Invocare la crisi non è sufficiente per l'omesso versamento IVA
26 Ottobre 2017
La crisi non è una giustificazione valida per evitare la condanna per omesso versamento IVA. Questa la posizione della Corte di Cassazione con la sentenza depositata il 17 ottobre 2017 n. 47824. I Giudici della Suprema Corte hanno dovuto valutare il ricorso di una contribuente condannata in appello per omesso versamento di IVA, in quanto non aveva versato l'imposta dovuta relativa all'anno 2009, per quasi 600mila euro.
La Corte ha premesso che “la disposizione incriminatrice dell'art. 10-ter del D.Lgs. n. 74/2000 stabilisce che la sanzione prevista dall'art. 10-bis, per il delitto di omesso versamento di ritenute certificate, si applica anche a chiunque non versi l'imposta sul valore aggiunto” ed ha aggiunto che “il momento consumativo del reato è individuato alla scadenza del termine previsto per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo”. Va anche detto che in tema di omesso versamento IVA, il reato omissivo consiste nel mancato versamento all'Erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne nei casi di applicabilità del regime di IVA per cassa, è ordinariamente svincolato dall'effettiva riscossione dei corrispettivi relativi alle prestazioni effettuate.
Ciò detto, la crisi di liquidità invocata dalla contribuente non può essere addotta quale causa del mancato versamento, “ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte all'esigenza predetta”. È quindi necessario che siano rispettati gli oneri di allegazione e che si dimostri che la crisi non possa essere stata fronteggiata tramite il ricorso “ad idonee misure da valutarsi in concreto”.
Correttamente aveva quindi valutato la Corte di Cassazione, affermano che l'imputato non aveva dimostrato di essersi attivato “al massimo delle sue possibilità per reperire le risorse economiche necessarie per pagare almeno in parte l'IVA dovuta”. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
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