Comunicazioni ed avvisi tra uffici giudiziari: è possibile trasmetterli con PEC?

Valeria Bove
29 Dicembre 2017

Oltre alle notificazioni, è possibile trasmettere con PEC comunicazioni o avvisi? Per rispondere a questa domanda occorre interpretare le norme primarie e secondarie di riferimento, non senza trascurare il fatto che il legislatore non distingue né differenzia tra loro le notificazioni, le comunicazioni e gli avvisi. L'autrice si sofferma in particolare sulle comunicazioni (e avvisi) tra uffici giudiziari e, tenuto conto della prassi ormai invalsa in vari uffici giudiziari, prova a dare una nuova lettura delle disposizioni, alla luce della recente riforma del Cad, suggerendo anche possibili rimedi organizzativi che arginino il rischio di “perdere” la comunicazione ricevuta.
L'ambito oggettivo del sistema di trasmissione telematica

A norma dell'art. 16, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17 novembre 2012, n. 221 le notificazioni penali a persona diversa dall'imputato, a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p., si effettuano dal 15 dicembre 2014 per via telematica, nello specifico attraverso la PEC.

A differenza di quanto stabilito per il processo civile (ove è previsto che la PEC venga utilizzata, in via esclusiva, per le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria), la norma primaria in esame, nel richiamare le modalità di inoltre telematico previste per il civile, fa riferimento alle sole notificazioni (e ad una certa tipologia di notificazioni) e non anche, dunque, alle comunicazioni o agli avvisi («Allo stesso modo si procede

per le notificazioni

a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p.»).

Di qui la domanda, apparentemente semplice ma invero di difficile soluzione: quando il legislatore parla di notificazioni, intende riferirsi esclusivamente ad esse, o la disposizione può estendersi anche alle comunicazioni ed agli avvisi, ossia a tutte le varie tipologie di trasmissione che conosce il procedimento penale?

L'interpretazione letterale della norma primaria di riferimento

Sul punto va premesso che delle notificazioni il legislatore, nonostante vi dedichi tutto un titolo del codice di rito,

non ne dà in esso né una definizione

né indica le differenze tra le une (ossia le notificazioni) e gli altri (ossia le comunicazioni e gli avvisi).

Sotto questo profilo, volendo enucleare una definizione per ognuna di queste modalità di invio, l'interpretazione sistematica complessiva delle norme di rito porta al più a qualificare come

comunicazioni

le trasmissioni della copia di un atto da giudice a giudice o da giudice a P.M.; come

avvisi

le trasmissioni di un atto, ad una persona ma anche ad altra A.G., che contiene una serie di informazioni, dati o elementi tratti da provvedimenti giudiziari emessi o da disposizioni normative, di cui il destinatario viene messo a conoscenza ed infine, come

notificazioni

, la consegna di un atto, o della sua copia, al destinatario persona fisica e/o giuridica, realizzata dall'ufficiale giudiziario o con mezzi tecnici idonei.

Tanto premesso, la semplice lettura dell'art. 16, comma 4, d.l. cit. porta a ritenere che il sistema di trasmissione telematica

sia consentito solo per le notificazioni di atti

e non anche per le comunicazioni o per gli avvisi (così come espressamente definite dall'art. 64 disp att. c.p.p.).

In altri termini, interpretando in senso letterale

l'art.16, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 cit. e tenendo conto che la disposizione in esame richiama esclusivamente alcune disposizione in tema di notificazioni (art. 148

,

comma 2-bis
, 149,150 e 151, comma 2, c.p.p.) – mentre ne esclude una serie di altre, alcune delle quali relative alle comunicazioni (artt. 153, comma 2, c.p.p., 64 disp att., c.p.p.) –, sembra doversi escludere che, in base all'art. 16, d.l. 179 cit. si possa provvedere con modalità telematiche alle comunicazioni o agli avvisi all'autorità giudiziaria o a persone diverse dai difensori

Viene allora da chiedersi se

l'interpretazione letterale della disposizione indicata impedisca

, ed abbia impedito,

di procedere, per via telematica, ad avvisi e/o comunicazioni tra uffici giudiziari

.

L'interpretazione in fatto adottata da vari uffici giudiziari

A rigore, dunque, in base all'interpretazione letterale della disposizione sembra essere escluso che sia possibile procedere per via telematica ad avvisi e/o comunicazioni tra uffici giudiziari, quanto meno in base alla norma citata, anche se, facendo leva sulla circostanza che

ciò non è espressamente vietato e che

l'

art. 64, comma 4, disp att c.p.p.

ammette che le comunicazioni possano avvenire anche con mezzi tecnici idonei,

e che nel “mezzo tecnico idoneo” si possono fare rientrare tutte le “nuove” modalità di trasmissione che siano idonee a raggiungere lo scopo, si può anche sostenere che sia possibile procedere per via telematica ad avvisi e/o comunicazioni tra uffici giudiziari o avvalersene quale strumento servente per le notifiche tradizionali (all'Unep

,

alle case circondariale o alle Forze di Polizia, ossia agli organi che procedono a loro volta alle notificazioni).

Ed

è questo quanto si sta registrando in vari uffici giudiziari

, che hanno iniziato e continuano ad utilizzare la PEC per le comunicazioni tra uffici giudiziari, avvalendosene anche per la trasmissione di atti (ad es. all'Unep, al direttore del carcere o alle Forze di Polizia) al fine di effettuare notificazioni tradizionali (art. 64

,

commi 3 e 4, disp. att. c.p.p.
) e verso soggetti che non siano parti processuali, quali consulenti, periti ed interpreti.

Si assiste ad un fenomeno in costante e continuo aumento

, nel senso che sempre più uffici giudiziari procedono ad effettuare le comunicazioni tra loro avvalendosi della posta elettronica certificata ed utilizzando, nello specifico, il Sistema Notifiche Telematiche (cd SNT), ossia l'applicativo messo a disposizione dal Ministero della giustizia per le notificazioni telematiche (in questo senso, i dati elaborati dalla D.G.S.I.A. – Ministero della giustizia, che ha registrato in alcuni distretti un aumento nel 2017 delle notificazioni e comunicazioni tra uffici giudiziari effettuate con SNT, che oscilla dal 114% al 50%).

Le altre possibili letture

Se questo è lo stato dell'arte, fondato, come visto, su una interpretazione non più meramente letterale dell'art. 16, comma 4, cit., appare quanto mai opportuno

comprendere se esiste un fondamento normativo

e se esso è rintracciabile anche in disposizioni diverse dall'art. 16 d.l. 179 cit. o dall'art. 64, comma 4, disp att c.p.p., che hanno rispettivamente il limite di non contemplare espressamente le comunicazioni (l'art. 16, comma 4, d.l. cit) e di richiedere – nel caso dell'art. 64 disp att c.p.p. - che, per ogni copia di atto trasmessa, il funzionario di cancelleria del giudice che ha emesso l'atto attesti in calce ad esso di aver trasmesso il testo originale (e qui, con riferimento alle attestazioni, occorre interrogarsi sulla possibilità di ricorrere a modalità informatiche).

In questo contesto

si è allora sostenuto che il fondamento normativo per le comunicazioni si possa trovare nell'

art. 4, comma 2, d.l. 193 del 2009

cit.

(a norma del quale «Nel processo civile e nel processo penale, tutte le comunicazioni e notificazioni per via telematica si effettuano, mediante posta elettronica certificata, ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e delle regole tecniche stabilite con i decreti previsti dal comma 1»)

e quindi nel d.m. 44 del 2011 che fissa le regole tecniche.

Questa lettura ha

il pregio di individuare in una norma primaria (l'art. 4, comma 2, d.l. 193 cit.) il

fondamento normativo per la trasmissione delle comunicazioni con PEC, ma contrasta con l'interpretazione letterale della disposizione

che, da un lato, porta a dire che essa non prevede che le comunicazioni si effettuano (o si possono effettuare) per via telematica, ma solo che le comunicazioni per via telematica (se e quando ammesse) si effettuano per PEC e dall'altro limita il ricorso alla PEC per le comunicazioni telematiche solo al processo penale, nel quale non è ricompreso, a stretto rigore, il procedimento penale e dunque, per esempio, la fase delle indagini o quella dei procedimenti innanzi al riesame o innanzi al giudice dell'esecuzione;

il rinvio poi al d.m. 44 del 2011 sembra restringere ulteriormente il campo di applicazione della disposizione in esame

, limitandolo alle sole comunicazioni tra l'autorità giudiziaria ed il soggetto abilitato esterno o il privato (art. 16 del regolamento) e non anche alle comunicazioni di atti tra autorità giudiziarie.

Nuovi scenari

In tale quadro,

una sicura (e forse risolutiva)

novità

è costituita dall'

art. 2 del Cad

così come introdotto dal

decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 179

che per la prima volta introduce un principio generale, stabilendo al comma 6 che «Le disposizioni del presente codice si applicano altresì al processo civile, penale, amministrativo, contabile e tributario, in quanto compatibili e salvo che non sia diversamente disposto dalle disposizioni in materia di processo telematico».

Questa norma rappresenta una assoluta novità che

“sdogana” in qualche modo il digitale e dunque il telematico anche nel processo penale

: è infatti possibile applicare le norme del Cad in esso e tale applicazione dovrà retrocedere solo qualora il settore sia disciplinato e regolamentato, in termini differenti, dalle disposizioni in materia di processo telematico (e, per converso, deve ritenersi che tale retrocessione non si determinerà quando il settore è disciplinato in termini differenti da disposizioni normative d'ordine generale).

Ecco che allora

la disposizione dell'art. 48, comma 2, del Cad

(«La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta») assume una portata se possibile ancora più ampia di quella che già aveva in virtù dell'inciso salvo che la legge, e se essa viene

letta in combinato disposto con l'

art. 64, comma 1, disp att c.p.p.

(«La comunicazione di atti del giudice ad altro giudice si esegue mediante trasmissione di copia dell'atto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento ovvero …»)

e con l'

art. 64, comma 2, disp att. c.p.p.

(«La comunicazione di atti dal giudice al pubblico ministero che ha sede diversa da quella del giudice, si esegue mediante trasmissione di copia dell'atto con lettera raccomandata con avviso di ricevimento»), è evidente che il ricorso alla Pec (che a norma dell'art. 1, comma 2, lett g), d.P.R. 68/2005 cit. è un «sistema di posta elettronica nel quale è fornita al mittente documentazione elettronica attestante l'invio e la consegna di documenti informatici») diventa la modalità più idonea per assicurare quelle esigenze di certezza che sovrintendono il regime delle comunicazioni.

In altri termini, in mancanza di disposizioni in materia di processo telematico che prevedono una disciplina diversa,

può fondatamente affermarsi, alla luce dell'

art. 2, comma 6, del Cad

che il combinato disposto degli

artt. 48, comma 2, Cad

e 64 disp. att. c.p.p. individua nella Pec la modalità per effettuare le comunicazioni per via telematica tra uffici giudiziari.

Come organizzarsi?

Alla luce di tutte queste considerazioni e tenuto conto che attualmente sta prendendo sempre più piede la prassi di trasmettere le comunicazioni tra uffici giudiziari con PEC, occorre in concreto

evitare di “perdere” una comunicazione proveniente da altro ufficio, perché non adeguatamente monitorata

.

Sotto questo profilo, la questione relativa alle comunicazioni tra uffici investe, da un lato, anche le modalità (e dunque l'applicativo) attraverso le quali essi possano avvenire e

ricade, dall'altro ed inevitabilmente, sull'organizzazione che gli uffici giudiziari devono necessariamente darsi

.

Se infatti nelle comunicazioni tra uffici viene utilizzato, per l'invio e la ricezione delle

PEC, l'applicativo ministeriale generalmente adottato - SNT

(Sistema Notifiche Penali) - e

dunque la PEC di sistema,

va necessariamente e costantemente monitorata la c.d. coda messaggi in SNT, ossia i messaggi in entrata che il sistema attualmente non gestisce (una volta che la comunicazione entra nel sistema, essa non si reindirizza automaticamente, ma finisce nella coda messaggi del settore).

Le ricadute organizzative si complicano ulteriormente nel caso in cui gli uffici utilizzino l'altra Pec di sistema,

PEC -

TIAP

(ossia la PEC trasmessa attraverso il modulo

TIAP

– Trattamento Informatico Atti Processuali): nonostante non risultano ancora monitoraggi sul punto, è emerso che ad una PEC

TIAP

è tecnicamente possibile rispondere, malgrado nell'invio di essa appaia chiaramente l'avviso che non è possibile rispondere al messaggio in quanto la casella non è presidiata (eguale avviso compare se l'invio è con PEC-SNT). Ove dunque si rispondesse ad una PEC-

TIAP

, essa non finirebbe neanche nella “coda messaggi” (che il sistema PEC-

TIAP

non ha) ma resterebbe sul server e solo un intervento di un soggetto abilitato” ad accedere “come amministratore” (ove mai si venisse a conoscenza che è stata inviata una mail in risposta) potrebbe consentirne il recupero.

Se poi, per la ricezione “in entrata” delle comunicazioni, non si dovessero utilizzare nessuna delle due Pec di sistema (né dunque la PEC-SNT, ma neanche la PEC-

TIAP

),

occorre chiedersi se è possibile utilizzare per la trasmissione delle comunicazioni una qualunque PEC dell'ufficio giudiziario (diversa da quelle di sistema),

trattandosi comunque di PEC, e dunque di un “mezzo tecnico idoneo”, anche se essa non è integrata in un modulo e più in generale in un sistema informatico ministeriale.

Al di là di queste problematiche, occorre in ogni caso

prevedere un'organizzazione apposita per garantire che la comunicazione (sia se spedita con SNT, sia anche quando venga spedita non attraverso una PEC di sistema) sia tempestivamente portata all'attenzione dell'ufficio interessato

, dando adeguate istruzioni per gestire al meglio lo “smistamento” delle comunicazioni, con annesse anche gravi problematiche quando l'atto cui la comunicazione si riferisce debba essere compiuto entro termini perentori e/o quando esso sia coperto da segreto istruttorio.

A ciò deve aggiungersi un'ulteriore considerazione: proprio la mancanza di una definizione e di una differenziazione tra notificazioni, comunicazioni ed avvisi, rende anche difficile fornire un'indicazione puntuale degli atti che debbano essere notificati o che possano essere comunicati o di cui possa essere dato avviso con PEC.

Sotto questo profilo, e a titolo meramente esemplificativo, ci si è interrogati, in un recente passato, sulla possibilità di organizzare un sistema telematico specifico per l'inoltro, nello specifico,

dell'avviso di deposito con l'estratto della sentenza che va comunicato al procuratore generale presso la corte di appello

e da cui scattano per tale ultimo ufficio i termini per l'impugnazione: occorre infatti garantire non solo che l'avviso venga comunicato, e dunque fornire all'organo che invia la prova dell'inoltro, ma va anche assicurato che una volta consegnato l'atto in via telematica, esso venga portato a conoscenza dell'ufficio competente.

Nell'attesa di verificare se gli applicativi informatici attualmente in essere consentano la trasmissione telematica e garantiscano gli effetti legali che discendono dalla comunicazione del suddetto avviso (primo fra tutti, la decorrenza, dal momento in cui l'avviso viene consegnato alla procura generale e questi vi appone il “visto”, del termine per proporre impugnazione), ci si interroga anche sulla possibilità di prevedere un

protocollo

tra gli uffici giudiziari interessati, che regolamenti questi aspetti, ma ciò espone al rischio di adozione di modalità differenti di trasmissione da ufficio giudiziario ad ufficio giudiziario, eventualmente anche nell'ambito di uno stesso distretto, a discapito dell'obiettivo di garantire uniformità e scenari unitari nelle modalità e forme di comunicazione tra uffici.

In conclusione

Dalle comunicazioni o avvisi tra le A.G. possono scattare termini previsti a pena di decadenza: è evidente, allora, che, se si ammette che esse possano avvenire per via telematica, diventa essenziale

prevedere un'organizzazione, interna all'ufficio destinatario, che garantisca non solo la presa in carico ma che assicuri la conoscenza dell'atto medesimo da parte dell'organo giudiziario a cui carico incombono le attività conseguenziali

, a maggior ragione quando esse sono previste a pena di decadenza.

Fondamentale per gli uffici giudiziari è allora il controllo quotidiano della "coda messaggi" in SNT (se la PEC arriva tramite SNT) e più in generale delle PEC in entrata, se non viene utilizzata la Pec di sistema (quali sono appunto le PEC- SNT e PEC-

TIAP

), così come essenziale è il contestuale e tempestivo inoltro dell'atto comunicato in entrata con la PEC all'ufficio competente e più in concreto al diretto destinatario.

Fino a quando gli uffici giudiziari non riusciranno ad organizzarsi in questo senso, il rischio di "perdere" una comunicazione è concreto, con tutte le conseguenze negative che da ciò possono derivare; diversamente, un efficiente sistema di monitoraggio, protocollazione e smistamento della comunicazione in entrata con PEC (di sistema e non) potrà dare nuovo impulso alle trasmissioni degli atti, rendendole tempestive, immediate, efficienti ed anche molto meno onerose, sia in termini di risorse umane che economiche.

*Fonte: www.ilpenalista.it.