Amministratore (durata e prorogatio)

Paolo Gatto
06 Novembre 2017

L'amministratore di condominio è l'incaricato della gestione dei beni e degli impianti comuni che svolge le sue mansioni a seguito di nomina da parte dei condomini. La riforma del condominio ha notevolmente ampliato la normativa applicabile a tale figura, e, in particolare, ha stabilito nuove e specifiche regole per la durata dell'incarico e per l'eventuale permanenza dei suoi poteri nel periodo successivo alla scadenza. Su tali ultimi aspetti sono sorte alcune problematiche di interpretazione che coinvolgono direttamente le modalità di nomina da parte dell'assemblea.
Inquadramento

L'amministratore di condominio, dal punto di vista esterno, è il rappresentante dei condomini (art. 1131 c.c.) mentre, dal punto di vista interno, è un mero esecutore atteso che, suo compito principale, è di eseguire le delibere assembleari e curare il rispetto del regolamento di condominio (art. 1130, comma 1, c.c.). Secondo la giurisprudenza corrente non rappresentando, il condominio, un ente, l'amministratore è legato ai condomini in forza di un contratto di mandato collettivo, anche se esistono pronunce (Cass. civ., sez. VI, 13 giugno 2013, n. 14930) secondo cui questo specifico rapporto di mandato non ha una fonte contrattuale, ma trova la sua regolamentazione iniziale nell'investitura dell'assemblea.

L'amministratore, secondo l'art. 1129 c.c., è obbligatorio nei condominii con più di otto partecipanti (quattro prima della riforma del 2012) e deve essere nominato, dall'assemblea condominiale, con i quorum qualificati di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c. (maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno la metà dei millesimi).

Il contratto, di norma, e concretamente, sorge con l'accettazione, da parte dell'assemblea, di un'offerta dell'amministratore.

Qualora il condominio conti più di otto partecipanti, e l'assemblea non raggiunga la maggioranza qualificata per la nomina, provvede il Tribunale del luogo in cui si trova l'edificio, con procedimento in camera di consiglio. L'amministratore, così nominato, non è un ausiliario del giudice ma il decreto di nomina, sostituendo l'inerzia dell'assemblea, dà luogo ad un rapporto contrattuale del tutto identico a quello volontario.

Il rapporto condomini-amministratore, pertanto, si configura quale specie del contratto di mandato con rappresentanza, nel dettaglio, si tratta di un contratto di mandato collettivo di durata annuale; può nascere in via ordinaria, quale espressione dell'assemblea che provvede con maggioranza qualificata o, in via straordinaria, qualora si debba pronunciare il Tribunale.

Durata del rapporto

La durata del contratto di mandato è di un anno, rinnovabile per eguale periodo (art. 1129 c.c.), ma non si tratta di rapporto simmetrico. L'assemblea può revocare l'amministratore, anche senza giusta causa, in qualsiasi momento, mentre l'amministratore non può rassegnare le dimissioni in assenza di giusta causa o di giustificato motivo; in assenza dell'accettazione, da parte dell'assemblea, delle dimissioni, con la stessa maggioranza qualificata per la nomina di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., all'amministratore che recede potrebbe essere richiesto il risarcimento del danno.

La revoca dell'amministratore, in ogni momento, anche prima delle scadenza del mandato annuale e senza giusta causa, è legittima in ragione della natura fiduciaria del rapporto che lega l'amministratore al condominio (Cass. civ., sez. II, 28 ottobre 1991, n. 11472).

L'assemblea condominiale può, in ogni tempo nominare un nuovo amministratore senza procedere alla revoca del precedente in quanto si tratti di revoca implicita (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2014, n. 9082).

La durata annuale del rapporto, peraltro, a differenza che nelle altre ipotesi contrattuali, non cessa automaticamente alla scadenza della gestione e ciò per diverse ragioni: innanzitutto, allo scadere del periodo, inizia la redazione del rendiconto di gestione, che è obbligatorio, ed il cui termine per la presentazione in assemblea è di centottanta giorni, secondo la nuova normativa per cui, in assenza di intervenuta ed anticipata revoca, per tutto il periodo l'amministratore continua a gestire, nonostante la scadenza del rapporto, fino all'assemblea ordinaria, ove viene confermato o sostituito; secondariamente, la necessità della carica impone il regime della prorogatio imperii per cui, pur decaduto e non riconfermato con le dovute maggioranze, l'amministratore rimane in carica fino a che non sia sostituito, come si tratterà infra; da ultimo, con la riforma, è intervenuto l'istituto del rinnovo automatico.

Il rapporto, pertanto, ancorché scaduto, a fine gestione non si interrompe, ma rimane in uno stato provvisorio, per cui la durata annuale del rapporto, anche in relazione alla circostanza che la revoca può essere disposta dall'assemblea, in qualsiasi momento, assume connotazione piuttosto sfumata.

Ultima considerazione, della quale, in pratica, non si tiene conto, è che la gestione contabile condominiale deve corrispondere con la gestione annuale dell'amministratore per cui, una volta che il nuovo amministratore subentra ad anno iniziato, dovrà terminare esattamente l'anno successivo; in realtà si tende ad individuare, oggettivamente, un periodo di gestione condominiale a termine fisso, spesso non coincidente con la gestione amministrativa del professionista, ma tale consuetudine è errata in quanto il condominio non è un ente e, pertanto, l'amministratore non è, in senso stretto un organo, bensì una persona fisica esterna, legato da un contratto di mandato, per cui l'inizio della gestione condominiale annua coincide con la sua nomina.

Oltre che in via ordinaria, da parte dell'assemblea, l'amministratore può essere revocato dall'Autorità Giudiziaria in presenza di gravi irregolarità; tale fattispecie, prima era priva di una regolamentazione dettagliata, mentre ora, le violazioni che possono implicare la revoca, sono previste in maniera più dettagliata; è da rilevare che taluna giurisprudenza di merito non ritiene sufficiente che si verifichi una delle ipotesi previste dalla legge, al fine della revoca giudiziale ma è necessario, oltre al dato formale, che la mancanza sia causa di effettivo danno al buon andamento della gestione e che, in ogni caso, sia idonea ad incidere sul rapporto di fiducia.

Il regime della prorogatio

L'obbligo giuridico dell'amministratore di condominio, nei condominii con un determinato numero di partecipanti (almeno nove, vale a dire più di otto), postula che, in mancanza di nomina o in presenza di conferma avvenuta con maggioranza insufficiente, l'amministratore rimanga in carica con tutti i poteri. Tale situazione si protrae fino ad una nuova nomina che può avvenire, sia ad opera dell'assemblea, sia ad opera del tribunale su ricorso anche di un solo condomino o, secondo la nuova normativa sul condominio (l. n. 220/2012), anche su ricorso dello stesso amministratore.

Durante il regime di prorogatio l'amministratore continua a conservare tutti i suoi poteri fino a che non venga nominato un nuovo amministratore come ha ritenuto la Suprema Corte (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 1993, n. 3588).

Il regime della prorogatio si applica anche in caso di annullamento o revoca dell'assemblea di nomina dell'amministratore (Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1405).

Come anticipato, l'amministratore, in regime di prorogatio imperii, non perde alcuno dei suoi poteri, ma rimane in una situazione precaria; la precarietà della situazione sta nel fatto che ogni condomino sia autorizzato a rivolgersi all'Autorità Giudiziaria per la nomina di un nuovo amministratore; in questo caso il regime di prorogatio viene a terminare a seguito di accettazione dell'incarico, da parte del nuovo rappresentante nominato dall'Autorità Giudiziaria; l'accettazione dell'incarico, che può avvenire anche implicitamente, non va effettuata nei confronti del magistrato, ma degli amministrati, non trattandosi di incarico giudiziario in senso stretto, bensì di volontaria giurisdizione.

La giurisprudenza è orientata nel senso che il regime della prorogatio trovi la sua ragione sia nella presunzione di conformità della volontà dell'assemblea (Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1405; Cass. civ., sez. II, 27 marzo 2003, n. 4531) sia nell'interesse del condominio alla continuità dell'amministrazione (Cass. civ., sez. II, 30 ottobre 2012, n. 18660).

Il rinnovo automatico

La nuova formulazione dell'art. 1129 c.c. stabilisce che l'amministratore rimanga in carica un anno e si intenda tacitamente rinnovato per eguale periodo.

La formulazione generica della norma ha dato adito a diverse interpretazioni.

Secondo una prima interpretazione, la durata in carica dell'amministratore è di un anno, e si rinnova automaticamente per un solo altro anno, dopo di che, se l'amministratore non viene confermato dall'assemblea, rimane in regime di prorogatio.

Altra interpretazione, invece, sostiene che la carica di amministratore di rinnovi automaticamente, di anno in anno, senza soluzione di continuità.

Quest'ultima interpretazione, fino ad oggi non ancora sostenuta da alcuna decisione di merito, parte dal presupposto che la legge non indichi espressamente un solo rinnovo e che, di fatto, il rinnovo o meno della carica rimane, in ogni caso, quale diritto dell'assemblea che può, in ogni momento, revocare l'amministratore anche in assenza di giusta causa.

DURATA DELL'INCARICO DELL'AMMINISTRATORE: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Limitazione dei poteri per il periodo successivo al secondo anno

In tema di durata dell'incarico dell'amministratore, il riformato art. 1129 c.c. va interpretato nel senso che dopo il primo incarico annuale segua ex lege - in assenza di revoca o dimissioni - un solo rinnovo tacito di un anno con pienezza di poteri e, per il periodo successivo, la limitazione dei poteri dell'amministratore (cessato ma in regime di prorogatio imperii) al compimento delle sole attività urgenti, al fine di evitare pregiudizi alle cose comuni.

(Trib. Brescia, 15 aprile 2016)

Durata 1 anno + 1 anno

L'art. 1129, comma 10, c.c. va interpretato nel senso che l'incarico di amministratore condominiale ha durata annuale e che, allo scadere del primo anno, si rinnova automaticamente per eguale durata, senza alcuna necessità di convocare l'assemblea per decidere se rinnovare o meno il mandato, salva però sempre la facoltà di deliberare la revoca.

(Trib. Cassino, 21 gennaio 2016, n. 1186)

La ratio della legge, pertanto, non sarebbe tanto quella di avvantaggiare l'amministratore con una durata maggiore del rapporto ma, semmai, quella di garantire una continuità della gestione (prima assicurata dalla prorogatio) in mancanza di una decisa volontà contraria diretta alla nomina di un altro rappresentante; il nuovo istituto potrebbe definirsi un'alternativa all'istituto giurisprudenziale della prorogatio, che presenta il difetto di non garantire una gestione piena ed incondizionata e permette la nomina di un altro incaricato (sconosciuto all'assemblea) da parte dell'Autorità Giudiziaria. Interpretando in questo senso si potrebbe affermare che, dopo le parole «si intende rinnovato per egual periodo», debbano intendersi aggiunte le parole «salvo che l'assemblea non disponga altrimenti».

La carica, pertanto, si rinnoverebbe sine die, salva la modifica delle condizioni contrattuali costituite, anche, da aumenti o diminuzioni del compenso pattuito.

A sostegno del primo orientamento vi è anche la circostanza che la prima versione del disegno legge, approvato dal Senato, prevedeva la durata della carica non più annuale, ma biennale, statuizione poi modificata dalla Camera quale quella ad oggi vigente, con rinnovo automatico alla prima scadenza; una certa dottrina ritiene la fattispecie molto vicina ai contratti di durata (quali le locazioni) per le quali il rinnovo è avulso da connotazioni volontaristiche come avviene, invece, diversamente, nei contratti, ove il rinnovo automatico presume la volontà delle parti in tal senso. Alla suddetta opinione può essere opposto che il rinnovo automatico, nelle locazioni, non costituisce fattispecie tipica dei contratti di durata, ma risponde ad esigenze imperative di stabilità del conduttore; diversamente, nel condominio, l'amministratore non può vantare alcuna stabilità, potendo essere revocato in qualsiasi momento, per cui il rinnovo automatico deve ritenersi, sine die, a favore dell'assemblea, che può decidere in ogni momento.

L'obbligo di porre la nomina dell'amministratore all'o.d.g..

Qualora si segua il primo orientamento (rinnovo tacito per un solo anno) l'amministratore non sarà tenuto a mettere all'ordine del giorno dell'assemblea ordinaria la nomina dell'amministratore alla prima scadenza, in quanto tacitamente confermato (Trib. Milano, 7 ottobre 2015), mentre sarà tenuto a farlo alla scadenza del rinnovo; in mancanza, lo stesso non potrebbe definirsi amministratore a pieno titolo, bensì in regime di prorogatio.

Qualora si segua il secondo orientamento, l'amministratore sarebbe, comunque, tenuto a portare la nomina al vaglio dell'assemblea, ma lo stesso sarebbe confermato in assenza di altro candidato che riesca a raggiungere la maggioranza qualificata.

L'obbligo di inserire, ogni anno, all'ordine del giorno dell'assemblea ordinaria, la nomina dell'amministratore, potrebbe essere ricavato dall'art. 1129 c.c., nella parte in cui dispone che «contestualmente all'accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell'incarico, l'amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 69 e 79 dell'art. 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all'amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata»; tale disposizione porterebbe a ritenere l'obbligo di inserire, ogni anno, anche in caso di rinnovo, la nomina dell'amministratore all'ordine del giorno.

Qualora, peraltro, l'amministratore omettesse tale incombente non porrebbe in essere violazione grave atteso che l'art. 1129 c.c. sanziona con la revoca giudiziale solo il ripetuto rifiuto di convocare l'assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore.

Si deve, pertanto, ritenere che, pur in presenza di un obbligo di inserire all'ordine del giorno la nomina dell'amministratore, l'inottemperanza non implichi violazione grave a meno che non siano i condomini a richiederlo espressamente.

È da rilevare che l'estrema genericità della normativa che contempla il rinnovo automatico può comportare conseguenze di una certa gravità nella gestione. Si ponga, ad esempio, l'ipotesi in cui l'amministratore, successivamente al primo rinnovo, non consegua la maggioranza qualificata per il terzo anno; secondo l'interpretazione del rinnovo automatico solo biennale, darebbe luogo ad una delibera viziata da difetto di maggioranza.

Il passaggio delle consegne

Il passaggio delle consegne è l'atto mediante il quale l'amministratore uscente trasferisce la custodia della documentazione condominiale a quello nuovo e nel quale viene “congelata” la situazione contabile. Secondo le disposizioni dell'art. 1129 c.c. l'amministratore non solo è tenuto a consegnare tutta la documentazione, ma lo deve fare senza diritto ad alcun compenso e, comunque, egli è tenuto ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni.

In relazione alla mancanza di compenso deve ritenersi trattarsi di una norma diretta ad evitare situazioni molto frequenti nelle quali l'amministratore lucrava sull'attività di passaggio di consegne, richiedendo compensi considerevoli e, soprattutto, non preventivamente pattuiti; la nuova disposizione, non potendosi ritenere di ordine pubblico, deve considerarsi presunzione iuris tantum che l'attività sia implicitamente contenuta nel prezzo della gestione ordinaria, per cui deve ritenersi legittima la prospettazione, in sede di accettazione del preventivo, in occasione della nomina, della previsione di un compenso espressamente stabilito per l'eventuale attività del passaggio di consegne.

Per quanto concerne l'obbligo delle attività urgenti, dirette ad evitare pregiudizi, deve costituire un'eccezione al principio secondo il quale l'amministratore, perso il potere di gestire e, soprattutto, di operare sul conto condominiale, non possa più disporre pagamenti; l'amministratore, infatti, pur decaduto dalla carica e cessato nel rapporto di mandato, sarà tenuto ad estinguere le obbligazioni in scadenza, ove siano previste more o conseguenze negative al ritardo (ad esempio l'assicurazione o i servizi essenziali) ma non sarà autorizzato a contrarne delle nuove e si deve escludere sia autorizzato a corrispondersi il compenso, ancorché approvato, in quanto non sussista un pericolo di danno derivante dal mancato pagamento.

La disposizione, pertanto, deve ritenersi contemplare un prolungamento, oltre la scadenza, del rapporto, ma solo limitatamente alle attività urgenti.

Nel caso in cui l'amministratore uscente non provveda alla consegna della documentazione e di tutto ciò in suo possesso, il nuovo amministratore può ottenere un provvedimento d'urgenza, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., allo scopo di entrare in possesso della documentazione; tale azione non è sottoposta all'autorizzazione dell'assemblea, essendo ritenuta atto conservativo ed urgente. Deve ritenersi necessaria una costituzione in mora preventiva in quanto, solo in presenza di un rifiuto alla consegna, il vecchio amministratore pone in essere una interversione del possesso, e ciò nel senso che la custodia per conto dei condomini diventa possesso illegittimo tanto che, in via alternativa, può essere esperita l'azione di reintegrazione nel possesso della documentazione.

Casistica

CASISTICA

Nomina giudiziale dell'amministratore e contratto di mandato

La posizione dell'amministratore, nominato dal tribunale, non differisce da quella di cui il medesimo sia investito in virtù della nomina che di regola spetta all'assemblea, instaurandosi un rapporto di mandato fra l'amministratore e i condomini. Pertanto l'amministratore, in tal caso nominato dal tribunale, non riveste la qualità di ausiliario del giudice ma deve identificarsi nel privato esperto in una determinata arte o professione ed in generale idoneo al compimento di atti che il giudice non può compiere da solo e ciò in occasione di un processo e in relazione a concrete necessità individuabili di volta e in volta dal giudice al quale il consulente deve dare conto. (Cass. civ., sez. II, 22 luglio 2014, n. 16698)

Deroga alla durata della carica

In base all'art. 1138, comma 4, c.c. non è derogabile da parte del regolamento condominiale la disposizione dell'art. 1129 c.c. che riserva alla sola assemblea la nomina dell'amministratore del condominio e stabilisce la durata del suo incarico in un anno: è pertanto nulla la clausola del regolamento condominiale che riservi ad un determinato soggetto, per un tempo indeterminato, la carica di amministratore del condominio, sottraendo il relativo potere di nomina e di revoca all'assemblea. (Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2013, n. 13011)

Legittimazione passiva dell'amministratore in regime di prorogatio

L'amministratore di condominio cessato dalla carica conserva una limitata legittimazione passiva a resistere alle pretese fatte valere nei confronti dell'ente di gestione, in forza di una "prorogatio" dei poteri che si esaurisce con la nomina del nuovo amministratore. Pertanto, successivamente a tale evento, l'amministratore cessato e sostituito non ha l'obbligo né il potere di costituirsi in giudizio per difetto dell'interesse a contraddire, permanendo a suo carico solo l'obbligo di dare notizia al nuovo amministratore delle pretese azionate in giudizio, mediante comunicazione dell'atto notificato, attesa la conservazione di un dovere di diligenza, anche dopo l'estinzione del mandato, in relazione ai fatti verificatisi nell'epoca di operatività del mandato stesso o comunque ad esso collegabili. (Cass. civ., sez. VI, 4 luglio 2011, n. 14589)

Irrilevanza del passaggio di consegne nella legittimazione passiva

In tema di condominio negli edifici, la nomina di un nuovo amministratore in sostituzione del precedente dimissionario spiega efficacia nei confronti dei terzi, anche ai fini della rappresentanza processuale dell'ente, dal momento in cui sia adottata la relativa deliberazione dell'assemblea, nelle forme di cui all'art. 1129 c.c., senza che abbia rilievo la diversa data in cui sia stato sottoscritto il verbale di consegna della documentazione dal vecchio al nuovo amministratore. (Cass. civ., sez. II, 22 agosto 2012, n. 14599)

La giusta causa nella sostituzione dell'amministratore

L'assemblea condominiale ben può procedere, in ogni tempo e indipendentemente da una giusta causa, alla nomina di un nuovo amministratore senza avere preventivamente revocato quello uscente, ciò comportando la revoca tacita del mandato conferito a quest'ultimo. (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 2014, n. 9082)

Guida all'approfondimento

Capponi, Sulla durata in carica dell'amministratore condominiale, in Arch. loc. cond., 2015, 268

Celeste e Scarpa, Le nuove norme in materia di assemblea e di amministratore nella riforma del condominio, in Giur. Mer., 2013, 1249

Cuffaro, Incarico all'amministratore, durata e rinnovo, in Arch. loc. cond., 2013, 715

Petrelli, L'amministratore di condominio e le novità introdotte dalla legge di riforma sul condominio n. 220 dell'11 dicembre 2012, in Giur. it., 2013, 1707

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