L’appello non è un mezzo di impugnazione a critica vincolata

Redazione scientifica
21 Novembre 2017

Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dalla riforma del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati dalla sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze. Tuttavia, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantie del giudizio di appello, è escluso che l'atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado.

Il caso. La Corte d'appello di Torino dichiarava il gravame proposto da un istituto di credito contro la decisione del Tribunale della medesima città, inammissibile per violazione dell'art. 342 c.p.c.. L'atto di appello, osservava la Corte territoriale, non conteneva «una sia pur sintetica disamina e confutazione delle molteplici argomentazioni poste a base della sentenza impugnata».

Contro tale sentenza l'istituto di credito ha proposto ricorso per cassazione.

Il contenuto dell'atto d'appello… La Terza sezione civile ha disposto la trasmissione degli atti al Primo Presidente per la trattazione della questione di particolare importanza relativa all'esatta interpretazione dell'art. 342 c.p.c. come riformato dal d.l. n. 83/2012.

Le Sezioni Unite, dopo aver ripercorso le norme sul contenuto degli atti di appello fino alla riforma del 2012, hanno confermato la portata della giurisprudenza fornita fino a questo momento dalla Corte di Cassazione.

… Pena inammissibilità. La modifica introdotta con la riforma in questione, infatti, non ha sconvolto i tradizionali connotati dell'atto d'appello, ma si è limitata a recepire e tradurre in legge ciò che la giurisprudenza di legittimità aveva già affermato a partire dalla sentenza n. 16/2000 e cioè che, «ove l'atto di impugnazione non risponda ai requisiti stabiliti, la conseguente sanzione è quella della inammissibilità dell'appello».

L'individuazione di un «percorso logico argomentativo alternativo a quello del primo Giudice», però, non dovrà necessariamente tradursi in un «progetto alternativo di sentenza». Quello che viene richiesto è che la parte appellante ponga il Giudice superiore in condizione di comprendere con chiarezza qual è il contenuto della censura proposta, dimostrando di aver compreso le ragioni del primo Giudice e indicando perché queste siano censurabili.

L'appello resta una revisio prioris instantiae. I Supremi Giudici ribadiscono che la riforma del 2012 non ha trasformato l'appello in un mezzo di impugnazione a critica vincolata. L'appello, al contrario, resta una revisio prioris instantiae e i Giudici di secondo grado sono chiamati ad esercitare in tale sede i poteri tipici del giudizio di merito, senza che l'appello venga trasformato in un anticipato ricorso per cassazione.

Il principio di diritto. A fronte di queste considerazioni, le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto: «gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. con modif. nella l. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati dalla sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo Giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantie del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l'atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado».

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