Non sussiste l'obbligo di produrre in appello il fascicolo di parte del primo grado

Francesco Agnino
19 Dicembre 2017

Nella pronuncia in commento, la Suprema Corte si è occupata della questione relativa alla produzione del fascicolo di primo grado, ai fini della costituzione nel giudizio in grado di appello.
Massima

La produzione del fascicolo di primo grado non è ricompresa tra gli adempimenti necessari ai fini della costituzione nel giudizio in grado di appello ex art. 347, commi 1 e 2 c.p.c..

Il caso

L'attore proponeva domanda risarcitoria nei confronti dell'assicurazione designata ex art. 286 d.lgs. n. 209/2005 - per la liquidazione dei sinistri a carico del Fondo di Garanzia per le vittime della strada – per le gravi lesioni personali subite quali conseguenza di un tamponamento causato da un veicolo non identificato.

La domanda era accolta in primo grado e, la pronuncia era confermata in appello.

Il giudice del gravame rilevava che la dedotta eccezione di inattendibilità dei testimoni escussi in primo grado – rinvenibile, a dire della compagnia di assicurazioni appellante, dal verbale di sopralluogo dei VV.UU. che avevano rilevato come nessuno dei testi sentiti risultava presente sul luogo – doveva ritenersi abbandonata, in considerazione del fatto che tale documento non risultava depositato nel fascicolo di parte appellante, bensì in quello dell'originario attore il quale, tuttavia, non avete provveduto al ri-deposito in appello.

La Compagnia di Assicurazioni proponeva ricorso per cassazione, lamentando che la Corte d'appello avrebbe dovuto ordinare all'appellato l'esibizione di eventuale documentazione ritenuta rilevante e da questi non riprodotta, in considerazione del fatto che questi aveva deliberatamente omesso il deposito del fascicolo di primo grado.

La questione

La questione in esame è la seguente: ai fini della costituzione nel giudizio in grado di appello è necessaria la produzione del fascicolo di primo grado?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di cassazione non condivide affatto gli assunti di parte ricorrente e rigetta l'impugnazione, condannando la stessa al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.

L'art. 347 c.p.c. – costruito come norma in bianco – rinvia integralmente alle forme e ai termini previsti per il processo davanti al tribunale, così rendendo omogenea la disciplina della fase introduttiva dei giudizi sia in primo che in secondo grado. La costituzione delle parti nel giudizio di appello avviene in base a quanto disposto dagli artt. 165 e 166 c.p.c. per il processo davanti al tribunale, a seconda che si tratti della costituzione dell'appellante ovvero dell'appellato.

Come sottolinea la Corte di cassazione l'art. 347 c.p.c., che rimanda agli artt. 165 e 166 c.p.c., prevede come la costituzione in appello debba essere effettuata mediante deposito del fascicolo di parte, contenente l'atto di appello e la sentenza appellata ovvero la comparsa di risposta. Non viene fatta menzione del fascicolo di parte del precedente grado di giudizio.

In altri termini, non esiste una norma che obblighi la parte a depositare nel grado di appello il proprio fascicolo di primo grado: dunque, solo gli atti predisposti per il secondo grado di giudizio e non anche il fascicolo di parte del grado precedente.

Inoltre, si è evidenziato che il deposito del fascicolo di parte in appello non può ritenersi presunto, a seguito della costituzione della parte medesima, dalla produzione della nota di iscrizione con annotazione in calce di avvenuto deposito – dovendosi tale annotazione riferire alla nota – né, implicitamente, dall'avvenuta trattazione della impugnazione per più udienze, essendo al contrario necessario che il suddetto deposito risulti con annotazione del cancelliere espressamente effettuata (Cass. civ., n. 12067/1990; negli stessi termini per il processo del lavoro Cass. civ., n. 2205/1987).

L'obbligo, invece, sussiste per il fascicolo d'ufficio: ai sensi del terzo comma dell'art. 347 c.p.c. il cancelliere del giudice d'appello deve richiedere la trasmissione del fascicolo d'ufficio al cancelliere del giudice di primo grado.

Sotto altro aspetto, è onere dell'appellante dimostrare le singole censure, atteso che l'appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all'altro esame della causa, ma una revisio fondata sulla denuncia di specifici 'vizi' di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata: ne consegue che l'appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, è tenuto a produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame o comunque attivarsi, anche avvalendosi della facoltà, ex art. 76 disp. att. c.p.c., di farsi rilasciare dal cancelliere copia degli atti del fascicolodelle altre parti, perché questi documenti possano essere sottoposti all'esame del giudice di appello.

Da ciò consegue che l'appellante subirà dunque le conseguenze del mancato deposito del fascicolo di parte dell'appellato, laddove tale fascicolo contenga documenti favorevoli all'appellante ma che egli non abbia avuto cura di produrre al giudice di appello che, conseguentemente, non avrà potuto esaminare.

Ciò posto, è buona norma per l'appellante che intenda utilizzare nel giudizio di secondo grado un documento depositato nel fascicolo di controparte, e che ritenga evidentemente rilevante ai fini della decisione in appello, ai sensi dell'art. 76 disp. att. c.p.c., si faccia rilasciare dal cancelliere i documenti inseriti nel fascicolo d'ufficio e in quelli delle altre parti.

Ed invero, la possibilità per il convenuto in primo grado o dell'appellato di partecipare al giudizio, con la costituzione mediante il deposito del fascicolo di parte, è un diritto incondizionato attribuito dall'ordinamento alla parte, dal quale non è possibile derivare alcuna "sanzione" sul piano della regola del riparto dell'onere della prova.

Il principio sottostante è quello per cui è il convenuto-appellante ad essere onerato della prova dei fatti positivi che sorreggono i motivi di gravare.

Essendo una libera scelta della parte appellata quella di costituirsi o meno in appello (e quindi conseguentemente di produrre oppure no i documenti allegati al fascicolo del primo grado) ne consegue che dalla mancata costituzione non è possibile derivare alcuna "sanzione" sul piano della regola del riparto dell'onere della prova.

Tantomeno sussiste un obbligo di deposito del proprio fascicolo in appello derivante dal dovere di lealtà e probità processuale ex art. 88 c.p.c., non esistendo, come detto, alcun obbligo della controparte di costituirsi nel giudizio

Osservazioni

Il fascicolo di parte - che l'attore ed il convenuto devono depositare all'atto della loro costituzione in giudizio, dopo avervi inserito, tra l'altro, i documenti offerti in comunicazione, come disposto rispettivamente dagli artt. 165, comma 1, e 166 c.p.c., applicabili in appello ex art. 347, comma 1, c.p.c. - ha una propria e completa autonomia rispetto al fascicolo d'ufficio, in considerazione della rispettiva funzione e degli atti processuali destinati a formarne il contenuto specifico, anche se, a norma dell'art. 72 disp. att. c.p.c., il fascicolo di parte è custodito in unica cartella con quello d'ufficio, che il cancelliere forma a norma dell'art. 168, comma 2 (Cass. civ., n. 78/2007; Cass. civ., n. 4723/2006).

Inoltre, benché il deposito del fascicolo di parte determini, a garanzia del contraddittorio, la sua acquisizione alla causa, ed attribuisca, sia all'altra parte che al giudice, la possibilità della sua utilizzazione, non può dirsi che di esso la parte cui il fascicolo appartiene perda ogni disponibilità: la parte, a norma degli artt. 169 c.p.c. e 77 disp. att., ha sempre la facoltà di ritirarlo, previa autorizzazione del giudice; essa ha anche il diritto di ritirarlo, senza la necessità dell'autorizzazione, quando l'istruzione è conclusa; essa può, successivamente, anche astenersi dal depositarlo nuovamente, subendo, però, in questo caso, le conseguenze derivanti dal fatto che il giudice non potrà tener conto degli atti e dei documenti che vi erano inseriti.

Se dunque il deposito del fascicolo è l'atto con cui la parte si costituisce in giudizio, se la costituzione in giudizio è l'esplicazione del potere della parte di essere presente nel processo, e se il mancato deposito del fascicolo, connesso alla mancata costituzione, è uno dei modi per riaffermare la sua disponibilità, è da escludere che l'acquisizione alla causa, in secondo grado, del fascicolo d'ufficio di parte possa considerarsi rituale quando questo venga a trovarsi materialmente allegato al fascicolo contumace, lo abbia formalmente depositato in cancelleria.

La Corte di cassazione ha avuto modo di affermare in proposito che l'onere di acquisizione imposto al cancelliere dall'art. 347, comma 3, c.p.c. riguarda solo il fascicolo d'ufficio, nel contenuto del quale non è compreso quello di parte (Cass. civ., n. 5061/1993; Cass. civ., n. 2487/1990); correlativamente è di certo errata l'iniziativa del cancelliere del giudice di primo grado che trasmetta, insieme al fascicolo di ufficio richiestogli, anche quello di parte, che la parte costituita non abbia ancora provveduto a ritirare nonostante la conclusione del giudizio di primo grado.

Di conseguenza è da escludere che il giudice di appello possa utilizzare, ai fini della decisione, gli atti e i documenti che nel fascicolo in questione risultano inseriti.

Quanto premesso, discende dalla natura del processo civile quale processo ad iniziativa di parte, di modo che qualora il fascicolo di parte sia stato ritirato (ex art. 169 c.p.c. e art. 77 disp. att. c.p.c.) esuccessivamente non più depositato, il giudice può decidere sulla base dei soli atti a sua disposizione, essendo tenuto a disporre la ricerca dei documenti mancanti o la ricostruzione dell'intero fascicolo di parte solo nel diverso caso in cui l'omissione dipenda da una condotta – involontaria - della parte, come da giurisprudenza costante sul punto (Cass. civ., n. 21938/2006; Cass. civ., n. 18237/2008; Cass. civ., n. 11352/2010; Cass. civ., n. 3055/2013).