Verifiche e controlli sugli invalidi: la competenza è dell’INPS e non delle Regioni

La Redazione
19 Ottobre 2017

Il Consiglio di Stato ha ribadito la validità del processo di progressivo affidamento all'INPS di tutte le funzioni in materia di accertamento dei requisiti sanitari sulle pensioni di invalidità civile, così come previsto dalla L. n. 102 del 3 agosto 2009.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4628 del 4 ottobre 2017, respingendo il ricorso della Regione Calabria, ha ribadito la validità del processo di progressivo affidamento all'INPS di tutte le funzioni in materia di accertamento dei requisiti sanitari sulle pensioni di invalidità civile, così come previsto dalla L. n. 102 del 3 agosto 2009.

Tale pronuncia trova origine da un ricorso presentato dalla Regione Calabria per l'annullamento della sentenza del TAR che aveva ritenuto legittimo il Decreto del Commissario ad acta che approvava il Protocollo Sperimentale tra l'INPS e la Struttura commissariale per l'affidamento all'Istituto delle funzioni relative all'accertamento dei requisiti sanitari in materia di pensioni di invalidità civile.

Investita della questione, la Suprema Corte amministrativa ha rilevato, in primis, l'inesistenza di un interesse a ricorrere da parte della Regione Calabria, così come già sostenuto in primo grado dalla difesa dell'INPS: infatti, gli accertamenti sanitari diretti al riconoscimento della spettanza della pensione di invalidità non rientrano tra le funzioni delle Regioni costituzionalmente garantite dall'art. 117; inoltre, il provvedimento di cui si discute la legittimità non solo non comporta distrazione di somme dal Fondo Sanitario Nazionale ma, al contrario, è diretto al progressivo sgravio di tutti gli oneri delle commissioni in questione, e quindi procura un consistente risparmio economico al Servizio Sanitario Regionale.

La Regione Calabria lamentava anche la mancata sottoscrizione in formato digitale del Protocollo in questione: anche in questo caso, il Consiglio di Stato ha respinto le doglianze della Regione, non essendo obbligatoria la firma digitale per tale tipo di atto negoziale e richiamando, a sostegno della propria teoria, l'art. 21 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, ovvero il Codice dell'amministrazione digitale (CAD).

Ulteriore motivo di ricorso riguardava la competenza del Commissario ad acta che, secondo la Regione Calabria, era stata erroneamente ritenuta sussistente in primo grado dal TAR: i magistrati di Palazzo Spada hanno confermato come il potere del Commissario fosse giuridicamente fondato ex art. 2, co. 83 della L. n. 191/2009, il quale disciplina gli atti adottabili dai commissari governativi ad acta, tra cui anche il piano ai fini del contenimento della spesa sanitaria. Contrariamente a quanto vorrebbe l'appellante, quindi, l'area di gestione del commissario non è affatto indistinta ma resta delimitata e circoscritta al novero delle azioni indispensabili per riportare la gestione finanziaria della sanità ai necessari equilibri economici e funzionali.

Per tutti questi motivi, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Regione Calabria, condannandola alle spese processuali.

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