Paura di ammalarsi: la quantificazione del danno morale da esposizione ad amianto
23 Ottobre 2017
Condannata nei primi due gradi di giudizio a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale da lesione dell'integrità psicofisica di origine professionale nei confronti di un socio lavoratore – affetto da placche pleuriche, causate dall'inalazione di microfibre di amianto durante l'attività di carico e scarico merci – l'Autorità portuale ricorreva per la cassazione della sentenza.
Tra le censure mosse, la ricorrente sostiene che la Corte d'Appello abbia erroneamente inteso che il riconoscimento del danno morale (quale patimento d'animo per la probabilità di subire un pregiudizio fisico o paura di ammalarsi) potesse scaturire automaticamente dal presunto raggiungimento della prova delle altre voci di danno. In particolare, l'Autorità portuale ritiene che la Corte territoriale non abbia adottato la cd. personalizzazione del danno morale, raccomandata dalla giurisprudenza di legittimità, che prevede, in caso di lesione di diritti fondamentali (quali il diritto alla salute), che “nell'attribuzione del danno deve tenersi conto dell'insieme dei pregiudizi sofferti escludendo ogni meccanismo semplificato di liquidazione di tipo automatico, ma tenendo conto:
Di parere contrario la Cassazione che, invece, sottolinea come i giudici di merito abbiano “commisurato il danno morale spettante all'appellante precisamente al patema e al turbamento provati per il sospetto di malattia futura, correlata al maggior rischio di contrarre il mesotelioma (tumore maligno) rispetto a soggetti con storie espositive comparabili non affetti da placche pleuriche (paura di ammalarsi)”, con una quantificazione del danno morale che, lungi dal conseguire da meccanismi semplificati di liquidazione automatica, è scaturita da un'adeguata e circostanziata ‘personalizzazione' del pregiudizio subìto e, pertanto, risulta conforme ai criteri generalmente accolti. |