Contratto di ricollocazione

16 Gennaio 2024

L'art. 17 del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 disciplina il contratto di ricollocazione come misura di politica attiva del lavoro finalizzata a ridurre al minimo i tempi di inserimento/reinserimento al lavoro dei soggetti espulsi dal mercato del lavoro attraverso il coinvolgimento degli operatori privati accreditati. L'art. 34 del D.Lgs. n. 150/2015 abroga i commi da 2 a 7 dell'art. 17 del D.Lgs. n. 22/2015, lasciandone in vita soltanto il primo, eliminando così la disciplina del contratto di ricollocazione; l'istituto, comunque, sopravvive rimanendo suscettibile di essere praticato da ciascuna Regione secondo la rispettiva disciplina legislativa.

Inquadramento

D.Lgs. n. 150/2015

L'art. 34 del D.Lgs. n. 150/2015 abroga i commi da 2 a 7 dell'art. 17 del D.Lgs. n. 22/2015, lasciandone in vita soltanto il primo, eliminando così la disciplina del contratto di ricollocazione. In questo stesso Decreto n. 150 compare un articolo, il 23, interamente dedicato alla disciplina dell'assegno di ricollocazione: una disciplina che presenta evidenti affinità con quella del contratto di ricollocazione. Della prima disciplina del c.r. l'art. 23 del D.Lgs. n. 150/2015 riprende la parte relativa all'assegno individuale di ricollocazione (di seguito “assegno”), che costituisce il corrispettivo del servizio di assistenza intensiva cui ogni persona disoccupata titolare del trattamento Naspi avrà diritto, se non sarà riuscita a rioccuparsi entro quattro mesi dalla perdita del posto; inoltre, alcune parti relative agli obblighi dei contraenti. La norma ridefinisce l'ambito soggettivo di applicazione dell'assegno, rinviando la definizione dell'ambito oggettivo a una successiva delibera del consiglio di amministrazione dell'ANPAL (c. 7); il successivo art. 24 definisce le modalità di finanziamento dell'assegno, nei termini che vedremo a suo luogo.

Il risultato di questo carosello di disposizioni non è l'abbandono dell'idea del “contratto” di ricollocazione e la sua sostituzione con il (mero) “assegno”: in virtù della prima disposizione risalente al 2013 (non abrogata, e anzi richiamata nel primo co. dell'art. 17 del D.Lgs. n. 22/2015, che resta in vita) l'istituto del “contratto di ricollocazione” sopravvive comunque, rimanendo suscettibile di essere praticato da ciascuna Regione secondo la rispettiva disciplina legislativa.

Il ruolo delle Regioni è confermato dall'art. 1, co. 4, lett. u) della L. delega n. 183/2014, che mantiene in capo ad esse e alle Province autonome le competenze in materia di «programmazione di politiche attive per il lavoro».

Al livello regionale il sistema misto, basato sulla cooperazione pubblico-privato tra la rete dei Centri per l'impiego e gli operatori specializzati nei servizi specialistici per l'occupazione, ha avviato la stagione delle PAL orientate al risultato. Questo è il modello recepito nella legge delega, dove alla lett. n) dell'art. 1, co. 4 è sancita la «valorizzazione delle sinergie tra servizi pubblici e servizi privati, nonché operatori del terzo settore, dell'istruzione secondaria, professionale e universitaria …».

D.Lgs. n. 22/2015

L'art. 17 del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 disciplina il contratto di ricollocazione (da ora c.r.) come misura di politica attiva del lavoro (da ora PAL) finalizzata al riposizionamento della persona all'interno del mercato del lavoro.

Il c.r. ha l'obiettivo di ridurre al minimo i tempi di inserimento/reinserimento al lavoro dei soggetti espulsi dal mercato del lavoro attraverso il coinvolgimento degli operatori privati accreditati.

Il c.r. pone al centro delle PAL la persona e le sue esigenze. In relazione a queste la persona stessa riceve dallo Stato o dalle Regioni un supporto economico, la cui intensità varia a seconda della maggiore difficoltà della ricollocazione e dei bisogni della persona interessata.

I criteri della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183

L'art. 17 del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22 attua la delega al Governo contenuta nell'art. 1, comma 3, e nel successivo comma 4, lett. p), della L. 10 dicembre 2014, n. 183.

Il comma 3 della L. n. 183/2014 delega il Governo ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale.

Nell'esercizio della delega di cui all'art. 1, comma 4 lett. p,) della L. n. 183/2014, il Governo deve garantire “la promozione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona inoccupata o disoccupata e misure volte al suo inserimento nel tessuto produttivo, anche attraverso la conclusione di accordi per la ricollocazione che vedano come parti le agenzie per il lavoro o gli altri operatori accreditati, con obbligo di presa in carico, e la previsione di adeguati strumenti e forme di remunerazione, proporzionate alla difficoltà di collocamento a fronte dell'effettivo inserimento almeno per un congruo periodo, a carico di fondi regionali a ciò destinati, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica statale o regionale”.

Soggetti beneficiari

Inizialmente inserito nell'art. 11 della bozza di decreto recante disposizioni in materia di contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti come la parte della security legata alla nuova stagione della monetizzazione dei licenziamenti, il c.r. transita successivamente nel decreto legislativo recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati.

Nella nuova collocazione, la platea dei beneficiari è più ampia rispetto alla bozza iniziale: si passa dai soli lavoratori licenziati “illegittimamente per giustificato motivo oggettivo o per licenziamento collettivo di cui agli artt. 4 e 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223” a tutte le persone in stato di disoccupazione a norma dell'art. 1, comma 2, lett. c), del D.Lgs. n. 21 aprile 2000, n. 181.

La platea dei soggetti beneficiari appare più consona ai criteri di delega della L. n. 183/2014, che prevede l'introduzione di un collegamento tra misure di sostegno al reddito della persona “inoccupata o disoccupata” e misure volte al suo reinserimento nel tessuto produttivo. Si tratta di soggetti privi di lavoro, che hanno già cessato un rapporto di lavoro o che non hanno mai lavorato, e che sono immediatamente disponibili allo svolgimento e alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti, a norma dell'art. 1, c. 2 lett. c, D.Lgs. n. 181/2000.

Fonti di finanziamento

L'ampliamento della platea dei lavoratori al fine di consentire l'accesso più esteso al c.r. come politica attiva da offrire a tutti i soggetti privi di lavoro e disponibili a cercare una occasione di lavoro, mal si concilia con le fonti di finanziamento, assai esigue se si considera la platea degli aventi diritto (circa 3 milioni di persone).

Il c.r. è finanziato attraverso il Fondo per le politiche attive, istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con D.M. del 14 novembre 2014, in base a quanto disposto dall'art. 1, comma 215, della L. n. 147/2013. Il Fondo per le politiche attive per la ricollocazione dei lavoratori in stato di disoccupazione involontaria, ha una dotazione di 18 milioni di euro per il 2015 e di 20 milioni di euro per il 2016 nonché, per l'anno 2015, l'ulteriore somma di 32 milioni di euro del gettito relativo al contributo di cui all'art. 2, comma 31, della L. n. 92/2012, vale a dire le entrate contributive dell'INPS relative al contributo, a carico del datore di lavoro, nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'ASpI, intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2013. L'art. 17 stabilisce all'ultimo comma che alla eventuale estensione del rifinanziamento del fondo per gli anni successivi al 2015 si provvederà con quota parte delle risorse derivante dai decreti legislativi attuativi della legge delega n. 183/2014. È chiaro che le risorse non sono sufficienti a garantire alla platea dei possibili destinatari la possibilità il diritto alla ricollocazione.

Per questa ragione è previsto che un contributo, in ordine al finanziamento, possa venire anche dalle Regioni che, a norma dell'art. 17, comma 1, possono non soltanto attuare ma, soprattutto, finanziare il c.r. con proprie risorse. A tal fine è necessario che le Regioni, nella programmazione e nella gestione delle PAL, decidano d'investire risorse in questa nuova misura di PAL. Ad oggi soltanto quattro regioni vi hanno provveduto: Lazio, Lombardia, Sardegna e Sicilia.

Nelle suddette discipline regionali le platee dei destinatari sono assai differenziate. Sarebbe opportuno che il legislatore nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni in materia di PAL, ridisegnasse i confini entro i quali il c.r. possa diventare operativo sul piano nazionale.

Soggetti attuatori

Quanto ai soggetti che possono attuare la misura del c.r., registriamo delle divergenze tra la disciplina nazionale e quelle regionali.

La regolamentazione nazionale prevede che il soggetto ha diritto di ricevere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro sia dai servizi pubblici per il lavoro sia dai soggetti privati accreditati. Sembra che il legislatore abbia inteso promuovere un modello competitivo, assai simile al modello lombardo, nel quale i Centri per l'impiego competono sul mercato al pari di altri operatori accreditati.

Al contrario, nel sistema del Lazio, Sicilia e Sardegna, prevale un modello organizzativo cooperativo e complementare tra i Centri per l'Impiego e gli operatori accreditati per i servizi specialistici. Questo modello è caratterizzato da una netta separazione di funzioni: i Centri per l'Impiego svolgono le funzioni obbligatorie di accoglienza, presa in carico e di profiling, mentre gli operatori accreditati si occupano di fornire i servizi specialistici finalizzati alla collocazione delle persone. In questo contesto i Centri per l'Impiego svolgono anche un ruolo di monitoraggio e controllo sul corretto adempimento degli obblighi nascenti dal c.r. sia per il lavoratore sia per i soggetti accreditati.

La distinzione tra i due diversi modelli organizzativi incide sulle modalità di accreditamento adottati dalle Regioni le quali possono decidere di riservare ai Centri per l'Impiego funzioni esclusive relative a determinate attività (per es. profilazione o sottoscrizione del patto di servizio) allo scopo di valorizzare le sinergie tra servizi pubblici e privati. Oppure lasciare che tutte le funzioni siano svolte indifferentemente dai soggetti pubblici o dai soggetti privati trattati in modo paritetico nell'ambito di un sistema misto. Sul punto è bene ricordare che la L. n. 183/14 prevede un principio di delega per la definizione dei criteri di accreditamento e autorizzazione dei soggetti che operano nel mercato del lavoro (art. 1, comma 4, lett. n) al fine di rafforzare l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. L'esercizio della delega è auspicabile visto che la scrittura di criteri più semplici e omogenei di accreditamento può consentire l'armonizzazione tra i vari sistemi regionali e facilitare la plurilocalizzazione degli operatori privati.

Profilazione

Affinché il soggetto beneficiario possa usufruire del suddetto servizio è necessario che esso sia “profilato”, vale a dire che sia stabilito il suo profilo individuale di occupabilità. Soltanto dopo la profilazione al soggetto è riconosciuta una somma denominata “dote individuale di ricollocazione”, che il soggetto medesimo può utilizzare presso gli operatori accreditati per i servizi specialistici finalizzati alla ricollocazione dei disoccupati.

Dalla profilazione emerge l'indice di svantaggio del soggetto, al quale è attribuito un valore economico; il soggetto ha in questo modo la possibilità di ottenere una dote finanziata con risorse pubbliche statali o regionali, destinata alla remunerazione dell'operatore accreditato. Il valore della dote varia in correlazione inversa con il grado di occupabilità, così risultando incentivato l'operatore a dedicare maggiore volume di assistenza alla persona che maggiormente ne ha bisogno. Attualmente la disciplina nazionale sulla profilazione è rinviata nell'attesa di un decreto che sarà emanato secondo i criteri della L. n. 183/2014 in materia di politiche attive per l'impiego. Anche su questo punto auspichiamo un rapido intervento del legislatore per evitare che le Regioni decidano in ordine sparso.

Il contenuto del contratto

La L. n. 183/2014, all'art. 1 comma 4 lett. p,) propone una struttura negoziale del c.r. che vede come parte, oltre alla persona interessata, le agenzie per il lavoro o altri operatori accreditati.

Il D.Lgs. n. 22/2015 sembra prediligere una struttura bilaterale del c.r. anche se, in alcune disposizioni regionali il c.r. ha struttura trilaterale dovendo essere sottoscritto contestualmente tra il Centro per l'Impiego, la persona interessata e l'operatore accreditato. Secondo la L. n. 183/2014 dalla firma del c.r. deriva un obbligo di presa in carico della persona da parte degli enti accreditati. Detto obbligo non è ribadito nell'art. 17 del D.Lgs. n. 22/2015 che attua questa parte della legge delega. Per evitare comportamenti opportunistici da parte degli operatori accreditati, sarebbe assai opportuno inserire anche nell'art. 17 l'obbligo della presa in carico del soggetto. Questa specificazione giustifica il pagamento “a processo” della dote individuale (v. infra).

Dalla firma del c.r. nascono una serie di posizioni di diritto/dovere. Il soggetto in stato di disoccupazione ha diritto a essere preso in carico dall'ente accreditato e ad avere un'assistenza intensiva nella ricerca di una occupazione. Nel contempo egli ha il dovere di attivarsi e di partecipare alle iniziative proposte dal soggetto accreditato.

Egli inoltre ha il diritto-dovere di seguire tutte le indicazioni fornite dal soggetto accreditato mirate a favorire la propria ricollocazione.

Va sottolineato che la riqualificazione professionale e gli sbocchi occupazionali offerti alla persona che ha stipulato il c.r. devono essere coerenti con “il fabbisogno espresso dal mercato del lavoro” (art. 17, comma 4, lett. c). Questa proposizione normativa, di chiara rottura rispetto al passato, aiuta a costruire la congruità dell'offerta di lavoro non più sulla base delle esclusive esigenze della persona quanto sulle potenzialità del mercato del lavoro locale.

Dote individuale di ricollocazione

L'operatore accreditato è remunerato sulla base di un voucher denominato “dote individuale di ricollocazione” spendibile presso i soggetti accreditati. Il sistema ipotizzato dal legislatore sembra quello di attribuire direttamente alla persona una somma di denaro corrispondente al valore economico del servizio che si può spendere presso un soggetto accreditato individuato liberamente dalla persona stessa. Il sistema si differenzia da altri sistemi regionali nei quali gli operatori rispondono a un bando e incassano il valore del servizio presentando all'ente pubblico la fattura attestante le attività svolte.

In ogni caso, secondo la disciplina nazionale la dote può essere incassata soltanto a collocazione avvenuta secondo quanto verrà stabilito dal decreto emanato sulla base della L. n. 183/2014 in materia di PAL. Invece secondo la disciplina di Lazio, Sardegna, Sicilia e Lombardia la dote è incassata per una parte minima a processo e per la maggior parte a risultato occupazionale avvenuto. È auspicabile che il suddetto decreto corregga l'attuale disposizione dell'art. 17, comma 5, stabilendo che anche a livello nazionale una parte della dote individuale possa essere incassata a “processo”, vale a dire per le attività preparatorie necessarie a collocare la persona. Questa modifica è necessaria a evitare che i soggetti accreditati investano il loro tempo e le loro competenze soltanto sulle persone più facilmente collocabili disinteressandosi di coloro che dovessero risultare in posizione più svantaggiata; ma anche per evitare che l'operatore corretto venga penalizzato dall'eventuale abbandono o rifiuto del programma contrattuale da parte di un numero rilevante di persone assistite.

Decadenza e condizionalità

Il comma 6 della disposizione in esame, correggendo la precedente disciplina, stabilisce tre ipotesi di decadenza dalla dote individuale:

  • quando il soggetto non si faccia parte attiva rispetto alle iniziative proposte dal soggetto accreditato e non partecipi alle iniziative programmate dal soggetto accreditato mirate alla ricerca, addestramento e riqualificazione professionale;
  • nel caso in cui il soggetto rifiuti senza giustificato motivo una congrua offerta di lavoro a norma dell'art. 4, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 181/2000 pervenuta in seguito all'attività di accompagnamento attivo al lavoro;
  • se il soggetto perde lo stato di disoccupazione. Come si vede il c.r. è del tutto scollegato dalle politiche passive e dal principio di condizionalità disciplinato dall'art. 7 del D.Lgs. n. 22/2015. Il legislatore, infatti, non ha legato il c.r. alla NASPI (art. 7) o alla ASDI (art. 16) anche se la norma sulla condizionalità stabilisce un collegamento tra la NASPI e la regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa; mentre l'ASDI è condizionata alla diponibilità della persona a partecipare ad iniziative di orientamento e formazione nonché alla accettazione di adeguate proposte di lavoro.

È auspicabile che il legislatore provveda al più presto a individuare i casi in cui il rifiuto di una offerta di lavoro o la mancata partecipazione alle misure di attivazione proposte dall'operatore accreditato per i servizi specialistici per il lavoro, comportino la perdita di sussidi o indennità.

Attualmente le discipline regionali hanno provveduto, nell'ambito della competenza concorrente sulla materia del lavoro, a collegare la decadenza dalla dote individuale di ricollocazione al trattamento di disoccupazione eventualmente goduto dalla persona sulla base della disposizione dell'art. 4 del D.Lgs. n. 181/2000 e dell'art. 4 della L. n. 92/2012, per il caso di rifiuto di una politica attiva e di una congrua offerta di lavoro.

Allo stato attuale della legislazione, il c.r. è una misura di PAL su base volontaria. Pertanto non vi è alcuna relazione tra il c.r. e le misure di sostegno del reddito erogate dall'ente previdenziale. Appare invece opportuno che, a regime (cioè quando il sistema sarà in grado di attivare tutti i c.r. necessari), i decreti attuativi della condizionalità, cui la norma dell'art. 7 del D.Lgs. n. 22/2015 rinvia, svincolino il c.r. dalla scelta del beneficiario, subordinando il sostegno al reddito alla stipulazione del c.r.

Oltre alla condizionalità, un'altra criticità dell'istituto è costituita dal contenzioso che potrebbe derivare dalla decadenza dal c.r. per il caso di rifiuto ingiustificato di un'offerta da parte della persona. Sarebbe altresì auspicabile un chiarimento sulla nozione di “rifiuto senza giustificato motivo” richiamato nell'art. 17.

Anche per questo profilo è necessario che il legislatore individui immediatamente i criteri per dirimere le controversie scaturenti dall'attuazione della condizionalità e della decadenza dal trattamento.

Risultato occupazionale

Il legislatore non detta alcuna disposizione relativa alla definizione di risultato occupazionale. Il risultato atteso dal creditore, non è un risultato immediato e indipendente dalla collaborazione della persona interessata, ma è un risultato che può giungere soltanto se il soggetto che ha stipulato il c.r. stesso partecipa attivamente alle attività necessarie per il raggiungimento dello scopo. In altre parole, il risultato utile, cui il programma contrattuale è orientato, non è soltanto il prodotto dell'organizzazione propria del debitore, la cui capacità produttiva viene impegnata a favore del committente. Nel c.r. il risultato finale si raggiunge anche grazie alla condotta della persona interessata, che a tal fine s'impegna a osservare le indicazioni via via fornite dal tutor, alle quali con il contratto essa si è volontariamente assoggettata.

Come abbiamo visto il compenso per il servizio reso dall'ente accreditato è condizionato al conseguimento del risultato pattuito.

Secondo la disciplina regionale (v. Lazio, Sardegna, Sicilia) per risultato utile s'intende la conclusione di un contratto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato, in apprendistato, in somministrazione o a termine della durata minima di sei mesi anche con proroghe, oppure l'avvio effettivo di una attività di lavoro autonomo.

Durata

Il c.r. è un contratto a esecuzione continuativa. L'elemento della continuatività, tipicamente proprio di un contratto avente per oggetto una attività, ricorre quando la prestazione non sia meramente occasionale o istantanea ma sia invece destinata a protrarsi in un arco di tempo sufficientemente lungo. Nel caso del c.r. nulla è previsto riguardo alla sua durata. Invece la disciplina regionale cui abbiamo fatto cenno prevede una durata massima di 6 mesi eventualmente prorogabili.

Infine, nella disciplina nazionale, nulla è previsto in relazione alle modalità di estinzione del c.r. per le ipotesi diverse dal raggiungimento del risultato soprattutto per il caso di inadempimento degli obblighi gravanti sull'operatore accreditato né per la risoluzione ante tempus del c.r. da parte della persona presa in carico dall'operatore.

Tabella di sintesi

Contratto di ricollocazione

Art. 17, D.Lgs.

N. 22/15

Regione Lazio

DGR n. 632/2014

Regione Lombardia DGR n. 555/2013

Regione Sardegna

DGR n. 7/17/2015

Regione Sicilia

Proposta di Direttiva gennaio 2015

Soggetti Beneficiari

Soggetto in stato di disoccupazione, a norma dell'art. 1, comma 2, lett. c), d), e), f) del d.lgs. n. 181/2000

Soggetto in stato di disoccupazione, disoccupati di lunga durata; inoccupati di lunga durata, donne in reinserimento lavorativo a norma dell'art. 1 del d.lgs. n. 181/2000

Disoccupati; occupati percettori di forme di sostegno al reddito; inoccupati, persone svantaggiate a rischio di esclusione sociale

Lavoratori che nel corso del 2014 sono stati definitivamente espulsi dal bacino della mobilità in deroga

Soggetto in stato di disoccupazione, a norma dell'art. 1, comma 2, lett. c), d), e), f), del d.lgs. n. 181/2000

Soggetti Attuatori

Servizi per il lavoro pubblici o Soggetti privati accreditati

CpI per l'accoglienza e la profilazione del soggetto;

operatore accreditato per l'accompagnamento attivo del soggetto nel mercato del lavoro

Servizi per il lavoro pubblici o Soggetti privati accreditati

Centri servizi per il Lavoro per presa in carico, profilazione e orientamento del disoccupato; soggetti privati accreditati per assistenza nella ricerca della nuova occupazione

CpI per l'accoglienza e la profilazione del soggetto;

operatore accreditato per l'accompagnamento attivo del soggetto nel mercato del lavoro

Durata

Non disciplinata

Durata massima di sei mesi, salvo proroga

Da tre a sei mesi

15 mesi

Durata massima di sei mesi, salvo proroga di ulteriori sei mesi

Decadenza

Mancata partecipazione alle iniziative proposte dal soggetto accreditato; mancata partecipazione alle iniziative di ricerca, addestramento e riqualificazione professionale. rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a norma dell'art. 4, comma 1 lett. c, d.lgs. n. 181/2000; perdita dello stato di disoccupazione

Rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta a norma della DGR Lazio n. 632/2014; mancata partecipazione alle attività concordate con l'operatore accreditato

Perdita dei requisiti; rinuncia

Inadempimento degli obblighi previsti dal c.r.

Rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta a norma della Proposta di Direttiva gennaio 2015 della Regione Sicilia; mancata partecipazione alle attività concordate con l'operatore accreditato

Remunerazione soggetti attuatori

A risultato occupazionale ottenuto

Fino al 20% a processo; la restante parte a risultato

Processo/risultato

Fino al 25% a processo; la restante parte a risultato

Fino al 20% a processo; la restante parte a risultato

Risultato Occupazionale

Non disciplinato

Contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato della durata minima di sei mesi, anche in regime di somministrazione

Contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato anche in regime di somministrazione di almeno 180 giorni e avvio alla autoimprenditorialità

Contratto a tempo indeterminato o a tempo determinato della durata minima di sei mesi

Uno o più contratti a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata complessivamente non inferiore a sei mesi, anche non continuativi e con diversi datori di lavoro, purché ciascun contratto abbia una durata minima non inferiore a due mesi.

Fonti di Finanziamento

FPA a norma dell'art. 1, comma 215, l. 27 dicembre 2013, n. 147

FPA, risorse regionali e comunitarie

FPA, risorse regionali e comunitarie

FPA, risorse comunitarie

FPA, risorse regionali e comunitarie

Conclusioni

La disciplina del c.r. è ancora inattuata. Le ragioni sono molteplici: prima tra tutte la difficoltà di conciliare le tendenze neo-centraliste che si sono già concretizzate con la modifica alla Camera del titolo V della Costituzione (e dunque dell'art. 117) con le competenze tutt'ora in capo alle regioni in materia di politiche attive del lavoro. A questo si aggiunga che la disciplina del c.r. non è idonea a entrare immediatamente in vigore: sono ben quattro i rinvii a fonti primarie o secondarie necessarie per implementarne la disciplina.

Resta una norma nazionale che rischia di rimanere sulla carta se il legislatore non interverrà a cambiarne la disciplina in relazione alla platea dei beneficiari, alle forme e alle fonti di finanziamento, alla disciplina dell'accreditamento degli operatori specializzati, alla profilazione, alle modalità di pagamento della dote, alla condizionalità.

Infine, resta sullo sfondo il tema della sussidiarietà: cosa succede se le Regioni, chiamate ad attuare la disciplina, preferiscono investire i propri danari in formazione professionale? Lo Stato è in grado di surrogarsi alle Regioni per rendere la ricollocazione un diritto?

Riferimenti

Normativa:

D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150

D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 22

L. 10 dicembre 2014, n. 183

L. 28 giugno 2012, n. 92

D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181

Tra i recenti documento sul tema, v. Determinazione Lazio 16 gennaio 2024, n. G00347

GR Sardegna 17 febbraio 2015, n. 7/17

Proposta di Direttiva della Regione Sicilia, gennaio 2015

DGR Lazio 30 settembre 2014, n. 632

DGR Lombardia 4 ottobre 2013, n. 748

Giurisprudenza:

Cassazione civile sez. lav., 6 luglio 2022, n.21447

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