Il nuovo assetto delle misure di prevenzione personali

Maria Francesca Cortesi
08 Novembre 2017

È stata pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 258 del 4 novembre 2017 la legge 17 ottobre 2017, n. 161 recante Modifiche al codice delle legge antimafia e delle misure di prevenzione. Il Capo I della legge interviene sulla disciplina delle misure di prevenzione personali. La novella incide in modo significativo sull'assetto dell'art. 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 ampliando il novero dei destinatari delle misure di prevenzione personali di competenza dell'autorità giudiziaria nonché delle misure di matrice patrimoniale di cui ...
Abstract

È stata pubblicata in Gazzetta ufficiale n. 258 del 4 novembre 2017 la legge 17 ottobre 2017, n. 161 recante Modifiche al codice delle legge antimafia e delle misure di prevenzione.

Il Capo I della legge interviene sulla disciplina delle misure di prevenzione personali.

L'ampliamento dei soggetti passivi

La novella del 2017 incide in modo significativo sull'assetto dell'art. 4 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia), ampliando il novero dei destinatari delle misure di prevenzione personali di competenza dell'autorità giudiziaria nonché delle misure di matrice patrimoniale di cui al medesimo d.lgs. 159 del 2011 (art. 16 d.lgs. 159 del 2011).

Dalla semplice lettura del precetto nella sua rinnovata formulazione, emerge – se mai fosse stato necessario – la multiformità delle categorie soggettive, le cui condotte costituiscono forme di manifestazione della pericolosità sociale, che proprio i mezzi ante delictum sono volti a fronteggiare.

L'intento legislativo, anche nell'ambito della presente riforma, è, dunque, diretto a sfruttare a pieno, estendendone gli ambiti di rilevanza, le potenzialità insite nei meccanismi di prevenzione, i quali già ora si aggiungono alle sanzioni comminate in sede di penale ovvero addirittura le sostituiscono, quando gli stringenti canoni dell'accertamento del fatto di reato non consentono l'emissione di una pronuncia di condanna, con conseguenze di dubbia legittimità.

Alla luce di siffatta linea direttrice opera, dunque, il Legislatore del 2017.

In primo luogo, infatti, aggiunge al contenuto dell'art. 4, comma 1, lett. b), d.lgs. 159 del 2011, il quale nella pregressa struttura si riferiva solo agli indiziati di uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-bis, c.p. e all'art. 12-quinquies, comma 1, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla l. 7 agosto 1992, n. 356 (Modifiche urgenti al codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità organizzata), il richiamo ai soggetti indiziati del delitto di cui all'art. 418 c.p., rubricato Assistenza agli associati.

L'art. 4, comma 1, lett. d), d.lgs. 159 del 2011 viene, invece, integralmente sostituito, consentendo ora l'applicabilità delle misure di prevenzione nei confronti dei soggetti indiziati per uno dei reati previsti dall'art. 51, comma 3-quater, c.p.p. e nei confronti di coloro che, operanti in gruppo o isolatamente, pongono in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ovvero esecutivi diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione dei reati previsti dal capo I del titolo VI del libro II del codice penale o dagli artt. 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 c.p. nonché alla commissione di reati con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero a prendere parte ad un conflitto in territorio estero a sostegno di una organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'art. 270-sexies c.p.

Le novità rispetto alla formulazione originaria, pur contenute nonostante l'intervento sostitutivo, sono costituite dal richiamo ai delitti di cui all'art. 51, comma 3-quater, c.p.p., il quale si riferisce ai delitti, consumati o tentati, con finalità di terrorismo nonché all'estensione della rilevanza, ai fini dell'applicabilità della misura, non più solo degli atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ma anche degli atti esecutivi.

È evidente come si realizzi così un netto ampliamento dell'area di efficacia degli strumenti ante delictum mediante il riferimento, da un lato, a ipotesi delittuose seppur non tipiche ma realizzate con fine terroristico; dall'altro, attraverso l'introduzione dell'espressione atti esecutivi, che permette di annettere nel raggio di operatività del precetto in commento condotte, che si collocano in una fase non semplicemente preliminare, come è accaduto fino ad ora, bensì successiva, estendendo in modo sensibile l'effetto prevenzionale.

Sul medesimo solco si innova il testo dell'art. 4, comma 1, lett. f), d.lgs. 159 del 2011 che oggi riguarda non più solo coloro che compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, ma anche atti esecutivi diretti alla ricostituzione del partito fascista, ai sensi dell'art. 1, l. 20 giugno 1952, n. 645 (Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale comma 1 della Costituzione).

Si prevedono, infine, due interventi additivi che determinano l'inserimento nel corpo dell'art. 4 d.lgs. 159 del 2011 delle lett. i-bis) e i-ter).

La prima si riferisce ai soggetti indiziati del delitto di cui all'art. 640-bis c.p. (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) o del delitto di cui all'art. 416 c.p. (Associazione per delinquere), finalizzato alla commissione di taluno dei delitti di cui agli artt. 314, comma 1, c.p. (Peculato), 316 c.p. (Peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (Malversazione a danno dello Stato), 316-ter c.p. (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 c.p. (Concussione), 318 c.p. (Corruzione per l'esercizio della funzione), 319 c.p. (Corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio), 319-ter c.p. (Corruzione in atti giudiziari), 319-quater c.p. (Induzione indebita a dare o promettere utilità), 320 c.p. (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 c.p. (Pene per il corruttore), 322 c.p. (Istigazione alla corruzione) e 322-bis c.p. (Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e degli Stati esteri).

Dalla tipologia delle ipotesi delittuose prese in considerazione, emerge la volontà di consentire l'applicabilità dei meccanismi in analisi anche nei confronti di soggetti attinti da indizi relativi a reati contro la pubblica amministrazione, sebbene solo se commessi nella forma associativa, espressione tutti di una manifestazione di pericolosità che in precedenza sfuggiva alle maglie, seppur ampie, della prevenzione penale.

L'art. 4, comma 1, lett. i-ter), d.lgs. 159 del 2011 riguarda, infine, i soggetti indiziati del delitto di cui all'art. 612-bis c.p. (Atti persecutori), nei confronti dei quali esiste un'attenzione del tutto peculiare in ragione evidentemente del significativo allarme sociale che circonda tale fattispecie di reato. Giova, infatti, rammentare l'esistenza di altra misura preventiva, seppur più blanda, disciplinata a mente dell'art. 8, d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla l. 23 aprile 2009, n. 38 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori), l'ammonimento del questore, che, a contrario, si colloca in una fase anticipata e non ancora penalmente rilevante, alternativa alla presentazione della querela per il reato di cui all'art. 612-bis c.p.

Nuove regole per i promotori dell'azione di prevenzione

Nell'ambito della complessa operazione di restyling che ha interessato il sistema di prevenzione alcuni aggiustamenti sono previsti anche con riguardo alla disciplina dedicata ai titolari dell'azione di prevenzione.

L'art. 5, comma 1, d.lgs. 159 del 2011 individua detti soggetti nel questore, nel procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo, nel procuratore della Repubblica presso il capoluogo di distretto ove dimora la persona e nel direttore della Direzione investigativa antimafia.

Il successivo comma 2 introduce una eccezione, la cui portata è stata parzialmente mutata dall'intervento in analisi.

Si prescrive, infatti, che nei casi indicati all'art. 4, comma 1, lett. c) ed i) a cui si aggiungono oggi anche quelli contenuti nelle lett. i-bis) e i-ter), d.lgs. 159 del 2011 le funzioni e le competenze spettanti al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite anche (prima, invece, in via esclusiva) al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore distrettuale (ulteriore novità prevista dalla attuale dizione).

Le ragioni che hanno, a suo tempo, sostenuto tale deroga sono giustificate dall'osservazione che si tratta di categorie soggettive avulse dal contesto della criminalità organizzata ovvero di matrice terroristica, per cui l'accentramento del polo investigativo nella procura distrettuale avrebbe potuto determinare la dispersione di elementi di prova facilmente reperibili nel luogo di dimora dell'interessato.

L'attuale assetto del precetto innova le pregresse prescrizioni attribuendo non una legittimazione “inderogabile” in capo al procuratore circondariale, il quale, dunque, può formulare la proposta di prevenzione alternativamente rispetto al procuratore distrettuale. Allo scopo di evitare una sovrapposizione nello svolgimento dell'attività investigativa e nell'esercizio dell'azione prevenzionale, il pubblico ministero circondariale deve, però, previamente coordinarsi con il procuratore del distretto. Con siffatta previsione si raggiunge l'importante obiettivo di uniformare la suddetta disciplina con quella successiva che già stabiliva che, nei medesimi casi, nelle udienze relative ai procedimenti per l'applicazione delle misure di prevenzione le funzioni di pubblico ministero potessero essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente e non solo da quello presso il tribunale del capoluogo di distretto.

Infine, nel corpo dell'art. 4, d.lgs. 159 del 2011 è inserito il comma 4-bis, norma di contenuto eminentemente pratico-organizzativo, che specifica come la proposta di prevenzione debba essere depositata presso la cancelleria delle sezioni o dei collegi del tribunale del capoluogo del distretto, nel territorio del quale la persona dimora, ex art. 7-bis, comma 2-sexies, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) – precetto introdotto dalla novella in commento. Limitatamente ai tribunali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere, la proposta de qua è depositata, invece, presso la cancelleria delle sezioni o dei collegi specializzati in materia di misure di prevenzione ivi istituiti sempre ai sensi del citato comma 2-sexies, ove la persona dimori nel corrispondente circondario.

L'udienza del giudizio di prevenzione

Le regole dell'udienza di prevenzione hanno subìto un sensibile mutamento, come emerge dalla nuova struttura dell'art. 7 d.lgs. 159 del 2011, con risultati nel complesso soddisfacenti.

L'intervento sostitutivo dei primi due commi appare eccessivo essendo, invero, limitate le modifiche inserite. Da un lato, infatti, si precisa che il tribunale provvede, con decreto motivato, entro trenta giorni dal deposito della proposta (comma 1), indicazione di dubbia utilità stante la natura, comunque, ordinatoria del termine predetto; dall'altro si specifica che l'avviso di fissazione dell'udienza deve contenere la concisa esposizione dei contenuti della proposta (comma 2), precisazione che indubbiamente consente che l'atto de quo esplichi le funzioni connesse ad una vera e propria vocatio in iudicium.

È integralmente sostituito il contenuto dell'art. 7, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, che appare strutturato in maniera leggermente differente con riguardo, in particolare, alle modalità di audizione dell'interessato. Si stabilisce, infatti, che, se il soggetto è detenuto o internato in luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice e ne fa tempestiva richiesta, la partecipazione all'udienza viene ordinariamente assicurata a distanza a norma dell'art. 146-bis, commi 3, 4, 5, 6 e 7, norme att. c.p.p., eventualità relegata in precedenza ad una mera facoltà del tribunale nei casi in cui fossero stati disponibili gli strumenti tecnici idonei.

Il meccanismo della partecipazione a distanza incontra, però, due eccezioni: il collegio ritenga necessaria la presenza della parte ovvero sussista una indisponibilità dei mezzi tecnici. In siffatte eventualità, il presidente dispone la traduzione dell'interessato detenuto o internato, sostituendo così il contenuto del comma 4 nella parte in cui prescriveva l'audizione prima del giorno dell'udienza davanti al magistrato di sorveglianza del luogo ove il soggetto si trova (art. 7, comma 4, d.lgs. 159 del 2011). A bene vedere si tratta di una disciplina più puntuale e soprattutto nel passaggio anzidetto più garantista per il proposto, il cui limite è, comunque, costituito, analogamente a ciò che accade nel processo di cognizione, dal progressivo “allontanamento” dell'interessato dal suo giudice attraverso l'utilizzo della partecipazione a distanza, come se il diritto di interloquire in modo diretto con lo stesso non costituisca un aspetto da tutelare.

Il novello art. 7, comma 4-bis, d.lgs. 159 del 2011 prescrive, poi, che il tribunale, dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti, ammette le prove rilevanti, escludendo quelle vietate dalla legge o superflue.

Si tratta certo di una novità rispetto alle laconiche sequenze prima in vigore, non idonea, in ogni caso, a superare il silenzio del Legislatore circa le regole generali da applicare in materia di prova ed i conseguenti divieti probatori. Tale precetto deve, infatti, essere contestualizzato all'interno del procedimento di prevenzione, ove non è prevista alcuna disposizione analoga agli artt. 190, 190-bis e 191 c.p.p. L'intero materiale probatorio raccolto dagli organi promotori dell'azione di prevenzione in una fase preliminare segreta e priva di qualsivoglia garanzia difensiva confluisce in toto all'interno del fascicolo del giudizio e sul contenuto dello stesso il tribunale della prevenzione fonda la propria decisione. La previsione, pertanto, di una fase di ammissione della prova, in assenza di un effettivo ed efficace filtro degli elementi investigativi raccolti, non sana in alcun modo tale inaccettabile lacuna, tutt'ora esistente.

Una modifica che, invece, merita un sicuro plauso è contenuta nel comma 5 dell'art. 7, d.lgs. 159 del 2011, ove si specifica che l'udienza è rinviata, non solo, se sussiste un legittimo impedimento dell'interessato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice ma anche, in caso di un legittimo impedimento del difensore. Con il riferimento anche al legittimo impedimento del difensore il Legislatore supera, finalmente, l'interpretazione restrittiva della giurisprudenza di legittimità che, a Sezioni unite (Cass. pen., Sez. unite, 22 settembre 2006, Passamani) aveva affermato che le disposizioni che nel codice di procedura penale riconoscono rilievo al legittimo impedimento del difensore sono dettate con esclusivo riferimento alla fase dibattimentale, per cui non trovano applicazione nel procedimento di esecuzione e di sorveglianza; principio di diritto esteso anche al procedimento in oggetto (da ultimo cfr. Cass. pen., Sez. I, 22 marzo 2013, n. 22717). Con tale previsione si assicura, invece, un pieno riconoscimento al diritto dell'interessato ad essere difeso dal legale di fiducia, diritto che colma di sostanza le garanzie defensionali imposte dalle fonti sovranazionali e nazionali.

L'art. 7, comma 6, d.lgs. 2017, integralmente sostituito dal Legislatore del 2017, consente di riconoscere il diritto al silenzio del proposto. Nella pregressa formulazione si prescriveva che ove l'interessato non fosse intervenuto ed occorresse la sua presenza per essere interrogato, egli veniva invitato a comparire e, qualora non avesse ottemperato all'invito, poteva essere ordinato l'accompagnamento a mezzo della forza pubblica, disciplina, retaggio di un modello processuale inquisitorio, che, però, è stata mantenuta inspiegabilmente in vigore anche nel d.lgs. 159 del 2011. Il contenuto del comma 6 ora, invece, recita che, ove l'interessato non intervenga e occorra la sua presenza per essere sentito, il presidente lo invita a comparire, avvisandolo che avrà la facoltà di non rispondere.

Il successivo comma 8 contiene le regole per l'audizione dei testimoni, che secondo la pregressa disciplina poteva essere disposto nei casi e nei modi indicati dall'art. 147-bis, comma 2, norme att. c.p.p., ipotesi oggi ristretta ai casi in cui i soggetti informati debbano deporre su fatti rilevanti per il procedimento, criterio, però, quanto mai vago e foriero di interpretazioni differenti.

L'art. 7, d.lgs. 159 del 2011 è, infine, completato da ulteriori precetti contenuti nei commi 10-bis, 10-ter, 10-quater, 10-quinquies, 10-sexies, 10-septies e 10-octies, che costituiscono un corpus aggiunto che introduce nuove regole all'interno del giudizio di prevenzione.

In primo luogo, viene definito il regime delle questioni concernenti la competenza per territorio, che devono essere rilevate o eccepite, a pena di decadenza, alla prima udienza e, comunque, subito dopo l'accertamento della regolare costituzione delle parti, e vengono decise immediatamente, disciplina similare a quella che deriva dal combinato disposto degli artt. 21, comma 2, e 491, comma 1, c.p.p., così come da sempre sostenuto anche dalla giurisprudenza di legittimità (art. 7, comma 10-bis, d.lgs. 159 del 2011). Se il tribunale ritiene la propria incompetenza, la dichiara con decreto e ordina la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica competente. Siffatta dichiarazione non inficia l'efficacia degli atti già acquisiti, in modo similare a quanto dettato per codice di rito dall'art. 26, comma 1, c.p.p.

Il medesimo regime è esteso, altresì, alle ipotesi in cui la proposta sia avanzata da soggetto non legittimato, ai sensi dell'art. 5, d.lgs. 159 del 2011 (art. 7, comma 10-ter, d.lgs. 159 del 2011).

Al fine di evitare che la dichiarazione di incompetenza possa pregiudicare gli effetti di eventuali misure cautelari reali disposte, si precisa, inoltre, che il sequestro perde efficacia se, entro venti giorni dal deposito del provvedimento de quo, il tribunale competente non provvede a norma dell'art. 20, d.lgs. 159 del 2011. La cadenze del precetto riecheggiano quanto stabilito dall'art. 27 c.p.p., con l'unica differenza che in detto caso il limite temporale non decorre dal deposito dell'atto di dichiarazione dell'incompetenza, ma più correttamente dalla trasmissione degli atti al giudice competente. Infine, il termine di un anno e sei mesi (art. 24, comma 2, d.lgs. 159 del 2011) entro cui deve essere pronunciato il decreto di confisca decorre nuovamente dalla data del decreto di sequestro emesso dal tribunale competente (art. 7, comma 10-quater, d.lgs. 159 del 2011).

Le restanti disposizioni regolamentano, infine, il provvedimento decisorio.

Si precisa, infatti, che il decreto di accoglimento, anche parziale, della proposta pone a carico del prevenuto il pagamento delle spese processuali (art. 7, comma 10-quinquies, d.lgs. 159 del 2011).

Il provvedimento che definisce il giudizio è depositato in cancelleria entro quindici giorni dalla conclusione dell'udienza, termine, però, evidentemente ordinatorio (art. 7, comma 10-sexies, d.lgs. n. 159 del 2011). Qualora la stesura della motivazione sia particolarmente complessa, il tribunale, se ritiene di non poter depositare entro la scadenza di cui al citato comma 10-sexies, dopo la conclusione delle parti, può indicarne una più lunga, non superiore, comunque, ai novanta giorni, termine, ancora una volta, di natura ordinatoria (art. 7, comma 10-septies, d.lgs. n. 159 del 2011). Al provvedimento emesso dal tribunale si applica il disposto di cui all'art. 154 norme att. c.p.p. , dettato nei casi di redazione non immediata dei motivi della sentenza, circostanza che, seppur indirettamente, conferma il valore definitorio del decreto de quo e assimila la sua natura a quella di una sentenza (art. 7, comma 10-octies, d.lgs. n. 159 del 2011).

Le impugnazioni

Non è esente dall'intervento novellistico neppure il sistema delle impugnazioni.

L'art. 10, comma 1, d.lgs. 159 del 2011 annovera, oggi, tra i soggetti che hanno facoltà di proporre appello, anche per il merito, insieme al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la corte di appello ed all'interessato anche il suo difensore, colmando così la lacuna della precedente formulazione. Detta omissione era stata, invero, superata già interpretativamente in virtù della norma di chiusura di cui all'art. 10, comma 4, d.lgs. 159 del 2011, che rinvia per la proposizione e la decisione dei ricorsi, salvo le disposizioni specifiche in esso contenute, alle norme del codice di procedura penale riguardanti la proposizione e la decisione dei ricorsi relativi all'applicazione delle misure di sicurezza, in quanto applicabili. L'art. 680, comma 3, c.p.p., richiamato, prevede, infatti, l'osservanza delle disposizioni generali sulle impugnazioni e, quindi, anche dell'art. 571, comma 3, c.p.p., che riconosce un autonomo diritto ad impugnare al difensore dell'imputato e, dunque, anche del proposto al momento del deposito del provvedimento ovvero al difensore nominato a tal fine. È evidente, però, come l'attuale assetto normativo conferisca maggiore chiarezza e linearità al precetto in commento, evitando di ricorrere ad un intervento ermeneutico. Al fine di consentire l'esercizio della facoltà di impugnare, l'art. 8, comma 8, d.lgs. 159 del 2011 precisa che il provvedimento emesso dal tribunale della prevenzione venga comunicato, oltre che al procuratore della Repubblica, al procuratore generale presso la corte di appello, all'interessato, anche al suo difensore.

È inserito, poi, il comma 1-bis dell'art. 10, d.lgs. 159 del 2011, ove è prescritto che il procuratore della Repubblica, senza ritardo, trasmette il proprio fascicolo al procuratore generale presso la corte di appello, fascicolo in cui, al termine del giudizio di primo grado, vengono raccolti tutti gli elementi investigativi e probatori eventualmente sopravvenuti dopo la decisione del tribunale. Gli atti così inseriti sono portati immediatamente a conoscenza delle parti, mediante il deposito nella segreteria del procuratore generale. Tale previsione è espressione della natura del procedimento di prevenzione che fotografa i fatti e le condotte rilevanti rebus sic stantibus, con la conseguenza che esso può subire aggiornamenti ed integrazioni nel corso del tempoe non viene cristallizzato con l'emissione della pronuncia di primo grado. In tale prospettiva costituisce un passaggio di sicuro rilievo il riconoscimento della garanzia del contraddittorio, seppur esso, a parere di chi scrive, appare affievolito dall'assenza di una sanzione processuale, allorquando non sia rispettata l'immediatezza nel deposito richiesta dalla norma, circostanza che, di fatto, depotenzia l'efficacia del precetto.

In ossequio alle modifiche introdotte ai sensi dell'art. 7, commi 10-bis e 10-ter, d.lgs. 159 del 2011 per il giudizio di primo grado, si prevede che la Corte di appello annulla il decreto impugnato qualora riconosca l'incompetenza territoriale del tribunale e l'incompetenza sia stata riproposta tra i motivi di impugnazione, ordinando la trasmissione degli atti al procuratore della Repubblica competente. Il meccanismo ripropone le cadenze indicate dall'art. 24, comma 1, c.p.p., con la differenza, non comprensibile, che nel giudizio di appello in materia di prevenzione gli atti non vengono trasmessi al giudice di primo grado competente bensì al pubblico ministero determinando una indebita regressione del giudizio ad un momento antecedente ovvero coevo alla formulazione della proposta. Il medesimo regime viene esteso all'ipotesi in cui l'azione di prevenzione sia stata esercitata da soggetto non legittimato (art. 10, commi 2-bis e 2-ter, d.lgs. 159 del 2011).

In ogni caso la dichiarazione del giudice di appello non determina l'inefficacia degli elementi acquisiti e il tribunale individuato come competente deve provvedere entro venti giorni dal deposito del provvedimento de quo sul sequestro eventualmente disposto, pena la caducazione degli effetti dello stesso (art. 10, comma 2-bis, d.lgs. 159 del 2011).

Anche il regime del ricorso per cassazione segue le novità introdotte in tema di appello.

Si specifica, pertanto, che avverso il decreto della Corte di appello è ammesso, entro dieci giorni, ricorso in cassazione per violazione di legge, da parte del pubblico ministero, dell'interessato e del suo difensore, indicazione prima assente, (art. 10, comma 3, d.lgs. 159 del 2011) nonché si estende alla fase de qua il regime dettato in materia di dichiarazione di incompetenza per territorio ovvero in caso di proposta avanzata da soggetto non legittimato di cui ai precedenti commi 2-bis e 2-ter dell'art. 10, d.lgs. 159 del 2011.

La sorveglianza speciale di pubblica sicurezza

Qualche aggiustamento è inserito, infine, con riferimento alla disciplina dettata per la sorveglianza speciale. Essa rappresenta, tra l'altro, la misura di prevenzione personale che grava in modo più significativo sul proposto, andando incidere, con le diverse prescrizioni che ad essa si collegano, su diritti costituzionalmente garantiti.

La prima modifica è inserita proprio in relazione ad una delle prescrizioni operanti nell'ipotesi di sussistenza di un grado di pericolosità maggiormente qualificata, il divieto di soggiorno di cui all'art. 6, comma 2, d.lgs. 159 del 2011, che oggi può riguardare oltre che uno o più comuni, diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, anche una o più regioni, elidendo il precedente richiamo ad una o più province.

Al fine di operare un corretto coordinamento tra i precetti, viene adeguato, in tal senso, anche il testo di cui all'art. 8, comma 5, d.lgs. 159 del 2011 che richiama, dunque, la possibilità che il divieto de quo si estenda ad una o più regioni.

L'ultima modifica che involge il sistema di prevenzione personale riguarda l'art. 14, d.lgs. 159 del 2011, rubricato Decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale, e consiste nell'inserimento di due nuovi commi.

L'art. 14, comma 2-bis, d.lgs. 159 del 2011, recependo l'impostazione della giurisprudenza di legittimità, stabilisce che l'esecuzione della misura risulta sospesa durante il periodo in cui l'interessato è sottoposto alla misura della custodia cautelare. In tal caso, salvo quanto previsto dal precedente comma 2, il quale regolamenta l'ipotesi in cui durante l'espiazione della sorveglianza speciale il prevenuto commetta un reato per cui riporti successiva condanna, il termine di durata continua a decorrere dal giorno nel quale è cessata la misura cautelare, con redazione di verbale di sottoposizione agli obblighi.

L'art. 14, comma 2-ter, d.lgs. 159 del 2011 prescrive che l'esecuzione della sorveglianza speciale resti sospesa durante il tempo in cui il soggetto è sottoposto a detenzione per espiazione di pena. Dopo la cessazione dello status di detenuto, in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale 2 dicembre 2013, n. 291, se esso si è protratto per almeno due anni, il tribunale verifica, anche d'ufficio, sentito il pubblico ministero che ha esercitato le relative funzioni nel corso della trattazione camerale, la persistenza della pericolosità sociale dell'interessato, assumendo le necessarie informazioni dall'amministrazione penitenziaria e dall'autorità di pubblica sicurezza nonché dagli organi di polizia giudiziaria. A tale subprocedimento si applicano le regole dettate per il giudizio di primo grado ai sensi dell'art. 7, d.lgs. 159 del 2011.

Se persiste la pericolosità sociale, il tribunale della prevenzione emette un decreto con cui ordina l'esecuzione della misura, il cui termine di durata continua a decorrere dal momento in cui viene comunicato all'interessato, salvo quanto disposto dal citato art. 14, comma 2, d.lgs. 159 del 2011. Se, invece, in seguito a siffatti accertamenti la pericolosità sociale risulta cessata, emette un decreto con cui revoca il provvedimento applicativo della misura di prevenzione.