Smart working
26 Giugno 2017
Inquadramento
Il 13 giugno 2017 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 135 la L. n. 81/2017 (c.d. Jobs Act Lavoratori Autonomi), recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”. Il testo della Legge, in vigore dal giorno successivo alla sua pubblicazione(14 giugno 2017), è strutturato in 26 articoli e si compone di due insiemi di norme, volte, da un lato, ad introdurre un sistema di interventi teso ad assicurare un rafforzamento delle tutele sul piano economico e sociale per i lavoratori autonomi che svolgono la loro attività in forma non imprenditoriale (Capo 1) e, dall'altro, a sviluppare, all'interno dei rapporti di lavoro subordinato, modalità flessibili di esecuzione delle prestazioni lavorative, allo scopo di promuovere la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (Capo 2).
Ed è proprio in quest'ultimo insieme di norme che s'inserisce il concetto di “lavoro agile" (o “smart working” nella sua versione anglosassone) che consiste in una nuova tipologia contrattuale, a tutti gli effetti rientrante nella sfera del lavoro subordinato finalizzata a promuovere ed incentivare forme flessibili di lavoro incrementando la produttività del lavoro stesso e favorendo la conciliazione tra i tempi di vita e di lavoro.
La nuova disciplina richiede indubbiamente un rinnovato approccio al rapporto di lavoro visto nella sua versione standard, non applicabile certamente a tutte le mansioni svolte in azienda, ma di sicuro impatto in termini di efficienza e sostenibilità dell'impegno lavorativo, connesso anche ad una revisione del concetto di luogo e di orario di lavoro. Si tratta, dunque, di un modo di “fare lavoro” totalmente nuovo in Italia, una sorte di ”telelavoro 2.0”, con l'obiettivo di combinare flessibilità, autonomia e collaborazione nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato, attraverso l'impiego delle nuove tecnologie e di strumenti utili a creare ambienti lavorativi fluidi e diffusi.
La “Bussola” è aggiornata alle ultime novità legislative introdotte, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dalla Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (c.d. Legge di Bilancio 2019), recante il “ Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021”.Prima definizione di smart working
Dopo un lunghissimo iter legislativo, lo smart working trova finalmente una sua regolamentazione e definizione nell'ambito dell'art. 18 (Capo II) della L. n. 81/2017.
Come detto pocanzi, esso è destinato a trasformare radicalmente l'approccio all'organizzazione aziendale, cercando di rendere più confacenti le esigenze dell'azienda con quelle del lavoratore. Esso, però, non si limita soltanto a conciliare i tempi di vita e di lavoro, ma anche a “innovare” e “competere”, con lo scopo di incrementare la produttività del lavoro.
In particolare, con il termine “lavoro agile”, s'intende una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:
fermo restando che deve essere tenuto in considerazione il limite della durata massima di orario di lavoro giornaliero, così come anche quello settimanale, esattamente per come sono disciplinati sia dalla legge che dalla contrattazione collettiva (CCNL).
Dunque, è possibile affermare che lo smart working non è configurabile come una nuova tipologia contrattuale, ma consiste in una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato frutto di un accordo tra il lavoratore e il datore di lavoro, che potranno concordare anche forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, “senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro” e con utilizzazione di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Inoltre il datore di lavoro deve essere anche responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore. Tali disposizioni non si applicano solamente ai datori di lavoro privati, in quanto, se compatibili, valgono anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche Amministrazioni ex art. 1, c. 2, D.Lgs 165/2001.
Già da queste prime riflessioni è facile intuire che lo smart working implica un nuovo modello di organizzazione del lavoro, in cui sono fondamentali i seguenti elementi:
Forma e recesso
Ma come funziona nei fatti la possibilità di ricorrere al lavoro agile? Innanzitutto l'art. 19 del disegno di legge prevede che l'accordo relativo alla modalità di lavoro agile: - deve essere stipulato per iscritto sia ai fini della regolarità amministrativa sia ai fini della prova; - deve disciplinare l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali (indicando anche quali sono le condizioni affinché il datore di lavoro possa regolarmente utilizzare il potere direttivo, così come gli strumenti utilizzati dal lavoratore).
Sul punto, è già stato fornito un primo chiarimento nel 15° Forum Lavoro-Fisco in merito al significato di “regolarità contributiva”. Nonostante il testo sia entrato in vigore da poco, necessitando sicuramente di una riflessione più meditata di quella attuale, il Direttore dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Genova, ha precisato che - trattandosi di una modalità di svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato, anche in ambiente esterno al luogo di lavoro, la forma scritta sembra quella voluta dal legislatore per eseguire anche i relativi adempimenti nei confronti della P.A. (come le comunicazioni di cui all'art. 20 ai sensi dell'art. 9-bis del D.L. 510/96).
All'interno del contratto di assunzione, il datore di lavoro deve indicare anche: - i tempi di riposo del lavoratore; - le misure tecniche e organizzative; necessari per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.
Viene pertanto introdotto nell'ordinamento un espresso riferimento al diritto alla c.d. "disconnessione intellettuale" del lavoratore agile dagli strumenti tecnologici che consentono la sua costante ed assoluta reperibilità. Ciò fa sì che lo smart worker, in base alle regole e nei periodi individuati nell'accordo individuale, potrà quindi interrompere i collegamenti informatici e disattivare i dispositivi elettronici. Tale meccanismo dovrebbe consentire al lavoratore di fruire pienamente dei tempi di riposo, evitando che durante gli stessi si verifichino indebite "intrusioni" dell'attività lavorativa nella sfera personale.
A norma dell'art. 19, co. 2, l'accordo può avere o non avere una durata: infatti il disegno di legge prevede che esso possa essere a tempo determinato o indeterminato, ma che qualora l'accordo sia a tempo indeterminato il recesso possa avvenire solamente con un preavviso non inferiore a 30 giorni (termine, questo, che andrà poi confrontato con quello previsto dai vari CCNL che man mano si adegueranno alla disciplina del lavoro agile).
Una parziale differenza rispetto a quanto detto finora si ha nel caso di lavoratori disabili ex art. 1 L. n. 68/1999, per cui il termine di preavviso del recesso da parte del datore di lavoro non può essere inferiore a 90 giorni, proprio perché considerata la particolare delicatezza delle condizioni di questi lavoratori è necessario garantire loro una maggiore tutela nella riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto a quelle che sono le esigenze di vita e di cura del lavoratore stesso.
- anche prima della scadenza del termine, se si tratta di rapporto a tempo determinato; - senza preavviso, nel caso in cui si tratti di rapporto a tempo indeterminato.
Tra gli effetti negativi eventuali del lavoro agile si ricorda sicuramente il rischio che il lavoratore possa trovarsi isolato rispetto ai suoi colleghi anche da un punto di vista di crescita e di accrescimento delle competenze: anche a questo sopperisce il disegno di legge in questione, il quale prevede espressamente che il lavoratore impiegato in forme di lavoro agile possa vedersi riconosciuto il diritto all'apprendimento permanente in modalità formali, non formali, o informali, e alla periodica certificazione delle relative competenze. Inoltre per quanto concerne il trattamento economico del lavoratore, egli non potrà ricevere un compenso inferiore a quello dei lavoratori che svolgono le proprie attività all'interno dell'azienda, a parità di mansioni. Quindi esiste una equiparazione a tutti gli effetti tra i lavoratori che prestano la propria attività all'interno dei locali aziendali e coloro che svolgono il proprio lavoro all'esterno dell'azienda stessa. Non è invece specificamente disciplinato il rimborso delle spese anche con riguardo al costo degli strumenti di lavoro, da regolare in sede di accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro.
Nella tabella di seguito riportata, si riassumono i tratti essenziali per l'instaurazione di un rapporto di lavoro di tipo agile.
Casi particolari
Nell'istituire lo smart working nel nostro ordinamento, il Legislatore ha di recente prestato particolare attenzione alle lavoratrici madri ed ai genitori lavoratori con figli in condizioni di disabilità. Infatti, con l'entrata in vigore dal 1° gennaio 2019 della Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (c.d. Legge di Bilancio 2019), all'art. 1, co. 486 è stata introdotta una disposizione che riserva una corsia preferenziale alle lavoratrici madri, nonché ai lavoratori con figli in condizioni di disabilità, che intendono instaurare un rapporto di lavoro con la formula dello smart working.
La predetta norma, che s'inserisce nel corpus normativo dell'art. 18 L. n. 81/2017, stabilisce che laddove il datore di lavoro stipuli un accordo per l'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile, deve dare priorità alle richieste di smart working formulate dalle lavoratrici nei 3 anni successivi alla conclusione del periodo di congedo obbligatorio di maternità (art. 16 D.Lgs. n. 151/2001).
Si ricorda, a tal proposito, che in base alla citata norma è vietato adibire al lavoro le donne:
Oltre alle lavoratrici madri, anche i lavoratori con figli in condizioni di disabilità (ai sensi dell'art. 3, co. 3, L. n. 104/1992) hanno la priorità di essere scelti dell'esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile. Si rammenta, al tal proposito, che è considerata “persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione” (art. 3, co. 1, L. n. 104/1992).
Dunque, la situazione assume connotazione di gravità qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione. Difatti, le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
Il potere di controllo
Il potere di controllo da parte del datore di lavoro mantiene un ruolo di assoluta preminenza nell'ambito dello smart working. In particolare, lo stesso disegno di legge disciplina il potere di controllo in capo al datore di lavoro, in quanto egli ha il diritto di controllare la prestazione resa dal lavoratore nel limite di quanto previsto dall'accordo stipulato tra le parti.
Ciò significa che l'”accordo” sarà determinante ai fini dei poteri esercitabili da parte del datore di lavoro, anche perché all'interno dello stesso dovranno essere indicati tutti quegli eventuali comportamenti che possono avere un qualche rilievo da un punto di vista disciplinare. Rimane fermo il fatto che non cessano di avere effetti tutte quelle violazioni derivanti dal codice disciplinare applicato in azienda da parte del datore di lavoro, le cui previsioni dovranno essere rispettate anche dagli “smart workers” per evitare di incorrere in sanzioni disciplinari, e le violazioni ad esse collegate comunque dovranno sempre essere irrogate nel rispetto del principio di proporzionalità.
Si ricorda che per quanto riguarda i controlli che possono essere svolti dal datore di lavoro, la norma rimanda espressamente all'art. 4 L. 300/1970, che è proprio il punto di riferimento nella normativa italiana in materia di controlli a distanza esperibili dal datore di lavoro. Quindi il datore di lavoro nel prevedere le modalità di controllo, dovrà attenersi strettamente a quelle che sono le disposizioni previste dalla normativa dell'art. 4 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dall'art. 23, D. Lgs. n. 151/2015 e dal D.Lgs. n. 185/2016 (c.d. Decreto Correttivo al Jobs Act).
Sul punto, appare doveroso richiamare la recente sentenza n. 22148 dell'8 maggio 2017 della Corte di Cassazione, secondo la quale installare un impianto di videosorveglianza in azienda senza aver siglato preventivamente un accordo con il sindacato, anche se i lavoratori hanno dato il loro consenso, costituisce reato. Dunque, viene stravolto l'orientamento giurisprudenziale fornito in precedenza in tema di controllo a distanza, secondo il quale si esclude il reato nel momento in cui il datore chiede il consenso preventivo ai suoi dipendenti pur non avendo raggiunto un accordo sindacale. Infatti, per i giudici della Suprema Corte lo Statuto dei lavoratori tutela un bene di natura collettiva e non individuale, poiché i singoli lavoratori non hanno forza per una trattativa alla pari con il datore. Questa motivazione sta a significare che chi installa un impianto di videosorveglianza senza cercare ed ottenere l'accordo con le rappresentanze sindacali danneggia gli interessi dei lavoratori, commette un illecito penale e detiene una condotta antisindacale.
Alla luce della predetta sentenza, e considerata la particolare modalità nella quale si svolge l'istituto dello smart working, sarà dunque interessante osservare nella pratica come i datori di lavoro potranno servirsi dei controlli a distanza e quali saranno i futuri orientamenti della giurisprudenza in merito. Sicurezza sul lavoro
Come per i lavoratori che prestano la propria attività lavoratori all'interno dei locali aziendali, anche per i lavoratori che svolgono la prestazione in modalità di lavoro agile, il datore di lavoro è obbligato ad osservare gli adempimenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In particolare, il datore di lavoro è tenuto a consegnare:
e:
con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.
Il lavoratore, dal canto suo, è chiamato a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali.
Non è specificato alcun riferimento che faccia pensare all'assimilazione del documento informativo ad un normale DVR; inoltre la norma opera un riferimento “ai rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali” senza accennare alle misure di igiene riferibili agli ambienti individuati nell'accordo.
Infortuni e malattie professionali
Così come per gli adempimenti connessi alla sicurezza sul lavoro, anche per l'assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali lo smart worker, al pari del dipendente che lavora in azienda, ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali. E non solo. Il lavoratore ha diritto anche alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali (c.d. infortunio in itinere), nei limiti e alle condizioni di cui al terzo comma dell'art. 2 del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e successive modificazioni, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.
Il citato art. 2, DPR 30 giugno 1965, n. 1124 ci ricorda che l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate:
solo ed esclusivamente laddove non si verifichino interruzioni o deviazioni del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate.
Sul punto, si chiarisce che l'interruzione e la deviazione si intendono “necessitate” quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempimento di obblighi penalmente rilevanti. L'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato. Restano, in questo caso, esclusi gli infortuni direttamente cagionati dall'abuso di alcolici e di psicofarmaci o dall'uso non terapeutico di stupefacenti ed allucinogeni; l'assicurazione, inoltre, non opera nei confronti del conducente sprovvisto della prescritta abilitazione di guida.
Resta inteso che l'accordo per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni sono oggetto delle comunicazioni di cui all'art. 9-bis del D.L. 510/96, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, e successive modificazioni, che dettano la disciplina in materia di collocamento. Vantaggi e svantaggi: tabella di confronto
Sicuramente affinché tutto possa funzionare al meglio, con reciproca soddisfazione ed ottenimento dei risultati prefissati, questa impostazione di lavoro potrà essere applicata solo se alla base vi è una radicata fiducia tra le parti e una considerevole capacità organizzativa del lavoratore.
Dunque, a primo impatto lo smart working rappresenta per l'azienda una importante opportunità per aumentare la soddisfazione e la produttività dei lavoratori, ridurre i costi di gestione dello spazio fisico e abbattere il fenomeno dell'assenteismo. I lavoratori, dal canto loro, possono ottimizzare la gestione del tempo tra lavoro e vita privata ed ottenere una migliore realizzazione personale grazie anche al superamento delle classiche strutture gerarchiche del lavoro.
Il lavoratore agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono l'attività esclusivamente all'interno dell'azienda: l'entità del compenso dovrà essere definita piuttosto dal tipo di mansioni assegnate. Tuttavia, pur essendo previsti, anche per il lavoro agile, una serie di incentivi legati alla produttività, risulta difficile quantificare, e dunque retribuire, eventuali ore di straordinario.
Fino a qui abbiamo analizzato i potenziali punti a favore, ma quali sono le possibili criticità?
Per il datore di lavoro:
Telelavoro: punti comuni e differenze
Ma lo smart working è una modalità di rapporto di lavoro inedita nel nostro ordinamento? Non del tutto. Infatti, la disciplina del lavoro agile presenta alcuni punti in comune con lo schema, più rigido, del telelavoro, già da tempo introdotto nell'ordinamento e regolato, nell'ambito dei rapporti di lavoro privati, dalla contrattazione collettiva. Basti pensare che entrambi possono essere utilizzati nell'ambito dei rapporti di lavoro subordinato come modalità di svolgimento della prestazione differente da quella ordinaria, soprattutto per quanto attiene al luogo nel quale essa viene resa. Ma le differenze non mancano. Mentre il telelavoro implica normalmente una postazione remota fissa dalla quale il dipendente svolge in tutto o in parte la prestazione lavorativa, lo smart working ne rappresenta un'evoluzione, comprendendo forme più flessibili di esecuzione della prestazione connotate dalla mancanza di ancoraggio ad un luogo di lavoro fisso.
L'Italia, purtroppo, fino al momento attuale si è avvalsa di uno strumento qual è il telelavoro, che non è nei fatti mai decollato fino in fondo, in quanto prevede appunto la presenza di postazioni fisse. Lo smart working dovrebbe essere diverso dal telelavoro, e proprio per tale motivo distinguersi e rendersi allettante per le imprese proprio perché comporta la possibilità di conciliazione – da parte dei lavoratori – di tutte quelle esigenze personali che rendono stressante l'attività lavorativa giornaliera.
Nella seguente tabella si mettono a confronto le due modalità di rapporto di lavoro per comprenderne al meglio le similitudini e differenze.
Contratto di assunzione
All'atto di instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell'inizio dell'attività di lavoro, il datore è tenuto ad informare il lavoratore in merito al contenuto del contratto individuale. Questo obbligo può essere assolto consegnando al lavoratore una copia dell'accordo individuale.
Di seguito, si fornisce un fac-simile ad uso degli operatori del settore.
Ma lo smart working non è certo un argomento nuovo in Italia. Infatti il lavoro agile è già conosciuto e utilizzato in determinate realtà: si ricorda che si hanno già casi di applicazione di questa tipologia di flessibilità lavorativa sulla base di iniziative aziendali. Appare utile segnalare che una prima definizione del lavoro agile si rinviene nel Decreto Interministeriale 25 marzo 2016 (“Detassazione dei premi di produttività e welfare aziendale”).
Il testo fa riferimento proprio al fatto che gli incentivi di carattere fiscale e contributivo che sono riconosciuti con riferimento agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro, spettano anche su quelle quote di retribuzione pagate come controprestazione dell'attività in modalità di lavoro agile, sempre tenendo presente il limite complessivo delle risorse stanziate.
Pertanto, dal 14 giugno 2017, per tutti i datori di lavoro che stipulano contratti aziendali o territoriali, sono detassabili anche le somme corrisposte agli “smart workers” nei limiti dell'importo di 3.000 euro annui (4.000 per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori) in caso di reddito non superiore a 80.000 euro annui.
Nessun riferimento fa la norma istitutiva a tutte quelle intese che, nelle more dell'iter legislativo, sono state già stipulate inserendo progetti di smart working o lavoro agile. Sono pertanto senz'altro numerosi i contratti individuali e collettivi già stipulati in materia. Il più recente esempio proviene dall'ENEL che ha siglato il 4 aprile 2017 un Accordo con le organizzazioni sindacali di categoria, che fa seguito alla sperimentazione in atto da giugno 2016 e che identifica il lavoro agile come uno strumento atto ad incrementare la produttività e ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro attraverso una maggiore responsabilizzazione e orientamento ai risultati. L'accordo sottolinea che il lavoro agile rappresenta una mera variazione del luogo di adempimento della prestazione lavorativa, che si svolge fuori dai locali aziendali, in modo non stabile e non continuativo, con il supporto di sistemi tecnologici, e non modifica quindi l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, di controllo e disciplinare esercitato dal datore di lavoro. Altra sperimentazione dello smart working è stata avviata anche da Italdesign che si propone di introdurre un modello di lavoro innovativo che punti alla misurazione non di ore lavorate ma del risultato e che faccia leva su fiducia, responsabilità e benessere dei dipendenti.
In definitiva, con l'entrata in vigore della disciplina sullo smart working è ora possibile verificare la corrispondenza degli accordi già in essere con i contenuti minimi previsti dalla legge ed andare eventualmente a stipulare accordi integrativi o correttivi. Riferimenti Giurisprudenza Per i recenti orientamenti sul tema, v.
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