute e sicurezza nei posti di lavoro; v. Giurispr.it, 2020 p. 2196 ss. V. Trib. Bologna 31 dicembre 2020 sull'illegittimità, in quanto discriminatorio, di un algoritmo utilizzato per gestire le prenotazioni delle sessioni di lavoro da parte dei rider).

A supporto della validità di tale impostazione si richiama il contenuto letterale dell'art. 2, comma 1, cit. (che parla di committente e non di datore di lavoro) e il fatto che la tesi opposta (relativa all'allargamento del concetto di subordinazione) risulterebbe incoerente con la possibilità, riconosciuta alle parti sociali, di escludere talune fattispecie di etero-organizzazione dallo statuto disciplinare del lavoro subordinato. L'art. 2, comma 2, D.lgs. n. 81 cit., infatti, prevede la non applicazione del comma 1 alle collaborazioni etero-organizzate per le quali “gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore”. Tale possibilità, viene fatto osservate, sarebbe in contrasto con il principio della indisponibilità del tipo legale del lavoro subordinato e quindi costituzionalmente illegittima, di modo che, proprio tale rischio, avvalorerebbe l'accoglimento della impostazione (costituzionalmente compatibile) che mantiene le collaborazioni etero-organizzate nell'ambito del lavoro autonomo (ma cfr. in senso diverso Treu, In tema di Jobs Act. Il riordino dei tipi contrattuali, GDLRI, 2015, 163 ss.).

La tesi che l'art. 2, comma 1, cit. sia una norma non definitoria ma di disciplina, risulta, come accennato, prevalere nella giurisprudenza: “il legislatore, consapevole della complessità e varietà delle nuove forme di lavoro e della difficoltà di ricondurle ad unità tipologica nonché degli esiti talvolta incerti e variabili delle controversie qualificatorie, si è limitato a valorizzare all'interno dell'art. 2, comma 1, cit. taluni indici fattuali ritenuti significativi e sufficienti a giustificare l'applicazione della disciplina dettata per il rapporto di lavoro subordinato, senza che abbia decisivo senso interrogarsi sul se le collaborazioni in parola siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero della autonomia” (Cass. 1663/2020).

L'intervento attuato con l'art. 2 D.lgs. n. 81 cit. si completa, come accennato, con la previsione di situazioni (art. 2, comma 2) che, anche laddove caratterizzate da etero-organizzazione, restano avulse dalla normativa in tema di lavoro subordinato. Oltre a quella già accennata di cui alla lett. a), derogano al comma 1 le collaborazioni attuate nei casi di: i) esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali (lett. b); ii) esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni (lett. c); a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni (lett. d). Ad esse sono state aggiunte le collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367 (lett. d-bis); e le collaborazioni degli operatori che prestano le attività di cui alla Legge 21 marzo 2001, n. 74 (lett. d-ter). Sul fronte del lavoro presso le p.A., inoltre, l'art. 2, comma 4, dopo aver inizialmente rinviato a una fase successiva l'applicazione dell'art. 2, comma 1, è stato poi riformulato nel senso di escludere, definitivamente, tale norma “espansiva” (e di garanzia) nel caso di collaborazioni in ambito pubblico.

Resta il fatto che la deroga di maggior rilievo alla norma sulla etero-organizzazione è quella del citato art. 2, comma 2, lett. a); è sulla base di essa che Assodelivery e Ugl hanno sottoscritto il Ccnl 15 settembre 2020 per la “Disciplina collettiva dei rapporti di lavoro dei ciclofattorini impegnati nella consegna di cibo a domicilio”, contratto che oltre a qualificare espressamente come autonomo il rapporto di lavoro dei destinatari, li sottrae agli effetti espansivi di cui all'art. 2, comma 1, statuendo tutele economico-normative ad hoc (v. Carinci, Il Ccnl sui collaboratori autonomi del 15 settembre 2020, in Il lavoro nella giurisprudenza, n. 11, 1° novembre 2020, p. 1045).

L'accordo è stato (ed è) al centro di un acceso dibattito e di aspre dispute politico sindacali soprattutto in ordine alla legittimazione delle parti stipulanti (il MinLav, fra gli altri, ha sottolineato come la formula normativa renda necessaria la pluralità delle parti sindacali stipulanti, mentre, nel caso di specie, il menzionato Ccnl sia stato sottoscritto solo da Ugl. V. Nota MinLav 17 settembre 2020).

In giurisprudenza, si segnala Trib. Bologna 30 giugno 2021 che ha disposto la disapplicazione del menzionato Ccnl sulla base dell'assunto della mancanza del requisito della rappresentatività nel sindacato firmatario (Ord. Trib. Bologna 30 giugno 2021).

Inoltre, pende davanti al Trib. Milano una class action (ex art. 840 sexiesdecies c.p.c.) 17 agosto 2021 promossa dalla Cgil con la “Richiesta di inibitoria del comportamento lesivo di interessi omogenei di una pluralità di soggetti ed enti relativo all'illegittimo trattamento economico imposto dalla convenuta ai cd rider a decorrere dal 30 giugno 2021 in chiave sostitutiva della contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa dei settori affini”.

Il panorama è reso ancor più articolato dalla presenza di situazioni in cui si è fatta una decisa scelta di campo in favore dell'inquadramento dei riders quali lavoratori subordinati (v. Accordo aziendale Just Eat 21 marzo 2021 che, oltre tutele specifiche, recepisce il Ccnl “Logistica, Trasporto, Merci e Spedizione”).

Certo è che le piattaforme digitali e gli algoritmi da queste espressi sono elementi gestionali sempre più trasversalmente presenti (al di là del food delivery e consimili) e, in una prospettiva evolutiva, sempre più destinati a incidere anche sui rapporti pacificamente rientranti nell'alveo della subordinazione, con effetti in rapido divenire e tutti da verificare, anche perché incidenti su tutti gli ambiti di esplicazione del rapporto di lavoro (v. Romeo, in Lavoro nella giurisprudenza, n. 5, 1° maggio 2022, p. 453 diffusamente). Ciò che risulta testimoniato anche dai contenuti del D.lgs. n. 104/2022 (“Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili e prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro”), che, oltre ad estende alle collaborazioni etero-organizzate adempimenti in passato esclusivi del lavoro subordinato, prevede altresì adempimenti aggiuntivi in ogni caso di utilizzo di piattaforme digitali.

Le collaborazioni ex art. 409 c.p.c.. Il DDL sul lavoro autonomo (e sullo smart working)

Come visto, l'art. 52, comma 2, d.lgs. n. 81 cit. ha mantenuto in vita le collaborazioni coordinate e continuative di cui all'art. 409 c.p.c. per le quali – venuta meno la disciplina del decreto Biagi – non è più necessaria la definizione di un progetto, l'apposizione di un termine, la stipulazione in forma scritta, ecc., e che, ovviamente, in quanto forma di lavoro autonomo, devono comunque risultare estranee ai connotati della subordinazione di cui all'art. 2094 e ss. c.c.

Peraltro, l'ubi consistam della coordinazione ex art. 409 cit. risulta adesso essere anche “filtrato” dall'art. 2, comma 1 cit., che vale ulteriormente a chiarire - in negativo - i confini della figura: si è senz'altro al di fuori della fattispecie nei casi in cui spetti al committente (l'esercizio del potere di) determinare le modalità esecutive della prestazione lavorativa dedotta in contratto.

Il “coordinarsi” del collaboratore, per non diluirsi in una prestazione subordinata, presuppone quindi un inserimento del tutto particolare nella struttura organizzativa aziendale: deve trattarsi di una collaborazione rispetto alla quale il lavoratore - compatibilmente con rigidità oggettive dell'organizzazione cui accede - non perde il potere di autodeterminarsi nelle modalità esecutive della prestazione concordata, dovendo, in particolare, essere messo nella condizione di decidere modalità temporali della stessa, o il luogo di svolgimento (cfr. circolare Ministero del lavoro n. 3 cit. in forza della quale, per parlarsi di lavoro subordinato deve ricorrere congiuntamente sia l'etero-organizzazione temporale che quella riferita al luogo della prestazione: è sufficiente che il collaboratore disponga anche solo di una delle due variabili perché venga meno la presunzione).

In tale direzione la L. n. 81/2017 (art. 15, comma 1, lett. a), ha aggiunto all'art. 409 n. 3, un ultimo periodo volto a precisare che “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa” (v. sul punto Cass. n. 1663/2020).

Normativa di riferimento

Normativa di base:

- Art. 2094 ss. cod. civ.;

- Art. 2222 ss. cod. civ.;

- Art. 409 n. 3 c.p.c.

- D.lgs. n. 81 del 2015, art. 2, art. 52, art. 53, art. 54; Capo V-bis;

- Legge n. 81/2017;

- D.lgs. n. 104/2022.

Normativa, Prassi e giurisprudenza di tutela previdenziale:

Per i recenti orientamenti sul tema, v. Circolare INL 30 gennaio 2024, n. 1;  INPS Circolare 29 gennaio 2024, n. 24Trib. Roma , 15 giugno 2022, con commento di C. Di Mattina, Figuranti e claqueur di trasmissioni televisive: l'attività rientra tra le collaborazioni continuative interamente organizzate dal committente

- Legge n. 449 del 1997, art. 59, comma 16;

- D.lgs. n. 38 del 2000 art. 5;

- L. n. 388 del 2000 art. 80, comma 12;

- D.lgs. n. 151 del 2001 art. 64, 64-bis, 64-ter;

- DM 4 aprile 2002;

- L. n. 296/2006 art. 1, co. 788;

- Legge n. 247 del 2007 art. 1, comma 79;

- DM 12 luglio 2007;

- D.lgs. n. 81 del 2008 art. 3, comma7;

- D.lgs. n. 22 del 2015, art. 15;

- Legge n. 208 del 2015, art. 1, comma 310;

- L. n. 19 del 2017.

- Legge n. 81/2017

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