Disdetta

12 Ottobre 2017

La disdetta costituisce un atto unilaterale di natura negoziale con effetti patrimoniali diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo. Può provenire anche da un soggetto appositamente incaricato dal locatore, come un mandatario al quale la procura può essere conferita oralmente. Infatti per la disdetta il requisito della forma scritta non è previsto a pena di nullità. Essa non richiede ai fini della propria validità ed efficacia, l'accettazione dell'altra parte, ma postula, a tali fini la comunicazione al conduttore e produce i suoi effetti dal momento in cui perviene al destinatario.
Inquadramento

La disdetta costituisce un atto negoziale unilaterale e recettizio concretantesi in una manifestazione di volontà diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione tacita del rapporto locativo. La sua funzione, in ambito locatizio, è condizionata dalla durata legale o convenzionale del rapporto. Nelle locazioni a tempo indeterminato la disdetta è idonea, infatti, a determinare la cessazione del rapporto che, diversamente, si protrarrebbe oltre la scadenza legalmente individuata; nelle locazioni a tempo determinato, nelle quali l'estinzione della vicenda contrattuale trova il suo fondamento nello spirare del termine convenzionalmente pattuito, la comunicazione della disdetta impedisce il prodursi della tacita rinnovazione indotta dall'inerzia delle parti (art.1597, comma 1, c.c., prima ipotesi).

Negozio giuridico unilaterale

La disdetta costituisce un atto unilaterale di natura negoziale con effetti patrimoniali (Cass.civ., sez.III, 8 febbraio 2005, n.2510) al qualesono generalmente applicabili le norme dettate per i contratti attesa la previsione dell'art. 1324 c.c.

La causa dell'atto è tipica e consiste nell'impedire la prosecuzione o rinnovazione tacita della locazione, sicché non potrà mai ravvisarsi una causa illecita.

Il motivo che induce il locatore a intimare la disdetta non deve essere esplicitato nell'atto salvi i casi in cui sia la legge ad imporre di specificare i motivi per i quali sia denegato il rinnovo art. 29 l. 392/1978 (c.d. legge equo canone) e art. 3 l. 431/1998 (c.d. legge sulle locazioni abitative).

La giurisprudenza ammette che il negozio unilaterale possa essere affetto da nullità ai sensi dell'art.1345 c.c.: si pensi alla disdetta intimata per ragioni razziali, politiche, religiose o allo scopo di esercitare una indebita pressione e conseguire vantaggi non consentiti da norme imperative.

La volontà del dichiarante costituisce un elemento costitutivo della disdetta sicché è necessario che l'atto sia riconoscibile come manifestazione di volontà intesa ad escludere la rinnovazione o prosecuzione del rapporto locatizio. Detta volontà potrebbe anche desumersi dal contenuto di un atto emesso ad altri fini (come potrebbe essere la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore o una intimazione di sfratto per morosità).

Parimenti, la richiesta giudiziale di cessazione del rapporto è idonea a costituire disdetta del contratto anche se proposta in alternativa ad altra domanda di rilascio del cespite perché occupato sine titulo, atteso che tale circostanza non vale ad escludere, ove ritenuta persistente la locazione, l'inequivoca volontà di riottenere la disponibilità del bene manifestata dal locatore nell'atto processuale (Cass. civ.,sez.III, 30 settembre 2016,n.19410).

All'atto di disdetta sono applicabili, nei limiti del giudizio di compatibilità imposto dall'art.1324 c.c., le norme sui vizi del volere. Né appare in dubbio che la disdetta possa essere oggetto di simulazione e (ove ad esempio il conduttore concordi, con il proprio locatore, una fittizia comunicazione di disdetta, allo scopo di consentirgli di invocare nei confronti di un terzo, che sia suo locatario, una ragione di necessità atta a giustificare il recesso dal contratto).

Profili soggettivi

Nel caso di pluralità di locatori bisogna distinguere due ipotesi. Se ciascun locatore è titolare di una parte distinta e separata del bene, da ciascuno concesso in locazione, si è in presenza di distinti contratti dai quali ciascun locatore può recedere per la parte che gli compete.

Invece In presenza di titolari di una comunione pro indiviso del bene dato in locazione, poiché l'amministrazione è congiuntiva (Cass.civ.,sez.III, 29 novembre 1986, n.7073) la comunicazione della disdetta, in quanto atto di ordinaria amministrazione, deve essere deliberata dalla maggioranza dei comunisti ai sensi dell'art. 1105, comma 2,c.c. Infatti, gli atti che concernono la gestione di un rapporto locatizio riferibile alla comunione vanno inquadrati nella gestione della cosa oggetto di proprietà indivisa soggetta alla delibera della maggioranza. Ciò premesso, è ampiamente consolidato in giurisprudenza il principio per cui in difetto di prova contraria, sugli immobili oggetto di comunione, concorrono pari poteri gestori di tutti i comproprietari, in virtù della presunzione che ciascuno di essi operi con il consenso degli altri (Cass.civ., sez.III, 17 marzo 2009, n.6427), sicché la disdetta del contratto di locazione può essere efficacemente intimata da uno solo dei comproprietari del bene, salvo che consti che una siffatta iniziativa sia contrastata dalla maggioranza dei comunisti.

E' valida anche la delega conferita ad un amministratore nominato per la gestione del bene comune il quale acquisisce il potere di svolgere le medesime attività di amministrazione che spettano per legge ai singoli compartecipanti. Se, invece, vi è un contrasto tra i vari comunisti tale da precludere la formazione di una maggioranza, si dovrà ricorrere all'autorità giudiziaria che provvederà ai sensi dell'art.1105, comma 4,c.c.

Le medesime argomentazioni spese per la comunione a latere locatoris valgono allorché i locatori siano coniugi in comunione dei beni.

In caso di pluralità di conduttori, poiché la disdetta è finalizzata a determinare la cessazione del rapporto contrattuale e, alla scadenza, la riconsegna dell'immobile che costituisce una prestazione indivisibile, è efficace nei confronti di tutti i conduttori ancorché intimata a uno solo di essi (tuttavia sussisterà il litisconsorzio passivo processuale ai sensi dell'art.102 c.p.c. ove il rilascio fosse poi chiesto giudizialmente). Ove la comunione legale riguardi la persona del conduttore, non si determina alcuna estensione degli effetti del contratto concluso al coniuge non stipulante sicché sarà sufficiente comunicare la disdetta a chi dei coniugi costituisce l'unica parte, in senso sostanziale, oltre che formale, del contratto concluso.

In ogni caso la disdetta data dal locatore alienante è efficace anche a favore dell'acquirente che, subentrando nella locazione, la rilevi nello stato di fatto e di diritto in cui il contratto si trova ex art.1602 c.c. (così Cass. civ., sez. III, 29 maggio 2013, n. 13449).

La rappresentanza

È pacifico che la disdetta possa provenire anche da un soggetto appositamente incaricato dal locatore, come un mandatario, cui il mandato sia conferito anche oralmente. Infatti, nel caso di disdetta il requisito della forma scritta non è previsto a pena di nullità, con la conseguenza che anche il conferimento del potere rappresentativo non la richiede (Cass. civ., sez.III, 9 giugno 2016, n.11808; Cass.civ., sez.III, 16 giugno 1998, n. 5981), e ciò anche laddove le parti abbiano previsto che la disdetta abbia la forma scritta, non estendendosi alla procura la forma prevista dalla volontà delle parti (e non in forza di legge).

Può accadere che la disdetta sia intimata da soggetto non munito del potere rappresentativo. In questo caso è necessaria la successiva ratifica del «dominus», ai sensi degli artt. 1324 e 1399 c.c.; ratifica che, ove la disdetta provenga dal legale, cui sia stata successivamente conferita procura ad agire per il rilascio, è implicita nella procura (Cass.civ.,sez.III, 28 ottobre 1998, n.10760). La giurisprudenza è orientata ad accordare alla ratifica della disdetta effetto retroattivo (da ultimo, v. Cass.civ., sez.III, 9 giugno 2016, n.11808), non considerando il conduttore, destinatario della comunicazione, alla stregua di un terzo (così in Cass. civ., sez.III, 16 marzo 2005, n. 5695; Cass. civ., sez.III, 8 febbraio 2005, n. 2510). E' stato infatti rilevato che escludere la retroattività della ratifica ex art.1339 c.c. , qualora al momento della ratifica stessa sia già trascorso il termine perentorio o di decadenza previsto (eventualmente) per il compimento dell'atto da ratificare, significherebbe, in sostanza escludere in tali casi la ragione stessa della ratifica dell'atto posto in essere dal falsus procurator, dal momento che, se dovesse comunque rispettare i predetti termini, l'avente diritto non avrebbe necessità né utilità di ricorrere alla ratifica essendo ancora nei termini per compiere direttamente egli l'atto .

Peraltro, poiché la ratifica rende efficace la disdetta con effetto ex tunc, la rende tempestiva ancorché sia intervenuta dopo la scadenza del termine per la intimazione della disdetta medesima. Tanto più che l'ultimo comma dell'art.1339 c.c. dispone che «la facoltà di ratifica si trasmette agli eredi».

LA DISDETTA CONTENUTA NEGLI ATTI PROCESSUALI: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Atto di citazione e comparsa di risposta

- È valida la disdetta contenuta nell'atto di citazione giacché il mandato alle liti conferito al difensore va riferito non soltanto alla rappresentanza processuale, ma anche alla rappresentanza negoziale dell'istante (Cass. civ., sez. III,17 dicembre 2009, n. 26526).

- La disdetta può essere contenuta anche nella comparsa di risposta, pur dovendosi tale principio coordinare con la natura recettizia dell'atto Cass. civ., sez. III, 7 giugno 1983, n.3896).

Atto processualmente inidoneo allo scopo

È valida la disdetta contenuta in un atto processualmente inidoneo allo scopo (Cass.civ., sez.III, 15 aprile 2011, n.8729).

Oggetto della disdetta, indicazione della data di scadenza

Poiché oggetto della disdetta è la modifica del rapporto contrattuale, ove non risulti determinato o determinabile il rapporto in relazione al quale la disdetta viene emessa, questa sarà affetta da nullità. Diversamente, invece, ove la data indicata sia erronea perché antecedente o successiva a quella di scadenza effettiva del rapporto, ciò non impedirà al giudice di pronunciare il rilascio per la data corretta essendo questi tenuto a pronunciare il rilascio per l'effettiva scadenza del contratto, prescindendo dalle inesatte prospettazioni delle parti. Parimenti una disdetta che non sia idonea a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore ha l'efficacia di produrre la cessazione del rapporto per la successiva scadenza (Cass. civ.,sez.III,2 agosto 1995,n.8443; Cass. civ., sez. III,8 agosto 1997,n.7352).

Sul punto, Cass. civ.,sez.III, 7 gennaio 2011, n. 263 ha ritenuto applicabile l'art.1424 c.c. sulla conversione dei contratti nulli, anche ai negozi unilaterali, in virtù del richiamo operato dall'art. 1324 c.c., a condizione che il fatto contenga i requisiti di sostanza e di forma dell'atto diverso e che l'atto convertito risponda allo scopo perseguito con quello nullo. Su tali premesse, la Corte ha ritenuto che il diniego di rinnovazione della locazione ex art.29 della l. n.392/1978, nullo in relazione alla prima scadenza, ben può convertirsi in una disdetta valida per la seconda scadenza contrattuale, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione o rinnovazione del rapporto.

In evidenza

Una disdetta che non sia idonea a produrre la cessazione della locazione per la scadenza voluta dal locatore ha l'efficacia di produrre la cessazione del rapporto per la successiva scadenza, recando il contenuto inequivocabile della manifestazione di volontà contraria alla prosecuzione o rinnovazione del rapporto.

La forma

In via generale per la disdetta non è prevista alcuna forma particolare sicché opera il principio della libertà della forma. Ne consegue che la disdetta potrà anche essere contenuta in un atto processuale che presupponga la volontà del locatore di non rinnovare il contratto alla scadenza o comunque esprima anche tale volontà (Cass. civ.,sez.III, 17 dicembre 2009, n. 26526). E' ben possibile che un vincolo di forma sia convenzionalmente pattuito ai sensi dell'art.1352 c.c. In questo caso la giurisprudenza ritiene che le modalità della disdetta che le parti abbiano convenzionalmente pattuito nel contratto (esempio, lettera raccomandata con ricevuta di ritorno) non integrano una forma convenzionale ad substantiam – avendo il solo fine di documentare l'effettiva ricezione della disdetta - e pertanto non ostano a che l'atto possa giungere all'indirizzo del destinatario con mezzi equipollenti (ad esempio, raccomandata semplice) ai sensi e per gli effetti dell'art.1335 c.c.

In tema di contratto di locazione ad uso abitativo, l'art. 2, comma 1, della l. n. 431/1998, nel disporre che la disdetta al termine del secondo periodo di durata contrattuale sia effettuata in forma scritta ed inviata a mezzo raccomandata, prevede un doppio requisito formale, l'uno inerente il modo di manifestazione della volontà di rinuncia scritta, immotivata, che è la lettera; l'altro inerente la trasmissione del negozio, che è la forma della raccomandata.

Senonché, come rilevato in giurisprudenza (Cass.civ.sez.III, 9 giugno 2016, n.11808), tale previsione non è assistita da alcuna prescrizione che indichi expressis verbis, o anche indirettamente, che in tale forma debba conservarsi a pena di nullità o invalidità del negozio di rinuncia-disdetta. Pertanto il negozio non ricade in alcun modo sotto il regime dell'art.1350, n.13) c.c., il quale, allorquando esige che il requisito formale scritto sia indicato «specialmente» dalla legge allude a una indicazione espressa dell'obbligatorietà del requisito formale o, comunque, ad una indicazione indiretta ma chiaramente rivelatrice della volontà imperativa della legge.

Ne consegue che il negozio di rinuncia-disdetta, di cui al secondo inciso del comma 1 dell'art. 2, non deve esse tenuto a pena di nullità con una lettera e, quindi in forma scritta, e nemmeno la sua forma di trasmissione deve essere necessariamente quella della raccomandata. Ciò che è necessario è che l'atto di disdetta venga ricevuto dal destinatario sei mesi prima della scadenza. Pertanto il locatore o il conduttore potrebbero compiere l'atto in forma orale prima dei sei mesi e il suo compimento potrebbe essere oggetto di una confessione extragiudiziale o giudiziale della controparte.

Sicché sono ammissibili forme equipollenti - come anche l'invio di una raccomandata semplice qualora il conduttore non abbia tempestivamente negato di averla ricevuta - purché idonee ad evidenziare all'altra parte la volontà negoziale, derivandone altresì che, ove all'invio della lettera di disdetta provveda un rappresentante della parte, non è necessario il conferimento al medesimo di un mandato in forma scritta (Cass.civ., sez.III, 9 giugno 2016, n.11808).

Correlata al problema della forma è la questione relativa alla mancata sottoscrizione della disdetta. La giurisprudenza propende per escludere la inesistenza dell'atto e l'indagine da compiere sarà diretta ad accertare con ogni mezzo se la manifestazione negoziale, quale sia il mezzo adoperato, abbia raggiunto lo scopo di far conoscere al conduttore l'intenzione inequivocabile del locatore di porre fine al contratto, senza che possa incidere la disciplina della scrittura privata ex art.2702 c.c. e la mancanza del requisito della sottoscrizione.

Allorché, invece, sia il conduttore a dedurre che l'atto rechi una firma falsa l'onere di provare la non autenticità della firma del locatore incombe al conduttore, proponendo querela di falso in sede civile oppure denunzia per reato di falso in sede penale.

Gli effetti della disdetta e la revoca

Poiché la disdetta è un atto unilaterale recettizio, cui sono applicabili le disposizioni degli artt.1334 e 1335 c.c. non richiede ai fini della propria validità ed efficacia, l'accettazione dell'altra parte, ma postula, a tali fini la comunicazione al conduttore. Essa produce i suoi effetti dal momento in cui perviene al destinatario salvo una diversa pattuizione delle parti. Infatti, la regola della differente decorrenza degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, sancita dalla giurisprudenza costituzionale, si applica solo agli atti processuali, non a quelli sostanziali, né agli effetti sostanziali degli atti processuali (Cass.civ.,sez.III, 8 giugno 2012, n.9303). Questi ultimi, pertanto, producono i loro effetti sempre e comunque dal momento in cui pervengono all'indirizzo del destinatario, a nulla rilevando il momento in cui siano stati dal mittente consegnati all'ufficiale giudiziario od all'ufficio postale, da cui la tardività di una disdetta spedita prima del termine contrattualmente previsto per l'esercizio della relativa facoltà, ma pervenuta al destinatario successivamente a tale data.

In applicazione della disciplina vigente in tema di atti ricettizi essa si reputa conosciuta dal destinatario nel momento in cui giunge al suo indirizzo se questi non prova di essere stato senza sua colpa nella impossibilità di averne notizia. Nell'ipotesi di disdetta inoltrata in plico chiuso, la contestazione circa il contenuto si riflette in danno del destinatario (Cass. civ., sez.I, 22 maggio 2015,n.10630) che ha precisato che la produzione in giudizio dell'avviso di ricevimento ex adverso della relativa raccomandata implica una presunzione di corrispondenza di contenuto tra la copia prodotta e la missiva ricevuta dalla controparte, salva la prova, a carico del destinatario, di avere ricevuto una missiva di contenuto diverso o un plico privo di contenuto (in senso conforme, v. anche Cass.civ., sez. lav.,19 agosto 2003, n.12135).

In Cass.civ., sez.I, 14 gennaio 2005,n.689, partendo dalla natura ricettizia della disdetta, si precisa che l'atto si presume conosciuto anche quando la parte ne abbia rifiutato la consegna, purché sia identificabile il soggetto al quale l'atto è stato consegnato. Pertanto, nel caso in cui la disdetta sia stata effettuata mediante atto notificato ai sensi della l. n. 890/1982, si rende necessario che l'agente postale, qualora una persona diversa dal destinatario rifiuti di ricevere la consegna, abbia proceduto ad annotarne le generalità sull'avviso di ricevimento, trattandosi di elementi indispensabili al fine di accertare che l'atto sia realmente giunto nella sfera del destinatario o di persone che con lui hanno una relazione tale da giustificare la presunzione di conoscenza, e ciò soprattutto se il destinatario sia una persona giuridica, occorrendo in tale ipotesi verificare se a quest'ultima sia riferibile l'operato del soggetto che ha opposto il rifiuto. Allorché la raccomandata contenente la comunicazione di disdetta non sia consegnata per l'assenza del destinatario o di altra persona abilitata a riceverla ai sensi degli artt.1334 e 1335 c.c., la comunicazione deve intendersi perfezionata con il rilascio dell'avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, a meno che il destinatario provi di essere stato, senza sua colpa nella impossibilità di ritirare il plico presso l'ufficio delle poste (Cass. civ., sez. lav., 23 marzo 1981, n.1671).

Inoltre, la elezione di domicilio fatta dalla parte in sede di stipula del contratto deve ritenersi a carattere non esclusivo, in difetto di una chiara ed espressa volontà in tale senso, con la conseguenza che è valida una disdetta inviata al diverso indirizzo della parte medesima.

Poiché la disdetta produce i propri effetti non appena giunge nella sfera di conoscibilità del destinatario, né necessita dell'accettazione di questi, è esclusa la possibilità della revoca unilaterale ad opera del dichiarante una volta che l'atto sia stato ricevuto (in tali termini, v., da ultimo, Cass.civ.,sez.III, 13 dicembre 2016,n.25508 che ha fatto applicazione del principio secondo cui l'avvenuta comunicazione di un atto negoziale comportante per il suo autore l'assunzione di vincoli di prestazione (anche di non fare) deve ritenersi definitivamente irrevocabile). La revoca della disdetta, pertanto, diventa efficace solo con il consenso della controparte, abilitata a valersene, avendo acquisito il diritto alla cessazione del contratto.

La verifica della tempestività della disdetta agli effetti dell'esercizio della relativa facoltà - generalmente fissato in sei mesi o un anno prima della scadenza - va effettuato in conformità ai principi generali dettati dall'art.2963, commi 4 e 5, c.c. Pertanto, si applicherà il comma 4 dell'art.2963 c.c. quando, in sede di calcolo a ritroso della scadenza contrattuale, si constati che il giorno in cui si colloca la scadenza esista nel mese in cui si consuma il potere di disdetta. Si applicherà, invece, il comma 5 nell'ipotesi in cui quel giorno non esista in tale mese (App. Bari 28 novembre 1988).

Guida all'approfondimento

Di Marzio - Falabella, La locazione, Torino, 2011;

Carrato - Scarpa, Le locazioni nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2016;

Cuffaro (a cura di), I contratti di utilizzazione dei beni, in Trattato Rescigno, Torino, 2008.

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