Pignoramento presso terzi e dichiarazioni false o reticenti del debitor debitoris

Giacinto Parisi
07 Dicembre 2017

La Suprema Corte, nella pronuncia in esame, ha affrontato la questione attinente la configurabilità della responsabilità del terzo debitor debitoris – la cui dichiarazione risulti reticente od elusiva – quale responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. ovvero per illecito aquiliano, a norma dell'art. 2043 c.c..
Massima

Nell'espropriazione presso terzi, la dichiarazione del terzo reticente od elusiva è fonte di responsabilità per illecito aquiliano e non rileva ex art. 96 c.p.c.; né la mancata instaurazione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo esclude tale responsabilità, rilevando soltanto come fatto colposo del creditore, ai sensi dell'art. 1227 c.c..

Il caso

La Corte d'appello di Genova rigettava la domanda di risarcimento proposta dal creditore procedente nei confronti del debitor debitoris,in ragione di dichiarazioni asseritamente false rilasciate da questi nell'ambito di una pregressa espropriazione presso terzi.

La Corte affermava, tra l'altro, che nei confronti del terzo pignorato non sarebbe proponibile un'autonoma azione ex art. 2043 c.c., dovendosi far valere tale responsabilità esclusivamente nell'ambito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, a titolo di responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c..

Avverso la predetta pronuncia, il creditore proponeva ricorso per cassazione.

La questione

La questione, giunta all'esame della Suprema Corte, attiene alla configurabilità della responsabilità del terzo debitor debitoris – la cui dichiarazione, resa ai sensi dell'art. 547 c.p.c., risulti, all'esito del successivo giudizio di accertamento contemplato dall'art. 549 c.p.c., reticente od elusiva – quale responsabilità processuale aggravata di cui all'art. 96 c.p.c. ovvero per illecito aquiliano, a norma dell'art. 2043 c.c..

Le soluzioni giuridiche

Pur dichiarando inammissibili le censure proposte dal ricorrente sul punto, la Suprema Corte, data la particolare importanza della questione, ha ritenuto di affermare d'ufficio, ai sensi dell'art. 363 c.p.c., il principio di diritto enucleato nella massima.

Per il Giudice di legittimità, tale soluzione conseguirebbe dal fatto che il terzo pignorato non assume la qualità di parte. In effetti, nell'ipotesi del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, ai sensi del testo originario degli artt. 548 e 549 c.p.c., la sentenza conclusiva ha un duplice contenuto: da un lato, accerta l'esistenza e l'entità del credito nei rapporti tra l'esecutato ed il suo debitore; dall'altro, contiene un accertamento efficace nei rapporti tra il terzo pignorato e il creditore procedente, che produce effetti esclusivamente endoesecutivi e rileva ai soli fini dell'assegnazione dei crediti oggetto del pignoramento.

Deporrebbe nello stesso senso l'attuale testo dell'art. 549 c.p.c., a mente del quale, nel caso di contestazioni sulla dichiarazione del terzo, il giudice provvede con ordinanza che «produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione» (cioè dell'esecuzione contro il terzo pignorato).

Per la Corte, la peculiare posizione del terzo pignorato – quale collaboratore, od ausiliario, del giudice, e parte di un rapporto sostanziale esistente col proprio creditore, ma non anche col creditore precedente – comporterebbe, innanzitutto, che la responsabilità per avere reso una dichiarazione ex art. 547 c.p.c., asseritamente falsa o reticente, integri un illecito aquiliano, a norma dell'art. 2043 c.c., e non una responsabilità processuale aggravata da far valere ai sensi dell'art. 96 c.p.c. nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo.

Inoltre, l'instaurazione del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo (oggi la contestazione della dichiarazione del terzo ai sensi dell'art. 549 c.p.c.) non costituirebbe condizione di proponibilità della domanda risarcitoria, in quanto la mancata contestazione della dichiarazione del terzo può al più rilevare come fatto colposo del creditore, ex art. 1227 c.c..

Osservazioni

Con la decisione in commento la Corte ha ribadito il principio affermato da Cass. civ., Sez. Un., 17 dicembre 1987, n. 9407. Alla pronuncia delle Sezioni Unite – la quale, merita rilevarlo, non era diretta a dirimere un conflitto giurisprudenziale, bensì alcune questioni di giurisdizione – si sono poi uniformate anche Cass. civ., 3 aprile 2015, n. 6843; Cass. civ., 4 marzo 2015, n. 4380; Cass. civ., 10 novembre 2000, n. 14630.

In senso parzialmente difforme, si veda invece Cass. civ., 19 settembre 1995, n. 9888, la quale, muovendo da una diversa ricostruzione della posizione del terzo debitor debitoris, ha affermato che in capo a questi non sussisterebbe alcun obbligo di rendere la dichiarazione prescritta dall'art. 547 c.p.c., sicché andrebbe esclusa la sua eventuale responsabilità, anche in termini di illecito aquiliano, per i danni cagionati al creditore a causa dell'omessa dichiarazione (salvo il caso di dichiarazione mendace o fuorviante, in cui si configurerebbe comunque una responsabilità di tipo extracontrattuale).

Guida all'approfondimento
  • V. Colesanti, voce Pignoramento presso terzi, in Enc. Dir., 1983, XXXIII, 843 ss.;
  • R. Oriani, L'opposizione agli atti esecutivi, Napoli, 1987, 329.
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