Split payment: regolarizzazioni, sanzioni e rimborsi IVA
19 Dicembre 2017
Regolarizzazioni
Nel caso in cui la Pubblica Amministrazione, ovvero la società assimilata, nella veste di soggetto passivo, riceva una fattura irregolare - fermo restando il versamento dell'imposta addebitata in fattura secondo le regole proprie della scissione dei pagamenti - quest'ultima va regolarizzata secondo la procedura di cui all'art. 6, comma 8, D.lgs. n. 471/1997. Più precisamente, a norma della lettera b) del comma 8, il soggetto ricevente deve presentare al proprio ufficio competente, un documento integrativo in duplice esemplare recante le indicazioni medesime, entro il trentesimo giorno successivo a quello della registrazione della fattura irregolare, previo versamento della maggiore imposta eventualmente dovuta.
Una volta eseguita la regolarizzazione, un esemplare di tale ultimo documento, con l'attestazione della regolarizzazione e del pagamento, è restituito dall'ufficio al contribuente (cedente/commissionario) che deve registrarlo ai sensi dell'art. 25 del Decreto IVA (comma 9, art. 6, D.lgs. n. 471/1997). Sanzioni in caso di errata applicazione della disciplina
Nel caso in cui la fattura emessa per la cessione di beni, ovvero per la prestazione di servizi nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni e delle Società cui si estende la disciplina in commento, non venga emessa dal fornitore con l'indicazione “scissione dei pagamenti” o “split payment”, è applicabile la sanzione amministrativa prevista dall'art. 9, comma 1, del D.lgs. n. 471/1997 (sanzione amministrativa prevista in misura fissa - trattandosi di violazione c.d. “formale” - e, in particolare, da €1.000 a €8.000).
La circolare 1/E/2015, ribadita dalla circolare 15/E/2015, all'epoca dell'originaria introduzione dello split payment faceva salvi i comportamenti adottati dai fornitori e della P.A. ai quali, in considerazione dell'incertezza in materia e dell'applicabilità delle regole dello Statuto del contribuente, non erano applicabili sanzioni per le violazioni relative alle modalità di versamento dell'IVA per le operazioni soggette a scissione dei pagamenti, eventualmente commesse prima del 13 aprile 2015 (data di emanazione della circolare 15/E/2015), purché l'IVA esigibile fosse stata corrisposta all'Erario. In linea con questa posizione dell'Amministrazione, anche oggi, pur non sussistendo un documento di prassi specifico, ma in presenza di innegabili complessità applicative, ove la P.A. o le società, dopo il 1° luglio e dopo il 1° gennaio 2018 (momento in cui l'ambito soggettivo di applicazione della misura dello split payment sarà ulteriormente esteso, secondo quanto disposto dal D.L. n. 148/2017), corrispondano al fornitore l'IVA addebitata nelle fatture emesse a partire dalla medesima data e, a sua volta, il fornitore computi in sede di liquidazione, secondo le modalità ordinarie, l'IVA versatagli dal cessionario, non dovrebbe occorrere alcuna variazione. In questo senso, infatti, i medesimi principi e le medesime esimenti tenuti in considerazione nelle due circolari citate, dovrebbero trovare applicazione anche con riferimento ai nuovi soggetti ed alle fattispecie cui è stata estesa la disciplina dello split payment. Sul punto è intervenuta esplicita conferma da parte dell'Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 27/E/2017 nella quale espressamente afferma che “… in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, che in considerazione dell'incertezza in materia in sede di prima applicazione, sono fatti salvi i comportamenti finora adottati dai contribuenti anteriormente all'emanazione del presente documento di prassi, sempre che l'imposta sia stata assolta, ancorché in modo irregolare”.
In particolare, il fornitore potrebbe emettere (o aver già emesso) una fattura con l'indicazione “scissione dei pagamenti” nei confronti del proprio cessionario, pur non rientrante, questo ultimo, nel campo di applicazione della disciplina. Il comportamento potrebbe essere dovuto ad un suo errore di valutazione ed in tal caso il fornitore ne resta responsabile, deve correggere il proprio operato ed esercitare la rivalsa nei modi ordinari, con la conseguenza che il cessionario è tenuto a corrispondere al fornitore anche l'IVA relativa all'acquisto. L'errore, però, potrebbe anche essere indotto dal comportamento del cessionario che ha erroneamente ritenuto di rientrare nel perimetro soggettivo dello split payment, in veste di società controllata e, dopo aver ricevuto la fattura con le caratteristiche della scissione dei pagamenti, ha indebitamente trattenuto l'IVA esposta in fattura. In questo caso, il cessionario dovrà versare l'imposta, in rivalsa, al proprio fornitore, il quale dovrà computare l'IVA incassata in sede di liquidazione, secondo le modalità ordinarie, ma il fornitore non dovrebbe avere alcuna responsabilità essendo tenuto all'applicazione del regime (art. 17-ter, comma 1-quater). Andranno, quindi, effettuate le opportune note di variazione, per le quali lo split payment modifica le regole di emissione. Dunque, tali note devono seguire procedure differenti a seconda che si riferiscano a fatture emesse prima o dopo il 1° luglio 2017. Il principio cardine di tutte le note di variazione a seguito di modifiche normative, è il seguente: la nota di variazione deve tenere conto del regime applicato alla fattura originaria che deve essere rettificata ovvero modificata. È opportuno, a questo proposito, rammentare che con il D.M. del 13 luglio 2017, al comma 2, dell'art. 2 fa espressamente salvi “… i comportamenti dei soggetti che hanno applicato l'art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972 alle fatture per le quali l'esigibilità si è verificata dal 1° luglio 2017 fino alla data di pubblicazione del presente decreto”.
In ragione, però, della precisazione soprariportata da parte dell'Amministrazione, circa la non sanzionabilità dei comportamenti posti in essere dai contribuenti sino all'emanazione della circolare n. 27/E/2017, qualora dopo il 1° luglio 2017 siano state emesse fatture nei confronti di soggetti inclusi negli elenchi con IVA erroneamente addebitata con il regime ordinario, non sarà necessario effettuare alcuna variazione. In tal caso l'imposta potrà essere assolta con le modalità ordinarie. In maniera del tutto speculare, l'Amministrazione ritiene, poi, non sanzionabile l'ipotesi di fatture emesse, entro la data di pubblicazione degli elenchi “definitivi” (l'amministrazione parla di elenchi definitivi riferendosi agli ultimi pubblicati, posto che però non saranno mai effettivamente definitivi potendo, come si è detto sopra, i soggetti che ritengono non corretto il loro inserimento, proporre motivata istanza di revisione degli stessi), erroneamente in regime di scissione dei pagamenti nei confronti di soggetti poi non inclusi i tali elenchi; in questi casi la Pubblica Amministrazione o Società acquirente può ottemperare agli adempimenti previsti dal D.M. per la liquidazione del tributo, dandone evidenza al fornitore, anche cumulativamente. Nel caso in cui, invece, dopo la pubblicazione della citata circolare n. 27/E, vengano emesse fatture erroneamente non in linea con la disciplina dello split payment (erronea applicazione dell'IVA ordinaria, ovvero erronea indicazione della scissione dei pagamenti), il cedente/prestatore dovrà provvedere a regolarizzare tale comportamento con l'emissione della relativa nota di variazione, ai sensi dell'art. 26 del Decreto IVA.
L'Agenzia nella citata circolare n. 27/E precisa, inoltre, di non ritenere applicabile la sanzione di cui all'art. 9, co. 1, del D.lgs. n. 471/1997 nei confronti dei cedenti/prestatori che si siano attenuti alle comunicazioni fornite dalle Pubbliche Amministrazioni, circa gli acquisti soggetti a reverse charge. Infatti, nel caso in cui il cedente/prestatore debba emettere una fattura nei confronti di PP.AA. per operazioni soggette a reverse charge, deve preoccuparsi di capire se la prestazione oggetto dell'operazione viene ricevuta dalla controparte pubblica nell'ambito dell'attività istituzionale, ovvero di quella commerciale, ovvero ancora è c.d. promiscua.
L'Amministrazione aggiunge, poi, che, con riferimento all'imposta addebitata dai fornitori, le Pubbliche Amministrazione e le Società cui si estende la disciplina della scissione dei pagamenti, sono responsabili del versamento all'Erario. In conseguenza di ciò, dunque, l'omissione ovvero il ritardo nell'adempimento di tale ultima obbligazione (che, giova ricordarlo, ha ad oggetto sì il versamento dell'imposta all'Erario da parte del soggetto pubblico ma, pur sempre, per conto del cedente/prestatore ché, nell'ambito della disciplina dello split payment non cambia il soggetto debito dell'imposta come, invece, si è detto, nell'ambito della disciplina del reverse charge) da parte della P.A. o della Società è soggetto alla sanzione di cui all'art. 13 del D.lgs. n. 471/1997 (ossia pari al trenta per cento di ogni importo non versato, anche quando, a seguito di correzione degli errori materiali ovvero di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile). Rimborsi IVA
Da ultimo, è opportuno sottolineare che i commi 4-bis e 4-ter, dell'art. 1, del D.L. n. 50 del 24 aprile 2017, convertito con L. n. 96 del 21 giugno 2017, sono intervenuti sulla questione dei rimborsi a favore dei fornitori dei soggetti cui si applica la disciplina dello split payment, a causa delle criticità che si manifesteranno per effetto di tale regime a carico di detta categoria di contribuenti (fornitori di soggetti in split payment).
In particolare, il comma 4-bis prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, tali rimborsi vengano pagati direttamente dalla struttura di gestione dell'Agenzia delle Entrate, a valere sulle risorse finanziarie disponibili sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle Entrate – Fondi di bilancio”. Il successivo comma 4-ter prevede, poi, che le modalità di attuazione del comma 4-bis, vengano stabilite con Decreto del MEF, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione. Sul punto, la nota di lettura n. 180 del Senato della Repubblica n. 2853 relativa alla legge di conversione del D.L. 50/2017 afferma che: “[…] Le nuove norme, […] avranno l'effetto di accelerare i rimborsi da conto fiscale per i soggetti a cui si applica il regime della scissione dei pagamenti; in particolare i rimborsi avverranno direttamente a favore dei beneficiari con prelevamento dalla contabilità speciale 1778, evitando così il passaggio intermedio delle somme attraverso gli agenti della riscossione. La riduzione dei tempi viene quantificata in circa 20/25 giorni, passando così da rimborsi erogati in 90 giorni a rimborsi che potranno essere accreditati alle imprese in circa 65 giorni. La nuova procedura sarà operativa a partire dal 1° gennaio 2018 per la necessità di adeguare le procedure di pagamento dell'Agenzia delle entrate e degli agenti della riscossione, nonché i flussi informativi di interscambio”. Durata temporale di applicazione dello Split Payment
Particolarmente rilevante, inoltre, è la corretta individuazione dalla durata temporale di applicazione della scissione dei pagamenti. Più precisamente, essendo tale misura di carattere speciale, nonché derogatoria rispetto all'ordinario meccanismo di funzionamento dell'imposta sul valore aggiunto, per la sua applicazione da parte di uno Stato membro è richiesta, ai sensi dell'art. 395 della direttiva 2006/112/CE, l'autorizzazione da parte del Consiglio UE.
Tale autorizzazione, richiamata dallo stesso art. 17-ter del D.P.R. n. 633/1972, al comma 1-ter, è stata deliberata dal Consiglio con la decisione di esecuzione (UE) n. 784 del 25 aprile 2017 e consente l'applicazione del meccanismo in parola dal 1° luglio 2017 al 20 giugno 2020 (cfr. art. 5 della decisione del Consiglio UE. Così abrogando, a partire dalla stessa data, il previgente sistema. L'art. 4 della decisione (UE) 2017/784 prevede espressamente che “La decisione di esecuzione (UE) 2015/1401 è abrogata a decorrere dal 1° luglio 2017”). In conclusione
La frequenza con cui nell'ultimo anno il Legislatore è intervenuto a novellare la disciplina dello split payment, ci ha spinto ad occuparci, in modo ricognitivo, dell'argomento con l'intento di fare, per quanto possibile, chiarezza sui termini essenziali della normativa. In particolare, si è avuto modo di riscontrare un diffuso disorientamento fra gli operatori del settore, prima ancora che sulle modalità operative per l'applicazione della disciplina in commento, circa l'effettiva estensione soggettiva a cui la disciplina dello split payment è rivolta. Si è infatti verificata una inevitabile incertezza applicativa circa l'esatta qualificazione giuridica dei soggetti coinvolti, che ha trovato il suo fondamento in una definizione soggettiva tutt'altro che chiara, suffragata anche dalla metodologia scelta di disciplinare l'ambito applicativo mediante il meccanismo della pubblicazione progressiva e ripetuta degli elenchi dei soggetti destinatari. Ciò, ha indotto il Legislatore ad introdurre, una “misura di salvaguardia” che contemplasse la possibilità per i soggetti coinvolti di segnalare – al MEF – eventuali errori o carenze nell'inserimento negli elenchi, fornendo idonea documentazione a supporto ed utilizzando esclusivamente l'apposito modulo di richiesta reperibile sul sito http://www1.finanze.gov.it/finanze2/split_payment/public/#/richiesta, allegando visura camerale della società istante, con evidenti ripercussioni in termini di compliance aziendale per gli operatori.
Non va sottaciuto, peraltro, che la disciplina dello split payment va, necessariamente, messa a sistema con quella relativa alla fatturazione elettronica (tali normative, infatti, pur avendo differenti finalità, di fatto permettono di raggiungere analoghi risultati quanto al contenimento di comportamenti illeciti da parte degli operatori). Di fatto, l'autorizzazione dell'Unione europea era stata originariamente concessa (il riferimento è alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1401, abrogata dalla successiva n. 2017/784) nelle more della completa implementazione del processo di fatturazione elettronica verso la P.A., oramai attuata. Non da ultimo si consideri, poi, l'estensione dell'obbligo di fatturazione elettronica previsto dal Ddl di Bilancio 2018 (ove si prevede la fatturazione elettronica obbligatoria a partire dal 1° gennaio 2019, termine anticipato al 1° luglio 2018 per alcune tipologie di operazioni). Tale ultima misura è un'ulteriore risposta all'esigenza di perseguire la lotta all'evasione - oltre che con il sistema ormai diffuso di autoliquidazione delle imposte - con la raccolta automatica di informazioni. In questo quadro dunque, la logica di riduzione del c.d. VAT GAP che ha indotto, dapprima, l'Unione europea ad autorizzare l'introduzione della misura dello split payment in Italia e, poi, l'estensione dell'ambito di applicazione della stessa da parte del legislatore nazionale, potrebbe, in realtà, essere adeguatamente perseguita mediante la più diffusa applicazione della fattura elettronica. Condivisibile è l'opinione di sollecitare, previa risoluzione di problemi applicativi e di semplificazione per le PMI, l'estensione dell'obbligo di fatturazione elettronica a cui dovrebbe accompagnarsi un ridimensionamento, o eventualmente addirittura l'eliminazione, di alcuni strumenti anti-frode quali, appunto, la scissione dei pagamenti e, anche, il reverse charge, meccanismi che portano, come riscontato nei fatti, effetti distorsivi sulla finanza aziendale. |