La gestione dei beni e delle aziende sequestrate nel nuovo codice antimafia

21 Novembre 2017

Il lemma "gestire", di un qualsiasi dizionario della lingua italiana, rimanda immediatamente al condurre o comunque portare avanti un'iniziativa o un'attività o più in generale all'amministrare un'impresa per conto proprio o di terzi. È evidente però che una cosa è gestire uno o più beni di un soggetto, altro invece è gestire quel complesso di beni – non tutti necessariamente di proprietà della stessa persona – organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa che, secondo la definizione dell'art. 2555 c.c. costituisce l'azienda.
Abstract

Il lemma gestire, di un qualsiasi dizionario della lingua italiana, rimanda immediatamente al condurre o comunque portare avanti un'iniziativa o un'attività o più in generale all'amministrare un'impresa per conto proprio o di terzi.

È evidente però che una cosa è gestire uno o più beni di un soggetto, altro invece è gestire quel complesso di beni – non tutti necessariamente di proprietà della stessa persona – organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa che, secondo la definizione dell'art. 2555 c.c. costituisce l'azienda.

Partendo da questa premessa logico-giuridica, il Legislatore, pur modificando l'art. 40 cod. antimafia in materia di gestione di beni, riserva molta più attenzione alla gestione delle aziende.

Il punto di partenza della riflessione svolta in sede legislativa è stato certamente il rilievo statistico che oggi falliscono più di nove imprese su dieci tra quelle sequestrate e poi confiscate.

Se l'esigenza di ricondurre le attività produttive nell'alveo della legalità appare insopprimbile, ciò non di meno occorre cercare di salvaguardare il più possibile le attività economiche onde evitare le pesanti conseguenze dei fallimenti a raffica sul mercato, sull'economia e sul lavoro.

L'impresa, si sa, è un fascio di rapporti – con i fornitori, con i dipendenti, con i consulenti, con gli istituti di credito, con i fornitori – che subisce uno scossone violento per effetto del sequestro e della sostituzione dei vertice o dei vertici.

Evidenti le difficoltà che si frappongono tra l'amministratore giudiziario e il recupero dell'azienda. Innanzitutto, ovviamente, la gestione del nuovo amministratore non potrà più contare sugli ingenti capitali non sempre leciti – se non del tutto illeciti – di cui disponeva prima l'impresa, con tutte le conseguenze, primo fra tutte per quanto concerne una maggiore difficoltà di accesso al credito.

In secondo luogo, il cambio forzato al vertice determina un calo di appeal dell'impresa nei confronti dei fornitori che tendono dopo il sequestro a dubitare della affidabilità e solvibilità della stessa. In terzo luogo, poi, le imprese oggetto di misura sono spesso caretterizzate da accentuati profili di illegalità (si pensi al piano tributari, alla tenuta delle scritture contabili, alle normative lavoristiche e qunat'altro) che una volta riportati in “chiaro” determinano inevitabilmente un aumento dei costi.

Da ultimo ma non quanto a rilevanza, permangono anche per gli amministratori giudiziari le difficoltà burocratiche che attanagliano qualsiasi attività di impresa.

Con l'intervento di modifica del d.lgs 159 del 2011 (il c.d. codice antimafia cui d'ora in avanti si farà riferimento con l'indicazione del solo numero dell'articolo), apportato dalle legge 17 ottobre 2017, n. 161 (in Gazzetta ufficiale n. 258 del 4 novembre 2017), il Legislatore tenta di dare le risposte che di qui a poco saranno illustrate ai suesposti problemi, sarà il tempo a dire modifiche agli artt. 40 ss. – alcune prima facie convincenti altre meno – si riveleranno adeguate al fine.

La gestione dei beni sequestrati

Il sistema di gestione dei beni ruota tuttora intorno alle figure del giudice delegato, dell'amministratore giudiziario e dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

Sul piano dei rapporti tra gli organi, l'amministratore giudiziario continua a necessitare di autorizzazione scritta del giudice delegato per «stare in giudizio, contrarre mutui, stipulare transazioni, compromessi, fideiussioni, concedere ipoteche, alienare immobili e compiere altri atti di straordinaria amministrazione».

Del tutto nuova è invece la possibilità di concedere in comodato o locare i beni immobili al massimo fino alla pronuncia della confisca definitiva, sempre previa autorizzazione scritta del giudice delegato.

Differente è il caso in cui si vogliano concedere i beni suddetti in comodato ai comuni, alle province o alle regioni (soggetti di cui all'art. 48, comma 3, lett c)). In tal caso alla autorizzazione scritta del giudice delegato si affianca la proposta dell'Agenzia e la posizione privilegiata dell'ente pubblico si riverbere sulla disciplina, ragion per cui si procede immediatamente allo sgombero – senza attendere il definitivo provvedimento di confisca – anche nel caso in cui siano stati adottati i provvedimenti ai sensi dell'art. 47, comma 2, l. fall., come richiamato dal nuovo comma 2-bis dell'art. 40.

Gli atti dell'amministratore giudiziario sono reclamabili, tuttavia il nuovo articolo 40 sembra circoscrivere il reclamo non più avverso tutti gli atti posti in essere in violazione del decreto ma solo quelli privi della necessaria autorizzazione scritta. La legittimazione continua a essere del pubblico Ministero, del proposto e di ogni altro interessato, che possono proporre reclamo nel termine perentorio di 15 giorni (non più 10) dalla data di effettiva conoscenza.

La competenza a decidere è del giudice delegato, nel termine di 10 giorni, anche se non è chiaro se si tratti di termine munito di sanzione. Appare invece senz'altro opportuna la modifica in rito che impone di adottare le formule procedimentali di cui all'art. 127 c.p.p. più conferenti ad una procedura afferente al sistema processuale, rispetto a prima ove il richiamo era all'art. 737 c.p.c.

In capo al giudice delegato permane inalterato il compito di fornire le direttive generali sulla gestione con l'ausilio e il supporto della Agenzia. Inoltre, laddove al proposto vengano a mancare i mezzi di sussistenza, egli può concedergli un sussidio alla stessa stregua di quanto previsto per il soggetto fallito ex art. 47 l. fall.

Il nuovo comma 2-bis consente al tribunale e non più al giudice delegato di differire lo sgombero della abitazione del proposto e della sua famiglia, eventualmente dietro il corrispettivo di una indennità e in ogni caso previo pagamento delle spese e degli oneri inerenti alla stessa.

Degna di nota appare la modifica, apparentemente solo terminologica, dell'art. 40, comma 5-ter che concerne la vendita dei beni mobili che non devono essere restituiti. Con le modifiche approvate, infatti, il tribunale – decorsi 30 giorni dal deposito della relazione ex art. 36 - destina alla vendita i beni mobili non amministrabili senza pericolo «di deterioramento o di rilevanti diseconomie».

Il precetto è identico al precedente se non fosse che prime il tribunale sempre su richiesta dell'Agenzia o dell'amministratore giudiziario, poteva destinare e non destina alla vendita i predetti beni.

In altri termini, sembra che oggi il tribunale a parità di condizioni rispetto al passato, non goda più di un potere discrezionale ma sostanzialmente vincolato, per cui, ricorrendone i presupposti non potrà fare altro che disporre la vendita dei beni. L'illazione testé espressa sembra peraltro trovare conferma implicita nella modifica dell'ultimo comma dell'articolo 40, ai sensi del quale «Se i beni mobili sottoposti a sequestro sono privi di valore, improduttivi, oggettivamente inutilizzabili e non alienabili, il tribunale dispone la loro distruzione o demolizione». Anche in questo caso, infatti, si passa dal precedente può disporre all'attuale dispone e, ad avviso di chi scrive, la nuova terminologia risponde a una esplicita opzione.

Del tutto identici restano i commi 5-quater e 5-quinquies in materia di destinazione del ricavato della vendita nonché dell'eventuale restituzione degli stessi laddove il tribunale non disponga la successiva confisca.

La gestione delle aziende in sequestro e la centralità della proposta di prosecuzione dell'attività

L'azienda, lo si è ricordato, è un complesso di beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'attività di impresa. L'azienda, però, ha una propria unità funzionale che il Legislatore opportunamente si preoccupa (e si preoccupava già in precedenza) di cautelare non prevedendo che ad ogni bene si applichi la diciplina richiamata nel paragrafo che precede ma predisponendone una ad hoc.

Per effetto delle modifiche introdotte nel testo approvato il 27 settembre 2017 l'art. 41 è stato di fatto riscritto mediante l'introduzione di ben 9 commi e l'introduzione di 3 articoli, tutti tendenti a cercare di garantire al massimo, ove possibile, la prosecuzione della attività di impresa.

La prima modifica di cui occorre occuparsi concerne il fatto che l'amministratore giudiziario, che continua a dover essere scelto nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, dopo la relazione di cui all'articolo 36, comma 1, nel termine di tre mesi – prorogabili a sei dal giudice delegato per giustificati motivi –, deve predisporre una seconda relazione per l'Agenzia.

Si tratta di una relazione fondamentale nello scacchiere complessivo della riforma perché sostanzialmente già proiettata a vagliare le possibilità di recupero e prosecuzione dell'impresa.

Essa testualmente deve contenere:

a) gli ulteriori dati acquisiti, integrativi di quelli già esposti nella relazione di cui all'articolo 36, comma 1;

b) l'esposizione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria, con lo stato analitico ed estimativo delle attività;

c) una dettagliata analisi sulla sussistenza di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, tenuto conto del grado di caratterizzazione della stessa con il proposto e i suoi familiari, della natura dell'attività esercitata, delle modalità e dell'ambiente in cui è svolta, della forza lavoro occupata e di quella necessaria per il regolare esercizio dell'impresa, della capacità produttiva e del mercato di riferimento nonché degli oneri correlati al processo di legalizzazione dell'azienda. Nel caso di proposta di prosecuzione o di ripresa dell'attività è allegato un programma contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta, che deve essere corredato, previa autorizzazione del giudice delegato, della relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo, considerata la possibilità di avvalersi delle agevolazioni e delle misure previste dall'articolo 41-bis del presente decreto;

d) la stima del valore di mercato dell'azienda, tenuto conto degli oneri correlati al processo di legalizzazione della stessa;

e) l'indicazione delle attività esercitabili solo con autorizzazioni, concessioni e titoli abilitativi.

Sintomo di quanto si diceva in premessa sono proprio i punti c), d), e) che mirano a uno screening che sia il più approfondito possibile nell'ottica di valutare le concrete possibilità di sopravvivenza dell'ente.

La scelta, peraltro, appare ragionevole dal momento che è sì vero che l'obiettivo deve essere quello di ridurre il tasso del 90% e oltre di mortalità delle imprese sequestrate ma solo nei limiti in cui ciò sia possibile attraverso un'attività tutta ricondotta nei binari della legalità.

Risponde con tutta evidenza a queste stesse esigenze anche la disciplina relativa al provvedimento di prosecuzione dell'attività di impresa.

La nuova disposizione impone innanzitutto all'amministratore giudiziario di allegare numerosi documenti alla proposta di prosecuzione o ripresa delle attività onde consentire al tribunale una valutazione con una base di giudizio il più possibile completa.

Si tratta, in particolare, di: un «elenco nominativo dei creditori e di coloro che vantano diritti reali o personali, di godimento o di garanzia, sui beni [….]»; una lista «delle persone che risultano prestare o avere prestato attività lavorativa in favore dell'impresa, specificando la natura dei rapporti di lavoro esistenti nonché quelli necessari per la prosecuzione dell'attività […]»; eventuali organizzazioni sindacali da cui acquisisce eventuali proposte sul programma di prosecuzione o di ripresa dell'attività.

Assai opportunamente è previsto che la decisione del tribunale sia assunta nelle forme dell'art. 127 c.p.p., dell'udienza camerale è dato avviso al P.M., ai difensori delle parti e all'Agenzia che sono sentiti se compaiono. Si introduce così un momento di contraddittorio, anche se eventuale, potenzialmente importante perché consente un confronto diretto tra le parti interessate nell'ottica di giungere a una decisione realmente ponderata.

Il provvedimento assume la forma del decreto motivato mediante il quale il tribunale, se ritiene che sussistano concrete prospettive di ripresa o di prosecuzione dell'attività, approva il programma e impartisce le direttive per la gestione dell'impresa.

Il Legislatore nulla dispone in caso di esito negativo della camerale. Potrebbe forse in tal caso ritenenersi operante il comma 5, ai sensi del quale (in assenza di di richiesta di prosecuzione) se mancano concrete possibilità di prosecuzione o ripresa dell'attività, acquisito il parere del P.M., dell'amministratore giudiziario e dei difensori delle parti dispone la liquidazione dell'impresa.

Tuttavia qualche problema di coordinamento tra le due disposizioni potrebbe palesarsi, si pensi al solo fatto che il contraddittorio ex art. 127 c.p.p. è eventuale, mentre nel caso disciplinato dal comma 5 deve necessariamente essere acquisito il parere dei soggetti ivi indicati. Per cui non vi è alcun problema nel caso in cui le parti hanno preso parte all'udienza ma non nel caso opposto.

Al fine di impedire che i tempi della procedura si rivelino oltremodo nocivi per l'impresa è prevista la possibilità di un provvedimento intermedio. In particolare, in attesa del provvedimento del tribunale, il giudice delegato può, nel termine di trenta giorni, autorizzare la sospensione e la prosecuzione dell'attività di impresa, salva la possibilità di rivedere tale scelta dopo la relazione semestrale.

Analogamente a quanto previsto in materia di procedure concorsuali e specularmente a quanto disposto in materia di sequestro di beni è poi previsto che l'amministratore giudiziario, con autorizzazione scritta del giudice delegato possa affittare l'azienda o un suo ramo.

Tale affitto cessa di diritto quando, anche su proposta dell'Agenzia, l'azienda sia data prima della pronuncia della confisca definitiva «agli enti, associazioni e altri soggetti indicati all'articolo 48, comma 3, lettera c) (n.d.a. comune, provincia o della regione), alle cooperative previste dall'articolo 48, comma 8, lett. a) (n.d.a. cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata), o agli imprenditori attivi nel medesimo settore o settori affini di cui all'articolo 41-quater. Nel caso in cui sia prevedibile l'applicazione dell'articolo 48, comma 8-ter, l'azienda può essere anche concessa in comodato con cessazione di diritto nei casi di cui al periodo precedente e, in deroga al disposto dell'articolo 1808 del codice civile, il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese straordinarie, necessarie e urgenti, sostenute per la conservazione della cosa».

Il sequestro d'azienda nelle imprese collettive

L'azienda è concetto che afferisce sia all'impresa individuale che collettiva, tuttavia l'organizzazione soggettiva dell'attività incide sulla disciplina dell'azienda e di ciò ha provato a tener conto il Legislatore nel codice antimafia.

Da tale considerazione è lecito desumere che tutte le disposizioni sin qui analizzate si applichino anche alle aziende di imprese collettive sequestrate per effetto del sequestro di partecipazioni societarie ove compatibili.

Accanto a tali previsioni, vi sono nel nuovo articolo 41 alcune peculiarità che riguardano invece in maniera esclusiva le società.

In particolare, nel caso in cui il sequestro concerna partecipazioni societarie che assicurino le maggioranze di cui all'art. 2359 c.c., il tribunale impartisce le direttive sull'eventuale revoca dell'amministratore della società che può poi essere nominato, previa autorizzazione del giudice delegato (stante il richiamo al comma 6) nella persona dell'amministratore giudiziario. In caso contrario il tribunale determina le modalità del controllo ed esercizio dei poteri dell'amministratore giudiziario.

Se il sequestro concerne partecipazioni che non assicurino le stesse maggioranze, il tribunale impartisce all'amministratore giudiziario le direttive ritenute opportune.

Da ultimo al nuovo comma 6 è previsto che nel caso in cui il sequestro ha a oggetto partecipazioni in società, l'amministratore giudiziario esercita i poteri che spettano al socio nei limiti della quota; provvede previa autorizzazione del giudice delegato, a convocare l'assemblea per la sostituzione degli amministratori per le delibere di trasformazione, fusione, scissione, trasferimento e ogni altra delibera funzionale al perseguimento degli scopi dell'impresa in stato di liquidazione.

Ai sensi del comma 1-octies dell'articolo 41 per le società sottoposte a sequestro le cause di scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale non operano dalla data di immissione in possesso sino all'approvazione del programma di prosecuzione o ripresa dell'attività.

Le ulteriori novità in tema di gestione di aziende

L'amministratore giudiziario, come accennato in premessa, si trova sovente ad affrontare situazioni particolarmente delicate legate al fatto che le risorse economiche disponibili risultano assai minori rispetto a quelle di cui disponeva originariamente l'impresa.

Ciò, non solo per la mancanza di capitali provenienti dalla criminalità organizzata ma anche perché spesso tali attività di impresa sono state svolte in violazione di tutte le normative di settore, con cospicui quanto illeciti vantaggi patrimoniali di cui non beneficia l'amministratore giudiziario.

In quest'ottica il nuoco codice consente l'accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, destinata alla concessione di garanzie per operazioni finanziarie erogate in favore di imprese, di qualunque dimensione, sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate al comma 195 del presente articolo, ovvero di imprese che rilevano i complessi aziendali di quelle sequestrate o confiscate alla criminalità organizzata, come individuate al medesimo comma 195; e al Fondo per la crescita sostenibile, di cui all'articolo 23 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, per l'erogazione di finanziamenti agevolati in favore delle imprese di cui alla lettera a).

Anche in questo caso, è previsto il consueto meccanismo della richiesta dell'amministratore giudiziario e della autorizzazione del giudice delegato o dell'agenzia dopo i provvedimenti di autorizzazione alla prosecuzione o alla ripresa.

I crediti derivanti dai finanziamenti di cui alla lett. b) sono dotati di privilegio su: immobili, impianti e loro pertinenze, macchinari e utensili funzionali al suo esercizio. Il privilegio prevale su ogni altro titolo di prelazione eccetto spese di giustizia e i crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane (art. 2751-bis c.c.) e opera anche rispetto ai terzi acquirenti, se ciò non è possibile si trasferisce sul corrispettivo.

(Segue). La disciplina per le imprese di particolari dimensioni

Una disciplina particolareggiata è dettata per le imprese di particolari dimensioni. All'uopo si prevede che, ove nell'ambito della procedura ex art. 41, comma 1-sexies il tribunale rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'attività dell'azienda sequestrata e confiscata, può impartire le direttive per la sua ammissione alla procedura dell'amministrazione straordinari delle grandi imprese in crisi di cui all'art. 2, comma 1-bis, d.lgs. 270 del 1999.

Il Legislatore distingue ulteriormente le aziende di straordinario interesse economico in relazione alla consistenza patrimoniale al numero di dipendenti, ovvero le aziende concessionarie pubbliche o che gestiscono pubblici servizi. Per rendere operativa fino in fondo tale prescrizione, entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore dell'art. 15 in esame, l'Agenzia nazionale, con delibera del Consiglio direttivo adotterà i criteri per l'individuazione delle aziende sequestrate e confiscate di straordinario interesse socio-economico e per la definizione dei piani di valorizzazione.

In tal caso il tribunale può nominare amministratore giudiziario un soggetto iscritto nell'apposito albo, tra quelli indicati dalla società Invitalia Spa tra i suoi dipendenti.

La differenza sostanziale è che in tal caso il soggetto, oltre ad essere sempre soggetto al controllo dell'amministratore giudiziario, si avvale dell'organizzazione di Invitalia Spa. I dipendenti di Invitalia che nei tre anni precedenti alla entrata in vigore della legge si sono occupati di atti di gestione diretta di aziende, possono iscriversi nell'albo nazionale.

È appena il caso di ricordare che Invitalia è l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, è una società per azioni partecipata al 100% dal Ministero dell'Economia che ormai da diversi anni si occupa sostanzialmente della gestione di quasi tutte le agevolazioni dello Stato alle imprese e alle startup innovative e fornisce un supporto tecnico e operativo alla pubblica amministrazione.

(Segue). I tavoli provinciali permanenti

Altra novità potenzialmente di particolare interesse ma che sul cui pratico utilizzo qualche dubbio si nutre, soprattutto per la sua struttura e per le difficoltà organizzative che sembrano accompagnarla è la istituzione dei tavoli provinciali permanenti.

La disciplina è davvero molto dettagliata e risponde alla dichiarata esigenza di attuare la massima sussidiarietà favorendo il coordinamento tra istituzioni, sindacati, associazioni e più in generale tra i soggetti a vari titoli coinvolti.

Il nuovo organismo è presieduto dal prefetto o da un suo delegato ed è composto da rappresentanti dell'Agenzia, del Ministero dello sviluppo economico, della regione, delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative e dei datori di lavoro, della dell'Ispettorato nazionale del lavoro, della camera di commercio e delle associazioni di cui all'art. 48, comma 3, lett. c).

Sul piano organizzativo il prefetto, su richiesta di una delle associazioni dei datori di lavoro o delle organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative sul piano nazionale interessate, può convocare apposite riunioni tra le medesime associazioni e organizzazioni sindacali e l'amministratore giudiziario. Le parti sono tenute a operare nel rispetto delle norme in materia di diritto del lavoro e di relazioni sindacali.

Per quanto concerne i compiti attribuiti ai tavoli provinciali, si tratta in prima battuta di favorire (per la verità non è chiaro in che modo) la prosecuzione delle attività e la salvaguardia dei livelli occupazionali. In secondo luogo essi hanno funzioni ausiliarie dell'amministrazione, gestione e destinazione delle aziende, dietro direttive del giudice delegato e dell'agenzia.

Più pregnanti, data la composizione mista, sembrano invece le funzioni tendenti a incentivare la collaborazione degli operatori economici del territorio con le aziende sequestrate, nonché a promuovere lo scambio di informazioni.

Il supporto alle imprese sequestrate

Dotata di spiccata originalità è la previsione del supporto alle aziende sequestrate. Si tratta di una misura di particolare interesse perché vede il coinvolgimento a titolo gratuito di imprenditori operanti in settori affini.

Più in particolare si tratta di uno strumento creato con il dichiarato intento di creare ulteriori opportunità alle aziende sequestrate. In quest'ottica l'amministratore giudiziario, sentito il competente tavolo provinciale permanente e a seguito di autorizzazione del giudice delegato, nonchè l'Agenzia nazionale (dopo la confisca di secondo grado), possono avvalersi del supporto tecnico, a titolo gratuito, di imprenditori attivi nel medesimo settore o in settori affini a quelli dell'azienda sequestrata.

Peraltro, benché si tratti di un intervento a titolo gratuito, l'effettivo e utile svolgimento dell'attività di supporto tecnico risultante dalla relazione dell'amministratore giudiziario, per un periodo non inferiore a dodici mesi, comporta l'attribuzione agli imprenditori di un sorta di premio.

Costoro, per l'effetto, acquisiscono il diritto di prelazione da esercitare, a parità di condizioni, al momento della vendita o dell'affitto dell'azienda.

Inoltre, l'amministratore giudiziario, previa autorizzazione scritta del giudice delegato, e l'Agenzia (dopo la confisca di secondo grado) possono altresì avvalersi del supporto tecnico delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per favorire il collegamento dell'azienda sequestrata in raggruppamenti e in reti d'impresa.

Il rendiconto

Come in tutte le amministrazioni anche in questo caso l'amministratore è tenuto a rendere il conto della propria gestione.

A tal uopo all'esito della procedura e comunque dopo la confisca di primo grado, nel termine di sessanta giorni dal deposito, l'amministratore presenta il conto della gestione.

Il contenuto del rendiconto non viene modificato dalla novella per cui continua a essere rappresentato dall'esposizione completa e analitica delle modalità e di risultati della gestione.

Al conto sono allegate le relazioni periodiche dell'amministratore, i documenti giustificativi e il registro delle operazioni.

Se non ravvisa irregolarità il giudice delegato ne ordina il deposito in cancelleria assegnando un termine per eventuali osservazioni o contestazioni.

Il P.M., gli interessati e l'Agenzia sono avvisati del deposito e possono proporre osservazioni e contestazioni che devono essere specifiche e dettagliate e non possono avere ad oggetto i risultati della gestione e i criteri. Se sorgono contestazioni il giudice fissa un'udienza in camera di consiglio all'esito della quale o approva il rendiconta o dispone con ordinanza che l'amministratore giudiziario sani le irregolarità. L'ordinanza è ricorribile in Cassazione nel termine di 10 giorni.

Alla disciplina testè ricordata si aggiunge un nuovo comma 5-bis alla stregua del quale se il sequestro è revocato, è l'Agenzia nazionale, subentrata nell'amministrazione, a provvedere al rendiconto.

In ogni altro caso, l'Agenzia trasmette al giudice delegato una relazione sull'amministrazione dei beni, esponendo anche le spese sostenute per consentire la determinazione del limite di garanzia patrimoniale del 60% del valore dei beni ai sensi dell'articolo 53. Il giudice delegato, all'esito degli eventuali chiarimenti richiesti, prende atto della relazione.

In conclusione

Difficile svolgere delle considerazioni conclusive in merito ad un intervento normativo così profondo e che ancora non ha avuto un vero e proprio battesimo operativo.

Indubbiamente, come ribadito più volte nell'ambito del presente contributo, la finalità di salvaguardia delle aziende e di prosecuzione delle attività imprenditoriali è assai evidente.

Una qualche influenza sulle soluzioni adottate, l'ha certamente avuta il diritto fallimentare che pure negli anni è andato incontro ad analogo processo evolutivo.

In quest'ottica non è difficile scorgere delle radici comuni in materia di affitto e comodato dell'azienda sequestrata ovvero ancora di provvisoria continuazione dell'attività, si tratta però di istituti che, è bene dirlo, in ambito concorsuale hanno avuto un seguito inferiore rispetto alle attese.

Lo sforzo del Legislatore si palesa in interventi senz'altro ampi ma non sempre omogenei, viceversa meno evidente è stato lo sforzo del legislatore sul piano della tecnica normativa che, viceversa, si sostanzia di continui rimandi al testo e che si è rilevata al di sotto delle aspettative e ben lontana dalla sperata chiarificazione dei precetti.

Sorprende come sia rimasto inalterato l'articolo 42 concernente le spese (cui si rimanda per le formalità operative). Pertanto le spese necessarie per la conservazione e l'amministrazione dei beni sono onorate dall'amministratore giudiziario mediante tutto quanto sia stato ottenuto con le misure poste in essere.

In caso di risorse insufficienti le somme sono anticipate dallo Stato che può recuperarle dall'interessato in caso di revoca del sequestro o della confisca.

Il pagamento dell'amministratore giudiziario e il rimborso delle spese vanno inserite nel conto della gestione. Se poi non si dà luogo alla confisca o manchi disponibilità sufficiente le somme sono anticipate dallo stato. Gli emolumenti dell'amministratore giudiziario sono disposti con decreto motivato del tribunale, che precedentemente deve acquisire la relazione del giudice delegato.

Infine , appare doveroso sottolineare come l'intero provvedimento sia stato approvato tra mille polemiche, alcune delle quali fondate altre senz'altro strumentali. Naturalmente qualsiasi ulteriore considerazione risulterebbe pleonastica e completamente avulsa dalle finalità del presente lavoro.

Pertanto, pur con tutte le perplessità che accompagnano ogni intervento in materia di misure di prevenzione – la cui legittimità continua a sollevare seri dubbi – è certo che, in materia di gestione di beni e aziende il legislatore è intervenuto molto marcatamente con misure in alcuni casi ridondanti ma che solo il vaglio della prassi potrà dire se avranno in ogni caso raggiunto il fine perseguito.

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