Risoluzione consensuale del rapporto di lavoro

Giuseppe Buscema
09 Gennaio 2017

Scheda in fase di aggiornamento

Il contratto di lavoro, regolato dall'articolo 2094 del codice civile, si risolve come qualsiasi altro tipo di contratto a seconda della durata prevista. Se la tipologia è a tempo determinato, il rapporto termina alla scadenza del termine stabilito. Nel caso la durata sia a tempo indeterminato, che ai sensi dell'art. 2 del D. Lgs. n. 81/2015 costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, la risoluzione può avvenire su iniziativa delle parti le quali comunicano all'altra la propria volontà di recedere. Peraltro, è noto che il datore di lavoro, salve le eccezioni previste dall'articolo 2118 (cd. area di libera recedibilità), incontra dei limiti nella possibilità di risolvere il contratto in quanto è necessaria la sussistenza di una giusta causa o un giustificato motivo. Diversamente, il lavoratore potrà decidere di risolvere il contratto in qualsiasi momento, salvo il preavviso previsto ovvero, in casi limitati, con effetto immediato. Esiste tuttavia una terza fattispecie di risoluzione del contratto non già su iniziativa di una delle parti, ma di entrambe le quali decidono di far cessare il contratto di lavoro a suo tempo stipulato. È il caso della risoluzione del contratto per mutuo consenso.

Inquadramento

Il contratto di lavoro, regolato dall'articolo 2094 del codice civile, si risolve come qualsiasi altro tipo di contratto a seconda della durata prevista.

Se la tipologia è a tempo determinato, il rapporto termina alla scadenza del termine stabilito.

Nel caso la durata sia a tempo indeterminato, che ai sensi dell'art. 2 del D. Lgs. n. 81/2015 costituisce la forma comune di rapporto di lavoro, la risoluzione può avvenire su iniziativa delle parti le quali comunicano all'altra la propria volontà di recedere.

Peraltro, è noto che il datore di lavoro, salve le eccezioni previste dall'articolo 2118 (cd. area di libera recedibilità), incontra dei limiti nella possibilità di risolvere il contratto in quanto è necessaria la sussistenza di una giusta causa o un giustificato motivo.

Il lavoratore potrà invece decidere di risolvere il contratto in qualsiasi momento, salvo il preavviso previsto ovvero, in casi limitati, con effetto immediato (dimissioni per giusta causa ai sensi dell'articolo 2119 c.c.).

Esiste tuttavia una terza ipotesi di risoluzione del contratto non già su iniziativa di una delle parti, ma di entrambe le quali decidono di far cessare il contratto di lavoro a suo tempo stipulato consensualmente.

È il caso della risoluzione del contratto per mutuo consenso.

n.b. Va altresì puntualizzato che nel caso di dimissioni o risoluzione consensuale del contratto, il lavoratore deve osservare una specifica procedura a pena di inefficacia, finalizzata a contrastare il cd. fenomeno delle dimissioni in bianco.

Il rapporto di lavoro

Il contratto di lavoro subordinato, com'è noto, di regola è un contratto a tempo indeterminato.

Le altre tipologie contrattuali, rappresentano un'eccezione rispetto alla predetta regola.

Nonostante le diverse modifiche intervenute anche negli ultimi anni, infatti, la disciplina che regola il contratto a tempo determinato, prevede espressamente l'eccezionalità della fissazione di un termine al rapporto di lavoro.

Il comma 1 dell'articolo 1 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, prevede infatti che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro.

Anche il contratto di apprendistato, è annoverabile tra i contratti a tempo inderminato.

L'articolo 41 comma 1 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81 recante la disciplina organica dei contratti di lavoro in attuazione della legge n. 183/2014 – cd. Jobs Act, ha confermato, che l'apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani.

Chiarito tale aspetto, la regola generale in materia è quella secondo la quale la risoluzione di un contratto a tempo indeterminato può essere sciolto da una delle parti mediante un preavviso.

Tale disciplina civilistica, tuttavia, in materia di lavoro incontra dei limiti in particolare per il datore di lavoro.

A regolare la materia sono gli articoli 2118 e 2119 del codice civile e diverse disposizioni in materia di licenziamenti sia individuali che collettivi.

Vanno ricordate principalmente la legge 4 luglio 1966, n. 604, la legge 20 maggio 1970, n.300, la legge 23 luglio 1991, n. 223.

Ulteriori regole riguardano casi particolari quali la risoluzione dei rapporti di lavoro in momenti specifici quali, ad esempio, quelli intervenuti durante il periodo di maternità, matrimonio, entro il primo anno (licenziamenti) o il terzo anno (dimissioni e risoluzioni consensuali) di vita del bambino o di accoglienza in famiglia nel caso di adozione o affidamento.

Il codice civile fissa regole differenti per il lavoratore ed il datore di lavoro evidentemente per la diversa forza contrattuale rivestita dalle parti.

Alla luce del principio secondo il quale il lavoratore è parte debole del contratto, ad egli si applicano gli articoli 2118 e 2119 c.c.

Nel primo caso il lavoratore può risolvere il rapporto di lavoro a condizione che dia un preavviso al datore di lavoro; nel secondo, invece, lo scioglimento del contratto può avvenire in qualsiasi momento a condizione che sussista una giusta causa e quindi senza preavviso che anzi deve essergli indennizzato dal datore di lavoro.

Per il datore di lavoro, viceversa, l'applicazione dell'articolo 2118 c.c., che prevede la risoluzione libera col solo onere di preavviso rappresenta l'eccezionalità.

Tale fattispecie viene definita licenziamento ad nutum e riguarda ad esempio la risoluzione del rapporto di lavoro domestico, dirigenti, apprendisti al termine del periodo formativo.

Negli altri casi, invece, la regola è quella secondo la quale il licenziamento del lavoratore può avvenire a condizione che sussista una giusta causa o un giustificato motivo (oggettivo o soggettivo).

L'incontro di volontà comune

Fatta questa doverosa premessa, senza ulteriore analisi del tema relativo alle dimissioni ed ai licenziamenti, l'aspetto di cui ci si occupa è quello, invece, della ipotesi in cui l'iniziativa di sciogliere il contratto non provenga da una delle parti ma dall'incontro di volontà comune determinato magari dalla necessità di procedere all'immediata risoluzione senza che una delle due parti sia onerata dal preavviso o in caso di contratto a tempo determinato nel quale non risultando applicabile l'articolo 2118 c.c. la parte che recede deve risarcire l'altra in relazione alla minore durata del contratto (salvo giusta causa), altro ancora.

Va chiarito subito che in materia di lavoro non esista una regola specifica ma si applica la disciplina civilistica generale in materia di contratti prevista dall'articolo 1372 c.c..

Le specificità in materia di lavoro riguardano, infatti, aspetti procedurali che il legislatore negli ultimi anni ha posto con la finalità di evitare il cd. fenomeno delle dimissioni in bianco.

Come si dirà, il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 151, all'articolo 26, ha previsto specifiche modalità per le dimissioni e risoluzioni consensuali, a pena di inefficacia, sostituendo con effetto dal 12 marzo 2016 quelle già previste dalla legge 28 giugno 2012, n. 92.

Tornando all'articolo 1372 c.c., il comma 1 prevede come noto, che il contratto non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.

Nel caso di specie, dunque, accanto alle ipotesi di recesso unilaterale del lavoratore o del datore di lavoro viste succintamente finora, rimane la possibilità generale che entrambe le parti decidono di determinare di comune accordo lo scioglimento anticipato del contratto.

Da questo punto di vista da un punto di vista giuridico non ci si limiti nel senso che l'applicabilità deve intendersi ampia e quindi riguardante tutte le tipologie contrattuali e quindi a prescindere dalla durata del negozio.

In buona sostanza, le parti hanno stipulato un accordo, le stesse decidono di modificarlo o, per meglio dire, porvi fine.

In tal caso il requisito è innanzitutto l'incontro di volontà, mentre gli unici limiti (per le procedure che pur assumono una rilevanza sulla validità definitiva v. infra) sono individuabili anche in questo caso in quelli generali riguardanti i contratti ovvero i vizi della volontà ovvero del consenso previsti dall'articolo 1427 c.c. (errore, violenza, dolo).

La forma richiesta e l'onere probatorio

Lo scioglimento per mutuo consenso non richiede una forma particolare (Cass.. 2 marzo 2012, n. 3245; Cass. 24 marzo 2001, n. 4307; Cass. 15 giugno 2001, n. 8106).

Tuttavia, non è pacifico se vada osservata la medesima forma richiesta per il contratto del quale le parti hanno inteso porre fine.

Un'interpretazione potrebbe essere quelle secondo cui l'accordo assuma la valenza di una modifica del contratto originario, se per quest'ultimo la legge prevede la forma scritta, sembrerebbe consequenziale che la risoluzione consensuale richieda analoga forma.

La Cassazione ha talvolta ritenuto che non si possa applicare in via analogica la clausola pattizia che preveda la forma scritta ad substantiam per la costituzione del rapporto di lavoro anche all'ipotesi di risoluzione consensuale (Cass. 14 maggio 1996, n.4471; contra Cass. 27 novembre 2006 n. 25126; 14 ottobre 2002, n. 14524; Cass. 19 ottobre 1998, n. 10328).

Pertanto non richiede di per sé, ai fini della sua validità giuridica, la forma scritta; risulta tuttavia evidente che la carenza comporta gli inevitabili rischi di dover provare in giudizio l'eventuale sussistenza di tale modalità di risoluzione contrattuale.

Va osservato, infatti, che ai sensi della legge n. 604/1966, l'onere probatorio di dimostrare la causa della risoluzione del contratto di lavoro incombe sul datore di lavoro.

Il lavoratore, infatti, in caso di controversia, quale attore ha l'onere di dimostrare la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e l'avvenuta risoluzione, ma adempiuto tale onere, sarà il datore di lavoro a doverne dimostrare le ragioni.

L'articolo 5 dispone infatti che “l'onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo del licenziamento spetta al datore di lavoro”.

In giudizio il datore di lavoro avrebbe il difficile onere di dimostrare che dal comportamento tenuto dalle parte si desume l'inequivocabile volontà comune di aver posto fine al contratto di lavoro (Cass.6 luglio 2007, n. 15264).

Ovvero che il contratto si stato risolto per fatti concludenti.

Peraltro, la prova dell'intervenuto accordo consensuale può essere desunta anche per presunzioni (Cass. Sent. n. 569/1968), ma è compito tutt'altro che facile.

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 2331 del 5 febbraio 2016 ha ribadito quanto più volte affermato dalla stessa Corte di legittimità che, ai fini della configurabilità della risoluzione del rapporto di lavoro per mutuo consenso (costituente una eccezione in senso stretto, Cass. 7 maggio 2009 n. 10526, il cui onere della prova grava evidentemente sull'eccepiente, Cass. 1 febbraio 2010 n. 2279), non è di per sè sufficiente la mera inerzia del lavoratore dopo l'impugnazione del licenziamento, o il semplice ritardo nell'esercizio dei suoi diritti, essendo piuttosto necessario che sia fornita la prova di altre significative circostanze denotanti una chiara e certa volontà delle parti di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (v. Cass. 10.11.08 n. 26935, Cass. 28.9.2007 n. 20390, Cass. 17.12.2004 n. 23554, nonchè da ultimo Cass. 18.11.2010 n. 23319, Cass. 15.11.10 n. 23057; Cass. 11.3.2011 n. 5887, Cass. 4.8.2011 n. 16932).

Circa il contenuto dell'accordo, le parti potranno liberamente fissare una data di efficacia che può essere immediata o differita.

Può essere prevista un'eventuale indennità ma non si applica la disciplina del preavviso.

Procedura da seguire a pena di inefficacia

Come accennato, l'articolo 26 del D. Lgs. n. 151/2015 ha previsto che al di fuori delle ipotesi di cui all'articolo 55, comma 4, del D. Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito www.lavoro.gov.it e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente con le modalità individuate con il decreto del Ministro del lavoro decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali finalizzato a stabilire i dati di identificazione del rapporto di lavoro da cui si intende recedere o che si intende risolvere, i dati di identificazione del datore di lavoro e del lavoratore, le modalità di trasmissione nonché gli standard tecnici atti a definire la data certa di trasmissione.

Il lavoratore, entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo ha peraltro la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità.

L'entrata in vigore di tali procedure è stata prevista a far data dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto e dalla medesima data sono abrogati i commi da 17 a 23-bis dell'articolo 4 della legge 28 giugno 2012, n. 92 che regolavano la precedente procedura.

Il decreto è stato adottato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali il 15 dicembre 2015 e la pubblicazione è avvenuta nella G.U. n. 7 dell'11 gennaio 2016.

Pertanto, il dies a quo che costituisce la data spartiacque tra nuova e vecchia procedura è il 12 marzo 2016.

La nuova procedura prevede che il lavoratore che intende cessare il rapporto di lavoro deve, a pena di inefficacia, per dimissioni o risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, deve inviare un apposito modulo telematico avvalendosi del «sistema informatico SMV» messo a disposizione attraverso il sito www.lavoro.gov.it . La procedura trasmette automaticamente per conto del lavoratore la richiesta di risoluzione del lavoratore assolvendo così all'obbligo previsto. Il lavoratore può revocare la decisione entro 7 gg dalla data di trasmissione mediante la stessa procedura telematica.

Sono previste due modalità:

  • Diretta a cura del lavoratore;
  • Mediante un soggetto abilitato: - Patronati - Organizzazioni sindacali - Enti bilaterali - Commissioni di certificazione - Consulenti del Lavoro - Sedi territoriali dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro

Procedura telematica diretta a cura del lavoratore:

  • Occorre il codice PIN I.N.P.S. dispositivo personale
  • Registrarsi al sito cliclavoro.gov.it, al fine di creare un'utenza e dotarsi di una user ed una password di accesso
  • Accedere al portale lavoro.gov.it (www.lavoro.gov.it) e compilare il form online
  • Procedere all'invio del modulo
  • Il sistema rilascia un codice alfanumerico attestante il giorno e l'ora in cui il modulo è stato trasmesso dal lavoratore
  • Il modello, compilato e salvato, sarà trasmesso automaticamente dal Ministero al datore di lavoro a mezzo PEC, e alle DTL, a mezzo notifica nel proprio cruscotto

Lavoratore assistito da un soggetto abilitato:

  • Il lavoratore si reca presso uno dei soggetti abilitati
  • Sarà cura del soggetto abilitato verificare l'identità del lavoratore e ad assumersi le responsabilità legate all'accertamento
  • Il soggetto abilitato effettua la medesima procedura a nome del lavoratore ed elabora il modulo da firmare digitalmente
  • Il lavoratore deve dotarsi di firma digitale per la firma del modulo compilato dal soggetto abilitato
  • Il soggetto abilitato procede all'invio del modulo
  • Il modello, compilato e salvato, sarà trasmesso automaticamente dal Ministero al datore di lavoro a mezzo PEC, e alle DTL, a mezzo notifica nel proprio cruscotto

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare n. 12 del 4 marzo 2016 ha fornito chiarimenti sulle procedure da seguire per la gestione del nuovo adempimento.

Dalle suddette procedure sono escluse:

  • lavoro domestico;
  • dimissioni e risoluzioni consensuali presso le sedi protette (art. 2113 c.c. e art. 76 D.Lgs. 276/2003). Si tratta dei recessi avvenuti in sede di conciliazione amministrativa, sindacale, giudiziale;
  • rese dalla lavoratrice nei casi previsti dall'art. 55 del D. Lgs. n. 151/2001. Sono quelle che si verificano nel periodo che va dall'inizio della gravidanza e durante i 3 anni di vita del bambino e nei primi 3 anni di adozione o affidamento. In tal caso è necessario procedere dalla convalida presso il Servizio Ispettivo della Direzione territoriale del lavoro.

Il Ministero del Lavoro, con la citata Circolare n. 12 del 2016 ha chiarito che non rientrano nell'ambito della procedura:

  • il recesso durante il periodo di prova di cui all'articolo 2096 c.c.;
  • i rapporti di lavoro marittimo, in quanto il contratto di arruolamento dei lavoratori marittimi è regolato dalla legge speciale del Codice della Navigazione;
  • i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Relativamente a tale ultima ipotesi, il chiarimento amministrativo ha trovato esplicita previsione normativa.

Infatti, il D.Lgs. n. 185 del 2016, correttivo del D.Lgs. n. 151 del 2015 ha espressamente escluso dalla disciplina amministrativa ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

La procedura descritta, abbiamo visto, è prevista a pena di inefficacia.

Da notare che, rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero n. 92/2012 fino all'11 marzo 2016, le nuove regole non prevedono la possibilità per il datore di lavoro che riceva la manifestazione di volontà del lavoratore di risolvere il rapporto di lavoro ovvero nei casi di risoluzione consensuale del contratto di lavoro senza l'osservanza delle procedure descritte di invitare al perfezionamento.

Ciò nonostante la legge delega n. 183/2014 avesse previsto che il legislatore delegato dovesse assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore.

Dunque il datore di lavoro, trovandosi nella situazione descritta, dovrà valutare come gestire la situazione.

E cioè se considerare l'assenza del lavoratore ingiustificata ed avviare una procedura disciplinare ovvero se considerare il rapporto risolto per comportamento concludente del lavoro con i rischi e comunque onere probatorio a suo carico per come descritto in precedenza (v. supra).

Il legislatore ha previsto anche specifiche sanzioni nel caso in cui il datore di lavoro alteri i moduli previsti.

In particolare, il comma 5 dell'articolo 26 D. Lgs. n. 151/2015, prevede che salvo il fatto costituisca reato, il datore di lavoro che alteri i moduli di cui al comma 1 è punito con la sanzione amministrativa da euro 5.000 ad euro 30.000. L'accertamento e l'irrogazione della sanzione sono di competenza delle Direzioni territoriali del lavoro.

Le prestazioni sociali

Per quanto concerne invece il diritto all'assicurazione sociale per l'impiego (cd. ASpI), è previsto che nel caso di accordo consensuale di regola non spetti.

Tuttavia, l'articolo 1 della Legge n.92/2012 nell'introdurre una procedura obbligatoria per i licenziamenti di natura economica per i datori di lavoro in regime di tutela reale, ha previsto in tali casi una eccezione.

Specificamente, tale norma ha sostituito l'articolo 7 della legge n. 604/1966 nel quale è ora previsto che tale tipologia di licenziamento deve essere preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla Direzione territoriale del lavoro.

A seguito di tale comunicazione viene attivato un incontro su iniziativa della Direzione territoriale del lavoro che convoca datore di lavoro e lavoratore nel termine perentorio di sette giorni dalla ricezione della richiesta.

L'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile.

Se nell'ambito della conciliazione viene concordata la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è previsto espressamente dal comma 7 che si applicano le disposizioni in materia di Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) e può essere previsto, al fine di favorirne la ricollocazione professionale, l'affidamento del lavoratore ad un'agenzia per il lavoro (articolo 4, comma 1, lettere a), c) ed e), D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276).

Recesso nel periodo di gravidanza

Abbiamo visto che sono escluse dalla procedura le risoluzioni ai sensi dell'articolo 55, comma 4, del D.Lgs. n. 151/2001.

Tale norma prevede che nel caso la risoluzione consensuale del rapporto riguardi una lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando devono essere convalidate dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali competente per territorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l'efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.

Riferimenti

Normativi

D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185

Ministero del Lavoro, Decreto 15 dicembre 2015

Articolo 26, D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151

D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81

Legge 10 dicembre 2014, n. 183

Legge 28 giugno 2012, n. 92

Articolo 4, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276

Articoli 54 e 55,D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151

Legge 23 luglio 1991, n. 223

Legge 20 maggio 1970, n. 300

Legge 4 luglio 1966, n. 604

Articolo 21, legge 29 aprile 1949, n. 264

Articoli 1372 , 1427,2094,2118 e 2119 del codice civile

Articoli 410, 411 e 420 codice di procedura civile

Prassi

Ministero del Lavoro, Circolare 4 marzo 2016, n. 12

Giurisprudenza

Cass. Civ., 5 febbraio 2016, n. 2331

Cass. Civ., Sent. 2 marzo 2012, n. 3245

Cass. Civ., 6 luglio 2007, n.15264

Cass. Civ., 27 novembre 2006 n. 25126

Cass. Civ., 14 ottobre 2002, n. 14524

Cass. Civ., 24 marzo 2001, n. 4307

Cass. Civ., 15 giugno 2001, n. 8106

Cass. Civ., 19 ottobre 1998, n. 10328

Cass. Civ., 14 maggio 1996, n. 4471

Sommario