Omessa dichiarazioneFonte: D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74
13 Dicembre 2017
Inquadramento
In base al D.Lgs. n. 472/1997, al verificarsi di una violazione di norme tributarie sono previste sanzioni amministrative, caratterizzate da sanzioni pecuniarie e sanzioni accessorie.
In base all'art. 2, comma 1 e ss., del citato Decreto, la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione e, la somma irrogata a titolo di sanzione non produce interessi. Inoltre i limiti minimi e massimi e la misura della sanzione fissa possono essere rivisti ogni tre anni in misura pari all'intera variazione verificata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatesi nei tre anni precedenti.
L'omessa dichiarazione è un reato in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, previsto dall'art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000, per il quale viene punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta la dichiarazione ai fini delle imposte sul reddito o dell'IVA, pur essendovi tenuto, quando l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte a 50.000 €.
La stessa pena viene prevista anche per i soggetti che, pur essendovi obbligati, non presentano la dichiarazione di sostituto d'imposta, quando l'ammontare delle ritenute non versate è superiore a 50.000 €.
In ogni caso non si considera omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
Principio di legalità, imputabilità e colpevolezza della violazione commessa
L'art. 3 del D.Lgs. 472/1997 sancisce il principio di legalità, secondo il quale nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore della commissione della violazione. Quindi nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Nell'eventualità in cui la legge in vigore e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, per la violazione commessa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo.
Secondo il criterio dell' imputabilità della sanzione, disciplinata dall'art. 4, non può essere assoggettato a sanzione chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, in base ai criteri indicati nel codice penale, la capacità di intendere e di volere.
L'art. 5, comma 1, disciplina la colpevolezza della violazione commessa, stabilendo che nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
Le violazioni commesse nell'esercizio dell'attività di consulenza tributaria e comportanti la soluzione di problemi di speciale difficoltà sono punibili solo in caso di dolo o colpa grave.
Quando la violazione non è commessa con dolo o colpa grave, il pagamento della sanzione da chiunque eseguito, estingue tutte le obbligazioni.
Il Decreto Legislativo finora esaminato, prevede anche cause di non punibilità. Ai sensi dell'art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997 infatti, se la violazione è conseguenza di errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da colpa. Le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei valori di bilancio e secondo corretti criteri contabili e le valutazioni eseguite secondo corretti criteri di stima non danno luogo a violazioni punibili. In ogni caso, non si considerano colpose le violazioni conseguenti a valutazioni estimative, ancorché relative alle operazioni disciplinate dal D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, se differiscono da quelle accertate in misura non eccedente il 5%. Criteri di determinazione della sanzione
In base all'art. 7, commi 1 e 3 del D.Lgs. n. 472/1997, nella determinazione della sanzione si tiene conto della gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell'agente, dell'opera da lui svolta per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze, nonché la sua personalità e le condizioni economiche e sociali.
La sanzione può essere aumentata fino alla metà nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole non definita ai sensi degli artt. 13, 16 e 17 o in dipendenza di adesione all'accertamento. Sono considerate della stessa indole le violazioni delle stesse disposizioni e quelle di disposizioni diverse che, per la natura dei fatti che le costituiscono e dei motivi che le determinano o per le modalità dell'azione, presentano profili di sostanziale identità.
Inoltre in caso di morte della persona fisica autrice della violazione, non possono essere obbligati al pagamento della sanzione gli eredi (art. 8, D.Lgs. n. 472/1997) e altresì se la morte è avvenuta prima della irrogazione della sanzione amministrativa, non va ad estinguere la responsabilità della persona fisica stessa o della società.
Nell'eventualità che più persone concorrono in una violazione, l'art. 9, comma 1, chiarisce l'obbligo di esse di sottoporsi alla sanzione. Irrogazione della sanzione
L'art. 16, comma 1 del D.Lgs. n. 472/1997 disciplina il procedimento di irrogazione della sanzione, la quale sarà irrogata dall'ufficio o dall'ente competenti all'accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono.
Il comma 2 enuncia le caratteristiche dell'atto di contestazione, il quale deve indicare, a pena di nullità, i fatti attribuiti al trasgressore, gli elementi probatori, le norme applicate, i criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità. Tale atto deve contenere l'invito al pagamento delle somme dovute nel termine di sessanta giorni dalla sua notificazione.
Secondo l'art. 20, comma 1, l'atto di contestazione di cui al precedente articolo, con l'atto di irrogazione, devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel maggior termine previsto per l'accertamento dei singoli tributi.
Se la notificazione è stata eseguita nei termini previsti dal comma 1, il termine è prorogato di un anno ad almeno uno degli autori dell'infrazione o dei soggetti obbligati in solido.
Nell'analizzare le sanzioni previste in caso di violazione di norme tributarie, occorre esaminare in dettaglio le sanzioni amministrative accessorie e pecuniarie, previste dai D.Lgs. nn. 471 e 472/1997, e le sanzioni penali previste dal D.Lgs. n. 74/2000.
In base all'art. 21, comma 1, del D.Lgs. n. 472/1997 costituiscono sanzioni amministrative accessorie:
In base al comma 2, le singole leggi d'imposta, nel prevedere i casi di applicazione delle sanzioni accessorie, ne stabiliscono i limiti temporali in relazione alla gravità dell'infrazione e ai limiti minimi e massimi della sanzione principale.
Al contrario le sanzioni pecuniarie vengono disciplinate dal D.Lgs. n. 471/1997, enunciando diversi limiti massimi e minimi di esse, in base alla violazione commessa dal contribuente.
La locuzione “omessa dichiarazione” sta a significare, in termini pratici, che il modello 730 o il Modello REDDITI non sono stati compilati e trasmessi dai soggetti obbligati.
Tale comportamento viene considerato reato dalla Legge (art. 5 D.Lgs. n. 74/2000), e trattandosi, in termini tecnici, di delitto, ai fini della punibilità è richiesto il comportamento doloso dell'agente, e in particolare di dolo specifico; ciò significa che la condotta deve essere finalizzata al pagamento di minori imposte o al conseguimento di rimborsi o crediti superiori al dovuto.
Tale reato può essere commesso da chiunque sia tenuto a presentare le dichiarazioni dei redditi o IVA.
In ogni caso (art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000) la dichiarazione dei redditi non si considera omessa se “presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto”.
Di conseguenza, la dichiarazione viene considerata omessa quando, trascorsi 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione, il contribuente che non è escluso dall'obbligo di dichiarazione dei redditi, non provvede a presentare il modello 730 o il Modello REDDITI.
Si è di fronte a un'ipotesi di omessa dichiarazione anche quando un lavoratore dipendente presenta la certificazione unica, ma non invia il modello REDDITI per indicare gli eventuali redditi di impresa percepiti.
La Corte di Cassazione (sent. n. 23821/2017) ha infatti avuto modo di chiarire che «la circostanza che il contribuente fosse dipendente di una società, e che la datrice di lavoro avesse adempiuto agli obblighi di certificazione quale sostituto d'imposta, mediante il rilascio del C.U.D. secondo il modello ministeriale, non esclude affatto il mancato adempimento dell'autonoma e distinta obbligazione della dichiarazione gravante sul contribuente, responsabile personalmente della violazione, in quanto soggetto fruitore di proventi i quali … costituiscono pur sempre redditi soggetti a tassazione».
È bene precisare che dal 2015 la scadenza per la presentazione del modello 730 è cambiata; a seguito dell'introduzione del modello 730 precompilato, infatti, il termine per la presentazione del modello 730 è il 7 luglio (per i CAF è prevista la possibilità di inviarlo entro il 23 luglio, qualora entro il 7 luglio abbiano inviato almeno l'80% dei 730), mentre la scadenza Modello REDDITI rimane fissata al consueto 30 settembre (prorogato per i titolari di partita Iva al 31 ottobre 2017).
Nel caso in cui il contribuente non invii la propria dichiarazione, l'Amministrazione finanziaria può ricostruire il reddito o il volume d'affari anche sulla base di presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. È questa la conclusione della Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 18077/2017, nella quale è ribadito che in questi casi l'onere della prova è a carico del contribuente e non degli Uffici.
Il D.Lgs. n. 471/1997, relativo alle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi stabilisce (art. 1) quali siano le sanzioni per violazioni relative alla dichiarazione delle imposte sui redditi e dell'IRAP.
In particolare, il citato articolo, nella versione modificata dal D.Lgs. n. 158/2015 e vigente dal 1° gennaio 2016, prevede che nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e dell'IRAP “si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 250”, mentre “se non sono dovute imposte, si applica la sanzione da euro 250 a euro 1.000”.
Stando alle vigenti disposizioni, inoltre, “se la dichiarazione omessa è presentata dal contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e, comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell'ammontare delle imposte dovute, con un minimo di euro 200”.
In tale contesto si evidenzia che la riduzione delle sanzioni è ammessa soltanto a condizione che non abbia avuto inizio qualunque attività accertativa di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
Nel caso non siano dovute imposte, invece, “si applica la sanzione da euro 150 a euro 500”. È bene precisare, tuttavia, che “le sanzioni applicabili quando non sono dovute imposte possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili”.
Sanzioni amministrative per omessa presentazione della dichiarazione IVA
L'art. 5 del D.Lgs. n. 471/1997, nella sua attuale formulazione, stabilisce che in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell'IVA “si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione”.
La sanzione non può comunque essere inferiore a 250€.
Stando alle vigenti disposizioni, inoltre, “se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e, comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il soggetto passivo abbia avuto formale conoscenza, si applica la sanzione amministrativa dal sessanta al centoventi per cento dell'ammontare del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione, con un minimo di euro 200”.
Secondo il comma 3 dell'articolo in commento, inoltre, “se il soggetto effettua esclusivamente operazioni per le quali non è dovuta l'imposta, l'omessa presentazione della dichiarazione è punita con la sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000”. La stessa sanzione si applica, inoltre, “anche se è omessa la dichiarazione prescritta dall'art. 50, comma 4, del Decreto-Legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, nel caso di effettuazione di acquisti intracomunitari soggetti ad imposta ed in ogni altro caso nel quale non vi è debito d'imposta”.
Si precisa inoltre che se la dichiarazione omessa è presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e, comunque, prima dell'inizio di qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il soggetto passivo abbia avuto formale conoscenza, “si applica la sanzione amministrativa da euro 150 a euro 1.000”.
Si evidenzia inoltre che la circolare n. 42/E/2016 ha chiarito, in materia di dichiarazione omessa, che nel caso in cui non siano dovute imposte a seguito della presentazione della dichiarazione, la sanzione in misura ordinaria va da un minimo di 250 € a un massimo di 1.000 €.
Qualora invece siano dovute imposte, la sanzione ordinaria applicabile va dal 120% al 240% delle imposte da versare.
Nell'ipotesi in cui la dichiarazione omessa venga presentata entro i termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi per il periodo d'imposta successivo:
L'Agenzia precisa, infine, che, nell'ipotesi di presentazione della dichiarazione oltre i 90 giorni dalla scadenza di termini ordinari, le sanzioni non possono essere spontaneamente regolarizzate mediante l'istituto del ravvedimento operoso. Sanzioni penali
Analizzate nel dettaglio le diverse sanzioni amministrative, si procede all'analisi delle sanzioni penali previste dal D.Lgs. n. 74/2000, contenente la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto, le cui disposizioni sono rivolte anche a coloro che agiscono in qualità di amministratori, liquidatori o rappresentanti di società, enti o persone fisiche.
L'art. 5 del predetto Decreto disciplina il caso di omessa dichiarazione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, e il D.Lgs. n. 158/2015 ne ha recentemente modificato il contenuto, stabilendo:
In ogni caso, bisogna ricordare che, ai fini penali, non si considera omessa la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.
La seguente tabella offre una sintesi delle novità:
In particolare, il reato di omessa dichiarazione si consuma per le dichiarazioni annuali sui redditi, dei sostituti d'imposta ed Iva. Inoltre, la fattispecie penale si configura anche in merito ai modelli dichiarativi dei redditi e dell'Iva che devono essere presentanti in determinate circostanze, previste dal D.P.R. n. 322/1998. In merito a quest'ultimo punto, nella Circolare n. 1/2018, la Guardia di Finanza riepiloga quelle dichiarazioni per le quali si configura l'ipotesi penale:
Trattandosi di reato, ai fini della punibilità è richiesto il comportamento doloso dell'agente e in questo caso si tratta di dolo specifico, ovvero la condotta deve essere rivolta al pagamento di minori imposte o all'ottenimento di maggiori rimborsi o crediti rispetto al dovuto.
Ai fini della competenza, il reato si considera commesso nel luogo in cui il contribuente aveva il domicilio fiscale al momento di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione.
Sono invece escluse dal reato penale:
Ravvedimento operoso
In caso di omessa dichiarazione si può ricorrere all'istituto del ravvedimento operoso (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997) solo se questa viene presentata entro 90 giorni dalla scadenza originaria.
Il citato articolo dispone infatti che “La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza … ad un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ovvero a un decimo del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni”.
Come già accennato, infatti, la scadenza ordinaria per l'invio delle dichiarazioni relative ad IRPEF, IRES, IVA ed IRAP sarebbe stato il 30 settembre (termine prorogato al 31 ottobre 2017, dal DPCM 26 luglio 2017), ma è possibile rimediare al mancato invio nei termini stabiliti.
Innanzitutto bisogna effettuare una distinzione tra dichiarazione tardiva e dichiarazione omessa:
Ad esempio, le dichiarazioni relative al periodo d'imposta 2015 e presentate nell'esercizio in corso, si considereranno tardive se presentate dopo il 30 settembre 2016 ma entro e non oltre il 29 dicembre 2016.
Nel caso delle dichiarazioni relative al 2016, le quali possono essere presentate entro il 31 ottobre 2017, l'ipotesi di omessa dichiarazione si configura decorso il 29 gennaio 2018.
L'invio tardivo della dichiarazione comporta necessariamente il ricorso allo strumento del ravvedimento operoso che si distingue a seconda che l'imposta scaturente dalla dichiarazione sia dovuta o meno.
A seconda del ritardo del versamento, il ravvedimento operoso distingue diverse riduzioni delle sanzioni applicabili all'imposta dovuta:
In tale contesto l'Agenzia delle Entrate (con la Circolare n. 23/E/1999) ha chiarito che se dalla dichiarazione tardiva emerge un'imposta dovuta, il contribuente è punibile con la sanzione per l'omessa dichiarazione più la sanzione per l'eventuale omesso/insufficiente pagamento delle imposte, punibile a sua volta con una sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato.
In questo caso il contribuente che decide di ravvedersi, oltre che pagare la sanzione ridotta per omessa dichiarazione dei redditi e presentare il modello non presentato deve regolarizzare anche il mancato o carente pagamento delle imposte, versando la sanzione ridotta in percentuale diversa a seconda dei giorni di ritardo, descritte nel precedente elenco (modalità del nuovo ravvedimento operoso 2016).
Con la conversione in legge (L. 1 dicembre 2016, n. 225) del D.L. n. 193/2016, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili, il Legislatore ha apportato importanti novità nel contesto della correzione di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi e dell'IVA, ed in particolare per quanto riguarda i tempi.
L'art. 5 del citato Decreto modifica infatti le disposizioni di cui al D.P.R. n. 322/1998 ed al D.Lgs. n. 472/1997, stabilendo nuovi termini di presentazione:
Termini di presentazione della dichiarazione IVA
In conseguenza dei nuovi obblighi di comunicazione trimestrale dei dati delle fatture emesse e ricevute e delle liquidazioni periodiche, sono modificati i termini di presentazione della dichiarazione annuale IVA nella modalità seguente:
Dichiarazione integrativa a favore
Viene riformata la disciplina delle dichiarazioni integrative relative:
Il fine ultimo sembra essere quello di disciplinare in maniera più compiuta le ipotesi in cui è ammessa la dichiarazione integrativa, la relativa tempistica e i relativi effetti.
La novità concerne la possibilità di presentare la dichiarazione integrativa a favore, per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato un maggiore o minore reddito/imponibile o comunque, un maggiore o minore debito d'imposta, anche oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo a quello “viziato”; nella previgente disciplina, infatti, la dichiarazione integrativa a favore poteva essere presentata solamente entro il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo.
Tale modifica equipara i termini di presentazione della dichiarazione integrativa sia a favore che a sfavore e, di conseguenza, potranno essere emendate entro gli ordinari termini di accertamento (5 anni nel caso di infedele dichiarazione e 7 anni nel caso di omessa presentazione della dichiarazione).
Riferimenti
Normativi
Giurisprudenza
Prassi
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