L’indennità per le ferie non godute: il risarcimento del danno per mancato riposo

25 Ottobre 2017

Le ferie del lavoratore costituiscono un diritto tutelato dalla Costituzione e come tale irrinunziabile. Qualora il lavoratore non riesca a godere del periodo di ferie annuali può chiedere l'adempimento tardivo, anche dopo il decorso di un lasso di tempo considerevole dalla loro maturazione; qualora, invece, l'adempimento tardivo non sia possibile per cessazione del rapporto di lavoro, il prestatore ha diritto all'indennità sostitutiva delle ferie, corrispondente alla retribuzione parametrata al numero di giorni di ferie perduti.
L'indennità per le ferie non godute

Le ferie del lavoratore costituiscono un diritto tutelato dalla Costituzione e come tale irrinunziabile.

Qualora il lavoratore non riesca a godere del periodo di ferie annuali può chiedere l'adempimento tardivo, anche dopo il decorso di un lasso di tempo considerevole dalla loro maturazione; qualora, invece, l'adempimento tardivo non sia possibile per cessazione del rapporto di lavoro, il prestatore ha diritto all'indennità sostitutiva delle ferie, corrispondente alla retribuzione parametrata al numero di giorni di ferie perduti.

Secondo un orientamento, invece, anche in costanza di rapporto il prestatore potrebbe optare per l'alternativa tra chiedere la fruizione tardiva delle ferie ovvero ottenere l'indennità sostitutiva: infatti, si afferma che in relazione alla funzione di recupero delle energie fisiche e psichiche da parte del lavoratore, le ferie annuali devono essere godute entro l'anno di lavoro e non successivamente, per cui una volta decorso l'anno di competenza, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di godere effettivamente delle ferie né può stabilire il periodo nel quale deve goderle ma è tenuto al risarcimento del danno attraverso il pagamento dell'indennità sostitutiva delle ferie (Cass. sez. lav., n. 13980/2000).

In relazione al carattere irrinunciabile del diritto alle ferie, garantito anche dall'art. 36 Cost. e dall'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE (Corte di Giustizia 20 gennaio 2009 nei procedimenti riuniti c-350/06 e c-520/06), ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite, anche senza responsabilità del datore di lavoro, spetta al lavoratore l'indennità sostitutiva che ha, per un verso, carattere risarcitorio, in quanto idonea a compensare il danno costituito dalla perdita di un bene (il riposo con recupero delle energie psicofisiche, la possibilità di meglio dedicarsi a relazioni familiari e sociali, l'opportunità di svolgere attività ricreative e simili) al cui soddisfacimento l'istituto delle ferie è destinato e, per altro verso, costituisce erogazione di indubbia natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro, quale rapporto a prestazioni corrispettive, ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa resa in periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe invece dovuto essere non lavorato perché destinato al godimento delle ferie annuali, restando indifferente l'eventuale responsabilità del datore di lavoro per il mancato godimento delle stesse. Ne consegue l'illegittimità, per contrasto con norme imperative, delle disposizioni dei contratti collettivi che escludano il diritto del lavoratore all'equivalente economico di periodi di ferie non goduti al momento della risoluzione del rapporto, salva l'ipotesi del lavoratore che abbia disattesa la specifica offerta della fruizione del periodo di ferie da parte del datore di lavoro (Cass. sez. lav., n. 20836/2013, Cass. sez. lav., n. 11462/2012): è stato, così, affermato il diritto del lavoratore a percepire l'indennità sostitutiva delle ferie non godute in ragione di uno stato di malattia, pur in presenza di una disposizione contrattuale che subordinava il diritto all'indennità sostitutiva alla mancata fruizione per esigenze di servizio.

Dalla natura mista dell'indennità sostitutiva delle ferie non godute, sia risarcitoria che retributiva, deriva che mentre ai fini della verifica della prescrizione va ritenuto prevalente il carattere risarcitorio, volto a compensare il danno derivante dalla perdita del diritto al riposo, cui va assicurata la più ampia tutela applicando il termine ordinario decennale, la natura retributiva, quale corrispettivo dell'attività lavorativa resa in un periodo che avrebbe dovuto essere retribuito ma non lavorato, assume invece rilievo quando ne va valutata l'incidenza sul trattamento di fine rapporto, ai fini del calcolo degli accessori o dell'assoggettamento a contribuzione (Cass. sez. lav., n. 1757/2016).

Il lavoratore che agisca in giudizio per chiedere la corresponsione della indennità sostitutiva delle ferie non godute ha l'onere di provare l'avvenuta prestazione di attività lavorativa nei giorni ad esse destinati, atteso che l'espletamento di attività lavorativa in eccedenza rispetto alla normale durata del periodo di effettivo lavoro annuale si pone come fatto costitutivo dell'indennità suddetta, mentre incombe al datore di lavoro l'onere di fornire la prova del relativo pagamento (Cass. sez. lav., n. 8521/2015).

Secondo altro orientamento il lavoratore che agisce in giudizio per ottenere la concessione delle ferie o la relativa indennità sostitutiva deve provare solo l'esistenza del rapporto di lavoro, spettando al datore di lavoro debitore provare, secondo la regola generale, l'avvenuto adempimento della sua obbligazione.

Il risarcimento del danno per il mancato riposo

Analogamente alle ferie anche il riposo settimanale costituisce un diritto tutelato dalla Costituzione (art. 36, terzo comma) e, come tale, irrinunciabile.

La prestazione lavorativa, svolta in violazione della disciplina dei riposi giornalieri e settimanali protrattasi per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura psico-fisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza è presunta nell'an in quanto lesione del diritto garantito dall'art. 36 Cost., mentre, ai fini della determinazione del quantum, occorre tenere conto della gravosità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento de qua, da non confondere con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale (Cass. sez. lav., n. 14710/2015).

In relazione alla mancata fruizione del riposo settimanale possono prospettarsi tre distinte situazioni. Quella in cui la fruizione del riposo oltre il settimo giorno è legittima in base alle previsioni normative di vario livello che disciplinano il rapporto e la specifica organizzazione del tempo di lavoro, prevedendo deroghe consentite dalla legge e benefici economici compensativi: in tal caso, la maggiorazione del compenso per la peculiare gravosità del lavoro ha natura retributiva e la prescrizione è quinquennale; vi è poi l'ipotesi, in cui, in assenza di previsioni legittimanti, la scelta datoriale contrasta con l'art. 36 Cost. e art. 2109 c.c. ed il lavoratore propone una domanda di risarcimento del danno da usura psico-fisica conseguente alla mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro: in questi casi la sussistenza del danno deve ritenersi presunta, il diritto non ha natura retributiva e si prescrive in dieci anni; se poi il lavoratore sostiene di aver ricevuto un ulteriore danno alla salute o danno biologico, che si concretizza, invece, in una ‘infermità' determinata dall'attività lavorativa usurante svolta in conseguenza di una continua attività lavorativa non seguita dai riposi settimanali, il quadro cambia ancora sotto il profilo dell'onere della prova, perché questo danno ulteriore non può essere ritenuto presuntivamente sussistente ma deve essere dimostrato sia nella sua sussistenza e sia nel suo nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall'illecito contrattuale (Cass. sez. lav., n. 24563/2016; Cass. sez. lav., n. 17966/2016).

In caso di lavoro prestato oltre il sesto giorno consecutivo, ove il lavoratore richieda, in relazione alla modalità della prestazione, il risarcimento del danno non patrimoniale, per usura psicofisica, ovvero per la lesione del diritto alla salute o del diritto alla libera esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana, è tenuto ad allegare e provare il pregiudizio del suo diritto fondamentale, nei suoi caratteri naturalistici e nella sua dipendenza causale dalla violazione dei diritti patrimoniali di cui all'art. 36 Cost., potendo assumere adeguata rilevanza, nell'ambito specifico di detta prova (che può essere data in qualsiasi modo, quindi anche attraverso presunzioni ed a mezzo del fatto notorio), il consenso del lavoratore a rendere la prestazione nel giorno di riposo ed, anzi, la sua richiesta di prestare attività lavorativa proprio in tale giorno, mentre non rileva la fruizione successiva di riposi maggiori, essendo il termine di riferimento quello del giorno e della settimana (Cass. sez. lav., n. 17238/2016; Cass. sez. lav., n. 11581/2014).

Il risarcimento del danno spetta solo per la perdita definitiva del riposo, cioè nel caso di riposo non fruito neppure in un arco temporale superiore a sette giorni: la fattispecie della prestazione lavorativa domenicale senza riposo compensativo non può essere equiparata a quella del riposo compensativo goduto oltre l'arco dei sette giorni, atteso che una cosa è la perdita definitiva del riposo, altro il semplice ritardo della pausa di riposo (Cass. sez. lav., n. 26398/2013).

Guida all'approfondimento
  • BELLOMO, Orario di lavoro, riposi e ferie, in Diritto e processo del lavoro e della previdenza sociale, a cura di G. Santoro Passarelli, 2017, Torino, 1121;
  • BRESCIANI, Il lavoro oltre il sesto giorno, in Lav. giur., 2014, n. 6, 563;
  • RIZZUTI, Usura psicofisica da lavoro prestato oltre il sesto giorno: considerazioni in tema di trattamento economico, in ilgiuslavorista, 10 febbraio 2017.

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