L'interesse ad agire nell'azione revocatoria ordinaria

Pasquale Russolillo
13 Novembre 2017

La Cassazione ha risposto alla seguente domanda: il creditore, che possa giovarsi del sequestro conservativo di un immobile per rendere a sé inopponibili i successivi atti di alienazione compiuti dal debitore, conserva comunque l'interesse ad agire in revocatoria ordinaria per far dichiarare inefficaci tali atti?
Massima

Sussiste l'interesse ad agire del creditore che, già autorizzato al sequestro conservativo di un immobile e trascritto il provvedimento cautelare, proponga, in pendenza del giudizio di merito conseguente alla concessione del sequestro, separata azione revocatoria ordinaria volta a far dichiarare inefficace l'atto di vendita con cui il debitore abbia trasferito il bene sequestrato a terzi, atteso che, sebbene il sequestro conservativo e l'azione revocatoria ordinaria condividono l'effetto di rendere inopponibile al creditore l'atto di alienazione di un bene, esse non assicurano uniformità di tutele, essendo la cautela conservativa sempre soggetta al limite dell'importo fino a concorrenza del quale è stata autorizzata ed essendo inoltre la funzione conservativa del sequestro suscettibile di venir meno, con effetti irreversibili per il creditore, in caso di sopravvenuta estinzione del pignoramento in cui esso si è convertito.

Il caso

Tizia era stata autorizzata nel 1993 dal Tribunale al sequestro della quota di un immobile di proprietà del debitore Caio fino alla concorrenza di 35 milioni di lire. Successivamente alla trascrizione della misura cautelare, nell'anno 1999, Caio, unitamente agli altri comproprietari, trasferì l'intero immobile, compresa la quota sequestrata, a Sempronio e Mevia.

A seguito di tale atto traslativo, nell'anno 2003, Tizia propose azione revocatoria per sentir dichiarare l'inefficacia dello stesso nei limiti della quota sequestrata ai danni di Caio. Frattanto, nelle more del giudizio per revocatoria, si verificarono due vicende inerenti il sequestro: la misura fu confermata in appello nel 2008 con incremento dell'importo della cautela fino ad € 51.645,69 e perse efficacia per omessa trascrizione nei termini di cui all'art. 156 disp. att. c.p.c..

Il Tribunale accolse l'azione revocatoria ordinaria proposta da Tizia, ma la sentenza fu riformata in grado d'appello avendo ravvisato il giudice di secondo grado difetto di interesse del creditore a far dichiarare l'inopponibilità dell'atto di disposizione patrimoniale, essendo già sufficientemente tutelato dal sequestro conservativo e non potendo essere consentita al creditore una duplicazione degli strumenti di protezione del proprio diritto.

Tizia ha proposto ricorso per cassazione facendo rilevare che l'interesse all'azione avrebbe dovuto essere valutato in concreto, considerando che ai terzi acquirenti nel caso in esame non sarebbe stato possibile opporre l'estensione dell'importo per cui era stata autorizzata la misura autorizzata in appello successivamente al trasferimento del bene; la ricorrente ha inoltre evidenziato che l'utilità della tutela richiesta sussisteva anche in astratto, atteso che l'accoglimento della revocatoria avrebbe consentito al creditore di giovarsi in via esclusiva dell'inopponibilità dell'atto traslativo senza subire in sede di pignoramento il concorso di altri creditori, possibile invece nel caso di conversione del sequestro.

La questione

La Corte di Cassazione risponde alla seguente domanda: il creditore, che possa giovarsi del sequestro conservativo di un immobile per rendere a sé inopponibili i successivi atti di alienazione compiuti dal debitore, conserva comunque interesse ad agire in revocatoria ordinaria per far dichiarare inefficaci tali atti?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione ha condiviso le ragioni esposte dalla ricorrente.

Il Giudice di legittimità ha considerato l'esistenza di due precedenti in materia: la sentenza n. 997/1996, con la quale si era affermata la permanenza dell'interesse ad agire del creditore quando, prima dell'introduzione dell'azione revocatoria, fosse divenuto inefficace il pignoramento in cui il sequestro si era convertito; la sentenza n. 19216/2013, con la quale, invece, sul rilievo che perduravano al momento della domanda ex art. 2901 c.c. gli effetti protettivi del sequestro conservativo, si era ritenuto mancante l'elemento oggettivo dell'eventus damni.

Ritenuto che nessuna delle ipotesi in precedenza considerate era sovrapponibile a quella in disamina, essendo nel caso di specie le vicende relative all'estensione quantitativa ed alla sopravvenuta inefficacia della cautela conservativa intervenute in corso di causa, la Cassazione ha osservato che la ricorrente aveva un concreto interesse ad agire atteso che: 1) la tutela apprestata dall'art. 2901 c.c. giova unicamente al creditore che abbia esperito la revocatoria e non consente la partecipazione di terzi all'esecuzione forzata nei confronti del terzo acquirente; 2) il creditore che ha esperito vittoriosamente l'azione revocatoria può soddisfarsi sull'intero valore del bene alienato e non subisce i limiti dell'importo fino alla concorrenza del quale è autorizzato il sequestro; 3) l'inefficacia dell'atto dichiarata con la sentenza che accoglie l'azione revocatoria si stabilizza con il passaggio in giudicato, mentre la tutela apprestata dal sequestro è condizionata dalle vicende del procedimento cautelare e del giudizio di merito a cui è strumentale, nonché all'eventualità che si determinino ipotesi di estinzione del successivo pignoramento.

Il fine dell'azione revocatoria è essenzialmente conservativo e cautelare, e cioè strumentale alla fase successiva ed eventuale dell'esecuzione forzata, atteso che essa non produce alcun effetto recuperatorio dell'utilità dismessa dal debitore al patrimonio di quest'ultimo, ma si limita a neutralizzare l'effetto traslativo nei confronti del solo creditore che l'abbia utilmente esperita consentendo l'esercizio dell'azione esecutiva anche nei confronti del terzo acquirente nelle forme previste dagli artt. 602 e ss. c.p.c. (Cass. civ., 23 maggio 2014, n. 11491 e Cass. civ., 15 febbraio 2011, n. 3676).

Anche l'effetto del sequestro è, ai sensi dell'art. 2906 c.c., quello di rendere inefficaci gli atti dispositivi del bene vincolato e di promuovere a seguito della formazione del titolo giudiziale e della conversione del sequestro in pignoramento l'azione esecutiva nei confronti del terzo acquirente. Per tale ragione parte della giurisprudenza ha escluso l'interesse del creditore ad esperire l'azione pauliana avverso l'atto traslativo compiuto dal debitore successivamente al sequestro, essendo l'effetto conservativo che si persegue con la revocatoria già garantito automaticamente dalla misura cautelare e non sussistendo pertanto l'eventus damni (Cass. civ., 20 agosto 2013, n. 19216).

Diversamente ha ragionato la giurisprudenza quando l'azione ex art. 2901 c.c. sia stata proposta dopo la cessazione, con effetto retroattivo, degli effetti conservativi del sequestro in caso di estinzione del pignoramento in cui si era convertito, e ciò quand'anche tale caducazione fosse dovuta all'inosservanza da parte del creditore degli adempimenti di cui all'art. 156 disp. att. c.p.c., essendo l'atto revocando divenuto opponibile e non potendo dirsi sanato dalla condotta inerte del sequestrante.

Non è peraltro infrequente che l'azione di merito a cui il sequestro è strumentale sia ancora pendente nel momento in cui l'azione revocatoria è proposta, atteso che quest'ultima non presuppone un credito certo ed esigibile ed è esperibile anche dal creditore la cui pretesa sia tuttora sub judice (Cass. civ., 22 marzo 2016, n. 5619), senza che vi sia peraltro alcuna pregiudizialità logico giuridica fra i due giudizi (Cass. civ., 10 febbraio 2016, n. 2673).

In una siffatta ipotesi, affrontata dalla sentenza in esame, è concreta l'eventualità che il sequestro, ancora efficace all'atto dell'introduzione dell'actio pauliana, venga tuttavia meno medio tempore con effetti retroattivi, così da rendere attuale il potenziale pericolo di sottrazione del bene ceduto alla garanzia patrimoniale del creditore. L'utilità in concreto della tutela ex art. 2901 c.c. sussiste inoltre in considerazione della limitazione quantitativa della misura conservativa, non operante nell'esecuzione forzata promossa a seguito di revocatoria.

Osservazioni

É noto che l'interesse ad agire si distingue dal merito dell'azione proposta, esaurendosi esso nell'affermazione del bisogno di tutela rispetto alla domanda formulata indipendentemente da ogni indagine sul merito e sul suo prevedibile esito. Non può esservi dunque alcuna confusione fra il piano dell'esigenza astratta di ottenere la declaratoria di inefficacia dell'atto anche solo potenzialmente lesivo della garanzia patrimoniale generica del creditore e quello, necessariamente successivo ed afferente al merito, della sussistenza in concreto dell'eventus damni.

Sul presupposto di questa fondamentale distinzione la Suprema Corte ha affrontato nella sentenza in commento, sul piano del bisogno di tutela, la questione dei rapporti fra azione revocatoria e sequestro conservativo quando sia in discussione l'inefficacia dell'atto traslativo compiuto dal debitore ed avente ad oggetto un bene già sottoposto a sequestro.

Sebbene non possa dubitarsi della comune funzione delle due azioni di rendere inefficace l'atto dispositivo compiuto dal debitore in pregiudizio delle ragioni creditorie e di consentirne l'aggressione in sede esecutiva nei confronti del terzo proprietario ai sensi degli artt. 602 e ss. c.p.c., è parimenti evidente che esse si distinguono sia per la natura, avendo il sequestro natura cautelare e funzione strumentale rispetto al giudizio di merito ed essendo invece il giudizio per revocatoria autonomo, di natura costitutiva (cfr. Cass. civ., Sez. Un., 13 giugno 1996, n. 5443) ed idoneo a determinare un giudicato sostanziale, sia per gli effetti, atteso che mentre la revocatoria è utile al solo creditore che l'ha promossa rendendo relativamente inefficace l'atto dispositivo, il sequestro, invece, una volta convertitosi in pignoramento, consente l'intervento degli altri creditori nell'espropriazione immobiliare.

Quanto al possibile concorso del creditore che ha ottenuto la revoca dell'atto lesivo con i creditori del terzo acquirente, la dottrina ritiene che a favore del creditore che abbia ottenuto la dichiarazione di inefficacia dell'atto traslativo, sempre che abbia provveduto a trascrivere la relativa domanda e poi ad annotare la sentenza ai sensi dell'art. 2652 n. 5 c.c. prima dell'atto di pignoramento proposto dai creditori del terzo acquirente, venga a crearsi una sorta di garanzia specifica, quale causa di prelazione rispetto a questi ultimi, i quali possono si intervenire nell'esecuzione promossa dal creditore attore in revocatoria, ma restano postergati.

Si è affermato che l'interesse ad agire, inteso come necessità di un risultato utile non conseguibile senza l'intervento del giudice non è escluso dalla possibilità di azioni alternative di tutela della medesima posizione giuridica contro lo stesso soggetto purché sia possibile conseguire un risultato ulteriore e più vantaggioso (Cass. civ., 29 settembre 2005, n. 19152). Secondo la Cassazione tale maggiore utilità della revocatoria rispetto al sequestro è già nelle sue caratteristiche, in quanto idonea a determinare un effetto di inopponibilità definitivo con il passaggio in giudicato della sentenza, oltre che nell'estraneità della successiva esecuzione ai danni del terzo proprietario sia al limite quantitativo per cui è concessa l'autorizzazione al sequestro sia al concorso di altri creditori dopo la conversione del pignoramento.

Sarebbe tuttavia erroneo ritenere che la pronuncia in commento affermi la sufficienza di un interesse ad agire solo potenziale per l'attore in revocatoria, indipendente cioè dall'allegazione di un effettivo pregiudizio (contra Cass. civ., 7 marzo 1995, n. 2622), essendo stato infatti rilevato che nella specie l'utilità concreta derivava dall'ampliamento del limite del sequestro, inopponibile al terzo perché autorizzato in epoca successiva alla cessione, e dalla sopravvenuta estinzione del pignoramento in cui il sequestro si era convertito.

Al riguardo va considerato che, essendo l'interesse ad agire una condizione dell'azione e non già una condizione di proponibilità della domanda, la sua mancanza iniziale è irrilevante se l'utilità all'ottenimento della pronuncia sopravvenga in corso di causa.

Guida all'approfondimento
  • G. Camardi, F. Clemente, M. Giorgetti, G. Scarselli, La revocatoria ordinaria e fallimentare, Napoli, 2006, 29;
  • E. Fabiani, Interesse ad agire, mero accertamento e limiti oggettivi del giudicato, Riv. Dir. Proc., 1998, 545;
  • U. Patroni Griffi, R. Riedi, V. Vitalone, Le azioni revocatorie: la disciplina, il processo – Torino, 2014, 70.
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